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Contratto Pubblica Amministrazione: La Forma Scritta

La Corte di Cassazione ha confermato la nullità di un contratto d’opera professionale stipulato tra un ingegnere e un ente sanitario. La Corte ha ribadito che per un contratto pubblica amministrazione è indispensabile la forma scritta ‘ad substantiam’, non essendo sufficiente una delibera di affidamento dell’incarico. La mancanza della sottoscrizione del professionista su un documento contrattuale unico o su documenti formalmente scambiati rende l’intero accordo nullo, assorbendo ogni altra questione, come la validità di una clausola compromissoria.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto Pubblica Amministrazione: La Forma Scritta è un Requisito Invalicabile

La stipulazione di un contratto pubblica amministrazione richiede rigore formale a pena di nullità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato con forza questo principio, chiarendo che una delibera di affidamento non può mai sostituire un contratto scritto e sottoscritto da entrambe le parti. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per professionisti e imprese che operano con enti pubblici, evidenziando i rischi derivanti da una gestione informale dei rapporti contrattuali.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla richiesta di pagamento avanzata da un ingegnere, e successivamente dai suoi eredi, nei confronti di un’Azienda Sanitaria Provinciale per la progettazione e direzione lavori di ristrutturazione di un ospedale. A fronte del mancato pagamento, il professionista aveva ottenuto un decreto ingiuntivo. L’Ente Sanitario si era opposto, eccependo l’improponibilità della domanda a causa di una clausola compromissoria presente nel disciplinare d’incarico, che prevedeva la risoluzione delle controversie tramite arbitrato. Il Tribunale di primo grado accoglieva l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo.

In appello, gli eredi del professionista cambiavano strategia, sostenendo la nullità proprio della clausola compromissoria, in quanto il disciplinare d’incarico non era mai stato sottoscritto dal loro dante causa. La Corte d’Appello, tuttavia, andava oltre: rilevava d’ufficio la nullità non solo della clausola, ma dell’intero contratto per difetto della forma scritta richiesta ad substantiam per tutti i contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione. Di conseguenza, rigettava la pretesa di pagamento.

La Decisione della Corte di Cassazione sul contratto pubblica amministrazione

Gli eredi ricorrevano in Cassazione, articolando tre motivi di ricorso. Essi sostenevano, in sintesi, che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare una delibera dell’Ente che, approvando l’incarico, avrebbe ratificato il disciplinare, sanando il vizio di forma. Lamentavano inoltre la violazione del giudicato interno, poiché il giudice di primo grado, nel dichiarare la competenza arbitrale, avrebbe implicitamente riconosciuto la validità del contratto. Infine, denunciavano l’omessa pronuncia su un motivo specifico di nullità della clausola compromissoria.

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo tutti i motivi inammissibili o infondati.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha chiarito in modo inequivocabile la disciplina del contratto pubblica amministrazione. Il requisito della forma scritta ad substantiam, previsto dagli artt. 16 e 17 del R.D. 2440/1923, è espressione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.). Questo rigore formale serve a garantire la trasparenza e a consentire i controlli, costituendo una remora ad arbitri.

Il contratto deve pertanto tradursi in un documento scritto che contenga la sottoscrizione sia del professionista che del legale rappresentante dell’Ente. In mancanza di tale documento, l’esistenza di una delibera dell’organo collegiale che autorizza o conferisce l’incarico è del tutto irrilevante. Tale delibera è un atto con efficacia puramente interna all’Ente e non costituisce una proposta contrattuale rivolta all’esterno.

La Corte ha specificato che, sebbene sia ammissibile che proposta e accettazione siano contenute in documenti distinti, è necessario che questi confluiscano in un unico testo o che vi sia uno scambio formale di atti sottoscritti da cui emerga in modo inequivocabile la volontà di entrambe le parti di vincolarsi. Nel caso di specie, i ricorrenti non sono riusciti a dimostrare in modo certo l’esistenza di un disciplinare, pertinente all’incarico in questione, sottoscritto dal professionista e recepito formalmente dall’Ente.

Infine, la Corte ha respinto la censura sul giudicato interno, richiamando un principio consolidato delle Sezioni Unite (sent. n. 26242/2014): il giudice che esamina una domanda di nullità parziale (come quella sulla clausola compromissoria) ha il potere-dovere di rilevare d’ufficio la nullità totale del contratto, in quanto un negozio radicalmente nullo non può produrre alcun effetto, nemmeno parziale.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito cruciale: nei rapporti con gli enti pubblici, la forma è sostanza. Qualsiasi accordo, per essere valido ed efficace, deve essere formalizzato in un contratto scritto e sottoscritto da entrambe le parti. Affidarsi a delibere, scambi di comunicazioni informali o accordi verbali espone al rischio concreto di vedersi negato qualsiasi compenso, poiché il contratto, essendo nullo, è come se non fosse mai esistito. Per i professionisti, è quindi imperativo assicurarsi che ogni incarico da parte di un ente pubblico sia perfezionato nel rispetto scrupoloso dei requisiti di legge, a garanzia dei propri diritti e della certezza dei rapporti giuridici.

Una delibera di un ente pubblico che affida un incarico è sufficiente per creare un contratto valido?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una delibera è un atto interno all’amministrazione e non può sostituire il contratto scritto, che deve essere sottoscritto sia dal rappresentante dell’ente sia dal professionista. La mancanza di questo requisito formale rende nullo l’intero accordo.

Se una parte contesta solo una clausola del contratto, il giudice può dichiarare nullo l’intero contratto?
Sì. Secondo un principio affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione, il giudice che viene chiamato a pronunciarsi sulla nullità parziale di un contratto (ad esempio, una clausola compromissoria) ha il dovere di rilevare d’ufficio la nullità totale del contratto, se ne sussistono i presupposti, come il difetto di forma scritta.

Perché è richiesta la forma scritta per un contratto pubblica amministrazione?
La forma scritta è richiesta ad substantiam, cioè per la validità stessa del contratto, come garanzia di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, principi sanciti dall’art. 97 della Costituzione. Serve a garantire la trasparenza, a prevenire decisioni arbitrarie e a facilitare l’espletamento delle funzioni di controllo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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