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Contratto quadro cointestato: nullo se manca una firma

La Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto quadro cointestato per servizi di investimento è totalmente nullo se manca la firma di uno dei cointestatari, anche se l’altro ha firmato e impartito gli ordini. La nullità, dovuta a un vizio di forma, travolge l’intero accordo e i conseguenti ordini di acquisto. Il caso riguardava due coniugi, dove la firma della moglie sul contratto era risultata apocrifa. La Corte ha chiarito che non si tratta di nullità parziale, ma di un vizio che invalida il rapporto per entrambi gli investitori.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Bancario, Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Contratto quadro cointestato: la Cassazione conferma la nullità totale se manca una firma

La firma su un contratto non è una mera formalità, specialmente nel mondo degli investimenti finanziari. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: un contratto quadro cointestato è nullo nella sua interezza se manca la sottoscrizione di anche solo uno degli intestatari. Questa decisione chiarisce che la validità dell’accordo dipende dalla manifestazione di volontà di tutti i soggetti coinvolti, con importanti conseguenze sulla validità degli ordini di investimento eseguiti.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria ha origine dalla richiesta di due coniugi investitori contro un istituto di credito. I due chiedevano di accertare la nullità di alcuni contratti di investimento finanziario. Il fulcro della questione risiedeva nel contratto quadro, stipulato per operare su un conto corrente cointestato a entrambi i coniugi.

Il problema emergeva dal fatto che la firma della moglie sul contratto quadro era stata accertata come apocrifa, cioè falsa. Nonostante ciò, il marito, che aveva regolarmente firmato, aveva proceduto a impartire diversi ordini di acquisto di prodotti finanziari, utilizzando la provvista del conto comune.

Nei primi due gradi di giudizio, i tribunali avevano optato per una soluzione intermedia: la nullità del contratto era stata dichiarata solo per la posizione della moglie, ritenendo invece validi gli impegni assunti dal marito. Questa visione si basava sull’idea che la partecipazione della moglie non fosse “essenziale” e che quindi la nullità potesse essere solo parziale. Insoddisfatti, i coniugi hanno portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

Il Percorso Giudiziario e la decisione della Cassazione

La Corte d’Appello aveva rigettato le richieste dei coniugi, sostenendo che la nullità riguardante la moglie non potesse estendersi al marito. La Cassazione, tuttavia, ha completamente ribaltato questa prospettiva, accogliendo il ricorso degli investitori.

La Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa a un’altra sezione della Corte d’Appello di Roma per un nuovo esame, che dovrà attenersi al principio di diritto enunciato. Vediamo nel dettaglio le motivazioni di questa importante decisione.

Le Motivazioni: Perché il contratto quadro cointestato è totalmente nullo?

La Cassazione ha smontato la tesi della nullità parziale con un’argomentazione logica e giuridicamente solida, basata su tre pilastri fondamentali.

L’inapplicabilità dell’art. 1420 c.c. ai contratti di scambio

I giudici di merito avevano erroneamente applicato l’articolo 1420 del codice civile, relativo ai contratti plurilaterali con scopo comune (come un contratto di società). La Corte ha chiarito che il contratto di intermediazione finanziaria non rientra in questa categoria. Si tratta, invece, di un contratto bilaterale di scambio, dove le parti sono due: da un lato l’investitore, dall’altro l’intermediario. Il fatto che la parte “investitore” sia composta da più persone (i due coniugi) la qualifica come “parte soggettivamente complessa”, ma non trasforma il contratto in plurilaterale. Pertanto, la regola sulla non essenzialità della partecipazione di una delle parti non è applicabile.

La centralità della forma scritta nel Contratto quadro cointestato

Il Testo Unico della Finanza (art. 23 D.Lgs. 58/1998) impone la forma scritta ad substantiam per i contratti di investimento. Questo significa che la forma scritta è un requisito essenziale per la validità stessa del contratto. Se il contratto è predisposto per essere sottoscritto da due cointestatari, la manifestazione di volontà deve provenire da entrambi. L’assenza di una delle due firme costituisce un vizio di forma che non può essere sanato e che rende il contratto nullo nella sua interezza, non solo per una parte. Ammettere il contrario frustrerebbe l’esigenza di tutela e certezza voluta dal legislatore.

Il limite dell’art. 1854 c.c. alle sole operazioni di conto corrente

La banca aveva tentato di difendersi invocando l’articolo 1854 del codice civile, che permette ai cointestatari di un conto di operare separatamente. La Cassazione ha respinto questa tesi, precisando che tale norma si applica esclusivamente alle operazioni tipiche del conto corrente (es. prelievi, versamenti). La stipula di un contratto quadro per investimenti è un negozio giuridico distinto e autonomo, che non rientra in tale ambito. La facoltà di operare disgiuntamente sul conto non implica una facoltà di vincolare l’altro cointestatario in un contratto di investimento mai sottoscritto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza della Cassazione stabilisce un principio di diritto chiaro e inequivocabile: in tema di intermediazione finanziaria, il contratto quadro destinato a due o più investitori è nullo per difetto di forma scritta se non è sottoscritto da tutti. Questa nullità totale travolge anche tutti gli ordini di acquisto successivi, rendendoli privi di causa.

Questa decisione rafforza la tutela degli investitori e impone agli intermediari finanziari un dovere di massima diligenza nella fase di stipula dei contratti. Non è possibile considerare valido un accordo “a metà”: la volontà contrattuale, quando è plurisoggettiva, deve essere manifestata integralmente da tutti i soggetti che compongono la parte. Per i risparmiatori, ciò significa una maggiore certezza che nessun investimento potrà essere effettuato a nome loro senza una piena e formale espressione del proprio consenso.

Cosa succede se un contratto quadro cointestato per investimenti è firmato da un solo cointestatario?
Secondo la Corte di Cassazione, il contratto è totalmente nullo per difetto di forma scritta. La nullità si estende a entrambe le posizioni (sia a chi ha firmato, sia a chi non ha firmato) e travolge tutti gli ordini di acquisto eseguiti sulla base di tale contratto.

La regola che permette a un cointestatario di operare separatamente su un conto corrente si applica anche ai contratti di investimento?
No. La Corte ha specificato che la facoltà di operare disgiuntamente, prevista dall’art. 1854 c.c., riguarda solo le operazioni tipiche del rapporto di conto corrente (es. prelievi) e non si estende alla stipula di un contratto di investimento finanziario, che è un negozio giuridico separato e richiede il consenso formale di tutti gli intestatari.

La nullità del contratto quadro rende nulli anche i singoli ordini di acquisto già eseguiti?
Sì. La sentenza afferma che la nullità del contratto quadro, che rappresenta la base giuridica per la prestazione dei servizi di investimento, determina il travolgimento integrale e la conseguente nullità di tutti gli ordini di acquisto impartiti in sua esecuzione, in quanto questi ultimi restano privi della loro causa giustificativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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