Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32430 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32430 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
1.La Corte di Appello di Messina ha rigettato il gravame proposto dal Consorzio Autostrade Sicilia avverso la sentenza del Tribunale di Messina che aveva accertato lo svolgimento, da parte di NOME COGNOME di mansioni afferenti al profilo professionale di Capo servizio dal 28.2.2008 (data della delibera con cui era stato incaricato di svolgere tale attività) fino al deposito del ricorso ed aveva condannato il Consorzio al pagamento delle differenze retributive maturate nel suddetto periodo.
La Corte territoriale ha condiviso le statuizioni della sentenza di primo grado, secondo cui lo svolgimento delle mansioni superiori di Capo servizio aveva comportato il riconoscimento delle differenze retributive sulla base della contrattazione collettiva oggetto dell’accordo siglato in data 24.10.2007, a seguito del quale erano stati fissati i profili professionali dei giornalisti degli uffici stampa e le funzioni degli addetti al coordinamento del servizio in relazione al personale giornalistico componente gli uffici stampa degli enti sottoposti a vigilanza e controllo della Regione.
Il giudice di appello ha evidenziato che la responsabilità dell’Ufficio Stampa può essere assegnata per contratto a un giornalista o a un dipendente in possesso dei requisiti e che per tutta la durata dell’incarico è corrisposta la differenza stipendiale con lo stipendio iniziale di funzionario direttivo, nel cui ambito rientra il giornalista.
Ha aggiunto che il contratto collettivo per l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali negli uffici stampa di cui all’art. 58 legge regionale e riguardante gli enti di cui all’art. 1 legge regionale n. 10/2000 individua nel profilo di capo servizio l’esercizio delle funzioni di coordinamento attribuite al COGNOME.
Avverso tale sentenza il Consorzio Autostrade Siciliane ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione degli artt.117, secondo comma, lettera l) Cost., degli artt. 3 e 97 Cost., dell’art. 40 d.lgs. n. 165/2001 e degli artt. 24, 25 e 26 della legge regionale siciliana n. 10/2000.
Deduce l’inapplicabilità al Consorzio per le Autostrade Siciliane, quale ente di cui all’art. 1 della legge regionale Sicilia n. 10/2000, del CCNL di cui all’Accordo del 24.10.2007 in quanto non negoziato da ARAN, quale unico soggetto avente potere di negoziazione per le Pubbliche Amministrazioni, anche ai sensi dell’art. 26, comma 2, legge regionale n. 10/2000.
Evidenzia che l’ARAN Sicilia era stata istituita dall’art. 25, comma 1, legge regionale n. 10/2000 e che l’Accordo del 24.10.2007 non era stato sottoscritto dall’ARAN, in violazione dell’art. 40 d.lgs. n. 165/2001.
Richiama le sentenze della Corte costituzionale nn. 10/2019 e 81/2019, che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale di leggi regionali che avevano previsto l’applicazione ai giornalisti inquadrati, a seguito di concorso pubblico, nel personale di ruolo della regione, di un contratto collettivo non negoziato dall’ARAN, ma dalle organizzazioni datoriali degli editori e dalla Federazione nazionale della stampa italiana, in quanto violative dell’art. 117, secondo comma, lettera l) Cost.
Con il secondo motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’Accordo collettivo del 24.10.2007, dell’art. 12 delle preleggi e dell’art. 1362 cod. civ., nonché vizio di motivazione.
Addebita alla Corte territoriale di non avere considerato che l’applicazione delle disposizioni contenute nell’Accordo collettivo del 24.10.2007 stipulato presso l’Assessorato Regionale è subordinata alla stipula dei contratti integrativi aziendali quadriennali.
Con il terzo motivo, il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione degli artt.117, secondo comma, lettera l) Cost., degli artt. 3 e 97 Cost., dell’art. 40
d.lgs. n. 165/2001 e degli artt. 24, 25 e 26 della legge regionale siciliana n. 10/2000; in subordine incostituzionalità dell’art. 1 della legge regionale Sicilia n. 2/2002 per violazione degli artt.117, secondo comma, lettera l) Cost., degli artt. 3 e 97 Cost., nella parte in cui individua direttamente il contratto giornalisti quale regolamentazione da applicare al rapporto di lavoro.
Deduce l’inapplicabilità al Consorzio RAGIONE_SOCIALE, quale ente di cui all’art. 1 della legge regionale Sicilia n. 10/2000, del CCNL di cui all’Accordo del 24.10.2007 in quanto non costituisce autonoma contrattazione collettiva, ma incorpora le disposizioni del contratto collettivo giornalisti, in ossequio alla legge regionale Sicilia n. 2/2002.
Richiama la sentenza n. 189/2007, evidenziando che l’accordo del 24.10.2007 ritiene di poter aggirare la sentenza della Corte costituzionale n. 189/2007 attraverso l’incorporazione del contratto di lavoro nazionale giornalistico, in ossequio alla legge regionale Sicilia n. 2/2002.
Aggiunge che in data 9.5.2019 presso gli uffici dell’ARAN Sicilia è stato adottato il nuovo CCRL del comparto non dirigenziale della regione siciliana e degli enti di cui all’art. 1 della legge regionale n. 10/2000, il quale ha stabilito l’istituzione di nuovi profili per le attività di comunicazione e di informazione.
Evidenzia che con ordinanza n. 213/2019, la Corte costituzionale aveva dichiarato l’estinzione del processo limitatamente all’art. 12, comma 3, della legge regionale siciliana n. 16/2017, a fronte della rinuncia parziale presentata dal Presidente del Consiglio dei Ministri per intervenuta abrogazione della disposizione impugnata, da parte della legge regione Sicilia n. 8/2018.
Le censure, che vanno trattate congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono inammissibili.
In base ad un costante indirizzo di questa Corte, qualora il giudicato esterno si sia formato a seguito di una sentenza di questa Corte, i poteri cognitivi del giudice di legittimità possono pervenire alla cognizione della precedente pronuncia anche mediante quell’attività d’istituto (relazioni preliminari ai ricorsi, massime ufficiali e consultazione del CED) che costituisce corredo della ricerca del collegio giudicante, in tal senso deponendo non solo la funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario, ma anche il dovere di prevenire il
contrasto tra giudicati ed il divieto del ne bis in idem , (v. Cass. n. 30780/11 e Cass. S.U. n. 26482/07, che ha abbandonato il precedente orientamento espresso da Cass. S.U. n. 295/2000 – che leggeva il dovere della Corte di conoscere le proprie sentenze in funzione di garanzia della sola attività nomofilattica; in senso analogo Cass. n. 9301/2016; Cass. n. 24740/2015 e Cass. n. 18634/2017).
Ciò premesso, rileva il Collegio che la sentenza n. 14328/2013 di questa Corte ha rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina n. 1308/2007 che in accoglimento del gravame proposto dal Consorzio per le Autostrade Siciliane (CAS) aveva rigettato la sua domanda dal medesimo proposta in data 1.7.2005 con cui aveva chiesto che, in virtù della L.R. n. 2 del 2002, art. 127, comma 6 gli venisse attribuita la qualifica di redattore e poi di capo servizio per l’attività svolta presso l’ufficio stampa del Consorzio per le Autostrade Siciliane, con le consequenziali differenze retributive secondo il contratto CCNL dei giornalisti ai sensi della L.R. n. 33 del 1996, art. 58 e della L. n. 150 del 2000, art. 6, comma 2 e L.R. n. 2 del 2002, art. 127, comma 4.
Tale pronuncia ha innanzitutto rilevato che con la sentenza n. 189 del 14 giugno 2007 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale: a) della L.R. Sicilia 18 maggio 1996, n. 33, art. 58, comma 1, nella parte in cui prevede che il contratto nazionale di lavoro giornalistico si applica anche ai giornalisti che fanno parte degli uffici stampa degli enti locali; b) della L.R. Sicilia 17 marzo 2000, n. 8, art. 16, comma 2, nella parte in cui prevede che la qualifica ed il trattamento contrattuale di caposervizio si applica anche ai componenti degli uffici stampa degli enti locali; c) della L.R. Sicilia 26 marzo 2002, n. 2, art. 127, comma 2, nella parte in cui prevede che ai giornalisti componenti gli uffici stampa già esistenti presso gli enti locali è attribuita la qualifica ed il trattamento contrattuale di redattore capo, in applicazione del contratto nazionale di lavoro giornalistico.
Ha evidenziato che secondo il giudice delle leggi tali norme determinano il trattamento economico dei dipendenti degli enti locali addetti agli uffici stampa delle amministrazioni di appartenenza; esse hanno previsto, in un primo
momento (L.R. n. 33 del 1996, art. 58), che a quei lavoratori si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti; poi (L.R. n. 8 del 2000, art. 16), che ad essi è attribuita la qualifica ed il trattamento di capo servizio; infine (L.R. n. 2 del 2002, art. 127), che la qualifica ed il trattamento economico che spetta loro è quella di redattore capo.
La medesima pronuncia ha dunque osservato che tali norme si pongono in contrasto con il generale principio secondo cui il trattamento economico dei dipendenti pubblici il cui rapporto di lavoro è stato ‘privatizzato’ deve essere disciplinato dalla contrattazione collettiva; ciò in quanto le suddette norme non si limitano a rinviare alla contrattazione collettiva di un certo settore, ma specificano anche la qualifica ed il trattamento economico che deve essere riconosciuto agli addetti agli uffici stampa (e quindi, per il personale in questione, la disciplina di questi fondamentali aspetti del rapporto di impiego è il frutto, non del libero esplicarsi dell’autonomia negoziale collettiva, bensì dell’intervento del legislatore) ed in secondo luogo, e più in generale, perché le disposizioni impugnate in realtà non dispongono che il rapporto di lavoro degli addetti agli uffici stampa debba essere regolato dalla contrattazione collettiva, ma individuano esse stesse il trattamento che si deve applicare a quel personale (appunto, quello previsto dal contratto collettivo del lavoro giornalistico), onde gli agenti negoziali rappresentativi delle categorie delle amministrazioni datrici di lavoro e dei dipendenti interessati non possono contrattare alcunché in proposito.
Ha inoltre osservato che il CAS aveva dimostrato di essersi adeguato al contratto collettivo stipulato tra le parti e di essersi ad essa uniformato per la definizione dei profili professionali dei giornalisti facendo venir meno ogni legittima ragione del contendere; non ha tuttavia ritenuto applicabile ratione temporis l’accordo siglato in data 24.10.2007.
Ne deriva l’infondatezza delle censure che prospetta no l’elusione della sentenza della Corte costituzionale n. 189/2007 da parte dell’accordo del 24.10.2007, in quanto dal giudicato esterno si desume chiaramente che per stessa ammissione del ricorrente il CAS aveva regolarizzato la sua posizione sulla base della contrattazione collettiva oggetto dell’accordo siglato in data
24.10.2007 e in conseguenza del quale, fissati i profili professionali dei giornalisti degli uffici stampa, identificate le figure e le funzioni degli addetti al Consorzio, aveva già riconosciuto al COGNOME lo svolgimento delle mansioni giornalistiche e la retribuzione di capo servizio, confermandogli l’incarico di responsabile dell’ufficio stampa, e nel presente giudizio tale accordo è applicabile, in quanto si discute delle mansioni di capo servizio a partire dal 28.2.2008, sulla base di un ricorso introduttivo introdotto nel 2011.
7. Come precisato da Cass. n. 24701/2021 in una fattispecie analoga, sono inammissibili le censure che denunciano sotto vari aspetti l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel ritenere applicabile il contratto regionale del 24.10.2007, in quanto ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006, la denuncia della violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è ammessa solo con riferimento a quelli di carattere nazionale, per i quali è previsto il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, mentre l’esegesi del contratto collettivo di ambito territoriale è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei limiti fissati dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (cfr. Cass. n. 56 e 85 del 2018, che richiamano Cass. n. 17716 del 2016; Cass. n. 7671 del 2016; Cass. n. 24865 del 2005; Cass. n. 33399 del 2019).
In altri termini, poiché per i contratti regionali non opera l’assimilazione sul piano processuale alla norma di diritto, prevista dai richiamati art. 63 d.lgs. n. 165/2001 e 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli stessi vale il principio generale sec ondo cui l’accertamento della volontà delle parti trasfusa nel negozio si traduce in un’indagine di fatto affidata al giudice di merito e pertanto in sede di legittimità il ricorrente, per censurare validamente l’interpretazione delle disposizioni contrattuali è tenuto ad individuare le regole legali in tesi violate, mediante specifica indicazione delle norme e dei principi in esse contenuti, e a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito si sia discostato dai canoni di ermeneutica.
Il contratto regionale avrebbe dovuto essere riprodotto nel ricorso, in applicazione del principio reiteratamente affermato da questa Corte secondo cui l’esenzione dall’onere di depositare il contratto collettivo del settore pubblico su cui il ricorso si fonda deve intendersi limitata a contratti nazionali, con esclusione di quelli integrativi e/o di ambito territoriale, atteso che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto e per essi non è previsto, a differenza dei contratti collettivi nazionali, il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, ottavo comma, del d. lgs. n. 165/2001 (Cass. n. 5745 del 2014, 19227 del 2011, 8231 del 2011, 28859 del 2009).
La riproduzione nel ricorso del solo art. 4 del richiamato contratto regionale 24.10.2007 non può ritenersi sufficiente ai sensi dell’art. 366, comma 2, n. 6 e dell’art. 369, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. cod. proc. civ., in quanto la riproduzione parziale della clausola contrattuale, che il ricorrente assume violata dalla Corte territoriale, non solo è incompatibile con i principi generali dell’ordinamento e con i criteri di fondo dell’intervento legislativo di cui al citato d.lgs. n. 40 del 2006, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ma contrasta anche con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dall’art. 1362 cod. civ., atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interp retazione esaustiva della questione che qui interessa (Cass. n. 15495 del 2009; 27876/2009; 28306 del 2009; 2742 del 2010; 3459 del 2010; 3894 del 2010; 4373 del 2010; 6372 del 2010).
Nel caso di specie il ricorrente, pur avendo formalmente denunciato violazioni di norme di legge, ha censurato la legittimità delle disposizioni contenute n ell’accordo regionale del 24.10.2007.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
10 . Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per la parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 5000,00 per competenze professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge, da distrarre in favore dell’Avv. NOME COGNOME.
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il 19 novembre 2024.
Il Presidente
Dott. NOME COGNOME