Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9524 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9524 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24924/2023 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dall’ avvocato COGNOME NOMECOGNOME con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE- contro
COMUNE DI COGNOME, COMUNE DI VEGLIE, COMUNE DI SALICE SALENTINO, in persona dei sindaci p.t., rappresentati e difesi dall’ avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti.
-CONTRORICORRENTI-
e
COMUNE DI COGNOME, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’ avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti.
–
CONTRORICORRENTE- nonché
RAGIONE_SOCIALE CAMPI SALENTINA, in persona del sindaco p.t., in qualità di Comune Capofila dell’Ambito Territoriale Sociale di Campi Salentina , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale in atti.
-CONTRORICORRENTE-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 435/2023, depositata il 17/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 453/2023, la Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza di primo grado con cui era stata accolta l’opposizione del Comune di Campi Salentina, nella qualità di capofila dell’Ambito territoriale sociale di Campi Salentina , ed era stato revocato il decreto ingiuntivo n. 3475/2016 ottenuto da NOME COGNOME per il pagamento dei compensi professionali per talune attività di consulenza ed assistenza. Il giudizio si era svolto anche nei confronti dei Comuni di Carmiano, Guagnano, Salice Salentino e Veglie, chiamati in causa dall’opponente per essere manlevato.
Secondo il giudice distrettuale, il rapporto contrattuale non si era perfezionato nel rispetto della forma scritta, poiché la delibera di incarico non conteneva una proposta con gli indispensabili contenuti contrattuali (oggetto, corrispettivo, impegno di spesa), mancando, inoltre, la necessaria contestualità dello scambio tra proposta ed accettazione.
Nessun riconoscimento di debito poteva rinvenirsi nella missiva del 25.1.2013 del Comune di Campi Salentina, contenente una mera richiesta di informazioni, mancando a monte un valido titolo negoziale.
NOME COGNOME ha chiesto la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Lecce con ricorso affidato a cinque motivi. Il Comune di Campi Salentina, quale Capofila dell’Ambito territoriale sociale di Campi Salentina, la Città di Salice Salentino e i Comuni di Guagnano, di Veglie e di Carmiano hanno resistito con controricorso.
Il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ritenendo l’impugnazione manifestamente infondata.
Su opposizione del ricorrente, che ha chiesto la decisione, il Presidente ha fissato l’udienza in camera di consiglio.
In prossimità dell’adunanza , le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Sono inammissibili i motivi formulati alle pagg. 2 e 3 con la memoria illustrativa, con cui si censura l’ interpretazione del verbale n. 68 e il travisamento del contenuto dell’atto, non potendo la memoria contenere motivi aggiuntivi, non introdotti con l’originario ricorso.
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 2909 c.c., 112, 324 e 329 c.p.c., dolendosi che la sentenza non abbia considerato l’intervenuto giudicato interno sulla legittimazione passiva esclusiva del Comune di Campi Salentina nella qualità di Comune capofila dell’ATS , con conseguente impossibilità di escludere che, alla data dell’incarico , fosse stata costituita la struttura amministrativa a favore della quale era stata prestata l’attività professionale, provata – inoltre -da plurimi elementi emersi in giudizio.
Il secondo motivo di ricorso censura la violazione la violazione degli artt. 2909 c.c., 112, 324 e 329 c.p.c., invocando il giudicato interno riguardo alla natura contrattuale della domanda di pagamento e, per implicito, a ll’esistenza del contratto di incarico.
Il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 2909 c.c., 112, 324 e 329 c.p.c., 17 del R.D. n. 2440/1923, 1 della l. 241/90, 11 e 1326 c.c., per aver la sentenza trascurato il giudicato interno formatosi in ordine al fatto che la PA aveva agito iure privatorum ; si sostiene che il contratto poteva essere perfezionato anche mediante uno scambio non contestuale di proposta ed accettazione in forma scritta.
I primi tre motivi non sono fondati.
Già il giudice di primo grado aveva evidenziato che il verbale n. 68 del 2010 -che, secondo il ricorrente, integrava una accettazione della proposta di incarico avanzata da NOME COGNOME – non conteneva affatto una manifestazione di volontà negoziale, esprimendo una generica disponibilità a contrarre mediante un atto meramente interno (cfr. sentenza di primo grado, pag. 6).
Nessun giudicato si era formato in ordine al perfezionamento di uno scambio, in forma scritta, tra proposta ed accettazione; sebbene l’amministrazione avesse agito iure privatorum, occorreva comunque che l ‘ente manifest asse la volontà di impegnarsi mediante una vera e propria accettazione nel rispetto dei requisiti di forma.
Il punto è chiarito alle pagg. 10 e 16 della pronuncia di appello che, riprendendo ed integrando gli argomenti già esposti dal tribunale, ha meglio evidenziato che neppure la missiva del COGNOME citata in ricorso conteneva una proposta e che la delibera non valeva come accettazione, mancando l’indicazione del corrispettivo, l’assunzione di un vero e proprio obbligo contrattuale e l’impegno di spesa necessaria per imputare all’ente il rapporto, in realtà mai venuto in essere.
Il relativo accertamento, logicamente motivato, non è posto efficacemente in discussione, evocando un insussistente giudicato interno sulla formazione del contratto.
Consegue l’infondatezza di tutte le censure poiché, mancando l’accordo, non ha rilievo stabilire se l’ATS fosse già costituita; parimenti è irrilevante che quest’ultima fosse riconosciuta come unica legittimata passiva e che l’azione avesse natura contrattuale poiché nessuna di tali evenienze poteva sopperire al mancato perfezionamento dell’accordo; irrilevante è, infine, accertare se fosse stata rispettata la forma scritta mediante lo scambio di proposta ed accettazione tramite atti separati, come parimenti irrilevanti appaiono i richiami alla più recente giurisprudenza di questa Corte
circa la possibilità che i contratti della pubblica amministrazione siano conclusi senza uno scambio contestuale di proposta e accettazione.
3. Il quarto motivo di ricorso censura la violazione dell’art. 1988 c.c., assumendo che la Corte d’Appello abbia trascurato che il Comune di Campi Salentina aveva riconosciuto il debito con la missiva del 25.1.2013; si denuncia altresì la violazione dell’art.115 c.p.c. e un errore percettivo sul contenuto oggettivo della prova riguardo ai fatti della pretesa non specificatamente contestati dalle controparti.
La censura è inammissibile poiché, riportando parzialmente il contenuto dell’atto, ne propone un’interpretazione opposta a quella della Corte di merito, secondo cui la missiva costituiva una mera richiesta di informazioni, senza evidenziare vizi logici del ragionamento decisorio o il non corretto utilizzo dei criteri interpretativi.
In ogni caso, il riconoscimento non poteva sopperire alla carenza di un valido titolo sottostante.
La disciplina dettata dall’art. 1988 cod. civ. (secondo cui la promessa di pagamento o la ricognizione di un debito dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, la quale si presume fino a prova contraria) è applicabile anche agli atti della pubblica amministrazione, nel concorso dei requisiti formali e procedimentali che ne condizionano la validità e l’efficacia (cfr. Cass. 8643/2003; Cass. 1188/1982; Cass. 510/2023).
La ricognizione di debito, tuttavia, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha soltanto l’effetto di provare un preesistente rapporto obbligatorio, comportando una relevatio ab onere probandi che dispensa colui a cui favore è fatta dall’onere di fornire la prova del rapporto fondamentale che si presume fino a prova contraria, ma dalla cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, con il conseguente venir meno di ogni effetto vincolante
ove venga giudizialmente provato che il rapporto fondamentale non è mai sorto, è invalido o si è estinto (Cass. 11021/2005; Cass. 510/2023).
4. Il quinto ed ultimo motivo lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., per aver la Corte d’ appello posto a carico del ricorrente anche il pagamento delle spese legali dei terzi chiamati in causa dal Comune di Campi Salentina, risultato soccombente.
Il motivo è infondato. La sentenza è conforme al costante orientamento secondo cui, in caso di rigetto della domanda principale, le spese sostenute dal terzo chiamato devono essere poste a carico dell’attore soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in causa, anche al di fuori dei casi di chiamata in garanzia, mentre restano a carico del chiamante quando la sua iniziativa si riveli manifestamente infondata o palesemente arbitraria (Cass. 31889/2019; Cass. 10364/2023; Cass. 6144/2024).
Nel caso in esame, la chiamata dei Comuni era stata effettuata dall’ATS al fine di essere manlevata in caso di condanna , assumendo che le singole amministrazioni locali dovessero sostenere gli oneri poiché effettivi beneficiari delle prestazioni, sicché il riconoscimento della legittimazione passiva esclusiva dell’ATS non rendeva di per sé manifestamente infondata o pretestuosa la chiamata degli altri enti appartenenti al medesimo ambito territoriale.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta del relatore, trovano applicazione il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 3, c.p.c., con condanna al pagamento anche di un’ulteriore somma in favore della cassa delle ammende, negli importi indicati in dispositivo (Cass. SU 9611/2024; Cass. 36069/2023; Cass. 27195/2023).
Sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre3 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo
di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione dichiarata inammissibile, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in €. 4700,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre ad €. 2000,00 ai sensi dell’art. 96 terzo comma c.p.c., iva, c.p.a., rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15% in favore di ciascun controricorrente, nonché dell’ulteriore importo di € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo un ificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione