Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9293 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9293 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8743/2021 R.G. proposto da C.RAGIONE_SOCIALE -CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio della prima in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente della Giunta regionale p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura regionale;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4363/20, depositata il 22 settembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La C.RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE, concessionaria della gestione del servizio idrico integrato nell’Ambito Territoriale Marsicano, comprendente l’acquedotto Liri Verrecchie, convenne in giudizio la Regione Lazio, per sentirla condannare al pagamento della somma complessiva di Euro 2.050.769,67, oltre interessi, a titolo di corrispettivo per la fornitura d’acqua e l’attività di manutenzione ed intervento svolta nei territori di nove Comuni della Regione serviti dal predetto acquedotto.
1.1. Con sentenza dell’8 luglio 2015, il Tribunale di Roma rigettò la domanda, rilevando l’insussistenza di un contratto stipulato in forma scritta, richiesta ad substantiam .
L’impugnazione proposta dalla CAM è stata rigettata dalla Corte d’appello di Roma con sentenza del 22 settembre 2020.
Premesso che i contratti della Pubblica Amministrazione, ivi compresi quelli degli enti territoriali e quelli stipulati a trattativa privata, richiedono la forma scritta, ossia la redazione di un documento recante la sottoscrizione delle parti e la specifica indicazione dell’oggetto e delle clausole che regolano il rapporto, la Corte ha affermato che l’assenza di tale requisito comporta la nullità del contratto, insuscettibile di sanatoria, e l’inefficacia di una ricognizione di debito, avente portata meramente confermativa del rapporto fondamentale. Ha escluso, in particolare, che tale contratto potesse essere individuato nella convenzione stipulata il 4 luglio 1990 tra la Regione Lazio e la Regione Abruzzo per disciplinare la successione delle stesse alla Cassa per il Mezzogiorno, che precedentemente gestiva gli acquedotti, e per regolare i rapporti tra i due enti, osservando che la CAM non ne era parte.
Avverso la predetta sentenza la CAM ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi. La Regione ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36, della legge della Regione Abruzzo 13 gennaio 1997, n. 2 e del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sostenendo che, nell’e-
scludere la sussistenza di un titolo legittimante le prestazioni effettuate, la sentenza impugnata non ha considerato che essa ricorrente è subentrata ex lege alla Regione Abruzzo nel rapporto intercorrente con la Regione Lazio relativamente allo svolgimento del servizio idrico integrato nell’area servita dall’acquedotto Liri Verrecchie. Premesso che con d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 l’acquedotto, costruito dalla Cassa per il Mezzogiorno, era stato trasferito alla Regione Abruzzo, afferma che a quest’ultima era subentrato, ai sensi della normativa vigente in materia di risorse idriche, il Consorzio RAGIONE_SOCIALE Marsicano, istituito con legge regionale 16 settembre 1987, n. 66, il quale, dopo aver assunto la nuova denominazione di RAGIONE_SOCIALE Marsicano, era stato trasformato in società per azioni, ai sensi dell’art. 115 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Precisato inoltre che essa ricorrente, costituita con la partecipazione dei Comuni inclusi nell’ambito territoriale ottimale, svolge le funzioni già attribuite a questi ultimi, operando come società in house , in virtù dell’affidamento del servizio da parte dell’Ente Regionale per il Servizio Idrico Integrato (già Ente d’Ambito Marsicano), aggiunge che la sussistenza del rapporto con la Regione Lazio era comprovata dall’avvenuta cessione del contratto da parte della stessa in favore della RAGIONE_SOCIALE, concessionaria della gestione del servizio idrico integrato dell’area comprendente i Comuni serviti dall’acquedotto.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per non aver tenuto conto della convenzione stipulata il 4 luglio 1990, la cui produzione, avvenuta nel corso del giudizio di primo grado, era stata ritenuta inammissibile dal Tribunale.
Il primo motivo, con cui la ricorrente insiste sulla sussistenza del rapporto contrattuale con la Regione Lazio, sostenendo di essere subentrata ex lege nel contratto dalla stessa stipulato con la Regione Abruzzo, già titolare dell’acquedotto, è infondato.
La legge della Regione Abruzzo n. 66 del 1987, recante norme per l’individuazione degli enti destinatari delle opere acquedottistiche realizzate dalla Cassa per il Mezzogiorno ed affidate provvisoriamente in gestione alla Regione e ad altri enti, ai sensi dell’art. 139 del d.P.R. n. 218 del 1978, nel
demandare alla Regione il compito di promuovere, a tal fine, la costituzione di consorzi comprensoriali tra i Comuni interessati (art. 1, comma secondo), prevedeva, in via provvisoria, la costituzione di sei consorzi (art. 2, comma primo), tra i quali il Consorzio Comprensoriale della Marsica, comprendente anche i Comuni serviti dall’acquedotto interregionale Verrecchie, per la parte ricadente nel territorio abruzzese (all. A, lett. b ); essa affidava a ciascun consorzio la gestione delle opere acquedottistiche situate nell’ambito di sua competenza, per la parte ricadente nel territorio regionale (art. 2, comma secondo), disponendo che i Comuni o altri enti pubblici potessero volontariamente conferire ai consorzi competenti per territorio le opere acquedottistiche da loro gestite (art. 3, comma primo). Il Titolo IV della medesima legge disciplinava poi il trasferimento delle opere realizzate o in corso di realizzazione da parte della Cassa per il Mezzogiorno in gestione alla Regione o affidate in gestione provvisoria ad altri Enti, distinguendo tra quelle relative agli acquedotti intercomunali raggruppati negli schemi acquedottistici di cui all’all. C (tra i quali era compreso quello relativo all’acquedotto Verrecchie, per la parte ricadente nel territorio abruzzese), da trasferirsi entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge ai Consorzi competenti per i rispettivi ambiti territoriali (art. 27), e quelle ad esclusivo servizio dei Comuni singoli, non strettamente connesse con acquedotti intercomunali, da trasferirsi ai Comuni stessi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge (art. 26, comma primo).
I trasferimenti previsti dalle predette disposizioni non avevano pertanto carattere automatico, ma erano subordinati all’adozione di appositi provvedimenti da parte della Regione, i quali avrebbero dovuto disciplinare anche il subingresso dei consorzi nella gestione delle opere, regolando in particolare la sorte dei rapporti già in essere con i terzi e la titolarità dei diritti e degli obblighi dagli stessi derivanti, in ordine ai quali la legge nulla disponeva. L’intervenuta adozione di tali provvedimenti non è stata peraltro allegata in alcun modo dalla ricorrente, la quale non ne ha indicato la data né riportato neppure sommariamente il contenuto, con la conseguenza che risulta assolutamente impossibile stabilire se e quando essa sia subentrata alla Regione Abruzzo nel rapporto derivante dalla convenzione stipulata con la Regione Lazio. Eppure,
la necessità di tali indicazioni emergeva anche dalla complessità della vicenda inerente al trasferimento dell’acquedotto interregionale Verrecchie, la cui gestione, affidata dall’art. 2, comma primo, della legge n. 66 del 1987 al Consorzio Comprensoriale dell’Aquilano, nel quale erano stati inclusi i Comuni approvvigionati dall’acquedotto, fu attribuita al Consorzio Acquedotto Marsicano soltanto a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 2 della legge regionale 20 aprile 1989, n. 40, che modificò la predetta disposizione.
Per analoghe ragioni, deve ritenersi insufficiente il richiamo della ricorrente alla successiva legge n. 36 del 1994, la quale, nel disciplinare la sorte delle gestioni esistenti alla data della sua entrata in vigore, effettivamente dispose, all’art. 10, comma sesto, che gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui all’art. 50 del d.P.R. n. 218 del 1978 e da altri consorzi di diritto pubblico, fossero trasferiti entro il 31 dicembre 1995 al gestore del servizio idrico integrato dell’ambito territoriale ottimale nel quale ricadevano in tutto o per la maggior parte i territori serviti, ma subordinò tale trasferimento all’adozione di un apposito piano con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell’ambiente, sentite le regioni, le province e gli enti interessati, la cui data di approvazione ed il cui contenuto sono rimasti nella specie imprecisati. L’art. 12 della medesima legge, nel disciplinare la dotazione dei soggetti gestori del servizio pubblico integrato, prevedeva d’altronde che le opere, gli impianti e le canalizzazioni relativi ai servizi di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue, di proprietà degli enti locali o affidati in dotazione o in esercizio ad aziende speciali e a consorzi, fossero affidati in concessione al soggetto gestore del servizio idrico integrato, il quale ne avrebbe assunto i relativi oneri, ma richiedeva a tal fine un’apposita convenzione, da stipularsi sulla base di uno schema tipo approvato dalla regione ai sensi dell’art. 11, il cui contenuto, comprendente l’indicazione dei termini dell’assunzione dei predetti oneri, è rimasto anche esso indeterminato, così come la data di stipulazione. Nell’invocare la legge regionale n. 2 del 1997, con cui la Regione Abruzzo a provveduto a dare attuazione alla predetta disciplina, la ricorrente ha poi omesso di specificare
le modalità e i termini di assegnazione dell’acquedotto all’ente d’ambito, da essa individuato nell’ERSI, cui le opere di cui all’art. 4, comma primo, lett. f) della legge n. 36 del 1994 avrebbero dovuto essere attribuite in uso o in comodato gratuito ai sensi dell’art. 8, comma quarto, nonché quelli dell’affidamento al gestore del servizio idrico integrato, regolato dall’art. 9, comma secondo, lett. c) e d) , mediante rinvio alle forme di gestione di cui all’art. 22, comma terzo, lett. b) , c) ed e) , della legge 8 giugno 1990, n. 142.
Quanto infine alla disciplina dettata dal d.lgs. n. 152 del 2006, premesso che, nel sistema dalla stessa introdotto, gli acquedotti, le fognature, gl’impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica sono assegnate al demanio degli enti locali (art. 143, comma primo) e devono essere affidate in concessione d’uso gratuita al gestore del servizio idrico integrato (art. 153, comma primo), i cui rapporti con gli enti proprietari e con l’ente di governo dell’ambito (art. 150, comma primo) sono anch’essi regolati da apposite convenzioni e dai relativi disciplinari, la ricorrente, pur affermando di rivestire la qualità di gestore del servizio idrico integrato, in virtù di affidamento in house da parte dell’ERSI, non ha in alcun modo precisato le condizioni convenute per l’affidamento dell’acquedotto Liri Verrecchie, ed in particolare quelle riguardanti il subingresso nei crediti e nei debiti della gestione, sicché è rimasta del tutto priva di riscontro l’affermazione della successione nella convenzione stipulata dalla Regione Abruzzo, originaria titolare dell’acquedotto, con la Regione Lazio, in favore della quale sono state effettuate le forniture.
E’ conseguentemente infondato anche il secondo motivo, riflettente l’omesso esame della predetta convenzione.
La sentenza impugnata non ha affatto trascurato tale documento, avendo espressamente dichiarato di non volersi soffermare sulla tardività della sua produzione da parte dell’appellante, in favore di una pronuncia sul merito della questione sollevata con il motivo di gravame, ma avendolo reputato irrilevante ai fini della decisione, in virtù della condivisibile osservazione che, in quanto stipulata senza la partecipazione del Consorzio, la convenzione non poteva spiegare alcun effetto nei confronti dello stesso.
Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 18/12/2024