Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5049 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5049 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15121/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Falconara INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente principale e controricorrente- contro
NOME COGNOME domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
– controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA. n. 1/2021 depositata il 04/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME aveva agito avanti al Tribunale di Ancona in qualità di promissario acquirente, ai sensi dell’art.2932 c.c., per il trasferimento di immobile in esecuzione del contratto preliminare intervenuto in data 8.3.2005 con NOME COGNOME promittente venditrice, e per la condanna della stessa al risarcimento dei danni subiti. La convenuta, costituitasi ritualmente, aveva instato per il rigetto delle domande richiedendo, in via riconvenzionale, l’annullamento del contratto per vizi della volontà.
Il Tribunale di Ancona aveva respinto le domande rilevando, d’ufficio e senza provocare il contraddittorio sul punto, la mancanza delle indicazioni previste dall’art.40 co 2 l. n.47/85 e comunque la mancanza di prova della proprietà del bene in capo alla promittente venditrice e dell’assenza di vincoli e iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli sullo stesso.
NOME COGNOME aveva proposto appello, lamentando la violazione dell’art.101 c.p.c. e mettendo a disposizione la documentazione necessaria per poter procedere al trasferimento di proprietà; l’appellante aveva insistito per l’accoglimento delle domande proposte e l’appellata, costituitasi tempestivamente, aveva reiterato le domande già svolte in primo grado e non esaminate per assorbimento.
All’esito del giudizio di impugnazione la Corte d’Appello di Ancona aveva accolto l’appello principale e respinto le domande riproposte dall’appellata in base alle seguenti considerazioni: -la questione della nullità del contratto per violazione dell’art.40 l. n.47/85 avrebbe dovuto essere sottoposta, ex art.101 c.p.c. in quanto questione mista di fatto e di diritto, al contraddittorio delle parti, con possibilità per le stesse di interloquire ed eventualmente
documentare; in conseguenza di ciò la documentazione offerta dall’appellante in sede di impugnazione per garantire il rispetto dell’art.40 cit. era da considerare tempestiva ed esaminabile; -risultava provata la titolarità della proprietà del bene in capo alla promittente venditrice e l’assenza di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli nell’ultimo ventennio (visura storica dell’immobile, dichiarazione sostitutiva di atto notorio sulla data di inizio della costruzione); -quanto alle eccezioni e domande riproposte dall’appellata: pur negandolo, NOME COGNOME aveva in concreto sottinteso la simulazione dell’atto quando aveva affermato di essere stata convinta alla stipula solo per fare un piacere all’ex compagno al fine di permettergli di ottenere prestiti bancari, e quindi di non aver in realtà assunto alcun impegno a trasferire il bene; non vi era prova della simulazione, né di dolo o violenza e/o comunque di errore della promittente venditrice, in ordine ai termini e al contenuto dell’accordo e nemmeno con riferimento alla quietanza; -quanto al risarcimento del danno pure richiesto dall’appellante, sia per aver corrisposto il prezzo senza ricevere il bene, sia per il mancato godimento del bene quantificabile nel mancato godimento del suo valore locatizio, la domanda doveva essere respinta: quanto alla prima voce l’appellante non aveva dimostrato di aver avuto un danno dalla mancata disponibilità dell’immobile, quanto alla seconda voce, non era stato nemmeno dimostrato che il bene fosse stato acquistato per essere locato a terzi e che vi fosse stata la concreta possibilità di locarlo; l’aumento del valore dell’immobile e l’assenza di prova su se e quali investimenti il promissario acquirente avrebbe operato con il denaro versato, tali da garantire un reddito maggiore di quello corrispondente al maggior valore del bene, non permettevano di ritenere esistente un danno da ritardo, che non poteva essere in re ipsa.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a due motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.
Solo la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Non sussistono profili di inammissibilità del ricorso per la sua formulazione, ex art.366 co 1 c.p.c., poiché sono riconoscibili nell’atto formato nell’interesse di NOME COGNOME tutte le indicazioni richieste nella norma.
I motivi di ricorso proposti debbono pertanto essere esaminati specificamente.
La prima doglianza articolata da NOME COGNOME lamenta la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art.2643 c.c. e ss. art.2702 cc. e ss., art.1470 c.c. e ss., artt.1418, 1e 1444 c.c., art.40 comma 3 della l. n.47 del 1985, artt. 17, 21 e 40 e art.99, 112 e 115 c.p.c., 345 c.p.c .’, affermata rilevante nell’ambito del disposto dell’art.360 co 1 n.3 e 5 c.p.c.
Secondo la ricorrente la Corte non avrebbe potuto acquisire la documentazione ex art.40 cit. prodotta dalla controparte solo in appello, per il divieto di cui all’art.345 c.p.c. e per il fatto che non si sarebbe trattato nemmeno di prova precostituita ma di documento formato successivamente; la sentenza sarebbe errata anche per il fatto che l’appellante avrebbe formulato le stesse conclusioni del primo grado, senza richiamare il nuovo documento, con la conseguenza che l’appello sarebbe stato accolto per un motivo diverso da quello dedotto.
9.1. La ricorrente prospetta quindi una violazione prima di tutto delle norme processuali, che è infondata.
Il Tribunale aveva respinto la domanda ex art.2932 c.c. per l’assenza della documentazione e delle dichiarazioni di cui all’art.40 l. n.47/85, rilevando la questione d’ufficio senza provocare il
contraddittorio sul punto. La Corte di merito ha agito correttamente, permettendo la produzione dei documenti omessi unitamente allo svolgimento di idonee difese sul punto, documenti che, peraltro, riguardando una condizione dell’azione proposta e non i suoi presupposti, avrebbero potuto essere prodotti per la prima volta anche in appello.
La valutazione di correttezza in diritto della decisione della Corte di merito, in linea con la giurisprudenza consolidata di questa Corte tiene conto del tipo di contratto posto a fondamento della domanda di NOME COGNOME che è un contratto preliminare, quindi con efficacia obbligatoria e non traslativa, e del fatto che, attraverso la richiesta di esecuzione in forma specifica di detto contratto, con lo strumento dell’art.2932 c.c., si vuole ottenere una pronuncia sostitutiva della stipula del contratto definitivo, traslativo della proprietà del bene promesso in vendita. Da un lato quindi la sanzione di nullità ex art.40 l. n.47/85 non si attaglia ai contratti con effetti obbligatori, come appunto il contratto preliminare, dall’altro la documentazione richiesta dalla norma richiamata deve essere presente al momento della stipula del contratto definitivo al quale è correlato l’effetto traslativo, e quindi della pronuncia della sentenza che lo sostituisce -rappresentando, appunto, una condizione dell’azione e non un presupposto della domanda -.
L’orientamento interpretativo di questa Corte è consolidato nei termini riportati: si richiamano in proposito le Sezioni Unite, con la sentenza n.23825/09 -‘ In tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita di un immobile, la sussistenza della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, di cui all’art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo, attestante l’inizio dell’opera in data anteriore al 2 settembre 1967, non costituisce un presupposto della domanda, bensì una condizione dell’azione, che può intervenire anche in corso di causa e sino al momento della
decisione della lite. Ne consegue che la carenza del relativo documento è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, con l’ulteriore conseguenza che sia l’allegazione, che la documentazione della sua esistenza, si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e possono quindi avvenire anche nel corso del giudizio di appello, purchè prima della relativa decisione ‘ -, le cui indicazioni sono ribadite nelle pronunce successive, tra le quali si richiamano Cass. n.6685/2019 -‘ In tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita di un immobile, la dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo ex art. 40 della l. n. 47 del 1985, attestante che l’opera è stata realizzata in data anteriore al 2 settembre 1967, non costituisce un presupposto della domanda, bensì una condizione dell’azione, che può intervenire anche in corso di causa e altresì nel corso del giudizio d’appello, purché prima della relativa decisione. Ne consegue che l’allegazione e la documentazione della sua esistenza è sottratta alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e la carenza del relativo documento è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione del giudice d’appello che aveva ammesso la produzione documentale attestante la conformità dell’immobile ai requisiti edilizi e la dichiarazione del promissario acquirente riguardante l’avvenuta sua edificazione in data antecedente al 17 marzo 1985, in quanto indispensabile per la dimostrazione della condizione dell’azione ex art. 46 d.P.R. n. 380 del 2001) ‘ -, Cass.n.20526/2020 e, ancora di recente, Cass. n.22656/2024.
9.2. Quanto alla lamentata inadeguatezza a costituire fondamento della pronuncia della Corte d’Appello delle conclusioni come formulate dall’appellante, che avrebbe richiamato quelle già articolate in primo grado senza fare riferimento all’integrazione
documentale effettuata in sede di impugnazione ex art.40 l. n.47/85, la questione, che attiene all’attività interpretativa propria del Giudice di merito, non ha comunque alcuna significatività: le conclusioni debbono riportare chiaramente che cosa la parte intende ottenere attraverso la pronuncia destinata a definire il processo -e ciò nel caso di specie è sicuramente avvenuto con l’esplicitazione della richiesta di trasferimento dell’immobile in Falconara, oggetto del contratto preliminare dell’8.3.2005, ai sensi dell’art.2932 c.c. -ma non debbono anche richiamarne il fondamento documentale.
9.3. La ricorrente si duole pure della valutazione data dalla Corte d’Appello di Ancona alla documentazione prodotta per gli adempimenti di cui all’art.40 l. n.47/85 da parte del promissario acquirente, ma l’articolazione delle critiche su questo profilo si incentra sul fatto che i documenti non avrebbero dovuti essere esaminati, perché prodotti intempestivamente e senza giustificazioni in ordine all’impossibilità di produzione tempestiva, e sul fatto che il contenuto dell’atto notorio presenterebbe profili di incertezza per una indicazione del mappale, n.581 sub12, diversa da quella contenuta nelle conclusioni, n.582 sub 37 (già sub 12). Sotto il primo profilo, la critica non si riferisce propriamente a fatti decisivi oggetto di discussione, di cui sarebbe stata omessa la valutazione, ma reitera sostanzialmente i rilievi in rito già affrontati sopra; sotto il secondo profilo non è indicato come la diversa indicazione abbia incidenza nella corretta identificazione dell’immobile oggetto del richiesto trasferimento, e quindi rappresenti una circostanza decisiva che se correttamente interpretata avrebbe orientato diversamente la decisione, o non, invece, un errore sostanzialmente irrilevante.
10. Con il secondo motivo la ricorrente evidenzia ‘ violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art.1427 c.c. e 1439 c.c.
violazione ex art.111 comma 6 Cost. ‘, rilevanti nell’ambito dell’art.360 co 1 n.3 c.p.c.
La Corte non avrebbe considerato fatti non contestati posti a base della domanda della ricorrente, e cioè: -non sarebbe credibile che controparte, che non avrebbe mai lavorato in modo continuativo, abbia avuto soldi sufficienti a pagare l’importo complessivo di € 130.000,00; -il contratto non sarebbe stato registrato né trascritto; -il contratto non prevederebbe l’immissione in possesso; -dal giugno 2005 COGNOME avrebbe chiesto l’adempimento del contratto solo dopo la cessazione della relazione con la ricorrente; –NOME COGNOME sarebbe stata convinta di fare una semplice cortesia al convivente che, rassicurandola ‘subdolamente’, l’avrebbe spinta a sottoscrivere il preliminare; -i contratti sottoscritti furono due, il primo per la promessa di cedere la quota del 50% per l’importo di € 85.000,00, il secondo per la promessa di cedere l’intero a fronte di un corrispettivo di € 130.000,00. In sostanza, il consenso della ricorrente sarebbe stato carpito con dolo ed ella non avrebbe incassato mai alcunché a titolo di corrispettivo: ‘ la prova dell’errore o comunque del dolo ‘ sarebbe nella circostanza che a fronte di due preliminari sottoscritti, nel secondo non vi era alcun riferimento al primo, né quest’ultimo risultava annullato, e nel fatto che COGNOME avrebbe pagato ben € 215.000,00 in contanti per un alloggio nemmeno abitabile.
10.1. Ora, dall’articolazione del motivo in esame e dalle stesse norme indicate come violate dalla ricorrente risulta inequivocamente che non è sottoposto a critica il deciso in relazione alle valutazioni di esclusione della simulazione del contratto preliminare, ma si contesta che sia stata esclusa l’estorsione del consenso con dolo o violenza, o l’errore. In proposito si legge nella sentenza ricorsa che ‘ non risulta né specificamente allegata né provata l’estorsione del consenso con dolo o violenza, solo genericamente addotti. D’altro canto non
viene neppure individuato un errore rilevante ai fini dell’annullamento, in quanto l’appellata non allega di aver attestato di aver ricevuto una somma nell’erronea convinzione che questa fosse stata effettivamente corrisposta. Al contrario, l’errore compiuto dalla COGNOME, per come risulta dalle allegazioni, consiste nell’aver creduto nell’inganno posto in essere dal COGNOME e nell’aver confidato nella genuinità dei sentimenti di questi e nella finalità da questi dichiarata di voler utilizzare il contratto preliminare per accedere a finanziamenti bancari e non per sottrarle il bene di sua proprietà ‘.
10.2. I ‘fatti’ che si assumono incontestati ma non considerati e che la ricorrente afferma essere stati posti a base della propria domanda di annullamento del contratto per dolo o per errore non sono stati omessi dalla Corte che, più propriamente, li ha esaminati per ritenerne la non decisività (per esempio il succedersi dei due contratti preliminari, l’uno avente ad oggetto la quota di proprietà immobiliare del 50% per € 85.000,00, il successivo l’intera proprietà per € 130.000,00 che è stato considerato l’importo complessivamente pagato: la Corte ha ritenuto non significativi il succedersi dei contratti e il mancato annullamento esplicito del primo contratto superato dal secondo): comunque essi costituiscono più propriamente, in alcuni casi, illazioni (le convinzioni della ricorrente e le conseguenze da trarre dalle condizioni di lavoro non continuativo del resistente non sono ‘fatti’) o, per il resto, sono in concreto elementi che potrebbero avere una valenza indiziaria ma che rimangono nel loro complesso equivoci e non presentano alcuna decisività, nemmeno seriamente argomentatata.
10.3. Di conseguenza non può essere teorizzata alcuna violazione di legge da parte del Giudice del merito in relazione ai richiamati art.1427 e 1439 c.c. e, comunque, alle norme che regolano l’individuazione e l’interpretazione del materiale probatorio;
nemmeno è ipotizzabile alcun vizio della sentenza che, attraverso il principio del ‘minimo costituzionale’ della motivazione, identificato all’art.111 co 6 Cost., rileverebbe più propriamente ex art.360 co 1 n.4 c.p.c., perché la Corte ha dato ragione della decisione presa cfr., per tutte, Cass. n.7090/2022, che ha ribadito il principio per cui ‘ In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali’: nessuna delle situazioni identificate nella massima riportata è rinvenibile nel caso di specie).
10.4. Si deve pertanto concludere che, attraverso il motivo di ricorso in esame, la ricorrente abbia inteso più propriamente rimettere in discussione, in relazione alla domanda di annullamento per vizi del consenso proposta, l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio acquisito effettuata dalla Corte d’Appello di Ancona, proprie del Giudice del merito e sottratte al sindacato di legittimità.
11. Con l’unico motivo di ricorso incidentale proposto NOME COGNOME contesta la pronuncia di rigetto della domanda risarcitoria, così articolando la sua critica: ‘ violazione degli art.1218, 1223, 1226 e 2697 c.c., rilevante ex art.360 co 1 n.2 c.p.c. per aver la Corte d’Appello di Ancona rigettato la richiesta di
risarcimento del danno avanzata dal COGNOME in quanto l’odierno controricorrente non avrebbe dimostrato di aver avuto un danno dalla mancata disponibilità degli immobili ‘.
La Corte d’Appello di Ancona ha respinto la domanda risarcitoria proposta dal COGNOME sia per il mancato godimento del bene, per non aver egli dimostrato che l’acquisto avesse la finalità di locazione del bene a terzi e che vi fu la concreta possibilità di locarlo e a che condizioni, sia per l’indisponibilità della somma versata alla promittente venditrice. Sotto quest’ultimo profilo la Corte di merito ha sottolineato che ‘ a fronte del pagamento della somma di Euro 130.000,00 nel 2005 l’appellante ha ottenuto oggi l’assegnazione di un immobile il cui valore è sicuramente aumentato dall’epoca della stipula del contratto preliminare … sicchè sarebbe stato onere dell’appellante allegare e provare che nel caso in cui avesse avuto la disponibilità della somma pagata come corrispettivo avrebbe scelto forme di investimento che gli avrebbero permesso un guadagno maggiore di quello costituito dal valore attuale dell’immobile ‘.
Secondo il ricorrente incidentale la Corte di merito non avrebbe tenuto in considerazione il fatto che il danno derivante dal mancato godimento dell’immobile sarebbe in re ipsa per giurisprudenza consolidata e da ciò dovrebbe conseguire che, ‘ ai fini del diritto al risarcimento del danno, la parte contraente che avrebbe dovuto godere del bene oggetto di compravendita non deve fornire alcuna prova della sua intenzione in ordine alle modalità di godimento del bene ‘, poiché in tal modo si finirebbe per richiedere alla parte adempiente una probatio diabolica. Si dovrebbe in particolare tenere conto del fatto che NOME COGNOME ha pagato l’intero corrispettivo, privandosi di una somma di denaro consistente e pari a € 130.000,00, senza tuttavia ricevere la corrispettiva disponibilità dell’immobile, non essendo mai stato stipulato il contratto definitivo ‘.
Il motivo è infondato.
11.1. Non può essere considerato in re ipsa il preteso danno da mancata disponibilità dell’immobile promesso in vendita in capo al promissario acquirente, perché fino alla stipula del contratto definitivo questi non può vantare alcun diritto di disponibilità e/o di utilizzo sullo stesso -a differenza del promittente venditore che, fino alla stipula, continua ad esserne proprietario: non a caso, la giurisprudenza richiamata dal ricorrente incidentale si riferisce sempre e solo alla posizione del promissario acquirente-: NOME COGNOME non ha nemmeno allegato -con richiamo espresso dell’atto contenente l’allegazione nel ricorso per cassazione, in ossequio al principio di autosufficienza- che era stata pattuita una data per la stipula del contratto definitivo e/o che vi furono nel tempo richieste di contrarre disattese, mentre ciò che emerge dalla sentenza ricorsa è che dall’8.3.2005 fino alla prima diffida ad adempiere del luglio 2012 -rimasta inevasa e seguita nel 2013 dall’introduzione del presente giudizio in primo grado – non vi fu alcuna attivazione delle parti per la stipula del definitivo (dal controricorso con ricorso incidentale emerge inoltre che l’alloggio in INDIRIZZO in Falconara M.ma (AN), oggetto del contratto preliminare in contestazione, è la residenza del COGNOME).
11.2. L’esistenza, in concreto, di un danno subito dal promissario acquirente in conseguenza della mancata stipula del definitivo secondo le modalità e nei tempi concordati avrebbe dovuto essere allegata e dimostrata: a fronte dell’ampia motivazione di rigetto della domanda, articolata dalla Corte d’Appello attraverso l’esame degli elementi di prova acquisiti, l’unico rilievo critico sollevato dal COGNOME è costituito dalla pretesa di non dover dimostrare alcunchè sull’erroneo convincimento che il danno sarebbe in re ipsa.
11.3. Poiché il ricorrente incidentale sottolinea l’effettuato versamento dell’intero prezzo dovuto, al quale non era seguita la stipula del contratto definitivo con la messa a disposizione del
bene, pur pagato anticipatamente prima del trasferimento di proprietà, appare opportuno precisare che non può essere considerato utile a fondare la pretesa risarcitoria a carico della controparte inadempiente il comportamento dovuto della parte adempiente.
Il pagamento del prezzo pattuito costituisce la prestazione tipica del contratto definitivo perseguito dalle parti con il contratto preliminare e il suo adempimento anticipato, sulla base degli accordi negoziali assunti con il contratto preliminare, in quanto prestazione dovuta, non può costituire fonte di danno.
Si richiama in proposito quanto condivisibilmente già espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n.6207/2001, secondo il quale ‘ Nei casi di inadempimento di un contratto preliminare di compravendita, i danni per ritardata vendita sono quelli che si verificano a partire dalla data della prevista stipulazione del contratto definitivo e a finire alla data in cui la vendita si realizza. Tali danni, che non vanno individuati nell’avvenuto pagamento del prezzo prima della data prevista per la stipulazione del contratto definitivo ( essendo stato il pagamento anticipato pattuito dalle parti in un contratto preliminare rimasto pienamente efficace), vanno ravvisati, invece, in tutti quegli eventi lesivi del patrimonio del promissario acquirente, non suscettibili di elencazione esaustiva, che il medesimo possa avere subito per il ritardo con cui il promittente venditore ha adempiuto l’obbligazione di stipulare il contratto definitivo rispetto alla data stabilita nel preliminare ‘.
Nella motivazione della sentenza richiamata si legge che: ‘… di fronte all’inadempimento del promittente venditore’ il promissario acquirente ‘ aveva facoltà di scegliere tra due rimedi alternativi, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento o l’adempimento del contratto medesimo. Con la scelta della seconda via ‘, egli ‘ ha inteso mantenere le ferme le obbligazioni scaturenti dal contratto preliminare, ivi compresa quella a suo carico del
pagamento del prezzo nei termini previsti. Non sussisteva quindi alcun diritto … di pagare il prezzo convenuto solo al momento del trasferimento della proprietà del bene,…; d’altra parte, il pagamento del prezzo, o la sua offerta nel modi legge, costituisce, a norma dell’art. 2932 comma 2 c.c., una prestazione necessaria per l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, salvo che la prestazione non sia ancora esigibile (ipotesi non ricorrente nel caso di specie). Nessun danno’ si ‘ può quindi lamentare per avere versato nel termine previsto dal preliminare, anziché contestualmente al trasferimento in suo favore della proprietà dell’immobile, il prezzo convenuto per la vendita ‘.
11.4. In conclusione, il ricorso incidentale deve essere respinto perché la decisione della Corte di merito risulta sostanzialmente conforme ai seguenti principi di diritto:
-Il pagamento del prezzo pattuito costituisce la prestazione tipica del contratto definitivo alla stipula del quale le parti si obbligano con il contratto preliminare e il suo adempimento anticipato, sulla base degli accordi negoziali assunti con il contratto preliminare, e comunque in quanto prestazione dovuta anche ai fini della tutela di cui all’art.2932 c.c., non può costituire fonte di danno;
-E’ in teoria possibile il riconoscimento di un danno da mancata messa a disposizione dell’immobile promesso in vendita in capo al promissario acquirente ma esso deve essere circostanziatamente allegato e provato, anche alla luce del contenuto del contratto preliminare in ordine alle modalità e ai tempi della stipula del contratto definitivo.
Si respingono, alla luce della motivazione che precede, sia il ricorso principale che quello incidentale.
Le spese processuali del giudizio di cassazione si compensano integralmente, tenuto conto del rigetto di entrambe le impugnazioni proposte.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto, sia per il ricorso principale che per il ricorso incidentale.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta sia il ricorso principale che quello incidentale.
Compensa le spese processuali del giudizio di cassazione.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda