Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 35044 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 35044 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26829/2022 R.G. proposto da
– ricorrente –
contro
Comune di Civita Castellana , in persona del Sindaco pro tempore
– intimato – avverso la sentenza n. 5332/2022 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 10.8.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE chiese ed ottenne dal Tribunale di Viterbo decreto ingiuntivo nei confronti del Comune di Civita
Castellana per il pagamento della somma capitale di € 433.9444,26, oltre interessi e spese, a titolo di corrispettivo per la verifica del minor gettito ICI subito dal Comune in seguito all’ autodeterminazione provvisoria delle rendite dei fabbricati di categoria castale D, verifica finalizzata alla richiesta di compensazione da parte dello Stato ai sensi dell’art. 64 della legge n. 388 del 2000.
Il Comune propose opposizione al decreto ingiuntivo, che venne accolta dal Tribunale sul presupposto della riscontrata mancanza di un valido contratto tra Comune e società avente ad oggetto quella specifica prestazione e il relativo compenso.
La sentenza di primo grado venne impugnata da RAGIONE_SOCIALE davanti alla Corte d’Appello di Roma, la quale rigettò il gravame, confermando la decisione del Tribunale.
Contro la sentenza d’appello RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Il Comune di Civita Castellana è rimasto intimato.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia «nullità della sentenza per violazione, ai sensi dell ‘ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, c.p.c., degli artt. 115, 116, 132 c.p.c. in relazione agli artt. 1362 (interpretazione del contratto) 1462 e ss. e 2727 e ss. c.c.».
La ricorrente contesta alla Corte d’Appello di avere erroneamente ritenuto che la prestazione per cui è causa fosse estranea alle previsioni della concessione già sottoscritta tra la società e il Comune, avente ad oggetto il servizio di smaltimento
dei rifiuti solidi urbani e la riscossione della relativa imposta, e che fosse illegittimo il conferimento di un ulteriore incarico da parte di un funzionario comunale.
1.1. Il motivo è inammissibile, perché la ricorrente si limita a prospettare un ‘ interpretazione alternativa del contratto stipulato con il Comune di Civita Castellana e delle presupposte delibere comunali, senza « specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata » (Cass. n. 28319/2017; conformi, Cass. nn. 11254/2018; 16987/2018; 21576/2019; 22318/2023; 18214/2024).
Il contratto di concessione di servizio stipulato aveva ad oggetto lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e la riscossione della relativa imposta, prevedendo la possibilità di conferire incarichi per servizi ulteriori, «provvedendo all’eventuale relativa copertura finanziaria», in particolare per «la eventuale gestione del recupero dell’evasione riferita ad altri tributi comunali». La Corte territoriale ha ritenuto che tali clausole non potessero essere interpretate nel senso di avere attribuito al funzionario comunale (responsabile di area contabile) il potere di impegnare il Comune nel conferimento di un ulteriore incarico avente ad oggetto un diverso tributo (ICI) e un servizio non inquadrabile nel concetto di «recupero dell’evasione» , stabilendo anche il corrispettivo di tale diverso servizio (al quale non si può considerare estensibile, senza un previo e specifico accordo, il corrispettivo previsto per la ben più impegnativa e onerosa attività di «recupero dell’evasione», trattandosi in
questo caso di un mero rilevamento di dati tratti dalla contabilità comunale).
Tale interpretazione è di per sé insindacabile in sede di legittimità e, si ribadisce, la censura non indica specifici canoni ermeneutici legali che siano stati violati, limitandosi la ricorrente a indicare in rubrica l’art. 1362 c.c. e a definire genericamente inspiegabile la decisione del giudice d’appello .
1.2. Si deve anche osservare, sotto altro profilo, che la censura non coglie un altro aspetto della ratio decidendi della sentenza impugnata, che consiste nell’ essere stata rilevata la mancanza di forma scritta ad substantiam del l’asserito contratto avente ad oggetto il servizio ulteriore di verifica del minor gettito ICI.
La Corte territoriale ha escluso che la forma scritta potesse «dedursi per implicito da singoli atti» ( rectius : ricostruirsi in via presuntiva sulla base di atti diversi dal documento contrattuale sottoscritto dalle parti), dovendo la volontà negoziale dell’ente pubblico « essere manifestata nelle forme, necessariamente rigide, richieste dalla legge».
1.3. Quanto, infine, alla prospettata nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. , è sufficiente ricordare che la riformulazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall ‘ art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 (convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012), deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 disp. prel. c.c., come riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l ‘ anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in
quanto attinente all ‘ esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l ‘ aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. S.U. n. 8053/2014).
Che la sentenza qui impugnata abbia una motivazione e che essa sia ben comprensibile lo dimostra lo stesso contenuto del ricorso, che individua e descrive i relativi argomenti nel momento stesso in cui si propone di confutarli, ritenendoli non condivisibili.
Il secondo motivo di ricorso denuncia «erroneità della sentenza nella parte in cui la stessa ha ritenuto non sussistere la pretesa intimata in ragione dell’illegittimità dell’affidamento del servizio alla società concessionaria e ciò per la violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. del disposto di cui agli articolo 21 -quinquies-octies-novies della legge n. 241 del 19 90 e dell’art. 97 della Cost .».
Con questo motivo RAGIONE_SOCIALE invoca «il principio di giustizia» e «le norme che disciplinano il procedimento amministrativo le quali non consentono l’annullamento di un atto per vizi meramente formali quando il contenuto dello stesso non sarebbe stato differente».
2.1. Anche questo motivo è inammissibile, perché pone una questione del tutto estranea alla ratio decidendi della sentenza impugnata.
L’azione proposta da RAGIONE_SOCIALE è un’azione di adempimento contrattuale basata sulla allegazione che fosse stato stipulato un valido contratto avente ad oggetto (anche) il servizio di verifica del minor gettito ICI subìto dal Comune in seguito all’autodeterminazione provvisoria delle rendite dei fabbricati di categoria castale D e il corrispettivo per tale servizio, determinato nella misura del 20% del gettito recuperato. La Corte d’Appello (così come, prima, il Tribunale) ha accertato l’inesistenza o comunque la nullità di un siffatto contratto e ha conseguentemente respinto la domanda di condanna all’adempimento .
La sentenza non fa alcun cenno all’annullamento di atti amministrativi qual e presupposto dell’accertata infondatezza della domanda.
Quanto all’« affidamento incolpevole del privato nei rapporti di qualsiasi tipo con la pubblica amministrazione», esso potrebbe eventualmente far sorgere -qualora ne sussistessero i presupposti -un diritto del privato al risarcimento dei danni, ma non potrebbe giammai surrogare l’ inesistenza o la nullità del contratto di cui si pretende l’adempimento .
È poi evidente che non integra gli estremi della specifica denuncia di un vizio della sentenza censurabile con il ricorso per cassazione la generica invocazione del «principio di giustizia» e del « principio costituzionale di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. ».
Dichiarato inammissibile il ricorso, non occorre provvedere sulle spese legali per il giudizio di legittimità, essendo rimasto intimato il Comune di Civita Castellana.
Si dà atto che, in base all’esito del ricorso, sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima