LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Contributi istruttori sportivi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società sportiva dilettantistica, confermando l’obbligo di versare i contributi previdenziali per i propri istruttori sportivi e addetti alla segreteria. La Corte ha stabilito che l’esenzione contributiva si applica solo a prestazioni genuinamente dilettantistiche e non professionali. Spetta alla società dimostrare la sussistenza di tali requisiti, non essendo sufficiente la sola iscrizione al CONI. L’ordinanza chiarisce i criteri per distinguere il lavoro autonomo occasionale da quello professionale e subordinato nel contesto sportivo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Contributi Istruttori Sportivi: Quando l’Esenzione Non Si Applica

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale per le società sportive dilettantistiche (SSD): i contributi previdenziali per istruttori sportivi e collaboratori. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha delineato i confini tra attività dilettantistica esente da contributi e attività professionale soggetta a obblighi previdenziali, ponendo l’accento sulla natura sostanziale del rapporto di lavoro e sull’onere della prova a carico della società.

I Fatti di Causa

Una società sportiva dilettantistica e il suo legale rappresentante si sono opposti a un avviso di addebito dell’INPS relativo al mancato versamento di contributi previdenziali per il periodo gennaio 2016 – marzo 2017. L’addebito riguardava diverse posizioni lavorative:
1. Rapporti di lavoro subordinato, alcuni formalizzati e altri no.
2. Contratti di collaborazione per attività di segreteria, riqualificati dall’Istituto come subordinati.
3. Prestazioni svolte dagli istruttori sportivi, per le quali la società invocava l’esenzione contributiva.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le ragioni della società, la quale ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando violazioni di legge e vizi di motivazione.

La Questione Legale sui Contributi Previdenziali per gli Istruttori Sportivi

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione delle norme che prevedono un regime fiscale e contributivo agevolato per le attività sportive dilettantistiche. La società sosteneva che le prestazioni degli istruttori rientrassero nell’ambito dell’esenzione prevista dall’art. 67, comma 1, lettera m) del TUIR, in quanto compensi per l’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.

La difesa della società si basava su sei motivi di ricorso, che contestavano:
– La nullità della sentenza d’appello per motivazione apparente.
– L’errata applicazione delle norme sull’esenzione fiscale e contributiva.
– La valutazione delle prove riguardo la natura professionale delle prestazioni.
– La riqualificazione dei rapporti di collaborazione in lavoro subordinato.

L’onere della Prova e la Natura della Prestazione

La Corte di Cassazione ha esaminato congiuntamente i motivi relativi ai contributi previdenziali per gli istruttori sportivi, richiamando consolidati principi di diritto. L’esenzione non è automatica ma subordinata alla dimostrazione di specifici requisiti, il cui onere probatorio ricade sulla società che invoca il beneficio.

Non è sufficiente l’iscrizione al CONI o l’affiliazione a una federazione sportiva. È necessario provare che:
– Le prestazioni siano rese in favore di una società che svolge effettivamente attività dilettantistica e senza scopo di lucro.
– Le prestazioni siano rese nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.
– Il soggetto che rende la prestazione non svolga tale attività con carattere di professionalità.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso. In primo luogo, ha escluso che la sentenza d’appello fosse viziata da una motivazione apparente o meramente riproduttiva delle difese dell’INPS. I giudici di merito, infatti, avevano condotto un’autonoma valutazione delle prove, in particolare della testimonianza di una lavoratrice, da cui erano emersi i connotati tipici della subordinazione.

Per quanto riguarda la questione centrale degli istruttori, la Cassazione ha ribadito che la “professionalità” va intesa in senso soggettivo, ossia come modalità abituale e professionale di svolgimento dell’attività. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente accertato in fatto la natura professionale delle prestazioni, basandosi sulla loro continuità e sistematicità, escludendo così l’applicabilità dell’esenzione.

La Corte ha inoltre confermato la riqualificazione dei rapporti di collaborazione in lavoro subordinato. Anche se la normativa del Jobs Act (d.lgs. 81/2015) prevedeva esclusioni per le collaborazioni sportive, la Corte territoriale aveva accertato la sussistenza degli indici della subordinazione (orario, compenso, sottomissione a ordini e direttive), rendendo irrilevante la violazione della norma specifica sulle collaborazioni. L’accertamento positivo della subordinazione prevale su qualsiasi altra qualificazione formale.

Infine, è stato respinto il motivo relativo all’onere della prova. La Cassazione ha confermato che spetta alla società sportiva, in qualità di appellante e opponente, dimostrare la sussistenza dei requisiti per beneficiare dell’esenzione contributiva, prova che nel caso specifico non era stata fornita.

Conclusioni

L’ordinanza rappresenta un’importante conferma dell’orientamento giurisprudenziale in materia di contributi previdenziali per istruttori sportivi. Le società sportive dilettantistiche devono prestare massima attenzione alla gestione dei rapporti di lavoro e collaborazione. La sola qualificazione formale o l’iscrizione a registri sportivi non sono sufficienti a garantire l’accesso ai regimi agevolati. È fondamentale che la natura del rapporto sia genuinamente dilettantistica e non professionale, e la società deve essere in grado di dimostrarlo con prove concrete in caso di accertamento. In assenza di tale prova, prevale l’obbligo contributivo generale, con il rischio di pesanti sanzioni da parte dell’INPS.

Quando l’attività di un istruttore sportivo è considerata ‘professionale’ e quindi soggetta a contributi INPS?
Secondo la Corte, l’attività è considerata professionale quando è svolta in modo abituale e sistematico, non occasionale. La professionalità non si valuta sulla base della natura oggettiva dell’attività, ma sulle modalità con cui il singolo prestatore la svolge. Se l’attività è la sua fonte di reddito principale o comunque svolta con continuità, essa perde il carattere dilettantistico ai fini contributivi.

A chi spetta l’onere di provare i requisiti per l’esenzione contributiva?
L’onere della prova spetta interamente alla società sportiva dilettantistica che invoca il beneficio dell’esenzione. Deve dimostrare non solo la propria natura dilettantistica, ma anche che le singole prestazioni dei collaboratori sono rese senza carattere di professionalità e nell’esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica.

L’iscrizione al CONI è sufficiente per garantire l’esenzione dai contributi per i collaboratori?
No, la Corte ha chiarito che l’affiliazione a una federazione sportiva o l’iscrizione al CONI è un dato neutro e non sufficiente a soddisfare l’onere probatorio. È necessario dimostrare in concreto la sussistenza dei requisiti sostanziali richiesti dalla legge per l’esenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati