LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Contratto PA: quando la forma scritta è essenziale

Un privato cittadino fornisce acqua a un Comune anche dopo la scadenza del contratto. Quando l’ente pubblico riduce unilateralmente il compenso, il cittadino fa causa per ottenere il prezzo originario. La Cassazione rigetta la richiesta: in assenza di un contratto PA valido e scritto (rapporto di fatto), l’unica azione possibile è quella per indebito arricchimento, non per l’adempimento di un accordo non più in vigore. La scelta dell’azione legale corretta si rivela decisiva.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto PA: La Forma è Sostanza, la Cassazione Spiega Perché

Quando si stipula un accordo con un ente pubblico, la forma scritta non è un mero dettaglio burocratico. Un Contratto PA richiede rigore formale per essere valido. Ma cosa accade se un servizio continua ad essere fornito anche dopo la scadenza dell’accordo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che il rapporto diventa ‘di fatto’ e la tutela legale cambia radicalmente, rendendo decisiva la scelta della corretta azione giudiziaria.

I Fatti: Un Pozzo d’Acqua e un Accordo Scaduto

La vicenda ha origine da una convenzione tra un privato cittadino e un Comune per la captazione di acqua da un pozzo di proprietà del primo. L’accordo prevedeva un corrispettivo orario per l’utilizzo. Questo contratto, però, aveva una data di scadenza precisa: 30 giugno 1992, come stabilito da una delibera comunale.

Nonostante la scadenza, il Comune ha continuato a prelevare l’acqua, e il rapporto è proseguito ‘di fatto’ per due anni. Nel 1994, l’amministrazione comunale ha deciso unilateralmente, tramite nuove delibere, di ridurre drasticamente il compenso orario. Successivamente, ha persino reso retroattiva tale riduzione, chiedendo al cittadino la restituzione di una somma considerevole.

Il privato ha quindi citato in giudizio il Comune, chiedendo ai giudici di dichiarare illegittime le delibere e di condannare l’ente al pagamento del corrispettivo originariamente pattuito.

La Controversia Giudiziaria e il ruolo del Contratto PA

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le richieste del cittadino. In particolare, i giudici di secondo grado hanno sostenuto che, una volta scaduto il contratto, il rapporto era proseguito solo di fatto. Secondo la Corte d’Appello, il cittadino avrebbe dovuto impugnare le delibere di riduzione del compenso davanti al giudice amministrativo. Non avendolo fatto, avrebbe prestato acquiescenza alla decisione del Comune.

Il caso è così approdato in Cassazione, dove il cittadino ha contestato questa interpretazione, sostenendo che, trattandosi di un rapporto di natura privatistica, il Comune non aveva il potere di modificarlo unilateralmente.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del cittadino, ma con una motivazione giuridica diversa e più precisa rispetto a quella della Corte d’Appello. I giudici hanno stabilito due principi fondamentali.

In primo luogo, un Contratto PA deve avere la forma scritta ad substantiam, ovvero per la sua stessa validità. Di conseguenza, non è ammissibile un rinnovo tacito, a meno che non sia espressamente previsto nell’accordo originario. In questo caso, non solo non era previsto, ma una delibera comunale aveva sancito la fine del rapporto, escludendo ogni possibilità di prosecuzione tacita.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, il rapporto tra il privato e il Comune dopo il 1992 era un ‘rapporto di fatto’. In queste situazioni, in cui un privato esegue una prestazione a vantaggio della Pubblica Amministrazione senza la copertura di un contratto valido, la legge offre uno strumento di tutela specifico: l’azione di indebito arricchimento (art. 2041 del codice civile). Il privato non può pretendere il pagamento basato su un contratto inesistente, ma può chiedere un indennizzo per la perdita subita a fronte del vantaggio ottenuto dall’ente.

L’errore del cittadino è stato proprio questo: ha intentato una causa per l’adempimento contrattuale, chiedendo il pagamento del prezzo originario, invece di agire per l’indebito arricchimento. La Cassazione ha sottolineato che questa azione non è mai stata esperita. Di conseguenza, pur correggendo la Corte d’Appello sulla non necessità di impugnare le delibere al TAR (essendo la competenza del giudice ordinario), ha dovuto dichiarare la domanda del cittadino infondata nel merito.

Conclusioni

Questa ordinanza offre una lezione importante per chiunque abbia rapporti con la Pubblica Amministrazione. La validità di un Contratto PA è strettamente legata alla sua forma scritta. Proseguire una fornitura dopo la scadenza di un accordo non ne determina il rinnovo automatico, ma trasforma il rapporto in una situazione ‘di fatto’. In tale contesto, l’unica via per ottenere un ristoro economico non è insistere sull’applicazione di patti scaduti, ma utilizzare lo strumento specifico previsto dalla legge: l’azione di indebito arricchimento. La scelta dell’azione legale corretta, come dimostra questo caso, non è un dettaglio, ma l’elemento che può determinare il successo o il fallimento di una pretesa.

Un contratto con la Pubblica Amministrazione può essere rinnovato tacitamente?
No, di regola i contratti con la PA richiedono la forma scritta ad substantiam anche per il rinnovo. Il rinnovo tacito è possibile solo se una clausola espressa nell’accordo originario lo prevede, circostanza che in questo caso non è stata dimostrata.

Cosa succede se un privato fornisce un servizio a un Comune senza un contratto valido?
Si instaura un ‘rapporto di fatto’. Il privato non può chiedere il pagamento basato su un precedente contratto scaduto, ma può agire in giudizio con l’azione di indebito arricchimento (art. 2041 c.c.) per ottenere un indennizzo per la perdita subita e il vantaggio ottenuto dal Comune.

È necessario impugnare al TAR un atto del Comune che modifica un pagamento se non c’è un contratto?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, quando la controversia riguarda pretese patrimoniali derivanti da un rapporto di fatto, la giurisdizione spetta al giudice ordinario e non è necessario impugnare l’atto amministrativo (la delibera) davanti al giudice amministrativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati