SENTENZA CORTE DI APPELLO DI SALERNO N. 1011 2025 – N. R.G. 00000550 2024 DEPOSITO MINUTA 23 11 2025 PUBBLICAZIONE 23 11 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di Salerno, Prima Sezione Civile, riunita in camera di consiglio e composta dai signori:
dott.ssa NOME COGNOME Presidente rel.
dott.ssa NOME COGNOME Consigliere
dott. NOME COGNOME Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero 550 del Ruolo Generale RAGIONE_SOCIALE Contenziosi dell’anno 2024, vertente
TRA
nuova denominazione della in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO COGNOME, rappresentata e difesa, in forza di procura allegata all’atto di citazione introduttivo del giudizio avanti al Tribunale di Salerno RG 3488/20, dall’AVV_NOTAIO (C.F.: ), — fax: NUMERO_TELEFONO) in Milano, INDIRIZZO, il quale dichiara di voler ricevere le notificazioni relative al presente giudizio al seguente indirizzo pec: C.F.
E APPELLATA INCIDENTALE IN VIA CONDIZIONATA
E
in persona del legale
ll’Avvocatura dello Stato
di Salerno (C.F.
), presso cui, ope legis , domicilia in Salerno al C.so
NOME
Em
58;
telefax:
0892586940;
PEC:
P.
APPELLATA E APPELLANTE INCIDENTALE IN INDIRIZZO CONDIZIONATA
avente ad oggetto: appello avverso la sentenza numero 1721/24 del Tribunale di Salerno, pubblicata in data 29 marzo 2024.
CONCLUSIONI : rassegnate ai sensi dell’articolo 352 del Codice di procedura civile e qui da intendersi integralmente riportate e trascritte.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto del 8 maggio 2024, la nuova denominazione della pro ffidandone l’accoglimento a
quattro motivi di gravame, avverso la sentenza numero 1721/24, pubblicata in data 29 marzo 2024, con la quale il Tribunale di Salerno aveva rigettato la domanda da essa proposta al fine di ottenere la condanna della
al pagamento degli importi corrispondent maturati -in ragione dell’esecuzione di servizi di pulizia- in favore della
e da quest’ultima ad essa ceduti.
In particolare l’appellante deduceva:
1)che il Giudice di primo grado aveva erroneamente rigettato la domanda da essa proposta, omettendo di considerare che il comportamento processuale tenuto dalla costituiva una confessione, ai sensi dell’articolo 2733 del codice civile, riguardo all’esistenza di un contratto valido ed efficace con la tanto è vero che il convenuto evidenziando, peraltro, che, al momento della notifica della cessione, il contratto con la società cedente era ancora in corso- aveva eccepito il difetto di legittimazione della società cessionaria al pagamento dei crediti sul presupposto dell’omessa accettazione della cessione, il che dimostrava ulteriormente l’esistenza del contratto tra la stessa e
2)che erano stati violati gli articoli 11 ice di procedura civile e l’articolo 2697 del codice civile, non avendo adeguatamente valutato -il Tribunale di Salerno- le produzioni documentali, considerato che l’esistenza di un contratto valido ed efficace tra la ed il convenuto era dimostrata dalle fatture versate in atti ero di NUMERO_DOCUMENTO– che erano state emesse dalla società cedente a titolo di corrispettivo per le prestazioni di servizi di pulizia erogate in virtù del contratto -verbale di accordo- stipulato con la nel periodo di efficacia del rapporto, in relazione alle quali non era stata sollevata alcuna contestazione da parte del convenuto;
3)che la mediante l’atto di cessione avente ad oggetto sia i crediti e della cessione, sia i crediti futuri, aveva acquistato anche i diritti relativi agli interessi di mora maturati e maturandi e, pertanto, aveva diritto al pagamento degli stessi, da determinare ai sensi degli articoli 2 e 5 del decreto legislativo numero 231 del 2002, nonché dell’articolo 6 del decreto legislativo numero 231 del 2002;
4)che il giudice di primo grado aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata di ingiustificato arricchimento, proposta ai sensi dell’articolo 2041 del codice civile; che essa appellante aveva diritto all’indennizzo, considerato che l’Istituto non aveva contestato l’erogazione delle prestazioni di cui alle fatture, né le fatture stesse; che l’appellato non aveva rifiutato le prestazioni, ma ne aveva usufruito, ottenendo un vantaggio, cui aveva fatto seguito la diminuzione patrimoniale del fornitore e, conseguentemente, di quale cessionaria; che l’indennizzo andava calcolato in misura pari all’importo delle fatture, costituente sia l’arricchimento lucrato dall’ente pubblico che l’impoverimento subito dalla e, per essa, dalla Parte Parte a stata condanna giustamente alla refusione delle spese di lite, che, in seguito all’auspicato accoglimento dell’appello, avrebbero dovuto essere poste a carico dell’ convenuto (cfr. l’atto di appello dell’8 maggio 2024, alle pagine da 6 a 15).
Costituitasi in giudizio, la impugnava le avverse argomentazioni e richieste, delle quali, evidenziatane l’infondatezza in fatto ed in diritto, invocava la reiezione.
Segnatamente, l’appellata nella ‘ comparsa di costituzione e risposta con appello incidentale condizionato ‘, ha messo in rilievo -in linea, del resto, con quanto aveva già fatto in prime cure- l’insussistenza del credito azionato ed, ancora prima, l’insussistenza di un contratto valido ed efficace tra le parti, facendo presente come non fosse stato dimostrato alcun titolo idoneo a suffragare il riconoscimento della sussistenza delle somme richieste da parte attrice, ha concluso per il rigetto dell’impugnazione proposta dalla Nella denegata ipotesi di accoglimento dell’appello principale, reiterando l’eccezione incentrata sul proprio difetto di legittimazione passiva, ha chiesto il rigetto della domanda proposta da per non essere l’Istituto scolastico convenuto il soggetto obbligato al pagamento (cfr. la comparsa di costituzione e risposta depositata in data 21 maggio 2024).
Acquisito il fascicolo del giudizio di primo grado, la causa, concessi i termini di cui all’articolo 352 del Codice di procedura civile, veniva rimessa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
§ 1. AMMISSIBILITA’ DELL’APPELLO AI SENSI DELL’ART. 342 CPC
È infondata, innanzi tutto, l’eccezione di inammissibilità dell’atto d’appello sollevata -ai sensi degli articoli 342 del codice di procedura civile- dalla RAGIONE_SOCIALE (cfr. la comparsa di costituzione e risposta depositata nel presente giudizio in data 21 maggio 2024).
L’atto d’appello, infatti, si rivela sufficientemente particolareggiato e permette di comprendere agevolmente le censure appuntate all’operato del Tribunale di Salerno, essendo idoneo a consentire di desumere quali temi giuridici e situazioni di fatto abbia inteso devolvere alla cognizione della Corte d’Appello di Salerno, unitamente alle parti della pronuncia specificamente appellate e delle quali è stata sollecitata una diversa valutazione, sulla scorta delle ragioni di fatto e di diritto che imporrebbero la riforma della decisione (cfr. l’atto d’appello dell’ 8 maggio 2024, da pagina 6 a pagina 15, in cui l’appellante ha illustrato, in maniera sufficientemente chiara e dettagliata, i motivi di impugnazione, permettendo alla parte appellata, oltre che all’autorità giudiziaria adita in secondo grado, di comprendere quali ragioni deporrebbero, secondo la ricostruzione prospettata, per la riforma della sentenza impugnata).
L’onere di specificazione richiesto dall’articolo 342 del codice di procedura civile, d’altronde, non è incentrato su un astratto e sterile rigore formale, essendo necessario e, nel contempo, sufficiente che un atto d’appello sia idoneo, come nel caso di specie, ad esplicitare, in maniera compiuta ed esauriente, i motivi di gravame, delineando soddisfacentemente il quantum appellatum , con riferimento alle parti della sentenza che si intendono impugnare ed alle ragioni, alternative rispetto al percorso argomentativo seguito in prime cure, che imporrebbero la riforma della pronuncia gravata (cfr. Cass. civ., sez. un., n. 10878/15 e, in termini sostanzialmente conformi, Cass. civ. n. 13151/17).
§ 2 . LA SENTENZA DI PRIMO GRADO
Il Tribunale di Salerno nella sentenza impugnata premetteva:
-che la società attrice aveva sostenuto di essere creditrice nei confronti della dei seguenti importi: euro 12.116,62 per sorte capitale, di cui alle due fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE, da maggiorare di interessi moratori nella misura di cui agli articoli 2 e 5 del decreto legislativo numero 231 del 2002, nonché interessi anatocistici, ai sensi dell’articolo 1283 del codice civile, determinati nella misura di cui agli articoli 2 e 5 dello stesso decreto legislativo, ed, ancora, ‘ euro 80,00 ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo numero 231 del 2002 … corrispondente all’importo di euro 40,00 moltiplicato per ciascuna delle due fatture costituenti
l’intera sorte capitale, oltre interessi su ciascun importo di euro 40,00 con decorrenza dalla scadenza del termine di pagamento della fattura il cui tardivo pagamento ha generato il predetto importo ‘;
-che secondo quanto affermato dall’attrice, con riferimento alla predetta sorte capitale la fattura n. 101225 del 23 febbraio 2018 di euro 6.058,31 era stata emessa da a titolo di corrispettivo delle prestazioni di servizi, effettuate in favore to nel periodo 1° febbraio 2018 – 28 febbraio 2018 in esecuzione del contratto (‘ verbale di accordo ‘), sottoscritto tra e l’Istituto in data 28 marzo 2014, come espressamente indicato a la fattura; la fattura n. 102295 del 26 marzo 2018 di euro 6.058,31 era stata emessa da a titolo di corrispettivo delle prestazioni di servizi effettuate in favore dell’ nel periodo 1° marzo 2018 – 31 marzo 2018 in esecuzione del contratto le di accordo ‘) sottoscritto tra e l’ in data 28 marzo 2014, come espressamente indicato anche nella fattura; Parte
-che in data 15 maggio 2017 e avevano stipulato il contratto di cessione, a mezzo di scrittura privata autenticata da AVV_NOTAIO, con cui aveva ceduto a sia i crediti esistenti al momento della cessione sia Parte futuri;
-che dall’atto di cessione, notificato all’Istituto in data 26 maggio 2017, risultava che aveva ceduto a oltre alla sorte capitale, anche i relativi interessi maturati e maturandi; Parte
-che l’amministrazione convenuta, in sede di comparsa conclusionale, aveva eccepito la nullità del contratto ‘ preteso come stipulato con la pubblica amministrazione convenuta ‘.
Tanto premesso, il giudicante di primo grado osservava:
-che agli atti del giudizio, non risultava alcuna puntuale allegazione della fonte contrattuale delle obbligazioni di pagamento oggetto della cessione, né, tantomeno, risultava la produzione di alcun contratto come asseritamente stipulato fra la cedente, dante causa della parte attrice, e l’amministrazione convenuta;
-che, pertanto, la domanda era infondata e doveva essere rigettata non avendo l’attore soddisfatto l’onere probatorio -sullo stesso gravante ex articolo 2697 del codice civile- in relazione alla prova del titolo alla base delle pretese creditorie.
Infatti non aveva prodotto il contratto da cui era sorto il credito preteso e la cui produzione era necessaria essendo prevista per l’accordo la forma scritta ad substantiam (cfr. la sentenza impugnata, alle pagine da 2 a 5).
§ 3. MOTIVI DI APPELLO E COMPARSA DI RISPOSTA
Avverso la suddetta decisione ha proposto un articolato gravame, volto ad evidenziare l’erroneità de ione operata dal primo giudice circa la sussistenza di un valido contratto intercorso con la RAGIONE_SOCIALE e la prova di esso.
Di contro, la ha sollecitato la reiezione del gravame ex adverso proposto, facendo leva sulle medesime argomentazioni -integranti, peraltro, mere difese, in quanto basate sulla negazione di un fatto costitutivo della pretesa creditoria azionata- articolate davanti al Tribunale di Salerno (cfr. comparsa di risposta del 5.11.2020 pag. 3 e comparsa conclusionale di primo grado pagg. 3 e ss), cioè, sull’insussistenza -come si è precedentemente accennato- del credito vantato, quale società cessionaria, dalla ed, a monte, di un rapporto -rimasto indimostrato- valido ed efficace tra le parti.
Ha sostenuto che, al fine di ottenere la remunerazione delle prestazioni, asseritamente effettuate per conto ed a carico della
sarebbe stato necessario dimostrare -contrariamente a quanto è avvenuto- la stipula, nelle forme stabilite dalla legge, di uno specifico accordo contrattuale con la -tale da delineare compiutamente il contenuto vincolante del rapporto instaurato dalle partiintegrante un indispensabile presupposto costitutivo del credito vantato.
Pertanto è necessario approfondire ab imis la questione inerente alla sussistenza dei presupposti costitutivi del credito vantato dalla società appellante- al fine di stabilire se siano dovute o meno le somme invocate con l’impugnazione da essa spiegata e non riconosciute dal Giudice di primo grado, che inevitabilmente avrebbe ragion d’essere -il diritto ad ottenerle- solamente al cospetto della sussistenza di un contratto validamente ed efficacemente stipulato dalle parti.
§ 3.1. FORMA DEI CONTRATTI CON LA PRAGIONE_SOCIALEA.
Com’è noto, i rapporti instaurati dalla pubblica amministrazione devono essere consacrati per iscritto, essendo la forma scritta ad substantiam richiesta al fine di individuare esattamente le obbligazioni assunte ed il preciso contenuto regolamentare dei negozi, nella prospettiva della concreta osservanza dei principi di imparzialità e di buon andamento che informano, o dovrebbero informare, l’attività che è chiamata a svolgere la pubblica amministrazione (cfr. Cass. civ. n. 9165/02).
La volontà di obbligarsi della pubblica amministrazione non può desumersi implicitamente da fatti o atti, ma deve essere manifestata nelle forme richieste dalla legge e deve promanare dall’organo legittimato ad esprimere all’esterno tale volontà e, pertanto, non ha alcun rilievo, nell’ottica di ritenere validamente sorto un rapporto vincolante per la pubblica amministrazione, un mero comportamento concludente, nemmeno se protrattosi per un periodo di tempo piuttosto lungo (cfr. Cass. civ. n. 11649/02, Cass. civ. n. 8621/06, Cass. civ. n. 13886/11 e Cass. civ. n. 13628/01).
Né è possibile dubitare che tali requisiti formali siano richiesti anche nel caso in cui la pubblica amministrazione agisca jure privatorum , essendo finalizzati a garantire il regolare svolgimento dell’attività amministrativa non solo nell’interesse del cittadino, perché costituiscono, o dovrebbero costituire, una remora al compimento di atti arbitrari e vessatori, ma anche nell’interesse della collettività, perché agevolano, o dovrebbero agevolare, l’espletamento della funzione di controllo alla quale la pubblica amministrazione è soggetta, ancor più nell’ottica di scongiurare il pericolo di impegni finanziari assunti senza adeguata copertura e senza la valutazione dell’entità delle obbligazioni da adempiere (cfr. Cass. civ. n. 6555/14).
La forma scritta ad substantiam , d’altro canto, non può essere surrogata dalla deliberazione dell’organo che abbia autorizzato la stipula del contratto, ove tale deliberazione, costituente un mero atto interno e preparatorio del negozio, non sia stata trasfusa in un atto, sottoscritto da entrambi i contraenti, dal cui tenore sia possibile evincere la concreta regolamentazione del rapporto e le specifiche pattuizioni in ordine alle prestazioni da eseguire ed ai prezzi concordati (cfr. Cass.
civ. n. 5234/04).
§ 3.2. PRIMO MOTIVO DI APPELLO
Tanto premesso in diritto, col primo motivo di appello ha dedotto che il Giudice di primo grado aveva erroneamente ri da da essa proposta, omettendo di considerare che il comportamento processuale tenuto dalla RAGIONE_SOCIALE costituiva una confessione, ai sensi dell’articolo 27 all’esistenza di un contratto valido ed efficace con la tanto è vero che il convenuto -evidenziando, peraltro, che, al tifica della cessione, il contratto con la società cedente era ancora in corso- aveva eccepito il difetto di legittimazione della società cessionaria.
Il motivo non è condivisibile.
In primo luogo va evidenziato che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha fin dalla sua costituzione ha contestato vuoi la sussistenza di un valido rapporto contrattuale, vuoi la stessa esecuzione delle prestazioni di pulizia come richieste e fatturate.
In secondo luogo, si rileva che, al cospetto di un contratto privo della forma richiesta ad substantiam non è possibile concepire alcuna sanatoria, convalida o ratifica, né è possibile attribuire alcuna efficacia ad eventuali atti ricognitivi compiuti dalle parti (cfr. Cass. civ. n. 59/01 e, più in generale, in ordine alle conseguenze scaturenti dall’inosservanza della forma scritta ad substantiam , Cass. civ. n. 4185/97, secondo la quale l’impossibilità di configurare la sussistenza di un valido ed efficace rapporto con la pubblica amministrazione, conseguente ai suddetti vizi, è, in ossequio al disposto di cui all’articolo 1421 del codice civile, rilevabile d’ufficio, ed, ancora, Cass. civ. n. 8539/11, secondo cui le esigenze formali de quibus non verrebbero meno nemmeno nel caso in cui le parti intendessero apportare eventuali modifiche ad un contratto precedentemente stipulato).
E l’impossibilità di concepire atti ricognitivi compiuti dalle parti o di rinvenire aliunde elementi idonei a dimostrare l’instaurazione di un valido ed efficace rapporto con la pubblica amministrazione si trasfonde, sul piano processuale, nell’impossibilità di ipotizzare l’applicabilità del principio di non contestazione (cfr., in ordine all’inapplicabilità del principio di non contestazione Cass. civ. n. 12178/00, Cass. civ. n. 11765/02; Cass. civ. n. 25999/18).
Dal suddetto granitico orientamento deriva che la prova della esistenza e del contenuto del contratto non può essere fornita né attraverso la confessione, né mediante la testimonianza ovvero per presunzioni (Cass. n. 2091 del 25/01/2022 ; Cass. civ. n. 1452/19; Cass. n. 4431 del 21/02/2017). Né vale alcunché, nella prospettiva fin qui tracciata, sostenere -come ha fatto, nelle sue difese, la che non sia stata contestata l’esecuzione delle prestazioni e del credito derivante dal rapporto negoziale, asseritamente insorto con la società cedente o che, nei documenti prodotti in giudizio, siano rinvenibili riferimenti a tale rapporto, in quanto la necessaria conclusione del contratto nelle forme prescritte dalla legge -e la conseguente necessità della sua produzione in giudizio- preclude di attribuire qualsivoglia rilievo -proprio in applicazione dei principi giuridici sopra menzionati -a comportamenti concludenti o comunque ricognitivi di un rapporto giuridico che, nella sua fase genetica, non può prescindere dalla conclusione secondo determinate modalità e che, sul piano probatorio, non è suscettibile di essere asseverato se non attraverso la produzione in giudizio del documento in cui l’accordo raggiunto dai contraenti sia stato formalmente trasfuso.
Il primo motivo quindi va rigettato.
§ 3.3. SECONDO E TERZO MOTIVO DI APPELLO
Col secondo motivo di impugnazione l’appellante ha lamentato che erano stati violati gli articoli 115 e 116 del codice di procedura civile e l’articolo 2697 del codice civile, non avendo adeguatamente valutato -il Tribunale di Salerno- le produzioni documentali, considerato che l’esistenza di un contratto valido ed efficace tra la e il convenuto era dimostrata dalle fatture versate in atti -recanti il numero di codice NUMERO_DOCUMENTO– che erano state emesse dalla società cedente a titolo di corrispettivo per le prestazioni di servizi di pulizia erogate in virtù del contratto -verbale di accordo- stipulato con
la nel periodo di efficacia del rapporto, in relazione alle quali non era stata sollevata alcuna contestazione da parte del convenuto.
La doglianza non è fondata.
Va evidenziato che, nel caso di specie, la società appellante non ha fornito alcuna dimostrazione in merito alla sussistenza di un valido ed efficace rapporto contrattuale tra la e la
integrante un imprescindibile fatto costitutivo della pretesa creditoria azionata, non avendo prodotto in giudizio, entro i termini all’uopo previsti dall’ordinamento processuale, alcun documento comprovante la stipula, in relazione all’epoca alla quale si riferiscono le prestazioni de quibus , di un contratto nelle forme richieste dalla legge, a pena di nullità, rilevabile anche d’ufficio (cfr., in ordine alla rilevabilità, anche d’ufficio, della nullità, perfino in sede di gravame ed addirittura in relazione a controversie aventi ad oggetto determinati rapporti giuridici che siano state decise presupponendone -di tali rapporti giuridici- la validità e l’efficacia, Cass. civ. n. 7294/17 e, nel medesimo senso, Cass. civ. n. 19251/18), tale da permetterle di pretendere ed ottenere il corrispettivo per le prestazioni erogate.
E, infatti, le fatture prodotte in giudizio dalla società appellante, non sono idonee a sorreggere la pretesa creditoria azionata, non essendo possibile attribuire ad esse alcuna efficacia sostitutiva o surrogatoria rispetto al contratto che le parti avrebbero dovuto stipulare, nelle forme prescritte dalla legge, e che la società appellante, su cui incombeva il relativo onere, avrebbe dovuto versare in atti.
Non è superfluo rammentare che, trattandosi di un fatto costitutivo essenziale la sussistenza di un rapporto contrattuale valido ed efficace- ed essendo necessario che consti secondo specifici requisiti, in quanto l’osservanza dei canoni formali che devono contraddistinguerlo non è prescritta esclusivamente ai fini della dimostrazione del fatto, ma dell’esistenza stessa del diritto fatto valere, la società appellante avrebbe potuto -e dovuto- fornire la prova de qua solamente in via documentale al fine di assolvere ad un onere probatorio di tal fatta- producendo proprio lo specifico documento richiesto (cfr. Cass. civ. n. 1452/19).
Conseguentemente, non è sufficiente il mero riferimento, contenuto in altri atti o documenti, all’esistenza di un rapporto tra le parti (nella specie il richiamo, effettuato nelle due fatture prodotte al numero NUMERO_DOCUMENTO e al ‘verbale di accordo’, asseritamente stipulato con la RAGIONE_SOCIALE), essendo indispensabile -la produzione di un contratto stipulato in forma scritta- anche per comprendere, in tutti i suoi risvolti,
il suo effettivo tenore ed il concreto perimetro del rapporto instaurato con la pubblica amministrazione, costituito, nella vicenda in esame, tra l’altro, dalle prestazioni -in relazione alla loro tipologia, qualità e quantità, oltre che ai corrispettivi per esse previsti- che la società cedente era legittimata ad erogare. Pertanto, non avendo la fornito la dimostrazione inerente -non è superfluo ribadirlo- ai fatti costitutivi -o meglio, ad uno dei fatti costitutividella pretesa creditoria azionata, e non essendo possibile, in mancanza di prova della stipula di un contratto con la pubblica amministrazione nelle forme prescritte dalla legge, discettare in alcun modo della sussistenza di qualsivoglia diritto correlato ad un rapporto nullo e, quindi, del tutto inefficace, a titolo di sorte capitale, ma anche -ed a maggior ragione, verrebbe da dire- di accessori, non è possibile riconoscere alcunché alla società appellante.
Ne consegue l’infondatezza anche del terzo motivo di appello, con cui si è doluta del mancato riconoscimento degli interessi di mora maturati e maturandi, da determinare ai sensi degli articoli 2 e 5 del decreto legislativo numero 231 del 2002, nonché dell’articolo 6 del decreto legislativo numero 231 del 2002.
Per completezza vale la pena di ricordare, oltre tutto, che il debitore ceduto può far valere nei confronti del cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente, sia attinenti alla validità del titolo costitutivo del credito, sia relative ai fatti modificativi ed estintivi del rapporto anteriori alla cessione o anche posteriori al trasferimento, ma anteriori all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla sua conoscenza di fatto (cfr. Cass. civ. n. 9842/18), per cui non è possibile nemmeno ipotizzare che la questione relativa alla validità ed efficacia del rapporto contrattuale dedotto in giudizio non dovesse far parte del thema decidendum , ancor più, giova rimarcarlo ulteriormente, perché attinente ai fatti costitutivi -o meglio, ad uno dei fatti costitutivi- della pretesa creditoria azionata ed integrando, altresì, una questione rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio.
Alla stregua delle considerazioni che precedono le conclusioni, cui è pervenuto il Giudice di primo grado sono condivisibili e devono essere tenute ferme in questa sede, in quanto poggiano su una compiuta ed esauriente verifica riguardo all’insussistenza dei fatti costitutivi della pretesa creditoria azionata dalla società appellante, con riferimento, segnatamente, all’insussistenza di un valido ed efficace rapporto contrattuale tra le parti.
§ 3.4. QUARTO MOTIVO DI APPELLO
Col quarto motivo l’appellante ha dedotto, innanzitutto, che il giudice di primo grado aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata di ingiustificato arricchimento, proposta ai sensi dell’articolo 2041 del codice civile. La doglianza è fondata.
E invero, dal tenore della sentenza impugnata si evince inequivocabilmente che il Tribunale non ha provveduto, neanche implicitamente, sulla domanda proposta in via subordinata ai sensi dell’art. 2041 c.c., pronunziandosi solo sulla domanda contrattuale di pagamento. Ne consegue che la sentenza è inficiata dal vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’articolo 112 c.p.c. (Cass. n. 15367/2022; Cass. n. 28308/2017; Cass n. 7653/2012).
Non ricorrendo una ipotesi di rimessione della causa al primo giudice, la domanda va esaminata nel merito in questa sede.
L’appellante ha dedotto che la domanda subordinata di ingiustificato arricchimento, proposta ai sensi dell’articolo 2041 del codice civile, debba essere accolta, in quanto la ha dimostrato la regolare esecuzione delle prestazioni appaltate alla e la non Parte
ha mai negato te.
Ad avviso della Corte la domanda deve essere rigettata, stante l’insussistenza dei presupposti richiesti ai fini dell’emissione di una condanna al pagamento dell’indennizzo di cui all’articolo 2041 del codice civile.
In primo luogo ai fini dell’accoglimento della domanda è necessario che l’attore provi il fatto materiale dell’esecuzione della prestazione vantaggiosa per l’ente pubblico.
Nella specie ha fatto riferimento alle prestazioni dei servizi di pulizia, di cui alle fa depositate in primo grado (fattura n. 101225 del 23 febbraio 2018 di euro 6.058,31 relativa alle prestazioni di servizi nel periodo 1° febbraio 2018 – 28 febbraio 2018; fattura n. 102295 del 26 marzo 2018 di euro 6.058,31 relativa alle prestazioni di servizi nel periodo 1° marzo 2018 – 31 marzo 2018).
Si ritiene che tale documentazione non sia idonea a provare l’effettiva esecuzione delle prestazioni in parola.
Com’è noto, la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale e alla funzione di far risultare documentalmente gli elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione, indirizzata all’altra parte, di fatti concernenti un rapporto già costituito, con la conseguenza che, quando tale rapporto sia contestato, non può costituire un valido elemento di prova del negozio e delle prestazioni eseguite, ancorché annotata nei libri contabili obbligatori, ma, al più, un mero indizio (cfr., ex plurimis , Cass. 20 maggio 2004, n. 9593; Cass. 12 gennaio 2016, n. 299; Cass. ord. 29 dicembre 2024, n. 34831).
Orbene nella fattispecie la RAGIONE_SOCIALE, fin dalla sua costituzione nel giudizio di primo grado, ha contestato le fatture de quibus e segnatamente la rispondenza del loro contenuto alle prestazioni effettivamente rese (cfr. comparsa di risposta del 5.11.2020 pag. 3).
In secondo luogo, l’indennità disciplinata dall’articolo 2041 del codice civile dovrebbe essere liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale ( depauperatio ), con esclusione di quanto l’esecutore della prestazione avrebbe percepito se avesse avuto diritto al corrispettivo in virtù dell’adempimento contrattuale e, quindi, con esclusione anche del profitto che ne avrebbe ricavato e di ogni altra posta volta ad assicurare al contraente quanto si riprometteva di ricavare dall’adempimento (cfr. Cass. civ. n. 20648/11, Cass. civ. n. 23780/14, Cass. civ. n. 11446/17, Cass. civ. n. 20884/18 e Cass. civ. n. 12702/19).
Nel caso di specie, la società appellante ha impetrato l’applicazione dell’articolo 2041 del codice civile evocando meramente, a sostegno dei suoi assunti, l’omessa corresponsione del dovuto in relazione agli obblighi contrattuali asseritamente inadempiuti dalla tanto
è vero che non ha quantificato, nei suoi scritti difensivi, la diminuzione patrimoniale indennizzabile, essendo rinvenibili, in essi, solamente l’indicazione dell’ammontare che le sarebbe spettato se tali obblighi fossero stati onorati.
Tuttavia, tali somme nulla avrebbero a che vedere con una vera e propria depauperatio e, cioè, con una perdita patrimoniale correlata ai costi sostenuti per eseguire le prestazioni e non, invece, all’utilità che sarebbe dovuta scaturire -secondo gli auspici della
mai stato nemme
in termini induttivi o presuntivi, che le somme che sarebbero dovute essere versate fossero destinate o fossero funzionali, in concreto, a ripianare i costi occorsi per l’esecuzione delle prestazioni.
Il ristoro assicurato dall’indennità di cui all’articolo 2041 del codice civile, d’altro canto, non è quantificabile monetariamente attraverso il recepimento delle tariffe o dei prezzi applicabili o pattuiti per una determinata prestazione, ma, tutt’al più, di quelle tariffe o di quei prezzi depurati da quella parte del loro ammontare che ne integra l’utilità contrattuale (non oggetto, come si è già avuto modo di accennare, di alcuna allegazione, meno che mai dettagliata e specifica, né, tanto meno, di dimostrazione, non essendo stato fornito alcun elemento idoneo, anche solo in termini approssimativi, a permettere di arguire l’ammontare dei costi delle prestazioni eseguite e non l’ammontare del corrispettivo residuo dovuto, unitamente agli accessori di legge), perché l’istituto non mira a ristabilire la situazione in cui si sarebbe trovato il contraente qualora il contratto fosse stato eseguito, ma solo ad indennizzarlo nei limiti della sua depauperatio e del -correlato- altrui arricchimento.
Ne consegue che la domanda ex art. 2041 c.c. non può essere accolta.
§ 4. APPELLO INCIDENTALE CONDIZIONATO
Atteso l’integrale rigetto del gravame principale, non occorre procedere all’esame di quello incidentale de quo.
§ 5. CONCLUSIONI E SPESE DI LITE
Alla luce delle osservazioni fin qui esposte, ogni altra istanza, domanda, eccezione e deduzione disattesa o assorbita in virtù delle argomentazioni precedentemente illustrate, l’appello proposto dalla deve essere rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo sulla base dello scaglione tabellare relativo alle controversie di valore compreso tra euro 5.201,00 ed euro 26.000,00, in ragione dell’entità del credito in contestazione e in rapporto all’attività difensiva espletata dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in euro 3.000,00 per compenso, di cui euro 1.100,00 per la fase di studio, euro 900,00 per la fase introduttiva ed euro 1.000,00 per la fase decisionale, oltre rimborso forfettario del 15%, Cap ed Iva, a norma degli artt. 2 e segg. D.M. n. 55/2014 nonché del punto 12 dell’allegata tabella.
Il rigetto dell’appello impone, ai sensi dell’articolo 13, comma primo quater , del decreto del Presidente della Repubblica numero 115 del 2012, come integrato dall’articolo 1, comma diciassettesimo, della legge numero 228 del 2012, entrata in vigore in data 31 gennaio 2013, di dare atto della sussistenza dei presupposti richiesti per il pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari all’ammontare già dovuto.
Ed, infatti, la parte che abbia proposto un’impugnazione, anche incidentale, respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, e l’autorità giudiziaria adita è tenuta a dare atto, nel provvedimento, della sussistenza dei relativi presupposti.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Salerno, Prima Sezione Civile, nella composizione di cui in intestazione, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, domanda, eccezione e deduzione disattesa, rigettata o assorbita, così provvede:
rigetta l’appello;
condanna la
alla refusione, in favore della
di lite, che liquida in euro 30
di AVV_NOTAIO, oltre Iva, Cassa Previdenza e rimborso forfettario spese generali come per legge;
3) dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma primo quater , del decreto del Presidente della Repubblica numero 115 del 2002, ai fini del versamento, da parte della società appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la proposta impugnazione. Salerno, 6 novembre 2025
Il Presidente dott.ssa NOME COGNOME