Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1192 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1192 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 23044/2023 r.g. proposto da:
COGNOME Filippo, COGNOME NOME e COGNOME, rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME giuste procure speciali alle liti in calce al ricorso, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato .
-ricorrenti –
contro
Comune di Marsala, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME NOME COGNOME giusta procura speciale conferita su foglio separato congiunto al controricorso, da
intendersi in calce allo stesso, la quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato.
– controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo n. 752/2023 depositata in data 17/4/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9/1/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Il Comune di Marsala con la delibera n. 1863 del 3/11/1980 incaricava l’Ing. NOME COGNOME e gli architetti NOME COGNOME e NOME COGNOME di eseguire:
i)la rielaborazione del progetto generale della rete fognante ed impianto di depurazione della rete fognante urbana ed extraurbana (senza alcun onere economico);
ii) la redazione di un progetto di stralcio per il solo impianto di depurazione del centro urbano, da realizzarsi con un finanziamento concesso dalla regione siciliana. Per tale incarico i professionisti venivano pagati;
iii) la direzione dei lavori del progetto stralcio, ai sensi dell’art. 37 della legge regionale Sicilia n. 35 del 1978.
Con delibera n. 127 del 31/10/1983 il consiglio comunale di Marsala recepiva il progetto generale di massima e di quell’esecutivo dell’impianto di depurazione ed estendeva l’incarico di cui alla delibera n. 1863/1980 al progetto esecutivo e direzione dei lavori, ampliamento ed eventuale rielaborazione del progetto generale di massima della rete fognante cittadina. Il compenso, in tal caso, era subordinato all’ottenimento di un finanziamento.
Con provvedimento del sindaco n. 42464 del 23/9/96 i professionisti venivano incaricati dal Comune di Marsala di acquisire le indagini geologiche e geotecniche necessarie per la redazione del progetto esecutivo.
Il progetto veniva depositato presso il Comune in data 8/1/1998.
Con nota n. 6437 del 12/2/1998 il Comune richiedeva ai progettisti di predisporre un ulteriore stralcio esecutivo dell’opera.
Con nota n. 28241 dell’11/3/1998 il Comune di Marsala inoltrava il progetto al Comitato Tecnico Amministrativo Regionale (CTAR), per il conseguimento del parere necessario per l’esecuzione delle opere progettate.
I lotti stralcio nn. 1, 2 e 3, venivano eseguiti dai professionisti indicati. Il lotto stralcio n. 4, invece, veniva affidato il 18/12/2002 ad altri tecnici, sicché i professionisti reputavano violato il patto che li legava al Comune di Marsala, chiedendo il pagamento di quanto loro spettante.
In particolare gli attori richiedevano il pagamento della somma di euro 4.988.465,79, quale compenso per la redazione del progetto generale esecutivo ex Tabella A, D.M. 233/87; in seconda istanza chiedevano il pagamento della somma di euro 1.777.123,27, quale compenso per la redazione del progetto generale di massima con un aumento pari al 100%. Chiedevano poi il pagamento della somma di euro milione 232.043,54 quale compenso per la redazione del progetto generale di massima.
In subordine chiedevano la condanna del Comune al pagamento delle somme sensi dell’art. 2041 c.c.
Il Comune di Marsala eccepiva, in via preliminare, la prescrizione decennale delle pretese creditorie sia con riferimento alla domanda proposta in via principale, che con riferimento alla domanda subordinata. Nel merito eccepiva l’infondatezza dell’azione
contrattuale per effetto della nullità del contratto d’opera professionale per carenza della forma scritta, ai sensi degli articoli 16 e 17 del regio decreto n. 2240 del 1923, applicabile anche ai comuni siciliani.
Il tribunale di Marsala, con sentenza n. 70/2017, pubblicata il 2/2/2017, rigettava le domande proposte in via principale dai professionisti, in assenza della forma scritta.
Dichiarava inammissibile la domanda subordinata di ingiustificato arricchimento, limitatamente alle prestazioni professionali eseguite in dipendenza degli incarichi conferiti con delibera del consiglio comunale di Marsala n. 127 del 1983 e con nota del sindaco di Marsala n. 42464 del 23/9/1996.
Dichiarava prescritto il diritto dei professionisti in relazione al progetto recepito con delibera del consiglio comunale di Marsala n. 127 del 1983.
In particolare, il tribunale reputava la nullità degli incarichi conferiti con le delibere n. 1863 del 1980 e n. 127 del 1983, in assenza della forma scritta.
Tra l’altro, l’art. 95 della legge regione Sicilia n. 16 del 1963 richiamava la forma stabilita dalla legislazione statale, mentre l’art. 37 della legge regione Sicilia n. 35 del 1978 prescriveva la stipulazione di un ‘disciplinare di incarico’, non rilevando l’esistenza di una deliberazione dell’organo collegiale dell’ente di autorizzazione al conferimento dell’incarico, ove la stessa non si fosse tradotta nel necessario distinto ed autonomo documento sottoscritto dal rappresentante esterno dell’ente da professionista.
In caso di nullità del contratto per difetto di forma scritta, l’azione sussidiaria di ingiustificato arricchimento contro la pubblica amministrazione era improponibile, «data la possibilità di esperire, ai sensi dell’art. 23 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66
(riprodotto, senza sostanziali modifiche, dall’art. 35 del decreto legislativo 25 febbraio 1995 n. 77), l’azione diretta nei confronti del funzionario o dell’amministratore dell’ente locale».
Erano, dunque, inammissibili le domande di ingiustificato arricchimento proposte in via subordinata, limitatamente alle prestazioni professionali rese indipendenza degli incarichi conferiti con delibera n. 127 del 1983 e con la nota sindacale n. 42464 del 23/9/1996, ricadenti nell’ambito di applicazione dell’art. 23 sopra menzionato. Era rilevante, ai fini della residua annualità, ex art. 2042 c.c., il momento della realizzazione della prestazione ovvero quello di consegna del progetto al Comune. Il progetto era stato depositato l’8/1/1998.
Quanto alla prescrizione, non era prescritta l’azione principale e neppure quella di ingiustificato arricchimento relativa agli incarichi conferiti nel 1983 e nel 1996 «avendone dichiarato l’inammissibilità», mentre era prescritta l’azione con riferimento all’incarico del 1980, non ricadente nell’ambito di applicazione dell’art. 23 del decreto-legge n. 66 del 1989.
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 752/2023, depositata il 17/4/2023, rigettava l’appello proposto dei professionisti.
In particolare, per quel che ancora qui rileva, reputava infondato il primo motivo di impugnazione imperniato sulla non necessità della forma scritta per i contratti stipulati dagli enti siciliani, non essendo applicabile il regio decreto n. 2240 del 1923, ma l’art. 98 della legge regionale Sicilia n. 16 del 1963, che non prevedeva la forma scritta per gli incarichi di progettazione.
Inoltre, per gli appellanti, l’art. 95 della legge regionale Sicilia n. 16 del 1963 si applicava solo a talune peculiari figure contrattuali,
quali le alienazioni, le locazioni, gli acquisti, le somministrazioni agli appalti.
Peraltro – sempre per gli appellanti – la legge regionale siciliana n. 35 del 1978 prevedeva la necessità esclusivamente del disciplinare di incarico, inteso come documento contrattuale, non richiedente un atto separato e distinto dalla delibera di incarico professionale.
La Corte d’appello chiariva che la giurisprudenza di legittimità era granitica sul punto, in ordine all’applicazione del regio decreto n. 2240 del 1923 in fattispecie riguardanti contratti stipulati e incarichi conferiti dai comuni siciliani, enunciando sempre la necessità della forma scritta per tali contratti (si citavano Cass., n. 9616 del 2010 e Cass., n. 14335 del 2009).
Lo stesso disciplinare di incarico di cui all’art. 37 della legge regionale Sicilia n. 35 del 1978, prevedeva la necessità della sottoscrizione di un disciplinare di incarico, da redigere in forma scritta.
Tra l’altro, nella delibera n. 1863 del 1980 mancava la sottoscrizione dei professionisti, mentre l’articolato che doveva costituire il disciplinare di incarico difettava dei contenuti necessari di questo, non essendo indicato neppure compenso.
La Corte d’appello rigettava anche il secondo ed il terzo motivo di gravame, con i quali si contestava la sentenza di prime cure che aveva ritenuto improcedibile l’azione di ingiustificato arricchimento in relazione agli incarichi conferiti nel 1983 e nel 1996 ed aveva dichiarato prescritto il credito vantato con riferimento all’incarico conferito nel 1980.
Per gli appellanti sarebbe stata richiamata impropriamente la sentenza della Corte di cassazione n. 12880 del 2010, con cui si era affermata le esperibilità dell’azione contro il funzionario e gli
amministratori ex art. 23, comma 4, del decreto-legge n. 66 del 1989 «nella diversa ipotesi di incarico nullo per mancanza della copertura finanziaria». Nella specie, ad avviso degli appellanti, gli incarichi conferiti «erano provvisti di copertura finanziaria».
Peraltro – sempre per gli appellanti – l’azione contro i funzionari ex art. 23, comma 4, del decreto-legge n. 66 del 1989 era ormai prescritta, così che doveva ritenersi soddisfatto il requisito della sussidiarietà ex art. 2042 c.c.
La Corte territoriale, invece, respingeva i due motivi.
Muoveva dall’assunto per cui era applicabile l’art. 23, comma 4, del decreto-legge n. 66 del 1989 anche nell’ipotesi di contratto nullo per difetto della forma scritta ad substantiam .
Precisava che, essendo possibile utilizzare tale disposizione, non era soddisfatta la condizione di cui all’art. 2042 c.c., ai fini dell’ingiustificato arricchimento, potendo «gli appellanti altra azione».
Disponendo gli attori dell’azione tipica di cui all’art. 24, comma 4, del decreto-legge n. 66 del 1989, che non era stata esercitata, il tribunale aveva correttamente dichiarato improponibile l’azione di ingiustificato arricchimento con riferimento agli incarichi conferiti nel 1983 e nel 1996, «non potendosi affermare che la residualità di tale azione consiste nella possibilità di esercitarla a seguito della prescrizione dell’azione principale di cui si disponeva.
Era invece maturata la prescrizione per l’incarico di cui alla delibera di giunta n. 1863 del 1980.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli attori.
Ha resistito con controricorso il Comune di Marsala.
CONSIDERATO CHE:
Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, sollevata dal Comune controricorrente, e ribadita in sede di memoria, «per difetto di contestualità tra la data del ricorso e quella della procura speciale».
Il controricorrente, infatti, ha rilevato che il ricorso per cassazione, privo di data, risulta firmato «con firma digitale il giorno 8/11/2023, data di avvenuta notifica al procuratore costituito per il Comune di Marsala nel giudizio di secondo grado».
Dovrebbe, dunque, ritenersi che «tale data coincida con quello di sottoscrizione dell’atto, mentre la procura speciale è stata rilasciata il 27/10/2023».
Nelle due sentenze di questa Corte, a sezioni unite (Cass., Sez. U., 19 gennaio 2024, n. 2075; Cass. Sez. U., 19 gennaio 2024, n. 2077), riguardanti le notifiche telematiche, sono stati enucleati principi fondamentali per la validità della procura speciale nel giudizio di cassazione.
1.1. Si è ritenuto, infatti, che la procura speciale per il ricorso per cassazione si può rilasciare anche in data anteriore a quella della redazione del ricorso, ma la finestra temporale per il conferimento della procura alle liti è segnata dal momento (iniziale) di pubblicazione del provvedimento da impugnare e da quello (finale) della notificazione del ricorso: dunque, rispettivamente, né prima, né dopo (Cass., Sez. U., n. 2075 del 2024, cit.).
Si deve, poi, preferire la decisione nel merito, nel rispetto dei principi di cu all’art. 24 della costituzione, 6 CEDU, 47 della Carta di Nizza e 19 del Trattato sull’Unione europea (TUE), valorizzando anche il principio di collaborazione tra avvocati e magistrati e preferendo il criterio del collocamento topografico della procura (Cass., Sez.U., n. 2075 del 2024) ed evitando eccessi di formalismo e, quindi, restrizioni del diritto della parte all’accesso ad un tribunale
che non siano frutto di criteri ragionevoli proporzionale (Cass., Sez. U., n. 2077 del 2024, cit.).
Non è necessaria, del resto, l’indicazione della data di conferimento della procura, mentre la parte può conoscere l’atto anche ex post, dopo la formazione dello stesso. Infatti, la conoscenza dell’atto attiene al rapporto interno tra cliente e avvocato.
1.2. Si è chiarito che, nell’arco della finestra temporale di riferimento, la procura rilasciata su foglio separato (quindi non in calce o a margine dell’atto) ed afferente al ricorso redatto in modalità analogica, ‘si considera apposta in calce’ al ricorso stesso in forza di presunzione legale assoluta, poiché l’art. 83, 3º comma, c.p.c., così stabilisce qualora vi sia la ‘congiunzione materiale’ tra la prima e il secondo, ossia in ragione di una operazione materiale di incorporazione (la ‘collocazione topografica’), tra due atti che nascono tra loro separati sia temporalmente che spazialmente e la cui relazione fisica instaurata dall’avvocato, è requisito necessario, ma anche sufficiente per soddisfare la prescrizione che difensore stesso sia ‘munito di procura speciale’, come richiesto, a pena di inammissibilità, dall’art. 365 c.p.c.
1.3. Le medesime regole valgono in ambito di processo civile telematico (PCT), in caso di procura nativa digitale o di copia informatica di procura rilasciata su supporto cartaceo che afferiscono al ricorso nativo digitale, ossia di documenti informatici che possono essere congiunti virtualmente (con l’inserimento nel messaggio pec ovvero nella busta telematica), soltanto in un momento successivo alla loro formazione.
1.4. Nella specie, la procura speciale risulta rilasciata il 27/10/2023, quindi successivamente alla pubblicazione della sentenza della Corte d’appello avvenuta il 17/4/2023.
Si rientra, dunque, nell’arco temporale previsto dalla giurisprudenza di legittimità.
Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la «violazione e falsa applicazione di norme di diritto, oggetto di precisa doglianza in appello, nello specifico, per avere la sentenza oggi gravata ritenuto applicabile il r.d. 2440/1923 invece della legge regionale Sicilia n. 16 del 1963 ed in particolare dell’art. 98, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti si dolgono della «violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nello specifico, per avere la sentenza gravata ritenuto la necessità della sottoscrizione di un disciplinare di incarico separato dalla delibera, ex legge regionale Sicilia n. 35 del 1978, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
La Corte d’appello, dunque, avrebbe errato nel ritenere applicabile alla fattispecie in esame il regio decreto n. 2240 del 1923, ritenendo così nullo il conferimento dell’incarico in difetto di forma scritta ad substantiam , reputando la delibera un mero atto interno che non poteva avere valore di contratto ed evidenziando, in ogni caso, il difetto del «disciplinare di incarico».
Nessuna delle sentenze della Corte di cassazione citate dalla Corte d’appello recherebbe conferma alla tesi della applicabilità del regio decreto n. 2240 del 1923.
In realtà – ad avviso dei ricorrenti – trova applicazione in Sicilia, Regione a statuto speciale, che ha legiferato specificamente la materia dell’ordinamento amministrativo degli enti locali nella regione, l’OREL, ossia la legge regionale Sicilia n. 16 del 1963, e nello specifico l’art. 98 (progetti di opere pubbliche e parere tecnico), che non prevede alcuna forma di contratto scritto ad substantiam a tra
l’ente ed i professionisti incaricati di predisporre redigere un progetto, di massima o esecutivo che sia.
Elementi costitutivi necessari per la imputabilità della spesa all’amministratore locale, anche se non oggetto di contratto, sono la delibera autorizzativa all’incarico e la relativa copertura finanziaria, «elementi entrambi presenti nel caso di specie e forieri della responsabilità diretta del Comune di Marsala, se non contrattuale certamente per indebito arricchimento».
Inoltre, con riferimento al «disciplinare di incarico» di cui all’art. 37 della legge della Regione Sicilia n. 35 del 1978, dallo stesso non emerge una distinzione dalla delibera, ma esclusivamente la previsione che all’incarico di progettazione a liberi professionisti è conferito congiuntamente quello di direzione dei lavori e che il professionista assume l’obbligo di svolgere anche di incarico di direzione dei lavori dell’opera progettata, senza alcuna esplicita menzione della necessità di un separato atto ovvero della necessità di sottoscrizione dei progettisti per accettazione, come erroneamente ritenuto dalla sentenza impugnata.
La direzione dei lavori era stata pacificamente prevista nelle delibere di incarico del 1980 e del 1983.
I primi due motivi, che vanno trattati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono infondati.
4.1. Quanto alla necessità della forma scritta ad substantiam , anche con riferimento ai contratti conclusi dai comuni della regione Sicilia, si reputa che debbano essere applicate le norme nazionali di cui agli articoli 16 e 17 del regio decreto 18 novembre 1923 n. 2240.
A tal proposito questa Corte ha affermato che i contratti con i quali le pubbliche amministrazioni- e quindi anche i comuni conferiscono incarichi professionali devono essere redatti in forma scritta a pena di nullità e devono essere tradotti in documenti formati
allo scopo di consacrare la manifestazione della volontà negoziale (Cass., sez. 1, 13/4/2023, n. 9847).
Pertanto, ai fini della conclusione del contratto d’opera professionale, si ribadisce che, quando ne sia parte della pubblica amministrazione, anche se questo agisca iure privatorum , si richiede la forma scritta ad substantiam , sicché è irrilevante l’esistenza di una deliberazione dell’organo collegiale di un ente pubblico (nella specie, comune) che abbia autorizzato il conferimento dell’incarico al professionista, ove tale deliberazione non risulti tradotta in atto contrattuale, sottoscritto dal rappresentante esterno dell’ente stesso e dal professionista.
Tale deliberazione non costituisce una proposta contrattuale nei confronti del professionista, ma un atto con efficacia interna all’ente pubblico, avente per destinatario il diverso organo dell’ente legittimato ad esprimere la volontà all’esterno e carattere meramente autorizzatorio (Cass. sez. 1, 13/4/2023, n. 9847).
Trattandosi di atto nullo non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poiché gli atti negoziali della pubblica amministrazione sono manifestazioni formali di volontà, non surrogabile con comportamenti concludenti, quali la ricezione dell’elaborato progettuale e l’eventuale utilizzazione dello stesso (Cass., sez. 1, n. 98 4/7/2023; Cass., n. 13628 del 5/11/2001; Cass., n. 17695 del 21/11/2003; Cass., sez. 2, n. 17891 del 25/11/2003; Cass., sez. 1, n. 22973 del 7/12/2004; Cass., sez. 1, n. 24826 del 24/11/2005; Cass., sez. 3, n. 8621 del 12/4/2006; Cass., sez. 3, n. 8950 del 18/4/2006).
Le disposizioni regionali sopra richiamate, in realtà, restano nel solco della legislazione nazionale.
5.1. Infatti, l’art. 95 della legge regionale Sicilia 15/3/1963, n. 16 (Ordinamento amministrativo degli enti locali nella regione
siciliana) prevede, quanto ai contratti, che «i contratti dei comuni riguardanti alienazioni, locazioni, acquisti, somministrazioni od appalti di opere devono, di regola, essere preceduti da pubblici incanti, con le forme stabilite per i contratti dello Stato».
Pertanto, vi è un espresso richiamo alla normativa nazionale, in relazione alle modalità di stipula dei contratti relativi a particolari figure negoziali.
Né si può sostenere che l’art. 98 della legge regionale Sicilia n. 16 del 1963, vada a derogare alla normativa nazionale, laddove prevede, con riferimento ai progetti di opere pubbliche parere tecnico, che «i progetti per le opere pubbliche dei comuni sono compilati dagli uffici tecnici comunali. Qualora manchino tali uffici, ovvero quando la speciale natura delle opere, o particolari motivi di urgenza lo rendano necessario, la compilazione dei progetti può essere affidata a professionisti privati».
Non si desume in alcun modo da tale specifica disposizione una deroga all’art. 95 della medesima legge regionale Sicilia n. 16 del 1963.
Peraltro, la necessità della forma scritta si rinviene anche nell’art. 37 della legge della Regione Sicilia n. 35 del 10/8/1978, per il quale in tema di incarichi di progettazione e direzione dei lavori si stabilisce «l’incarico di progettazione a liberi professionisti è conferito congiuntamente a quello di direzione dei lavori. Nel disciplinare dell’incarico di progettazione il professionista assume l’obbligo di svolgere anche l’incarico di direzione dei lavori dell’opera progettata. L’amministrazione o l’ente conserva in ogni caso e tempo la facoltà di recesso dal rapporto previsto dall’art. 2237 del codice civile. Quando il progetto è redatto dall’ufficio tecnico dell’amministrazione o dell’ente lo stesso ufficio svolge anche il compito della direzione lavori».
Proprio il riferimento alla facoltà di recesso dal rapporto di cui all’art. 2236 c.c., costituisce elemento testuale idoneo a dimostrare la necessità della forma scritta ad substantiam per il conferimento di incarichi di progettazione direzione dei lavori affidati a liberi professionisti.
5.2. Tra l’altro, questa Corte in più occasioni ha reputato applicabile la disciplina negoziale di cui agli articoli 16 e 17 del regio decreto n. 2240 del 1923, anche ai rapporti contrattuali stipulati dagli enti locali della regione Sicilia, non ravvisando alcuna specificità nelle disposizioni della legge regionale siciliana (cass. n. 9616 del 2010 e Cass. n. 4971 del 2022).
Questa Corte, con ordinanza n. 11465 del 15/6/2020 ha confermato che il contratto d’opera professionale con la pubblica amministrazione deve rivestire la forma scritta ad substantiam , con la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell’organo dell’ente legittimato ad esprimere la volontà all’esterno, nonché l’indicazione dell’oggetto della prestazione l’entità del compenso, con riferimento ad un incarico conferito dal Comune di Barcellona Pozzo di Gotto (anche Cass., n. 14335 del 2009, con riferimento al Comune di Santo Stefano Quisquina).
In particolare, si è affermato che, pur quando la P.A., per la realizzazione delle proprie finalità, ricorra agli strumenti giuridici ordinariamente propri dei soggetti privati, solo la disciplina dei rapporti che scaturiscono dalla sua attività negoziale rimane assoggettata ai principi e alle regole del diritto comune, mentre resta operante la disciplina del diritto amministrativo per quanto attiene alla fase preliminare della formazione della volontà della p.a., caratterizzata dalle regole della cosiddetta evidenza pubblica, e che si conclude con la delibera a contrarre, destinata a disporre in ordine alla stipulazione del negozio e, con ciò, a conferire all’organo
qualificato alla rappresentanza dell’ente la effettiva potestà di porlo in essere con le finalità e l’oggetto specificati nella delibera stessa. Ne consegue, con riguardo alla progettazione ed esecuzione di lavori pubblici in Sicilia, che, alla stregua dell’art. 8 della legge reg. siciliana n. 21 del 1985 – la quale stabilisce che gli incarichi professionali debbono essere affidati con delibera della giunta municipale, sottoposta a controllo di legittimità allorché abbiano ad oggetto la esecuzione di opere pubbliche prive di copertura finanziaria – solo dal momento dell’approvazione della delibera da parte del CORAGIONE_SOCIALE il sindaco ha il potere di dare esecuzione alla volontà dell’amministrazione comunale e stipulare il contratto d’opera professionale, nonché di inserire nel contratto stesso una clausola compromissoria per le controversie che possano insorgere tra le parti nella esecuzione del contratto. Pertanto, in assenza della stipulazione documentale di un tale contratto, del quale è richiesta dalla legge la contestuale sottoscrizione da parte del sindaco, quale legale rappresentante dell’ente locale, e del professionista, irrilevante rimanendo la eventuale adesione, fuori dell’ambito del descritto procedimento pubblicistico, del professionista, in qualsiasi forma espressa, nessuna investitura può ritenersi attribuita ad un collegio arbitrale (Cass., sez. 1, 12/4/2005, n. 7535).
Peraltro, la legge regionale n. 16/1963 disciplina l’ordinamento amministrativo della regione e dunque non si vede come possa spiegare disciplinare la fattispecie, né i ricorrenti lo illustrano.
Con il terzo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la «violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nello specifico, degli articoli 2041 e 2042 c.c., in riferimento all’art. 23, comma 4, del decreto-legge n. 66 del 1989, per avere la sentenza gravata ritenuto la improcedibilità dell’azione per difetto del previo
esperimento dell’azione in danno degli amministratori e consiglieri comunali che avevano conferito gli incarichi».
Per la Corte di appello, dunque, «chi si è visto rigettare o non ha esercitato l’azione principale non potrebbe rimediare con l’azione di indebito arricchimento».
Vi sarebbe una contraddittorietà interna alla motivazione del tribunale, laddove, in relazione all’azione contrattuale, la sentenza ha ritenuto la delibera di incarico un atto interno alla p.a. «che non può avere alcun valore di contratto», e dunque «non potrebbe comportare la responsabilità personale ex art. 23 decreto-legge 66/1989 degli amministratori e dei consiglieri che l’avevano deliberata», mentre poi in tema di azione di indebito arricchimento «considera la stessa deliberazione foriera di responsabilità personale di quanti hanno partecipato alla deliberazione, ex art. 23 D.L. 66/1989».
Per i ricorrenti, la sentenza avrebbe fatto «malgoverno dell’art. 2041 e 2042 c.c. nella parte in cui ha ritenuto che l’azione di indebito arricchimento fosse subordinata all’azione ex art. 23 DL 66/1989».
La sussidiarietà dell’azione ex art. 2041 c.c. «deve essere considerata in rapporto alla domanda principale (la domanda contrattuale)».
6.1. Il terzo motivo è inammissibile.
6.2. Infatti, la censura non aggredisce specificatamente la ratio decidendi contenuta nella motivazione della sentenza della Corte di appello in ordine all’esistenza di altra azione rispetto a quella di cui all’art. 2041 c.c., essendosi la parte ricorrente limitata a denunciare una contraddittorietà nella motivazione ed essendo incentrata la censura sul fatto dell’utilizzazione del progetto (con conseguente arricchimento del Comune), poggiando peraltro sull’argomentazione del tutto erronea per cui «la sentenza fa malgoverno dell’art. 2041 e
2042 c.c. nella parte in cui ha ritenuto che l’azione di indebito arricchimento fosse subordinata all’azione ex art. 23 D.L. 66/1989».
Deve solo aggiungersi che, in caso di contratto nullo per vizio di forma, il professionista incaricato dell’opera può agire nei confronti del Comune con l’azione di ingiustificato arricchimento solo in assenza di impegno di spesa (Cass., sez. 1, n. 5480 del 2024), che – nella specie – appunto mancava.
Infatti, non va dimenticato che l’azione diretta del fornitore nei confronti dell’amministratore o funzionario che, ai sensi dell’art. 191, comma 4, T.U.E.L., abbia consentito l’acquisizione di beni o servizi, può essere esperita unicamente quando la delibera comunale sia priva dell’impegno contabile e della sua registrazione sul competente capitolo di bilancio e non anche quando tali requisiti siano stati rispettati, ma il contratto concluso con l’ente locale sia invalido per difetto di forma scritta, non potendo operare, in ipotesi di invalidità negoziale, il meccanismo di sostituzione nel rapporto obbligatorio previsto dalle legge. Ne consegue che, in tali ipotesi, il fornitore potrà promuovere l’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente comunale, nella ricorrenza dei presupposti di legge (Cass., sez. 1, n. 5480 del 2024).
Questa Corte, a sezioni unite, ha di recente chiarito che, ai fini del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., la domanda di ingiustificato arricchimento (avanzata autonomamente ovvero in via subordinata rispetto ad altra domanda principale) è proponibile ove la diversa azione – sia essa fondata sul contratto ovvero su una specifica disposizione di legge ovvero ancora su clausola generale – si riveli carente ab origine del titolo giustificativo, restando viceversa preclusa ove quest’ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto azionato o per carenza di prova del pregiudizio subito o per nullità derivante dall’illiceità del titolo
contrattuale per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico (Cass., Sez.U., 5/12/2023, n. 33954).
Le spese del giudizio di legittimità, avuto riguardo al valore della controversia, vanno poste, per il principio della soccombenza, a carico dei ricorrenti e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti a rimborsare in favore del controricorrente le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi euro 20.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e cpa.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2025