Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3368 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3368 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25577-2023 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avv . NOME COGNOME e domiciliata presso la Cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avv . NOME COGNOME e domiciliata presso la Cancelleria della Corte di Cassazione
-controricorrente – avverso la sentenza n. 2045/2023 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata l ‘ 11/10/2023;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato, COGNOME NOME evocava in giudizio NOME innanzi il Tribunale di Siena, invocando l’emissione di sentenza costitutiva, ex art. 2932 c.c., in relazione ad un compendio immobiliare sito in territorio del Comune di Cetona, che la convenuta si era impegnata a trasferire all’attrice giusta contratto preliminare di compravendita sottoscritto in data 13.7.2000, dietro versamento del corrispettivo pattuito, pari ad € 150.000, detratta la caparra già versata e quanto dovuto dalla convenuta a titolo di risarcimento del danno e per spese di cancellazione di una ipoteca insistente sul cespite compromesso in vendita.
Nella resistenza della Biagi il Tribunale, con sentenza n. 685/2021, accoglieva la domanda, ordinando il trasferimento della proprietà del cespite oggetto di causa, ai sensi dell’art. 2932 c.c., con obbligo dell’attrice, promissaria acquirente, di versare il corrispettivo pattuito, pari ad € 150.000, detratta la caparra di € 20.000, già versata, e la somma di € 7.870 dovuta per risarcimento del danno derivante dall’inadempimento delle obbligazioni previste dal contratto preliminare di cui è causa.
Con la sentenza impugnata, n. 2045/2023, la Corte di Appello di Firenze rigettava il gravame interposto dall’odierna ricorrente avverso la decisione di prime cure, confermandola, elevando tuttavia la somma dovuta dalla COGNOME a titolo di risarcimento del danno sino ad € 15.000.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione NOME affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
A seguito della proposta di definizione anticipata, formulata ai sensi di quanto previsto dall’art. 380 bis c.p.c., la parte ricorrente, con istanza in data 27.5.2024, corredata da nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente il collegio dà atto che, a seguito della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte Corte n. 9611/2024 (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 10/04/2024, Rv. 670667), non sussiste alcuna incompatibilità del presidente della sezione o del consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, a far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1, atteso che la proposta non ha funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta del giudizio di cassazione, con carattere di autonomia e contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa
Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 163 bis, 167, 343 e 347 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto ritenere inammissibile il deposito, da parte appellata, di una seconda comparsa di costituzione nel giudizio di gravame, contenente il gravame incidentale, avvenuto in data 16.2.2022, a fronte del precedente deposito, in data 14.1.2022, di una prima memoria di costituzione, e di una istanza di anticipazione di udienza, in data 24.1.2022. Ad avviso della ricorrente, la duplicazione dell’atto difensivo, pur essendo di per sé non sempre inammissibile, aveva, nel caso specifico, compresso i diritti di difesa della parte
appellante
principale, la quale, a fronte dell’istanza di anticipazione dell’udienza di comparizione, non era stata posta in grado di controdedurre adeguatamente rispetto al contenuto della seconda comparsa di costituzione, contenente il gravame incidentale della Poli. Di conseguenza, la seconda comparsa avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile, e con essa tutti i documenti che la corredavano, inclusa l’attestazione di conformità urbanistica ed edilizia del cespite oggetto del contratto preliminare di cui è causa a firma del geom. COGNOME
La censura è infondata.
La Corte di Appello ha evidenziato che sia il deposito della prima comparsa, che quello del secondo scritto difensivo prodotto da parte appellata, contenente, quest’ultimo, il gravame incidentale, erano avvenuti nel rispetto del termine di 20 giorni prima dell’udienza fissata per la comparizione delle parti, la quale era stata originariamente differita ex art. 168 bis, quinto comma, c.p.c., al 1.2.2023, ed in seguito -mercè l’istanza di anticipazione depositata dall’appellante incidentale- era stata anticipata al 6.7.2022, giusta decreto del 25.1.2022. Di conseguenza, la Corte distrettuale ha escluso la configurabilità di una decadenza ex artt. 166, 167 e 343 c.p.c., a fronte della ravvisata tempestività anche della seconda comparsa di costituzione e risposta (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).
La statuizione è coerente con l’insegnamento di questa Corte, richiamato anche a pag. 7 del ricorso, secondo cui ‘Il deposito di una seconda comparsa di risposta è ammissibile, purché esso sia avvenuto nel rispetto del termine di cui all’art. 167 c.p.c., salvi i casi in cui sia ravvisabile uno specifico abuso dello strumento processuale, non potendosi ravvisare una consumazione del potere di difesa della parte convenuta sino al momento del maturarsi delle preclusioni di cui al
citato art. 167 c.p.c.’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25934 del 02/09/2022, Rv. 665595; cfr. anche Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18127 del 31/08/2020, Rv. 658962 e Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4177 del 19/02/2008, Rv. 601880, entrambe relative al deposito di più memorie nel rispetto del termine previsto, per il rito di legittimità, dall’art. 380 bis c.p.c.).
Nel caso di specie, la Corte distrettuale ha ritenuto che non si sia prodotta alcuna compromissione del diritto di difesa dell’odierna ricorrente, in quanto comunque il termine minimo previsto dal combinato-disposto degli artt. 166, 167 e 343 c.p.c. è stato rispettato. Né parte ricorrente deduce, a contrario, la sussistenza di elementi idonei a dimostrare che le sue facoltà di difesa sarebbero state minorate, non essendo al riguardo sufficiente la mera affermazione secondo cui l’attestazione di conformità urbanistica ed edilizia del bene compromesso in vendita sarebbe stata allegata soltanto alla seconda comparsa di costituzione. Trattandosi infatti, come correttamente ritenuto dalla Corte distrettuale, di documentazione che non integra un presupposto della domanda, ma una condizione dell’azione, essa è producibile dalla parte interessata sino alla decisione della lite, e dunque anche in corso di causa, senza essere soggetta alle preclusioni di cui all’art. 345 c.p.c. Sul punto, va ribadito infatti che ‘In tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita di un immobile, la sussistenza della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, di cui all’art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo, attestante l’inizio dell’opera in data anteriore al 2 settembre 1967, non costituisce un presupposto della domanda, bensì una condizione dell’azione, che può intervenire anche in corso di causa e sino al momento della decisione della lite. Ne consegue che la carenza del relativo documento
è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, con l’ulteriore conseguenza che sia l’allegazione, che la documentazione della sua esistenza, si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e possono quindi avvenire anche nel corso del giudizio di appello, purché prima della relativa decisione’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 23825 del 11/11/2009, Rv. 609752; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17419 del 23/07/2010, Rv. 614722; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 6684 del 07/03/2019, Rv. 652937; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 16068 del 14/06/2019, Rv. 654230). Poiché dunque sia il documento n. 39, rappresentato da una perizia di parte a firma del geom. COGNOME COGNOME sia il documento n. 40, costituito dall’attestazione a firma del geom. COGNOME allegati alla seconda comparsa di costituzione in appello, riguardavano la prova della conformità urbanistica ed edilizia del bene compromesso in vendita, come ritenuto dalla Corte distrettuale (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata), entrambi erano liberamente producibili sino alla decisione e dunque, sino a detto momento, la parte odierna ricorrente avrebbe potuto liberamente esercitare le proprie facoltà di controdeduzione e critica in relazione al loro contenuto.
Con il secondo motivo, la ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e dell’art. 29 della legge n. 52 del 1995, perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che i documenti indicati come nn. 39 e 40, prodotti da parte appellata ed appellante incidentale, in uno alla seconda memoria di costituzione e risposta depositata in sede di gravame, fossero liberamente producibili e sottratti alle preclusioni di cui all’art. 345 c.p.c. Essi infatti avrebbero dovuto essere ritenuti, secondo l’odierna ricorrente, documenti nuovi non producibili in sede di appello.
La censura è infondata.
Valgono, al riguardo, le argomentazioni già esposte in occasione dello scrutinio del primo motivo di ricorso: in presenza di una domanda proposta ai sensi dell’art. 2932 c.c., la prova della regolarità urbanistica ed edilizia del cespite compromesso in vendita costituisce condizione dell’azione, e non presupposto della domanda, onde i relativi documenti attestanti la predetta conformità possono essere prodotti, anche per la prima volta, in grado di appello, sino alla decisione del giudizio, con conseguente loro sottrazione al regime di preclusione di cui all’art. 345 c.p.c.
Con il terzo motivo, la COGNOME denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2932 c.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente affermato la natura costitutiva della sentenza ex art. 2932 c.c., senza considerare che, in realtà, l’effetto costitutivo si sarebbe prodotto con la decisione di prime cure, confermata in sede di gravame, e che dunque la sussistenza della condizione dell’azione, rappresentata dalla prova della conformità edilizia ed urbanistica del cespite oggetto della domanda, avrebbe dovuto essere verificata alla data della decisione di prima istanza, con conseguente irrilevanza della certificazione di conformità prodotta soltanto in appello.
La censura è infondata.
La sentenza di secondo grado, anche quando il gravame viene rigettato e la decisione di prime cure confermata, spiega sempre il suo tipico effetto sostitutivo della pronuncia di prima istanza, onde è alla data del deposito della decisione del giudice della impugnazione che deve farsi riferimento per la verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione, tra le quali rientra pacificamente la prova della conformità urbanistica ed edilizia del bene oggetto della domanda proposta ai sensi dell’art. 2932 c.c. Infatti ‘L’appello costituisce un mezzo di impugnazione che, attuando il principio del doppio grado di giudizio, si
conclude con una sentenza destinata a sostituirsi a quella di primo grado -purché investa il merito del rapporto controverso- ad ogni effetto e, dunque, anche a quelli esecutivi …’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2955 del 07/02/2013, Rv. 625370; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7537 del 27/03/2009, Rv. 607137). In applicazione del suindicato principio, ed in forza dell’effetto sostitutivo della decisione di appello, si è affermato che ‘L’effetto sostitutivo della sentenza d’appello, la quale confermi integralmente o riformi parzialmente la decisione di primo grado, comporta che, ove l’esecuzione sia già stata promossa in virtù del primo titolo esecutivo, la stessa proseguirà sulla base delle statuizioni ivi contenute che abbiano trovato conferma in sede di impugnazione; nel caso in cui, invece, l’esecuzione non sia ancora iniziata, essa dovrà intraprendersi sulla base della pronuncia di secondo grado quale titolo esecutivo da notificare prima o congiuntamente al precetto ai fini della validità di quest’ultimo, anche quando il dispositivo della sentenza di appello contenga esclusivamente il rigetto dell’appello e l’integrale conferma della sentenza di primo grado’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 29021 del 13/11/2018, Rv. 651659; cfr. anche, in termini, Cass. Sez. L, Sentenza n. 16934 del 08/07/2013, Rv. 627071 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 6911 del 13/05/2002, Rv. 554383).
Da quanto precede deriva l’infondatezza della tesi prospettata dalla parte ricorrente, poiché, in vista del richiamato effetto sostitutivo della sentenza di appello, che si configura anche in caso di conferma della decisione di prima istanza, l’effetto costitutivo tipico della pronuncia ex art. 2932 c.c. va necessariamente collegato alla decisione del giudice del gravame.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis c.p.c.- il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma -nei limiti di legge- in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 8.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma ulteriore pari a quella sopra liquidata per compensi, nonché al pagamento della somma di € 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,
da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda