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Contratto pubblica amministrazione: forma scritta e valore

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un professionista che chiedeva il pagamento per consulenze fornite a diversi Comuni. La Corte ha ribadito che un contratto con la pubblica amministrazione richiede inderogabilmente la forma scritta, intesa come un documento che formalizzi l’incontro delle volontà delle parti (proposta e accettazione) e contenga gli elementi essenziali come l’oggetto e il corrispettivo. Una delibera interna dell’ente o una successiva richiesta di informazioni non sono sufficienti a perfezionare il vincolo contrattuale né a configurare una valida ricognizione di debito.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto Pubblica Amministrazione: Senza Forma Scritta è Nullo

Stipulare un contratto con la pubblica amministrazione richiede attenzioni e formalità che non possono essere trascurate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda un principio fondamentale: per la validità di un accordo con un ente pubblico è indispensabile la forma scritta, non essendo sufficienti atti interni come le delibere o comunicazioni informali. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono i requisiti essenziali e come evitare spiacevoli sorprese.

I Fatti del Caso: Una Consulenza Senza Contratto Scritto

Un professionista aveva svolto attività di consulenza e assistenza in favore di un Ambito Territoriale Sociale, che raggruppava diversi Comuni. Non ricevendo il pagamento dei compensi, otteneva un decreto ingiuntivo contro il Comune capofila. L’ente pubblico si opponeva, sostenendo che non si fosse mai perfezionato un valido contratto. La questione è giunta fino alla Corte di Cassazione, dopo che sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai Comuni, revocando il decreto ingiuntivo.

Il professionista sosteneva che il rapporto contrattuale esistesse, basandosi su una delibera di incarico e su successive comunicazioni. Tuttavia, i giudici di merito avevano già stabilito che questi documenti non integravano i requisiti di legge.

La Decisione della Corte: Requisiti Formali per il Contratto con la Pubblica Amministrazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del professionista, confermando le sentenze precedenti. I giudici supremi hanno ribadito che la stipulazione di un contratto con la pubblica amministrazione deve avvenire, a pena di nullità, nel rispetto della forma scritta. Questo requisito non è un mero formalismo, ma una garanzia di trasparenza e di corretta gestione delle risorse pubbliche. La Corte ha chiarito che non è sufficiente una semplice delibera a contrarre da parte dell’ente, se questa non contiene tutti gli elementi essenziali del contratto (oggetto, corrispettivo, impegno di spesa) e non viene formalmente accettata per iscritto dalla controparte.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione della Corte si fonda su argomentazioni chiare e consolidate in giurisprudenza. Vediamole nel dettaglio.

L’Assenza della Forma Scritta e lo Scambio di Volontà

Il punto centrale è che il contratto con un ente pubblico si deve concretizzare in un unico documento scritto o, in alternativa, in uno scambio formale di proposta e accettazione redatte per iscritto. Nel caso di specie, la delibera del Comune era un atto meramente interno, una generica disponibilità a contrarre, ma priva degli elementi indispensabili per essere considerata una proposta contrattuale. Allo stesso modo, le successive comunicazioni non potevano sanare questa mancanza originaria. Mancava, in sintesi, la manifestazione inequivocabile e contestuale della volontà di obbligarsi da parte di entrambi i contraenti, formalizzata in un atto scritto.

La Ricognizione di Debito non Sostituisce il Titolo

Il professionista aveva tentato di far valere una comunicazione del Comune come una ricognizione di debito ai sensi dell’art. 1988 c.c. La Corte ha smontato anche questa tesi, spiegando due concetti chiave. Primo, quella comunicazione era stata correttamente interpretata dai giudici di merito come una semplice richiesta di informazioni. Secondo, e più importante, la ricognizione di debito da parte della Pubblica Amministrazione non può mai creare un’obbligazione dal nulla. Essa ha solo un effetto processuale (la cosiddetta relevatio ab onere probandi), ovvero solleva il creditore dal dover provare il rapporto originale. Tuttavia, se viene dimostrato che il rapporto fondamentale (il contratto) è inesistente o invalido, come in questo caso, la ricognizione di debito perde ogni efficacia.

La Ripartizione delle Spese Legali

Un ultimo motivo di ricorso riguardava la condanna del professionista a pagare le spese legali degli altri Comuni, chiamati in causa dal Comune capofila per essere manlevati. La Corte ha ritenuto infondata la doglianza, applicando il principio della soccombenza. Chi perde la causa deve pagare le spese legali. Questo principio si estende anche al terzo chiamato in giudizio, se la sua partecipazione al processo è stata una conseguenza diretta e non pretestuosa dell’azione intentata dall’attore principale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame è un monito fondamentale per chiunque si relazioni professionalmente con la Pubblica Amministrazione. La stipulazione di un contratto deve sempre essere formalizzata attraverso un atto scritto, firmato da entrambe le parti, che definisca chiaramente oggetto, durata, corrispettivo e impegni di spesa. Affidarsi a delibere interne, accordi verbali o comunicazioni informali espone al rischio concreto di non vedere mai riconosciuto il proprio diritto al compenso, poiché la mancanza della forma scritta rende il contratto nullo e, quindi, improduttivo di effetti.

Una delibera di un ente pubblico è sufficiente per creare un contratto di consulenza?
No. Secondo la Corte, una delibera interna, se non contiene tutti gli elementi essenziali del contratto (come oggetto, corrispettivo e impegno di spesa) e non è seguita da un formale scambio di proposta e accettazione per iscritto, non è idonea a perfezionare il vincolo contrattuale.

Una lettera della Pubblica Amministrazione che chiede informazioni su una fattura vale come riconoscimento di debito?
No. Una mera richiesta di informazioni non costituisce una ricognizione di debito. In ogni caso, la ricognizione di debito da parte di un ente pubblico non può creare un’obbligazione autonoma e non può sanare la mancanza di un valido contratto sottostante, che ne è il presupposto indispensabile.

Se perdo una causa, devo pagare anche le spese legali di un terzo chiamato in giudizio dalla controparte?
Sì. In base al principio della soccombenza, la parte che perde la causa è tenuta a rimborsare le spese legali non solo della controparte diretta ma anche del terzo che questa ha chiamato in giudizio, a condizione che la chiamata non fosse palesemente infondata o arbitraria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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