Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8053 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8053 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23246-2019 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore , UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LE MARCHE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, alla INDIRIZZO
– ricorrenti –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo PEC del difensore ;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 443/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 08/01/2019 R.G.N. 23/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto
OGGETTO: MOBILITA’ PERSONALE DELLA SCUOLA
R.G.N. 23246/2019
COGNOME
Rep.
Ud.18/12/2024
CC
la Corte d’Appello di Ancona, riformando la sentenza del Tribunale di Ancona, ha accolto la domanda con la quale la docente NOME COGNOME aveva chiesto l’accertamento del diritto all’assegnazione, nella mobilità 2016/2017, ad uno degli ambiti da essa indicati nelle proprie preferenze, con preferenza ai candidati secondo il criterio del punteggio goduto nelle graduatorie;
la Corte territoriale, muovendo dalla disamina della normativa di settore, riteneva che, secondo parametri interpretativi letterali (art. 1362 c.c.), di buona fede (art. 1366 c.c.) e di conservazione dell’atto a fronte del determinarsi altrimenti di contra sto con norme primari imperative, (art. 1367 c.c.), le previsioni del CCNI 8 aprile 2016, regolativo della mobilità in esame, andassero senz’altro lette nel senso che, in seno a ciascuna fase delle operazioni di trasferimento ed a ciascuna preferenza territoriale espressa dal docente, occorresse considerare il punteggio che questi possa far valere rispetto agli altri aspiranti alla medesima sede;
ciò -aggiungeva la Corte d’Appello – anche tenuto conto che i punteggi potevano essere soggetti a variazioni a seconda dei diversi ambiti, nel quale caso la preferenza poteva essere presa in considerazione e diventare determinante nell’assegnazione di una sede piuttosto che altra;
al di là di ciò, l’ordine delle preferenze espresse non aveva quindi alcuna incidenza nella scelta del candidato da trasferire, dato invece dal più alto punteggio;
2.
il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha proposto ricorso per cassazione in base a due motivi;
NOME COGNOME ha depositato istanza di partecipazione alla discussione orale non notificata alla controparte.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente rilevata la inammissibilità della memoria depositata dalla signora NOME COGNOME successivamente alla fissazione dell’udienza camerale.
Al riguardo va richiamato l’orientamento seguito da questa Corte secondo cui nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c., introdotto dall’art. 1 bis del d.l. n. 168 del 2016, conv. con modif. dalla l. n. 196 del 2016 e con riferimento ai giudizi introdotti con ricorso depositato successivamente all’entrata in vigore della predetta legge di conversione, l’inammissibilità del controricorso tardivo rende inammissibili anche le memorie depositate dalla parte intimata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in quanto, divenuta la regola la trattazione camerale e quella in udienza pubblica l’eccezione, deve trovare comunque applicazione la preclusione dell’art. 370 c.p.c., di cui la parte inosservante delle regole del rito non può che subire le conseguenze pregiudizievoli, salvo il parziale recupero delle difese orali nel caso in cui sia fissata udienza di discussione, con la conseguenza che venuta a mancare tale udienza alcuna attività difensiva è più consentita. (cfr. Cass. Sez. L., Ordinanza n. 23921 del 29/10/2020).
1.
il primo motivo di ricorso denuncia, la violazione eo falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell’art. 6 del CCNI del 8.4.2016 e con esso si assume che la decisione assunta dalla Corte d’Appello si porrebbe in contrasto con il tenore e la ratio dell’art. 6 del citato CCNI;
tale norma, al comma 2, faceva infatti rinvio all’ordine stabilito dall’allegato I, il quale prevedeva che le operazioni procedessero nel senso che solo all’interno dell’ordine delle precedenze operassero i punteggi di graduatoria;
il secondo motivo assume invece la violazione e/o falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) degli artt. 1362 e 1363 c.c. e rileva come il criterio di conservazione del contratto di cui all’art. 1367 c.c. potesse essere valorizzato soltanto in caso in cui r isultasse impossibile interpretare il contratto collettivo secondo il tenore letterale del testo o l’intenzione di chi lo ha formato (art. 1362 c.c.) in una con una lettura sistematica di esso (art. 1363 c.c.);
2.
i motivi sono entrambi inammissibili;
quanto al primo di essi, vale il principio per cui ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006, la denuncia della violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è ammessa solo con riferimento a quelli di carattere nazionale, per i quali è previsto il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, mentre i contratti integrativi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dal contratto nazionale, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, con la conseguenza che la loro interpretazione è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vi zio di motivazione, nei limiti fissati dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (cfr. fra le tante Cass. n. 5565/2004; Cass. n. 20599/2006; Cass. n. 28859/2008; Cass. n. 6748/2010; Cass. n. 15934/2013; Cass. n. 4921/2016, Cass. n. 16705/2018; Cass. n. 33312/2018; Cass. n. 20917/2019; Cass. n.7568/2020; Cass. n. 25626/2020);
il motivo è tutto incentrato sull’assunto secondo cui il CCNI andrebbe inteso in modo diverso da quanto sostenuto dalla Corte territoriale e che in tal modo vi sarebbe stata violazione della contrattazione stessa;
resta dunque integrato de plano il limite alla ricorribilità per cassazione di cui ai cennati principi;
4.
il secondo motivo, in cui giustamente il tema dell’interpretazione di quei contratti integrativi è impostato sul piano dei c.d. canoni ermeneutici, è tuttavia inammissibile da altro punto di vista;
esso, infatti, non è corredato dalla produzione di quei contratti, né vi è indicazione del luogo del loro eventuale deposito in sede di merito e del resto le valutazioni di questa S.C. non possono fondarsi su stralci di alcune clausole riportate per esteso nella sentenza impugnata, occorrendo l’intero testo negoziale;
vale qui l’ulteriore principio sancito dalla giurisprudenza di questa S.C. e parallelo a quello sopra già richiamato, per cui, in tema di giudizio per cassazione, l’esenzione dall’onere di depositare il contratto collettivo del settore pubblico su cui il ricorso si fonda deve intendersi limitata ai contratti nazionali, con esclusione di quelli integrativi, atteso che questi ultimi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, e per essi non è previsto, a differenza dei contratti collettivi nazionali, il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, ottavo comma, del d.lgs. n. 165 del 2001 (Cass. n. 8231/2011; Cass. 23177/2013);
da ciò deriva l’operatività degli ordinari criteri di specificità del ricorso, il quale risulta inammissibile ove il ricorrente non depositi il contenuto della normativa collettiva integrativa di cui censuri l’illogica o contraddittoria interpretazione, ovviamente nella sua integralità, né indichi la localizzazione negli atti di causa del corrispondente documento (Cass. n. 12481/2022; Cass. S.U. 8950/2022);
il motivo riporta solo stralci di alcune norme e non vi è alcun cenno al se, dove e quando vi sia stata produzione di esso nei giudizi di merito, così come non vi è stata produzione con il ricorso per cassazione;
dal che -appunto l’inammissibilità ;
non occorre provvedere sulle spese in ragione della mancata tempestiva notifica di controricorso e dell’inammissibilità della memoria depositata ex art. 380 bis 1 c.p.c.
5.
non sussistono le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
La Corte dichiara inammissibile il ricorso per cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema