Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33794 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33794 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10229/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
INPS, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
Nonché
RAGIONE_SOCIALE
Intimata avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO LECCE n. 863/2019 depositata il 26/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.La Corte d’Appello di Lecce, in riforma della sentenza del Tribunale di Brindisi, respingeva la opposizione proposta da NOME COGNOME avverso i due avvisi di addebito per il recupero della contribuzione agricola relativa al terzo trimestre dell’anno 2006 (avviso n. NUMERO_DOCUMENTO) ed al primo trimestre dell’anno 2007 (avviso n. NUMERO_DOCUMENTO).
2.Premetteva in fatto che la opposizione era stata integralmente accolta dal Tribunale di Brindisi in ragione della prescrizione dei contributi posti in recupero.
3.Il giudice dell’appello, ritenuto non essere decorso il termine di prescrizione, osservava che :
-la pretesa dell’INPS ineriva a differenze contributive derivanti dal versamento dei contributi su una base salariale inferiore a quella prevista dal contratto provinciale; la parte opponente sosteneva di avere correttamente determinato i contributi sulle retribuzioni indicate nell’ accordo di riallineamento del 20 settembre 2004;
-l’accordo di riallineamento era stato sottoscritto in violazione dell’art. 5, comma 5, d.l. n. 510/1996. La norma consentiva una sola variazione ai programmi di riallineamento contributivo, a prescindere dal tipo di variazione; invece, l’accordo del 2004 integrava una seconda, e perciò inammissibile, variazione dell’accordo di riallineamento previsto dal contratto provinciale del 22 novembre 1996, già variato con l’accordo del 18 dicembre 2000;
-anche a voler considerare l’accordo del 18 dicembre 2000 come nuovo ed autonomo rispetto a quello del 1996, esso era stato, a sua volta, oggetto di sospensione applicativa, pattuita il 12 marzo 2002; pertanto, l’accordo del 2004 avrebbe costituito una seconda, non consentita, variazione anche rispetto all’accordo del 2000;
-a fortiori , non erano consentite le ulteriori variazioni del dicembre 2005 e dell’anno 2006.
Una seconda questione riguardava il computo della contribuzione sull’orario di lavoro, in quanto l’INPS sosteneva che la contribuzione dovesse essere calcolata sulla base dell’orario previsto dalla contrattazione collettiva, anche provinciale (39 ore settimanali, pari a 6,5
ore di lavoro giornaliero) mentre la parte privata aveva considerato un orario di lavoro giornaliero inferiore.
5.La tesi di parte era infondata, poiché la pattuizione di un orario di lavoro inferiore a quello ordinario integrava un contratto part-time ed avrebbe dovuto essere formalizzata per iscritto. L’orario di lavoro di 39 ore settimanali, previsto dall’articolo 30 del contratto collettivo, era riferito anche ai lavoratori a tempo determinato, giacché quando le parti collettive avevano inteso limitare l’ambito applicativo del contratto ai soli lavoratori a tempo indeterminato lo avevano espressamente stabilito.
6.Quanto al rilievo secondo cui l’INPS non aveva applicato, nel conteggio dei contributi posti in recupero, le agevolazioni contributive per le zone svantaggiate:
in primo luogo, non vi era riscontro di tale circostanza negli atti di causa;
-in ogni caso, la parte non aveva provato, come era suo onere, la sussistenza delle condizioni per la fruizione del beneficio;
-era comunque dirimente il rilievo che, ai sensi dell’art. 20 d.lgs. n. 375/1993, il riconoscimento delle agevolazioni è condizionato alla erogazione delle retribuzioni in misura non inferiore a quella dovuta secondo i contratti collettivi mentre la opponente aveva corrisposto retribuzioni inferiori a quelle previste dal contratto provinciale;
-infine, quando il legislatore aveva escluso che, a seguito della intervenuta regolarizzazione, potesse operare la decadenza dagli sgravi contributivi, lo aveva espressamente previsto.
7.Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME articolato in due motivi di censura. L’INPS ha resistito, con controricorso. È rimasta intimata l’RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la parte ricorrente ha denunciato -ai sensi dell’articolo 360 n.3 cod.proc.civ.la violazione e falsa applicazione: dell’art. 39 Cost.; dell’art. 1 (rectius: 01) d.l. 10 gennaio 2006 n. 2, conv.to con modif. dalla l. 11 marzo 2006 n. 81; dell’art. 20 d.lgs. 11 agosto 1993 n. 375; dell’art. 1 d.l. 9 ottobre 1989 n 338, conv. con mod.
dalla l. 7 dicembre 1989 n. 389; dell’art. 5, c.4, d.l. 1° ottobre 1996 n. 510, conv.to con modif. dalla l. n. 28 novembre 1996 n. 608; dell’art. 28 CCNL 10.7.2002; dell’art. 28 CCNL 6.7.2006; dell’art. 19 C.P.L. della provincia di Brindisi 20.9.2004; della delibera del C.I.P.E. n. 42/00; dell’art. 115 cod.proc.civ.
2.La censura coglie la statuizione che ha escluso la applicazione alla parte opponente delle agevolazioni contributive previste per gli imprenditori agricoli operanti in zone agricole svantaggiate (quale è la provincia di Brindisi, classificata come svantaggiata dalla delibera CIPE n. 42/2000). La parte ricorrente deduce che:
-la mancata applicazione della riduzione contributiva risultava dai prospetti prodotti e non era stata contestata dall’INPS, che la aveva, anzi, esplicitamente riconosciuta nell’atto di appello;
-l’art. 01 d.l. n. 2/2006 non prevede che il datore di lavoro debba fare domanda per ottenere detti sgravi contributivi, essendo il beneficio riconosciuto in ragione della ubicazione della azienda, risultante dalle denunce trimestrali della mano d’opera impiegata.
sussisteva nel caso di specie la condizione di accesso ai benefici previdenziali consistente nel pagamento delle retribuzioni previste dai contratti collettivi, erroneamente negata dal giudice dell’appello. Sotto tale profilo la parte espone di avere corrisposto le retribuzioni previste dall’art. 19 dell’accordo di riallineamento del 20 settembre 2004, accordo che, quand’anche inefficace nel rapporto previdenzialeal fine della determinazione della base contributiva -sarebbe stato comunque valido nel rapporto di lavoro, per la autonomia del rapporto contrattuale con il lavoratore rispetto a quello previdenziale. Le retribuzioni dovute erano state, pertanto, regolarmente corrisposte.
Il motivo è infondato.
4.Il quadro normativo va così ricostruito:
-a) L’articolo 01 d.l. 10 gennaio 2006 n.2, conv. convertito, con modif. dalla l. 11 marzo 2006, n. 81, al comma 2, ha confermato per il triennio 2006/2008 le agevolazioni contributive già previste dall’ articolo 9 l. 11 marzo 1988 n. 67 in favore dei datori di lavoro agricolo operanti nelle
zone agricole svantaggiate e le ha determinate in una riduzione della contribuzione del 68%;
-b) l’art. 5 del d.l. nr. 510 del 1996 convertito, con modificazioni, dalla l. nr. 608 del 1996 -ha introdotto l’istituto del cd. «riallineamento retributivo e contributivo», prevedendo la stipula, nelle zone svantaggiate del territorio nazionale, di accordi provinciali per il progressivo adeguamento delle retribuzioni dei lavoratori agli importi determinati dal C.C.N.L.
c) Il riallineamento contributivo è previsto dal comma 4 del suddetto articolo 5. A tenore della norma, per le imprese che aderiscono agli accordi di riallineamento provinciali la retribuzione di riferimento per il calcolo dei contributi è quella fissata dal contratto di riallineamento (purché non inferiore ad una data percentuale del minimale contributivo); la norma prevede che detta disposizione deve intendersi come interpretazione autentica delle norme «relative alla corresponsione retributiva ed alla determinazione contributiva» di cui al combinato disposto degli articoli 1 -(comma 1) -e 6 -(commi 9 lett. a,b,c ed 11) -d.l. n. 338/1989. Le norme richiamate sono quelle che stabiliscono la base di calcolo dei contributi (art.1) e le condizioni per ottenere riduzioni contributive (art. 6). In particolare, tra tali condizioni vi è il pagamento di retribuzioni non inferiori a quelle previste dalla contrattazione collettiva (condizione poi estesa, dall’art. 20, co.2, d.lgs. n. 375/1993, alla fruizione di tutte le agevolazioni contributive per i datori di lavoro agricolo; cfr. Cass. 2 maggio 2024 n. 11762). In sostanza, il comma 4 dell’art. 5 d.l. n. 510/1996 stabilisce che: la base contributiva è la retribuzione di cui all’accordo di riallineamento; il pagamento di tale retribuzione fa ritenere verificata anche la condizione di accesso ai benefici contributivi.
-d) il successivo comma 5 dell’articolo 5 ammette una sola variazione ai programmi di riallineamento contributivo, limitatamente ai tempi e alle percentuali fissate dagli accordi provinciali.
Alla luce del quadro normativo, appare infondata la tesi di parte ricorrente secondo cui la eventuale nullità dell’accordo di riallineamento avrebbe rilievo soltanto ai fini della determinazione della base contributiva e non anche ai fini dell’accesso alle riduzioni contributive.
I due aspetti sono considerati congiuntamente ed in modo inscindibile dal comma 4 dell’articolo 5, che si riferisce sia alla «corresponsione retributiva» che alla «determinazione contributiva»; pertanto, se l’accordo provinciale non è valido ai fini della «determinazione contributiva», egualmente non può operare per la applicazione delle norme che prevedono la «corresponsione retributiva» come condizione di accesso agli sgravi.
La statuizione della Corte territoriale di invalidità dell’accordo di riallineamento del 20.9.2004 non è invece oggetto di specifica censura ed è, comunque conforme ad un consolidato indirizzo di questa Corte; tra le altre: Cass. 26 novembre 2019 numero 30867 e 30868; Cass. 27 novembre 2019 n. 31005 e n. 31006; Cass. 28 novembre 2019 n. 31140, alle cui motivazioni si rinvia ai sensi dell’art. 118 disp att.cod.proc.civ. 8. Ne deriva la infondatezza del primo motivo di ricorso, anche a prescindere dalla necessità della domanda amministrativa e dalle ulteriori
motivazioni esposte nella sentenza impugnata.
9.La seconda critica è proposta -ai sensi dell’articolo 360 n.3 cod.proc.civ. -sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione:
degli artt. 10, 14, 27, 30,40, 45 CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti del 6.7.2006; dell’art. 3 C.P.L. per la Provincia di Brindisi del 29 ottobre 2004; degli artt. 3 e 16 d. l.gs. 8 aprile 2003, n. 66; delle direttive comunitarie 93/104/CE e 2000/34/CE; del decreto interministeriale 28 dicembre 1995; dell’art. 5, c.4, d.l. 1° ottobre 1996, n. 510, conv.to con modif. dalla l. n. 28 novembre 1996 n. 608; dell’art.115 cod.proc.civ.
10.La censura coglie la statuizione secondo cui per gli operai agricoli a tempo determinato è esclusa la commisurazione della contribuzione all’orario di lavoro giornaliero effettivo.
11. Il motivo è fondato.
Sul punto si rinvia, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod.proc.civ., alla sentenza di Cass. 29 aprile 2024 n. 11343 -intervenuta sulla medesima questione -ed ai precedenti ivi richiamati.
La sentenza impugnata nel ritenere che la contribuzione va determinata in relazione all’orario di lavoro settimanale stabilito dalla
contrattazione collettiva provinciale, a prescindere dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, non ha fatto corretta applicazione del principio, enunciato da questa Corte, in base al quale: «In tema di imponibile contributivo, i contributi dovuti dal datore di lavoro agricolo sui corrispettivi corrisposti agli operai agricoli a tempo determinato vanno calcolati, ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 338 del 1989, art. 1, comma 1, conv. dalla L. n. 389 del 1989, e dell’art. 40 del c.c.n.l. per gli operai agricoli e florovivaisti del 6.7.2006, esclusivamente sulla base delle ore effettivamente lavorate, salvo risulti in concreto che, in occasione di interruzioni dovute a causa di forza maggiore, il datore di lavoro abbia disposto la permanenza dell’operaio in azienda a sua disposizione» (Cass. n. 13185 del 2022, n. 14062 del 2022; Cass. n. 30052 del 2022).
14.In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso e rigettato il primo. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 13 novembre 2024