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Contratto nullo PA: quando spetta l’indennizzo?

Una società si opponeva a un’ingiunzione di pagamento per una fornitura d’acqua da parte di un Comune, basata su un contratto nullo per difetto di forma. La Corte d’Appello aveva condannato la società a pagare un indennizzo per arricchimento senza causa. La Corte di Cassazione, rilevando complesse questioni giuridiche sull’ammissibilità di tale azione quando un contratto nullo con la PA viola norme imperative, ha sospeso la decisione e ha rimesso la questione alle Sezioni Unite per un pronunciamento definitivo.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto nullo PA: Quando è ammesso l’indennizzo per arricchimento ingiustificato?

La stipulazione di un contratto con la Pubblica Amministrazione è soggetta a regole formali rigorose, la cui violazione può portare alla nullità dell’accordo. Ma cosa succede quando, nonostante un contratto nullo, la PA o il privato eseguono comunque le prestazioni? La parte che ha subito un danno economico può agire per ottenere un indennizzo? A questa complessa domanda la Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria in commento, ha deciso di non rispondere direttamente, rimettendo la questione alle Sezioni Unite per un chiarimento definitivo.

I Fatti del Caso: Fornitura d’acqua senza un contratto valido

La vicenda trae origine da una controversia tra un’impresa individuale e un Comune per il pagamento di canoni idrici relativi a diversi anni di fornitura. Il Comune aveva emesso un’ingiunzione di pagamento per una somma superiore a 100.000 euro. L’impresa si era opposta, sostenendo l’inesistenza di un valido contratto scritto, requisito essenziale per i contratti della Pubblica Amministrazione.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno confermato la nullità del rapporto contrattuale per difetto di forma. Tuttavia, la Corte d’Appello ha condannato l’impresa a versare al Comune una somma quasi identica a quella richiesta, non a titolo di corrispettivo contrattuale, ma come indennizzo per arricchimento senza causa ai sensi dell’art. 2041 del codice civile. Secondo i giudici di secondo grado, l’impresa aveva comunque beneficiato del servizio idrico, arricchendosi ingiustamente a danno del Comune.

La questione del contratto nullo PA e l’arricchimento senza causa

L’impresa ha impugnato la decisione in Cassazione, sollevando questioni di fondamentale importanza. Il nodo centrale del ricorso riguarda l’ammissibilità dell’azione di arricchimento senza causa quando un contratto con la PA è nullo. La difesa dell’impresa ha fatto leva su un recente e autorevole precedente delle Sezioni Unite (sentenza n. 33954/2023), secondo cui l’azione di arricchimento è preclusa se la nullità del contratto deriva dalla violazione di norme imperative o contrarietà all’ordine pubblico.

Il dilemma è il seguente: la norma che impone la forma scritta per i contratti della PA è una semplice regola formale, la cui violazione consente comunque un’azione di recupero tramite l’arricchimento, oppure è una norma imperativa, posta a tutela di interessi pubblici superiori (come la trasparenza e il buon andamento della P.A.), la cui violazione preclude qualsiasi rimedio alternativo? Ammettere l’azione di arricchimento potrebbe, di fatto, vanificare la sanzione della nullità, permettendo alla PA di recuperare somme come se il contratto fosse valido.

Le motivazioni dell’Ordinanza Interlocutoria: i dubbi della Cassazione

La Terza Sezione Civile della Cassazione, investita del caso, ha ritenuto la questione troppo complessa e di massima importanza per essere decisa in sede ordinaria. L’ordinanza evidenzia una serie di profili problematici che meritano un approfondimento da parte del massimo organo nomofilattico, le Sezioni Unite.

I giudici hanno formulato tre quesiti principali:

1. Natura della nullità: La nullità di un contratto della PA per difetto di forma scritta rientra tra le ipotesi di violazione di norme imperative che, secondo il principio stabilito dalle Sezioni Unite nel 2023, ostacolano l’ammissibilità dell’azione di arricchimento senza causa?
2. Ruolo delle parti: Cambia qualcosa se, come in questo caso, la parte “impoverita” che agisce in giudizio è la stessa Pubblica Amministrazione e non il privato? La giurisprudenza si è quasi sempre occupata del caso opposto.
3. Esistenza di rimedi alternativi: La proponibilità dell’azione di arricchimento è influenzata dal fatto che la prestazione consisteva in una fornitura di beni (un dare, come l’acqua) e non in un servizio (un facere)? In questo caso, potrebbe essere disponibile un’altra azione, quella di ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.), che, essendo specifica, renderebbe inammissibile quella sussidiaria di arricchimento.

Conclusioni: in attesa delle Sezioni Unite

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione non decide il caso, ma lo “congela”, passando la palla alle Sezioni Unite. La decisione che verrà presa avrà un impatto enorme su innumerevoli rapporti tra cittadini, imprese e la Pubblica Amministrazione. Spesso, infatti, vengono eseguite prestazioni sulla base di accordi informali o contratti formalmente imperfetti.

La futura sentenza delle Sezioni Unite dovrà tracciare una linea chiara, bilanciando da un lato l’esigenza di sanzionare le violazioni delle norme sulla contabilità pubblica e, dall’altro, quella di evitare ingiusti spostamenti patrimoniali. La risposta a questi quesiti definirà i confini dell’azione di arricchimento senza causa, chiarendo una volta per tutte quando e a quali condizioni si possa ottenere un indennizzo in presenza di un contratto nullo con la PA.

È possibile chiedere un indennizzo per arricchimento senza causa se un contratto con la Pubblica Amministrazione è nullo per mancanza della forma scritta?
La questione è controversa. Secondo un recente orientamento delle Sezioni Unite, l’azione è preclusa se la nullità deriva da violazione di norme imperative. L’ordinanza in esame chiede alle stesse Sezioni Unite di chiarire se la norma sulla forma scritta per i contratti della P.A. rientri in questa categoria, bloccando così l’azione di arricchimento.

Cosa succede se è la Pubblica Amministrazione, e non il privato, a essere la parte “impoverita” a causa di un contratto nullo?
Questa è una delle questioni specifiche sollevate dall’ordinanza. La maggior parte della giurisprudenza ha analizzato il caso in cui il privato è la parte impoverita. La Corte si chiede se il principio debba essere applicato diversamente quando è la P.A. ad agire per recuperare il valore di una prestazione erogata in base a un contratto nullo.

Perché la Cassazione ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite?
La Corte ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite perché le questioni sollevate sono di “massima di particolare importanza”. La soluzione del caso richiede di risolvere un potenziale contrasto giurisprudenziale e di definire principi fondamentali sull’applicabilità dell’azione di arricchimento nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, con importanti ricadute pratiche su un gran numero di casi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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