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Contratto PA: senza forma scritta nessun pagamento

Una società che aveva acquistato un credito per servizi di pulizia resi a un ente pubblico si è vista negare il pagamento. La Corte d’Appello ha confermato la decisione, ribadendo che un contratto PA è valido solo se stipulato in forma scritta. Anche la richiesta subordinata per ingiustificato arricchimento è stata respinta per mancata prova dell’effettivo impoverimento, dimostrando la rigidità dei requisiti formali nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto PA: senza forma scritta, nessun pagamento per i servizi resi

Stipulare un contratto PA (Pubblica Amministrazione) richiede un rigore formale che non ammette deroghe. Una recente sentenza della Corte d’Appello ha ribadito un principio fondamentale: senza un accordo scritto e sottoscritto nelle forme di legge, nessuna pretesa di pagamento può essere accolta, nemmeno se i servizi sono stati effettivamente resi e utilizzati dall’ente. Questo caso evidenzia i rischi che le imprese corrono operando con enti pubblici in assenza delle dovute formalità.

I fatti di causa

Una società, cessionaria di un credito, ha citato in giudizio un istituto scolastico per ottenere il pagamento di una somma relativa a servizi di pulizia erogati da un’altra azienda. Quest’ultima aveva emesso regolari fatture per le prestazioni svolte in un determinato periodo. L’istituto scolastico, tuttavia, si era opposto al pagamento.
In primo grado, il Tribunale ha respinto la domanda, sostenendo che non era stata fornita la prova di un contratto valido stipulato tra l’ente pubblico e la società erogatrice dei servizi.

La decisione del Tribunale e i motivi d’appello

La società creditrice ha impugnato la decisione, presentando diversi motivi di appello. Sosteneva, in sintesi, che:
1. Il comportamento dell’ente, che non aveva mai contestato i servizi, costituiva una sorta di ammissione (confessione) dell’esistenza del rapporto contrattuale.
2. Il giudice di primo grado non aveva valutato correttamente i documenti prodotti, come le fatture che indicavano persino un codice identificativo di gara (CIG).
3. In via subordinata, il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda di ingiustificato arricchimento, dato che l’ente aveva comunque beneficiato delle prestazioni senza corrispondere alcunché.

Le motivazioni della Corte d’Appello sul contratto PA

La Corte d’Appello ha rigettato i motivi principali dell’appello, confermando la linea dura sulla formalità del contratto PA. I giudici hanno chiarito che la volontà della Pubblica Amministrazione di obbligarsi deve manifestarsi in un atto scritto, sottoscritto dall’organo autorizzato a rappresentare l’ente. Questo requisito, definito forma scritta ad substantiam, è richiesto per la validità stessa del contratto e non può essere sostituito da altri elementi.

L’irrilevanza delle fatture e del comportamento concludente

La Corte ha specificato che né le fatture, che sono atti unilaterali dell’impresa, né il cosiddetto “comportamento concludente” (ovvero il fatto che l’ente abbia usufruito dei servizi senza contestarli) possono sanare la mancanza della forma scritta. La legge impone questo rigore per garantire la trasparenza, il controllo della spesa pubblica e per individuare con certezza le obbligazioni assunte dall’amministrazione.
Di conseguenza, in assenza di un contratto scritto valido, il rapporto è considerato nullo e non può produrre alcun effetto giuridico, compreso l’obbligo di pagare il corrispettivo pattuito.

Le motivazioni sull’ingiustificato arricchimento

La Corte ha riconosciuto che il giudice di primo grado aveva effettivamente commesso un'”omessa pronuncia” sulla domanda subordinata di ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.). Tuttavia, esaminando nel merito tale domanda, l’ha comunque respinta.
Per ottenere un indennizzo a titolo di ingiustificato arricchimento, non è sufficiente dimostrare che la PA ha beneficiato di un servizio. L’impresa deve provare il proprio effettivo impoverimento (depauperatio), cioè i costi concretamente sostenuti per eseguire la prestazione.
Nel caso di specie, la società si era limitata a produrre le fatture, che però indicano il corrispettivo (il prezzo), non i costi. L’indennizzo per arricchimento non serve a riconoscere il guadagno sperato, ma solo a ristorare la perdita patrimoniale effettiva. In mancanza di tale prova, anche questa domanda è stata respinta.

Conclusioni

La sentenza riafferma un principio cruciale per chiunque operi con la Pubblica Amministrazione: la necessità assoluta di un contratto PA stipulato in forma scritta. Affidarsi ad accordi verbali o a prassi consolidate è estremamente rischioso. La mancanza del contratto formale rende la pretesa di pagamento inesigibile e rende molto difficile anche percorrere strade alternative come l’azione di ingiustificato arricchimento, che impone un onere della prova molto stringente sull’effettivo impoverimento subito.

È possibile ottenere il pagamento da una Pubblica Amministrazione per servizi resi senza un contratto scritto?
No, la sentenza chiarisce che il contratto con la PA richiede la forma scritta “ad substantiam”. Senza un atto formale, il rapporto è nullo e non sorge alcun diritto al corrispettivo pattuito.

Le fatture o l’aver usufruito del servizio provano l’esistenza di un contratto PA valido?
No. Secondo la Corte, né le fatture né il comportamento concludente (aver ricevuto e non contestato il servizio) possono sostituire la forma scritta richiesta per legge, che è un presupposto indispensabile per la validità del contratto.

Se il contratto è nullo, posso agire per ingiustificato arricchimento contro la PA?
Sì, è possibile in linea teorica, ma è necessario dimostrare l’effettivo impoverimento subito (i costi sostenuti per erogare il servizio) e il correlato arricchimento della PA. Non è sufficiente indicare l’importo delle fatture, che rappresenta il prezzo contrattuale e non la perdita patrimoniale da indennizzare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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