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Contributi istruttori sportivi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso dei contributi previdenziali per gli istruttori di una società sportiva dilettantistica. L’ordinanza chiarisce che l’esenzione dall’obbligo contributivo non è automatica ma richiede una verifica concreta della natura non professionale dell’attività svolta dall’istruttore. La Corte ha cassato la sentenza d’appello, che aveva concesso l’esenzione senza questo accertamento, rinviando la causa per una nuova valutazione dei fatti.

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Contributi Istruttori Sportivi: La Cassazione fissa i paletti per l’esenzione

L’inquadramento fiscale e previdenziale dei compensi erogati nel mondo dello sport dilettantistico è un tema di grande attualità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: l’esenzione dai contributi per gli istruttori sportivi. La decisione sottolinea che tale beneficio non è automatico e dipende da una rigorosa verifica della natura non professionale dell’attività svolta.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dall’opposizione di una società sportiva dilettantistica (SSD) a un avviso di addebito emesso dall’ente previdenziale nazionale. L’ente richiedeva il versamento dei contributi sui compensi corrisposti agli istruttori sportivi della società nel periodo tra il 2009 e il 2013.

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva accolto l’opposizione della società per il periodo successivo alla sua iscrizione al registro del CONI. Secondo i giudici di merito, i compensi rientravano nel regime di esenzione previsto dalla normativa fiscale, senza la necessità di ulteriori indagini.

L’ente previdenziale, non condividendo questa interpretazione, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’esenzione contributiva richiedesse un accertamento più approfondito sulla natura del rapporto di lavoro.

La questione dei contributi istruttori sportivi secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente, stabilendo principi di diritto fondamentali per la corretta applicazione dell’esenzione. I giudici hanno chiarito che, sebbene gli istruttori e gli addetti agli impianti sportivi siano generalmente soggetti all’obbligo assicurativo, la normativa fiscale (in particolare l’art. 67 del TUIR) prevede un’eccezione per i redditi derivanti da attività sportive dilettantistiche, entro certi limiti monetari.

Questa esenzione fiscale si estende anche all’obbligo contributivo, ma non in modo incondizionato. Per poterne beneficiare, chi la invoca deve dimostrare la sussistenza di precise condizioni:

1. Natura del compenso: La prestazione non deve essere retribuita nell’ambito di un lavoro autonomo o d’impresa, né come lavoro dipendente.
2. Status del datore di lavoro: La prestazione deve essere resa a favore di associazioni o società che non solo siano qualificate formalmente come dilettantistiche (es. iscrizione al registro CONI), ma che operino concretamente senza scopo di lucro.
3. Contesto della prestazione: L’attività deve essere svolta nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche, in ragione di un vincolo associativo, e non come un’obbligazione personale distinta.
4. Assenza di professionalità: Il soggetto che riceve il compenso non deve svolgere l’attività con carattere di professionalità.

Il concetto di “Professionalità” e l’onere della prova

Il punto cruciale, evidenziato dalla Corte, è proprio la nozione di “professionalità”. Questa non va intesa in senso oggettivo (relativo alla natura dell’attività), ma in chiave soggettiva, ovvero in base alle modalità con cui l’attività è concretamente svolta dal singolo istruttore. Sono esclusi dall’esenzione i redditi che, pur derivando da attività sportiva, sono percepiti da chi la svolge professionalmente.

La Cassazione ha ribadito che l’onere di provare la sussistenza di tutti questi requisiti ricade sulla società sportiva che intende avvalersi dell’esenzione. La semplice iscrizione al registro del CONI non è, da sola, sufficiente a soddisfare tale onere probatorio.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza della Corte d’Appello perché quest’ultima ha commesso un errore di diritto. I giudici di merito hanno ritenuto l’esenzione applicabile “a prescindere dalla natura professionale della prestazione degli istruttori”, basandosi su una mera interpretazione delle norme senza procedere agli accertamenti di fatto necessari. In sostanza, la Corte territoriale non ha verificato se i rapporti tra la società e i suoi istruttori fossero effettivamente di natura dilettantistica e non professionale.

Secondo la Suprema Corte, era invece indispensabile accertare in concreto le modalità di svolgimento dell’attività per stabilire se questa avesse o meno carattere di professionalità. Omettendo questa indagine, la Corte d’Appello non si è attenuta ai principi di diritto consolidati.

Conclusioni

L’ordinanza rappresenta un importante monito per le associazioni e le società sportive dilettantistiche. L’esenzione dai contributi per gli istruttori sportivi non è un diritto acquisito automaticamente con l’iscrizione al registro CONI, ma una deroga che deve essere rigorosamente provata. Le società devono essere in grado di dimostrare, in caso di controllo, che i compensi erogati non retribuiscono un’attività svolta con carattere di professionalità. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello che, in diversa composizione, dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi fissati dalla Cassazione e procedendo a tutti gli accertamenti di fatto precedentemente omessi.

I compensi pagati agli istruttori di una società sportiva dilettantistica sono sempre esenti da contributi?
No. L’esenzione dall’obbligo contributivo non è automatica. Per beneficiarne, è necessario dimostrare che l’attività non è svolta con carattere di professionalità e che sussistono altre specifiche condizioni previste dalla legge, come l’effettiva natura dilettantistica e non lucrativa della società.

Cosa si intende per “professionalità” dell’attività dell’istruttore sportivo ai fini contributivi?
La professionalità va intesa in chiave soggettiva, ovvero si deve guardare alle modalità concrete con cui l’istruttore svolge l’attività. L’esenzione non si applica se l’attività, anche se sportiva, è svolta professionalmente, cioè in modo abituale e non occasionale, come fonte di reddito.

Chi deve dimostrare la sussistenza dei requisiti per l’esenzione contributiva?
L’onere della prova ricade sulla società sportiva o sull’associazione che invoca l’esenzione. Deve essere in grado di dimostrare che tutte le condizioni richieste dalla legge, inclusa l’assenza di professionalità della prestazione, sono soddisfatte. La sola affiliazione a una federazione o l’iscrizione al CONI non è sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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