Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4410 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4410 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12834-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Legale Rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME;
– controricorrente –
Oggetto
TRASPORTO SPEDIZIONE
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 15/11/2023
CC
avverso la sentenza n. 2890/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 04/11/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo numero 748/2012 emesso dal Tribunale di Bassano del Grappa in favore di RAGIONE_SOCIALE per l’importo di euro 262.473,20 (oltre interessi moratori ex D. Lgs. n. 231/2002) a fronte di prestazioni di trasporto merci effettuate dall’opposta e rimaste insolute;
l’opponente contestò l’efficacia probatoria delle fatture prodotte in sede monitoria e dedusse l’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al contratto di trasporto intercorso fra le parti, per avere interrotto ogni prestazione dall’aprile 2012, esercitando un recesso illegittimo non preceduto da preavviso; lamentò di aver subito danni per i maggiori costi che aveva dovuto sostenere rivolgendosi ad altri trasportatori;
chiese pertanto la revoca del decreto opposto e la condanna della controparte al risarcimento dei danni quantificati in 80.000,00 euro (in subordine, in 47.198,00 euro);
la RAGIONE_SOCIALE contestò l’opposizione deducendo che il ‘contratto di merci su strada’ concluso con la RAGIONE_SOCIALE non le era opponibile, in quanto privo di data certa; che, in ogni caso, si trattava di un mero accordo quadro che non obbligava l’opposta ad accettare in via sistematica ogni ordinativo della committente; che, quindi, non aveva esercitato il recesso e non era tenuta a rispettare un termine di preavviso; che la determinazione di non effettuare trasporti per conto della RAGIONE_SOCIALE era stata assunta ai sensi dell’art. 1460 c.c., a fronte del mancato pagamento di un rilevante numero di trasporti;
concessa la provvisoria esecuzione del d.i., il Tribunale di Vicenza dichiarò la validità del contratto quadro del 2010, che, a seguito di tacito rinnovo, doveva ritenersi efficace fino al 31.12.2012; ritenne che l’opposta avesse esercitato un illegittimo recesso dal detto contratto, provocando alla controparte un danno di 47.198,00 euro che pose in compensazione col credito azionato a mezzo del d.i.; condannò l’opposta al pagamento dell’anzidetta somma, avendo essa
già riscosso l’importo di cui al decreto ingiuntivo, in forza della concessa provvisoria esecuzione;
pronunciando sul gravame della RAGIONE_SOCIALE (che aveva chiesto la riforma della decisione di primo grado e la condanna della RAGIONE_SOCIALE alla restituzione della somma di 50.169,56 versata in esecuzione di tale sentenza), la Corte di Appello di Venezia ha rigettato l’impugnazione, con condanna dell’appellante al pagamento delle spese del grado;
ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a sette motivi; ha resistito l’intimata con controricorso;
il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale, ex art. 380-bis.1 c.p.c.;
entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che
con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 6 D.Lgs. n. 286/2005 e dell’art. 2704 c.c.» e censura il passaggio della sentenza impugnata in cui la Corte territoriale ha affermato che il requisito della data certa (previsto dall’art. 6 D. Lgs. n. 286/2005 come modificato dal D.L. n. 214/2008) «non è previsto a pena di nullità e di inefficacia. Altri sono gli elementi essenziali dell’accordo ovvero del contratto c.d. quadro di trasporto»; assume che il tenore letterale della norma «non lascia margine a interpretazioni soggettive: il contratto di trasporto su strada per essere valido tra le parti deve avere data certa» e rileva che il contratto in esame non possedeva questo requisito; esclude altresì che i giudici di merito potessero riconoscere allo scambio di corrispondenza intercorso fra le parti «valenza probatoria in merito alla ‘certezza di esistenza dei rapporti’ , sostituendo tale criterio, estraneo alla previsione normativa, a quello della ‘data certa’ richiesto invece dall’art. 6 del D. Lgs. 286/05»;
il motivo è infondato, in quanto il testo della norma vigente nel 2008 («il contratto di trasporto di merci su strada è stipulato, di
regola, in forma scritta e, comunque, con data certa per favorire la correttezza e la trasparenza dei rapporti fra i contraenti, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge») non prevede la data certa come requisito di validità del contratto, bensì (per quanto reso palese dalla stesso enunciato normativo, che correla la data certa alla finalità di «favorire la correttezza e la trasparenza dei rapporti fra i contraenti») come requisito di efficacia del contratto e per stabilire la decorrenza dei suoi effetti;
risulta pertanto corretta l’affermazione del giudice di merito circa la possibilità di attribuire certezza alla data sulla base di elementi esterni al contratto (nel caso, lo scambio di mail) che valgano comunque a comprovarne l’avvenuta stipulazione e a collocarla in un preciso intervallo temporale;
nel caso in esame, va peraltro esclusa la possibilità di sindacare l’apprezzamento di merito compiuto dalla Corte (in punto di idoneità degli elementi valutati a comprovare la data della stipulazione del contratto) sotto il profilo della violazione delle norme evocate dalla RAGIONE_SOCIALE;
col secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., lamentando che la Corte non si è uniformata ai criteri ermeneutici dell’interpretazione letterale del contratto e del comportamento complessivo delle parti, sulla base dei quali avrebbe dovuto pervenire alla conclusione della «voluta libertà» che le parti avevano inteso riservarsi circa la richiesta (da parte della RAGIONE_SOCIALE) e l’accettazione (ad opera della controparte) di singoli incarichi di trasporto; assume che dal contratto quadro, correttamente interpretato, non emergeva «un impegno da parte di RAGIONE_SOCIALE a garantire sempre e comunque i trasporti di NOME», con la conseguenza che nessun recesso dal contratto quadro è stato esercitato dall’odierna ricorrente, la quale aveva «semplicemente esercitato il proprio diritto di gestire la propria attività nel modo ritenuto economicamente e commercialmente più conveniente»;
il motivo è inammissibile, in quanto non denuncia effettivamente una violazione dei canoni ermeneutici richiamati, ma propone una diversa lettura del contratto (di cui peraltro trascrive solo alcuni stralci), prospettando pertanto una censura di natura fattuale e tesa ad una rivalutazione di merito (com’è reso manifesto dal contestuale richiamo a deposizioni testimoniali che suffragherebbero la lettura alternativa dell’accordo quadro );
col terzo motivo, la ricorrente denuncia la «nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. ovvero, in subordine, violazione e falsa applicazione dei medesimi articoli in relaz ione all’art. 360 n. 3 c.p.c.» , lamentando la «mancanza di una motivazione strutturata attraverso un percorso argomentativo logico ed ineccepibile che parte dalla indicazione di specifici obblighi in capo a RAGIONE_SOCIALE COGNOME per arrivare alle ragioni della violazione degli stessi da parte di quest’ultima»;
il motivo è infondato, atteso che la sentenza -ancorché non sempre limpidamente argomentata- individua comunque il percorso logico-giuridico che ha condotto la Corte a ritenere, per un verso, che il contratto fosse operante fino al 31.12.12 e, per altro verso, che la fornitura dei servizi cessò senza preavviso e che «non furono gli inadempimenti di NOME a determinare la cessazione dei servizi promessi , quanto l’esistenza di un nuovo interlocutore»;
col quarto motivo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c. sostenendo che, in punto di accertamento del danno che la NOME avrebbe subito a seguito dell’interruzione dei servizi da parte della RAGIONE_SOCIALE, la Corte di Appello ha «fatto erronea applicazione del principio di non contestazione, di fatto sollevando totalmente NOME dal proprio onere probatorio, così evitando di valutare nel merito il quadro probatorio acquisito e fondando la decisione esclusivamente sui conteggi unilateralmente predisposti da RAGIONE_SOCIALE e riassunti nella tabella di cui all’allegato 24»; più specificamente, rileva che «i trasporti eseguiti
per NOME da altri vettori sulle tratte Germania e UK non potevano essere certamente noti a NOME.lli COGNOME», che «i trasporti e le tariffe applicate dai vettori costituiscono circostanze di fatto che NOME non ha mai allegato nei propri atti», che «le uniche informazioni a disposizione sui trasporti eseguiti nel periodo di riferimento da altri vettori sono desumibili esclusivamente dal documento 25 allegato da NOME in 1° grado», mentre «il danno è stato quantificato esclusivamente sulla base del conteggio allegato da COGNOME in 1° grado quale doc. numero 24 e ritenuto non contestato»; conclude che «l’omissione da parte di NOME.lli RAGIONE_SOCIALE di una specifica contestazione dei documenti 24 e 25 di parte COGNOME non possa avere alcun effetto sull’onere probatorio su quest’ultima gravante»;
col quinto motivo, la ricorrente denuncia la «nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. ovvero, in subordine, violazione e falsa applicazione dei medesimi articoli in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.»: premesso che, col quarto motivo di appello, aveva chiesto alla Corte territoriale di valutare le risultanze istruttorie acquisite in primo grado e aveva indicato una serie di circostanze e di elementi istruttori atti a dimostrare la mancanza di prova sia dell’ an che del quantum del danno lamentato da COGNOME e rilevato che il giudice di appello si era limitato a rigettare il motivo riaffermando l’applicazione del principio di non contestazione (per il quale varrebbero le censure svolte col quarto motivo), assume che, nel caso in cui la Corte avesse basato il rigetto su una valutazione del quadro probatorio sottopostole con l’appello, dovrebbe allora rilevarsi « la totale assenza di motivazione ovvero l’esistenza di una motivazione meramente apparente ovvero ancora la violazione del c.d. minimo costituzionale della motivazione»;
il quarto motivo è inammissibile in quanto non rispetta il canone della specificità (ex art. 366, n. 6 c.p.c.), giacché si limita a richiamare i documenti n. 24 e n. 25 prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE, senza
trascriverne in alcuna misura il contenuto e, per di più, non riporta i passaggi dell’atto di citazione della COGNOME concernenti l’allegazione dei danni e quelli rilevanti della comparsa di costituzione della RAGIONE_SOCIALE, al fine di prospettare compiutamente la dedotta erroneità dell’applicazione del principio di non contestazione ;
il quinto motivo è parimenti inammissibile, poiché basato sull’assunto -non dimostrato- che la prova e la quantificazione dei danni siano stati desunti, senza motivare, dal quadro probatorio sottoposto con l’appello, anziché accertati sulla base del principio di non contestazione (la cui applicazione, per quanto detto sopra, non è stata adeguatamente censurata);
col sesto motivo (dedotto per la denegata ipotesi di rigetto del quarto e del quinto motivo), la ricorrente lamenta, sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti (ex art. 360 n. 5 c.p.c.), che la Corte di Appello non ha esaminato in alcun modo i seguenti fatti decisivi: che «il contratto concluso tra le parti era un contratto quadro e non obbligava RAGIONE_SOCIALE a garantire un numero minimo di trasporti»; che «la disponibilità e le condizioni di ciascun trasporto richiesto da NOME, tra cui il prezzo, venivano singolarmente e specificamente concordati di volta in volta tra le parti»; che «RAGIONE_SOCIALE eseguiva per conto di RAGIONE_SOCIALE trasporti sulle tratte Inghilterra e Germania non in esclusiva, avvalendosi RAGIONE_SOCIALE già in precedenza anche di altri trasportatori»; che «ogni singolo trasporto prevedeva una pluralità di variabili incidenti sul prezzo»;
il motivo è inammissibile poiché, quanto ai primi due profili, mira ad una rivalutazione del contenuto del contratto in funzione dell’esclusione dell’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE COGNOME, mentre, quanto agli ultimi due, prospetta circostanze generiche e non decisive (giacché la circostanza che la RAGIONE_SOCIALE si avvalesse anche di altri trasportatori e il fatto che il prezzo fosse influenzato da una pluralità di variabili non escludono che la RAGIONE_SOCIALE possa aver subito danni in
conseguenza della improvvisa interruzione dei servizi da parte della RAGIONE_SOCIALE);
col settimo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55/2014 in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c. e, in subordine, la nullità della sentenza per violazione degli articoli 111 Cost. e 132 c.p.c., in relazione all’articolo 360, n. 4 c.p.c.: premesso che in appello era stata impugnata solamente la decisione sulla domanda riconvenzionale svolta dalla RAGIONE_SOCIALE, avente un valore di 47.198,00 euro (o, al più, di 50.169,56 euro quanto al valore degli effetti restitutori della richiesta riforma), la ricorrente si duole che la Corte di appello abbia liquidato, senza alcuna motivazione, compensi per 13.250,00 euro (oltre rimborso forfettario e accessori), ictu oculi sproporzionati, mentre il valore medio liquidabile era di 9.515,00 per quattro fasi e di 6.615,00 euro per le tre fasi effettivamente svolte (essendo mancata quella istruttoria);
premesso che la controricorrente non ha contestato che, nel giudizio di appello, non vi sia stata la fase istruttoria, il motivo risulta fondato, in quanto:
il valore della causa di appello era compreso fra 26.000,00 e 52.000,00 euro;
il massimo liquidabile per tre fasi era di 11.907,00 euro;
la Corte ha superato tale limite massimo, incorrendo pertanto nella violazione denunciata;
il motivo va dunque accolto, con cassazione della sentenza in relazione ad esso; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può provvedersi alla decisione nel merito, con liquidazione dell’importo medio di 6.615 ,00 euro;
l’accoglimento del settimo motivo giustifica la compensazione, per metà, delle spese del presente giudizio, che vanno poste, per il residuo, a carico della ricorrente, soccombente sugli altri motivi;
La Corte, rigettato per il resto il ricorso, accoglie il settimo motivo, cassa in relazione e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di appello in euro 6.615,00, oltre rimborso delle spese forfettarie ed accessori;
compensa per ½ le spese del giudizio di legittimità -liquidate per l’intero in euro 5.000,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi ed oltre al rimborso delle spese forfettarie e agli accessori-, ponendo la restante metà a carico della ricorrente.
Roma, 15.11.2023