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Contributi giornalisti: quando un’attività è tale?

Un ente previdenziale ha citato in giudizio una casa editrice per il mancato versamento di contributi previdenziali giornalisti. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che la valutazione sulla natura giornalistica di un’attività (come la “cucina redazionale” o la fotografia di moda) è un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità. La Corte ha ribadito che per qualificare un’attività come giornalistica è necessario un apporto soggettivo e creativo, la cui assenza è stata accertata dai giudici di merito.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contributi Previdenziali Giornalisti: La Cassazione Traccia il Confine tra Lavoro Creativo e Attività Tecnica

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, offre un’importante chiave di lettura sulla qualificazione delle attività lavorative ai fini del versamento dei contributi previdenziali giornalisti. Il caso, che vedeva contrapposti l’ente previdenziale di categoria e una nota casa editrice, ruotava attorno a una domanda fondamentale: quando un’attività svolta in un contesto editoriale può essere definita “giornalistica” e, di conseguenza, soggetta alla contribuzione specifica? La risposta della Suprema Corte è netta e traccia una linea di demarcazione tra l’accertamento dei fatti, di competenza dei giudici di merito, e la violazione di legge, unico terreno di scontro in Cassazione.

Il Caso: Contributi per “Cucina Redazionale” e Fotografia di Moda

La vicenda ha origine da un accertamento ispettivo dell’ente previdenziale, che aveva contestato a una casa editrice l’omesso versamento dei contributi per alcuni collaboratori. Secondo l’ente, le attività svolte da questi lavoratori, tra cui la cosiddetta “cucina redazionale” e i servizi fotografici di moda, dovevano essere considerate di natura giornalistica.

La casa editrice si era opposta al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale e la Corte d’Appello le aveva dato ragione, escludendo la natura giornalistica di tali prestazioni. La Corte territoriale aveva ritenuto che queste attività fossero prive di quell’apporto soggettivo e creativo che, per legge, connota la professione giornalistica. Insoddisfatto, l’ente previdenziale ha proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso: Quando si parla di contributi previdenziali giornalisti?

L’ente ricorrente ha basato il suo appello su tre motivi principali, cercando di dimostrare che la Corte d’Appello avesse errato nella sua valutazione.

La Violazione della Legge sull’Ordinamento della Professione di Giornalista

Con i primi due motivi, l’ente ha denunciato la violazione e falsa applicazione della legge n. 69/1963. Sosteneva che i giudici di merito avessero sbagliato a escludere la natura giornalistica sia dell’attività di “cucina redazionale” sia dei servizi fotografici di moda, non riconoscendone il carattere creativo e informativo. In pratica, l’ente chiedeva alla Cassazione di affermare che quelle specifiche attività rientrassero, per loro natura, nella definizione legale di giornalismo.

L’Omesso Esame di un Fatto Decisivo

Con il terzo motivo, l’ente ha lamentato che la Corte d’Appello non avesse considerato un fatto ritenuto decisivo: la stessa casa editrice aveva versato per alcuni di quei lavoratori i contributi alla Gestione Separata dell’ente. Secondo il ricorrente, questo comportamento costituiva un’implicita ammissione della natura giornalistica del rapporto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, fornendo chiarimenti cruciali sulla distinzione tra giudizio di fatto e giudizio di diritto.

La Distinzione tra Violazione di Legge e Valutazione di Merito

La Corte ha spiegato che i primi due motivi di ricorso, sebbene formalmente presentati come una denuncia di “violazione di legge”, miravano in realtà a criticare l’accertamento di fatto compiuto dalla Corte d’Appello. La valutazione se un’attività lavorativa possegga o meno il carattere creativo e soggettivo tipico del giornalismo è una questione di merito, riservata ai giudici di primo e secondo grado e non sindacabile in sede di legittimità.

La Cassazione può intervenire solo se il giudice ha interpretato male la norma (violazione di legge), non se ha valutato i fatti in un modo che non piace a una delle parti. In questo caso, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato la legge, concludendo, sulla base delle prove, che le attività in questione erano prive dell’elemento creativo necessario per essere qualificate come giornalistiche.

L’Irrilevanza della “Dichiarazione di Scienza”

Anche il terzo motivo è stato respinto. La Corte ha ribadito un principio consolidato: una “dichiarazione di scienza” (come può essere un pagamento) può riguardare solo fatti obiettivi, non la qualificazione giuridica di un rapporto. Il fatto che la casa editrice avesse versato alcuni contributi non poteva, da solo, cambiare la natura del rapporto lavorativo né vincolare la decisione del giudice. Quel pagamento è stato ritenuto un fatto “privo di decisività”, incapace di modificare l’esito della valutazione sulla reale natura delle prestazioni svolte.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la netta separazione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Per le aziende, in particolare nel settore editoriale e della comunicazione, questa ordinanza chiarisce che la qualificazione di un rapporto di lavoro ai fini dei contributi previdenziali giornalisti dipende da una valutazione concreta e fattuale della prestazione. Non basta che un’attività si svolga all’interno di una redazione per essere considerata giornalistica; è indispensabile dimostrare la presenza di un apporto intellettuale, creativo e critico, elemento distintivo della professione. L’esito del giudizio dipenderà quindi dalle prove fornite nei primi due gradi di giudizio, poiché la Cassazione non potrà riesaminare nel merito tali valutazioni.

Quando un’attività lavorativa può essere considerata “giornalistica” ai fini contributivi?
Secondo la Corte, l’attività deve essere connotata da un “apporto soggettivo e creativo”. Una prestazione puramente tecnica o esecutiva, anche se inserita in un contesto editoriale, non è sufficiente per essere qualificata come giornalistica.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sulla natura di un lavoro?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che stabilire se un’attività sia o meno giornalistica è un “accertamento di fatto”, riservato ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). In Cassazione si può contestare solo un’errata interpretazione della legge, non la valutazione delle prove e dei fatti.

Il versamento di contributi alla Gestione Separata dell’ente previdenziale dei giornalisti dimostra la natura giornalistica del rapporto?
No. La Corte ha stabilito che tale pagamento è un fatto “privo di decisività”. Non costituisce un’ammissione vincolante sulla qualificazione giuridica del rapporto, che deve essere invece accertata dal giudice sulla base della natura effettiva del lavoro svolto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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