SENTENZA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI N. 6364 2025 – N. R.G. 00004874 2020 DEPOSITO MINUTA 09 12 2025 PUBBLICAZIONE 09 12 2025
n. 4874/2020 r.g.a.c.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D’APPELLO DI NAPOLI
7° SEZ CIVILE
Così composta
Dr.ssa NOME COGNOME Presidente
Dr. NOME COGNOME Consigliere
Dr.ssa NOME COGNOME Consigliere est.
Riunita in Camera di Consiglio ha emesso la seguente
SENTENZA
Nella causa civile n. 4874/2020 ruolo Generale Civile avente ad oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Benevento n. 746/2020, pubblicata in data 19.05.2020
TABLE
APPELLANTE
CONTRO
TABLE
Verona, INDIRIZZO
CONCLUSIONI
Gli avvocati costituiti concludevano come da note scritte ex art. 127 ter c.p.c.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I.1. e con atto di citazione notificato il 09/10/2015, proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 664/2015 emesso dal Tribunale di Benevento, in data 3 giugno 2015 e depositato il 10 giugno 2015, con il quale gli veniva ingiunto il pagamento, in favore della Banca RAGIONE_SOCIALE S.p.A., della somma di € 40.032,77, oltre interessi e spese. Il credito trovava fondamento nel contratto di finanziamento n. 3469613 sottoscritto da , garantito da , con BiPitalia RAGIONE_SOCIALE in data 13/02/2006 e finalizzato all’acquisto di un’autovettura Audi A4 Avant. Gli opponenti chiedevano così provvedere: ‘ Dichiarare illegittimo, nullo, annullare e, comunque, revocare il decreto ingiuntivo n. 664/2015, opposto per i motivi di cui sopra; in via meramente subordinata accertare e dichiarare la nullità, delle clausole impugnate per i motivi su indicati ed particolare la nullità della clausola relativa agli interessi moratori, e per l’effetto dichiarare che, per essi, nulla è dovuto dagli opponenti; in ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa, con le maggiorazioni dovute per spese generali, CPA ed IVA, e con attribuzione in favore del sottoscritto difensore anticipatario’. A sostegno della propria domanda, nel merito, gli opponenti premettevano che il contratto di finanziamento n. NUMERO_DOCUMENTO stipulato in data 13 febbraio 2006 era finalizzato all’acquisto di un’autovettura e contemplava anche la concessione di una linea di credito revolving a tempo indeterminato. Inoltre, esponevano che il credito vantato dall’opposta fosse ‘ insussistente ed infondato’ e contestavano la validità e l’idoneità della documentazione prodotta dalla banca a dimostrazione del credito
vantato. Eccepivano, inoltre, la violazione di obblighi contrattuali ed extracontrattuali di correttezza e buona fede, sostenendo che l’istituto di credito avesse omesso o fornito informazioni incomplete e ambigue in merito al collegamento tra il finanziamento finalizzato e la linea di credito revolving a tempo indeterminato, inducendoli alla sottoscrizione e alterandone in modo significativo il processo decisionale. Contestavano, infine, la nullità o comunque l’inefficacia delle clausole sugli interessi, con particolare riferimento agli interessi moratori ritenuti indeterminati e/o indeterminabili.
I.2. Si costituiva l’opposta Banca Ifis S.p.A. la quale, impugnando e contestando la domanda avanzata dagli opponenti, chiedeva così provvedere: ‘ Ritenere e dichiarare infondata in fatto ed in diritto l’opposizione opposta, conseguentemente rigettarla in toto e confermare l’opposto decreto ingiuntivo. In subordine: Ritenere e dichiarare che la sig.ra e sono debitori in solido nei confronti della Banca RAGIONE_SOCIALE S.p.A. della somma di € 40.032,77 o, comunque, di quella maggiore o minor somma che risulterà nel corso del presente giudizio. Conseguentemente condannare gli odierni opponenti in solido tra loro al pagamento della somma di € 40.032,77 o della maggiore o minor somma che risulterà dall’istruttoria, oltre agli interessi e spese. ‘. Part
I.3. Con sentenza n. 746/2020, pubblicata in data 19.05.2020, il Tribunale Ordinario di Benevento ha definito il giudizio iscritto al n. 4336/2015 R.G., con il seguente dispositivo : ‘1. rigetta l’opposizione; 2. dichiara esecutivo il decreto ingiuntivo n. 664/2015, emesso dal Tribunale di Benevento; 3. condanna e in solido tra loro, a pagare alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.P.A., ai sensi dell’art. 96, co. 3, c.p.c., la somma di euro 1.600,00; 4. condanna e in solido tra loro, a rifondere alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.P.A. le spese di lite, liquidate in euro 6.400,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese generali secondo i vigenti parametri, all’I.V.A. ed alla Cassa come per legge ‘.
II.1. e , con atto di citazione ritualmente notificato, proponevano appello avverso la predetta sentenza, deducendone l’erroneità sulla base di cinque motivi di gravame. Chiedevano, in particolare, all’adita Corte così provvedere: ‘ accertare e dichiarare la nullità dell’impugnata sentenza, e/o comunque dei contratti di cui è causa e per l’effetto dichiarare illegittimo, nullo, annullare e, comunque, revocare il decreto ingiuntivo opposto, con ogni miglior formula, per tutto quanto evidenziato nel presente atto; in ogni caso condannare l’opposta al pagamento delle spese di giudizio di primo e secondo grado ed oltre rimborso forfettario, iva e c.p.a. come per legge, e delle spese sostenute contributo unificato, marca e costi di registrazione se dovuti, con distrazione in favore del sottoscritto difensore anticipatario’.
II.2.
Nel giudizio così instaurato si costituiva l’appellata
(già , la quale rappresentava che RAGIONE_SOCIALE aveva conferito a il ramo d’azienda relativo all’attività di acquisto e gestione dei portafogli di crediti deteriorati. L’appellata resisteva alle domande avversarie e concludeva come segue: ‘ 1) Dichiarare inammissibile l’appello, ai sensi dell’art. 342 cpc e dell’art. 348 bis cpc, attesa la ragionevole probabilità di non essere accolto; Nel merito: 2) Rigettare l’appello proposto e confermare la sentenza di primo grado n. 746/2020 del 19/5/2020 del Tribunale di Benevento (RG n. 4336/2015), con vittoria di spese e compensi di lite, oltre accessori di legge (IVA e CPA) e rimborso spese generali 15%’.
II.3. La Corte, all’udienza del 02.10.2025, celebrata nelle forme di cui all’art. 127 ter cpc, esaurita l’attività prevista nell’art 350 c.p.c., ha trattenuto la causa in decisione, assegnando i termini ridotti, giorni 20 + 20, di cui agli artt. 190, comma 1, e 352, comma 1, c.p.c., per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità ex art. 342 e 348
bis c.p.c. dell’atto di appello sollevate dall’appellata
Ed invero, dall’atto di appello è possibile individuare la parte del provvedimento specificamente gravata, le modifiche richieste alla ricostruzione del fatto che è stata compiuta dal giudice di primo grado, nonché le circostanze da cui deriverebbero le lamentate violazioni della legge, oltre che la precisazione della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. Come è noto, con sentenza n. 27199 del 16 novembre 2017, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno chiarito che la riforma del 2012 non ha modificato la natura dell’appello, precisando che le declaratorie di inammissibilità devono rimanere ipotesi residuali e che l’ampiezza delle doglianze, così come la specificità, risultano legate da un rapporto di proporzionalità con l’ampiezza della motivazione assunta nella decisione del giudice di primo grado. Inoltre, nel caso in cui la pronuncia impugnata non abbia valutato tutte le tesi prospettate dalla parte appellante, le stesse potranno essere riproposte. Se dunque il giudice d’appello deve essere posto nella condizione di comprendere con chiarezza il contenuto delle censure mosse al provvedimento impugnato, attraverso la precipua indicazione delle ragioni per le quali la prima pronuncia non si consideri condivisibile, tale ultimo onere si considera validamente adempiuto, da parte dell’appellante, come avvenuto nel caso di specie, con l’individuazione, nell’atto di impugnazione, delle questioni e dei punti contestati della pronuncia di primo grado e delle relative doglianze, ‘senza inutili formalismi’, come specifica la Suprema Corte (cfr. Cass. n. 24262/2020).
Deve, pertanto, ritenersi che l’atto di appello superi senz’altro il vaglio di ammissibilità ex art. 342 c.p.c.
Con riferimento alla eccepita declaratoria di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c. si osserva che la Corte, procedendo alla trattazione della causa nel merito, ha superato, sia pure implicitamente, tale questione, ritenendo
insussistenti i presupposti per pervenire ad una definizione semplificata del giudizio, nei termini previsti dall’indicata disposizione. In tal senso, la RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto che, qualora il giudice d’appello abbia proceduto alla trattazione nel merito dell’impugnazione, ritenendo evidentemente di non ravvisare un’ipotesi di inammissibilità ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., la decisione sulla ammissibilità non è ulteriormente sindacabile sia davanti allo stesso giudice dell’appello che al giudice di legittimità nel ricorso per cassazione, anche alla luce del più generale principio secondo cui il vizio di omessa pronuncia non è configurabile su questioni processuali (Cass. civ., Sez. 3 – Sentenza n. 10422 del 15/04/2019).
e hanno censurato la pronuncia di prime cure deducendone l’erroneità sulla base dei seguenti motivi di appello: ‘ A) Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dall’art. 118 disp. att. c.p.c. e degli artt. 104, 111 e 24 Cost., sotto il profilo della omessa pronuncia e/o apparente motivazione. B) Nullità del contratto di credito al consumo violazione dell’art. 124 d.lgs. n. 385/93 applicabile ratione temporis. C) Violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, degli artt. 2697, 1325, 1423 c.c., dell’art. 124 d.lgs. n. 385/93 e dell’art. 117 TUB, in relazione all’eccezione di nullità del contratto monofirma e la mancata consegna di copia del contratto al cliente; mancata o errata valutazione di risultanze processuali. D) Violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. art. 50 del D.Lgs n 385/1993, motivazione contradditoria ed illogica, mancanza di prova del credito vantato dalla banca; mancata o errata valutazione di risultanze processuali ‘ .
L’appello è infondato.
Con il primo motivo di gravame, gli istanti assumono la: ‘ Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dall’art. 118 disp. att. c.p.c. e degli artt. 104, 111 e 24 Cost., sotto il profilo della omessa pronuncia e/o apparente motivazione ‘ in quanto, a loro dire, il tribunale ‘ ha completamente omesso di esaminare l’eccezione di nullità dello schema contrattuale utilizzato ed in particolare la
nullità del contratto di credito revolving e la violazione delle norme contrattuali ed extracontrattuali in relazione all’obbligo delle parti di comportarsi in buona fede a valore di clausola generale dell’art. 1337 c.c., nonché la violazione del TUF e delle norme sulla trasparenza’.
La giurisprudenza della Suprema Corte è costante nel ritenere che: ‘ La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. (cfr.: Cass. ordinanza n. 1986 del 28/01/2025; Sezioni Unite N. 22232 del 2016).
Nel caso di specie il Tribunale ha compiutamente risposto nel merito delle questioni prospettate con il libello introduttivo del giudizio, argomentando specificamente e conformemente alle risultanze documentali acquisite. Nella sentenza oggetto di gravame, tra l’altro, si legge: ‘ gli opponenti non dimostrano di aver ottenuto pure questo vantaggio, il quale, nelle condizioni negoziali, era previsto come meramente eventuale (si legga la parte rubricata come «RICHIESTA DI FINANZIAMENTO E MODALITÀ DI RIMBORSO»). Le censure specificamente attinenti a tale ipotizzata forma di finanziamento, allora, non verranno esaminate, in quanto prive di pertinenza rispetto alle circostanze negoziali ‘ (sentenza impugnata, pag. 1, punto 1). Il giudice ha poi ulteriormente precisato, a pag. 5, che ‘ non risulta essere stato concesso un credito rotativo (o revolving): se ne è già parlato nel § 1 di questa motivazione ‘ (sentenza impugnata, pag. 5, punto 5b).
Pertanto, deve ritenersi pienamente condivisibile quanto statuito dal giudice nella sentenza oggetto di impugnazione: il credito azionato deriva da un contratto di
prestito finalizzato. Non risulta, invece, essere stata concessa alcuna linea di credito revolving , mancando una specifica documentazione in tale senso.
La concessione di tale forma di finanziamento era, infatti, meramente eventuale, come riportato nella ‘ richiesta di finanziamento e modalità di rimborso ‘ (cfr. NUMERO_DOCUMENTO), nella quale viene esplicitato che gli appellanti hanno dichiarato ‘ di essere a conoscenza che Bipitalia RAGIONE_SOCIALE, a suo insindacabile giudizio, potrà: a) concedermi una linea di credito revolving (cap. 2 delle condizioni) ‘. Anche dalle condizioni generali emerge la natura eventuale della concessione della linea di credito revolving che si riporta: ‘ 2. Concessione ed utilizzo di una linea di credito revolving. 2.1 A seguito del presente contratto contestualmente ad esso o successivamente al regolare rimborso del finanziamento ottenuto da RAGIONE_SOCIALE potrà concedere, a suo insindacabile giudizio, una linea di credito revolving valida a tempo indeterminato, utilizzabile previa autorizzazione di volta in volta rilasciata’ (cfr. cap. 2 condizioni generali contratto n. 346913).
Con il secondo motivo di appello, gli appellanti si lamentano della ‘ Nullità del contratto di credito al consumo violazione dell’art. 124 d.lgs. n. 385/93 applicabile ratione temporis ‘.
Con il terzo motivo di appello, gli appellanti assumono: ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, degli artt. 2697, 1325, 1423 c.c., dell’art. 124 d.lgs. n. 385/93 e dell’art. 117 TUB, in relazione all’eccezione di nullità del contratto monofirma e la mancata consegna di copia del contratto al cliente; mancata o errata valutazione di risultanze processuali’ .
Trattandosi di questioni tra loro connesse sotto il profilo logico-giuridico, le stesse possono essere esaminate congiuntamente.
Orbene, com’è noto, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 898/2018 – risolvendo ex art. 374, comma 2, c.p.c. la questione di massima di particolare importanza relativa alla validità del contratto di
intermediazione finanziaria recante la sola sottoscrizione del cliente (c.d. contratto «monofirma») – hanno statuito che «il requisito della forma scritta del contrattoquadro, posto a pena di nullità (azionabile dal solo cliente) dall’art. 23 del D. Lgs. n. 58 del 1998, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti» .
La su enunciata regula juris è stata successivamente estesa dal giudice della nomofilachia ai contratti bancari, essendosi al riguardo affermato che anche la prescrizione imposta dall’art. 117, comma 3, T.U.B., secondo cui detti contratti debbono essere stipulati in forma scritta a pena di nullità, ha natura funzionale e non strutturale, siccome finalizzata alla protezione del contraente più debole, id est il cliente. Da tale premessa si è tratto il corollario che la mancata sottoscrizione da parte del soggetto abilitato a rappresentare la banca non determina la nullità del contratto, essendo sufficiente che esso sia redatto per iscritto, che ne sia consegnata una copia al cliente e che risulti apposta la sottoscrizione di quest’ultimo, potendo il consenso della banca desumersi da comportamenti concludenti (cfr. ex multis , Cass. n. 14646/18 ord., Cass. n. 16070/18 ord., Cass. n. 22385/19 ord., Cass. n. 9196/21 ord.).
Alla stregua dei surriferiti princìpi di diritto, dai quali non v’è ragione di discostarsi perché ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimità, la decisione assunta dal primo giudice appare corretta in jure , avendo egli, tra l’altro, argomentato che: ‘ Tale carenza, tuttavia, non osta alla dichiarazione di avvenuta conclusione ed alla validità formale del contratto: è presente, infatti, la firma del beneficiario (così come quella del garante), il quale otteneva copia delle condizioni negoziali (per sua stessa dichiarazione firmata, contenuta nell’atto), e,
inoltre, percepiva (come detto innanzi) la somma di denaro: il requisito formale presidia gli interessi della parte che ottiene la somma di denaro ed assume l’obbligazione del rimborso e, pertanto, non richiede una sottoscrizione anche ad opera della controparte, purché risulti, per facta concludentia (come nella specie), che essa abbia accettato’ (cfr. sentenza impugnata pag. 5, punto 4) .
Inoltre, si rileva che dal contratto oggetto di gravame (cfr. NUMERO_DOCUMENTO), nella sezione ‘ richiesta di finanziamento e modalità di rimborso ‘, gli appellanti hanno sottoscritto la chiara ed esplicita clausola contrattuale che recita : ‘di aver ricevuto copia di mia spettanza del presente modulo ‘.
Tale documento contiene tutte le informazioni necessarie a rendere edotti i clienti circa le condizioni contrattuali, incluse quelle eventualmente ritenute vessatorie, che risultano altresì sottoscritte ai sensi dell’art. 1341, 2° comma, c.c., come correttamente rilevato dal Giudice di prime cure a pagina 5 della sentenza impugnata (cfr. sentenza, pag. 5, punto 5.d).
Ne consegue che, nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, dalla documentazione agli atti, la sottoscrizione del funzionario della banca non era necessaria ai fini del valido perfezionamento dei contratti di conto corrente oggetto di causa, potendosi la volontà negoziale dell’istituto di credito desumere da comportamenti concludenti, quali – ad esempio – il periodico invio degli estratti conto al cliente.
Invero, come chiaramente evidenziato nella menzionata pronuncia delle Sezioni Unite del 2018, i comportamenti concludenti valorizzabili ai fini che qui interessano consistono proprio nella consegna da parte della banca del documento negoziale da essa predisposto, nella raccolta della firma del cliente e nella successiva esecuzione del contratto, intesa come concreta attuazione delle prestazioni da questo derivanti.
Sul tema, peraltro, già con sentenza n. 4564/12 la Cassazione aveva affermato che anche la sola comunicazione periodica degli estratti conto può ritenersi sufficiente
ad esternare la volontà della banca di avvalersi del contratto di conto corrente non sottoscritto da un suo delegato (cfr. Cass. n. 4564/12).
Con il quarto motivo di gravame, e
lamentano: ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. art. 50 del D.Lgs n 385/1993, motivazione contradditoria ed illogica, mancanza di prova del credito vantato dalla banca; mancata o errata valutazione di risultanze processuali ‘ .
Sul punto, il giudice di prime cure ha correttamente interpretato quanto sostenuto dagli attori in primo grado, odierni appellanti, statuendo quanto segue: ‘ dichiarano (pag. 2 dell’atto di citazione): «Come risulta dal prospetto analitico prodotto in fase monitoria all’odierna debitrice è stato erogato l’importo di € 30.150,00.» (neretto e sottolineatura presenti nel testo citato, come in quello poco oltre riportato): subito dopo, tuttavia, aggiungono: « l’opponente , senza inversione dell’onere della prova, contesta specificatamente le somme richieste con il titolo notificato, in quanto non dovute ed in ogni caso non dovute nella misura indicata’.
Gli appellanti, nell’atto di citazione di primo grado, non contestavano l’avvenuta erogazione del finanziamento; al contrario, ne hanno dato espressa conferma, limitandosi a censurare la quantificazione del credito vantato dalla controparte. Tale impostazione, tuttavia, presuppone l’effettiva erogazione della somma e integra una mera contestazione quantitativa, non già l’allegazione della mancata erogazione del finanziamento.
Le successive difese svolte in comparsa conclusionale e memoria di replica – come puntualmente osservato dal giudice di prime cure – rivestono natura meramente illustrativa e non possono incidere sul thema decidendum né contraddire le precedenti ammissioni, ormai cristallizzate nel processo.
Inoltre, corre l’obbligo di riportare quanto compiutamente statuito dal giudice di primo grado il quale ha ben evidenziato che: ‘ la somma di denaro non era
destinata ad essere percepita direttamente da loro: bensì, trattandosi di prestito per l’acquisto di un’autovettura (una TARGA_VEICOLO), il denaro era destinato all’esercizio commerciale convenzionato (nella specie, la RAGIONE_SOCIALE di Benevento), come si legge nel § 1.1 delle condizioni generali: «la Società [ossia, la sarà autorizzata ad erogare direttamente al convenzionato la somma finanziata». Gli opponenti, pertanto, avrebbero dovuto contestare, in maniera specifica, di aver mai ricevuto il finanziamento, nonostante la richiesta presentata: essi avrebbero potuto, se del caso, spiegare come mai tale richiesta non fosse stata seguita dall’erogazione del prestito (perché la proposta veniva, alla fine, rifiutata dalla o a causa di un ripensamento da parte della , parte richiedente?), o avrebbero potuto dedurre di non aver più acquistato, presso la RAGIONE_SOCIALE, l’TARGA_VEICOLO, oppure, infine, di averla acquistata usando di altra provvista (denaro loro personale? finanziamento di altra provenienza?)’.
Anche in riferimento alla prova del credito, il giudice di primo grado ha correttamente rilevato che ‘ La documentazione, complessivamente considerata, è, allora (come era anche nella fase monitoria: non ricorreva, infatti, l’ipotesi della necessità del deposito dell’estratto autentico delle scritture contabili, poiché veniva versata anche copia della richiesta di finanziamento, con le condizioni negoziali), idonea a documentare l’esistenza e l’ammontare del credito, almeno alla stregua delle condizioni negoziali invocate dalla banca. Ogni confusione con i rapporti di conto corrente bancario, del resto, va evitata: in quel caso, infatti, vi sono reciproche rimesse, la cui documentazione è necessaria, al fine dell’accertamento del saldo: nel caso del contratto di mutuo, o di un finanziamento, invece, i dati sono prestabiliti: si sa il quantum da rimborsare e si sa quali siano il numero e l’ammontare delle rate. Il debitore, pertanto, non deve far altro che provare di aver pagato. Gli opponenti, infine, non hanno affermato di aver pagato anche rate ulteriori, rispetto a quelle che la creditrice considera
versate, né individuato errori contabili nei calcoli’ (cfr. sentenza impugnata pagg. 4 – 5) .
Difatti, sul punto, la Corte di Cassazione civile sez. I, con l’ordinanza del 03/03/2025, n. 5629, ha ribadito che: ‘ in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento o dell’inesatto adempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento’ (cfr. Cass. Civ. sez. I, 03/03/2025, n. 5629, Cass., Sez. Un., 30/10/2001, n. 13533).
Nel caso di specie, la creditrice ha assolto all’onere probatorio mediante la produzione del contratto (cfr. NUMERO_DOCUMENTO), la cui stipulazione non risulta essere stata contestata dalla controparte. Essa ha, inoltre, dedotto l’inadempimento degli appellanti, i quali non hanno fornito alcuna contestazione specifica in ordine alla mancata restituzione delle somme oggetto del provvedimento monitorio.
Alla luce di ciò, deve rilevarsi come gli appellanti non abbiano espressamente contrastato le pretese creditorie né allegato elementi idonei a configurare circostanze estintive, modificative o impeditive dell’obbligazione.
Per tutte le ragioni sopra esposte, l’appello va rigettato e per l’effetto va confermata la sentenza di primo grado.
Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono la soccombenza degli appellanti secondo la regola sancita dall’art. 91, comma 1, c.p.c., e si liquidano come da dispositivo ai sensi del DM 55/2014, come modificato dal DM 147/2022, tenuto conto del valore della causa ed applicando gli importi medi previsti in tabella, con esclusione della sola fase istruttoria non tenutasi nel presente grado di giudizio.
A norma dell’art.13 co. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1 co. 17 della legge n. 228 del 24.12.2012 (destinato a trovare applicazione ai procedimenti introdotti in appello a partire dal 31.1.2013), essendo stato l’appello respinto, gli appellanti hanno l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione principale a norma del co. 1-bis di detto articolo.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Napoli, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da
e
contro
mandataria di avverso la sentenza n. 746/2020 del
Tribunale di Benevento del 19.05.2020, così provvede:
Rigetta l’appello;
Condanna e , al pagamento in favore di delle spese del presente grado di giudizio che liquida in € 6.946,00 per compensi professionali, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge e
rimborso spese generali al 15%;
3)
Dà atto che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art.13 co. 1 quater del D.P.R. n.115/2002, con obbligo per gli appellanti e
di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, a norma del co.1-bis di detto articolo.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 20 novembre 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente Dr.ssa NOME COGNOME
Dr.ssa NOME COGNOME