Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33769 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33769 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18075-2019 proposto da:
I.N.P.G.I.ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI ITALIANI “NOME“, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4553/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/12/2018 R.G.N. 1688/2015;
Oggetto
Contributi previdenziali giornalisti
R.G.N. 18075/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 16/10/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 6.12.2018, la Corte d’appello di Roma, parzialmente riformando, per quanto qui rileva, la pronuncia di primo grado, ha accolto l’opposizione proposta da Arnoldo Mondadori Editore s.p.a. avverso il decreto ingiuntivo con cui il locale Tribunale le aveva ingiunto di pagare all’INPGI somme per contributi omessi in danno di taluni lavoratori la cui attività l’ente, a seguito di accertamento ispettivo, aveva considerato giornalistica;
che avverso tale pronuncia l’INPGI ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, parimenti poi illustrato con memoria;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 16.10.2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, l. n. 69/1963, per avere la Corte di merito escluso la natura giornalistica dell’attività senza considerare, per taluni dei lavoratori coinvolti nel pr ecorso accertamento ispettivo, l’attività di c.d. cucina redazionale;
che, con il secondo motivo, le medesime censure di violazione di legge sono riproposte per avere la Corte territoriale negato, con riguardo ad altri lavoratori coinvolti nel precorso accertamento ispettivo, il carattere creativo e informativo del
servizio fotografico di moda, confondendolo con l’attività del fotografo;
che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di omesso esame circa un fatto decisivo per non avere la Corte di merito considerato che, con riguardo a taluni dei lavoratori coinvolti nel precorso accertamento ispettivo, l’odierna controricorrente aveva provveduto a versare la contribuzione presso la Gestione separata INPGI, così implicitamente rendendo dichiarazione di scienza circa la natura giornalistica dell’attività svolta;
che i primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione del tenore delle censure rivolte alla sentenza impugnata;
che, al riguardo, va premesso che è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità se non nei ristretti limiti dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 24155 del 2017, 3340 del 2019, 7091 del 2023);
che, nella specie, i due motivi di censura incorrono precisamente nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulati con riguardo ad una presunta violazione delle disposizioni di legge richiamate nella rubrica, pretendono in realtà di criticare l’accertamento di fatto in esito al quale i giudici territoriali hanno ritenuto che l’attività svolta dai lavoratori in
questione fosse priva di quell’apporto soggettivo e creativo che connota l’attività giornalistica;
che le censure, pertanto, vanno dichiarate inammissibili;
che con riguardo al terzo motivo, va ricordato che costituisce orientamento consolidato di questa Corte il principio secondo cui una dichiarazione di scienza non può riguardare la qualificazione giuridica di un rapporto, né può avere per oggetto apprezzamenti, valutazioni ed opinioni, ma solo fatti obiettivi (così già Cass. n. 1025 del 1963);
che, tanto premesso, anche la censura in esame si palesa inammissibile, atteso che, in disparte che non emerge con precisione dal ricorso per quali dei lavoratori in questione l’odierna controricorrente avrebbe versato i contributi alla Gestione separata INPGI (cfr. pag. 17, dove si menzionano ‘COGNOME COGNOME ed altri’), la circostanza di cui si deduce l’omesso esame è affatto priva di decisività, non potendo detto pagamento assurgere a fatto idoneo di per sé solo a mutare il segno della decisione circa la qualificazione dei rapporti controversi;
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità,
che si liquidano in € 8.700,00, di cui € 8.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 16.10.2024.