Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16036 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 16036 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
SENTENZA
sul ricorso 8633-2018 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che li rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– ricorrenti principali -controricorrenti incidentalicontro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
E SUL RICORSO SUCCESSIVO SENZA N.R.G. proposto da:
NOME, NOME, COGNOME NOME, LA SCALA NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE GIANCOLENSE
Oggetto
Impiego pubblico Riduzione
di personale ente locale Contratto di solidarietà
R.G.N. 8633/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 03/04/2024
PU
110, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti successivi -controricorrenti incidentali contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 1940/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 24/11/2017 R.G.N. 382/2016; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/04/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale con assorbimento del ricorso incidentale condizionato, udito l’AVV_NOTAIO; udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Milano, adita dal Comune di Campione d’Italia, ha riformato la sentenza del Tribunale di Como che aveva accolto i ricorsi, poi riuniti, proposti dagli attuali ricorrenti principali e da altri litisconsorti rimasti estranei al presente giudizio, ed ha respinto le originarie domande volte ad ottenere:
l’accertamento dell’illegittimità RAGIONE_SOCIALE deliberazioni con le quali il Comune aveva ridotto del 10% e poi dell’8,33% l’orario di lavoro di 31 dipendenti;
la condanna del Comune a ripristinare l’orario di lavoro contrattuale originario con decorrenza dal 1° luglio 2013;
la condanna dell’ente territoriale al pagamento RAGIONE_SOCIALE retribuzioni perse a partire da tale data e sino al ripristino del rapporto di lavoro a tempo pieno.
2.Il Tribunale aveva ritenuto fondati i ricorsi perché l’unilaterale riduzione dell’orario era avvenuta senza il rispetto della procedura disciplinata dall’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, in quanto il Comune non aveva individuato un’eccedenza di personale in senso proprio ma aveva limitato la valutazione alle ore lavorative, ritenendo di poterle e doverle ridurre per ragioni di contenimento della spesa.
L’accordo sindacale decentrato del 23/12/2013, che aveva consentito la riduzione dell’orario, non poteva sfuggire alla sanzione di nullità prevista dall’art. 40 del d.lgs. n. 165/2001, perché in contrasto con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che pre vedeva l’orario di 36 ore settimanali, derogabile ad opera della RAGIONE_SOCIALE integrativa solo in specifiche ipotesi non ricorrenti nella fattispecie.
Il Comune, pertanto, non poteva ridurre l’orario e, di conseguenza, il trattamento retributivo spettante ai dipendenti, sicché questi ultimi avevano diritto ad essere risarciti del danno subito, pari alle retribuzioni perdute, non rilevando la mancata pres tazione dell’attività lavorativa.
La Corte territoriale, disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello e respinto il motivo di impugnazione con il quale il Comune aveva riproposto l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, è pervenuta a diverse conclusioni quanto al rispetto della procedura disciplinata dal citato art. 33 e, dopo averne ricostruito i diversi passaggi che avevano portato, previa indizione di referendum, alla sottoscrizione dell’accordo del 23 dicembre 2013, approvato dalla maggioranza dei dipendenti, ha ritenuto che non fosse ostativa la sola circostanza, valorizzata dal Tribunale, dell’individuazione iniziale dell’eccedenza riferita alle ore da lavorare e non alle posizioni lavorative, specificate solo nel corso della procedura.
Ha aggiunto che le criticità finanziarie, l’effettiva eccedenza di forza lavoro e l’individuazione di 18 posizioni di esubero non avevano formato oggetto di contestazione alcuna ed ha precisato anche che la procedura, il cui avvio era stato tempestivamente comunicato alle R.S.U. sin dal 19 giugno 2013, ben poteva mirare a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro quale alternativa alla risoluzione dei rapporti. Ha escluso l’eccepita nullità dell’accordo del 23 dicembre 2013, conforme alla previsione del citato art. 33, ed ha escluso anche che fosse impedito al Comune di adottare unilateralmente, nelle more della procedura, la riduzione dell’orario dopo aver preso atto, all’esito del primo incontro svoltosi il 20 giugno 2013, del mancato raggiungimento dell’intesa.
Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso, notificato il 14 marzo 2018, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, sulla base di dieci motivi, ai quali ha opposto difese il Comune di Campione d’Italia , che ha notificato controricorso con ricorso incidentale condizionato, affidato a due censure, alle quali hanno replicato i ricorrenti principali. 5. La cassazione della sentenza è stata domandata anche da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con separato ricorso avviato alla notifica il 15 marzo 2018 e affidato a tre motivi, ai quali ha opposto difese il Comun e di Campione d’Italia che anche in tal caso ha notificato controricorso con ricorso incidentale condizionato, al quale i ricorrenti hanno replicato.
L’Ufficio della Procura AVV_NOTAIO ha depositato conclusioni scritte ed ha chiesto il rigetto dei ricorsi principali, con assorbimento di quelli incidentali.
La causa, dapprima avviata alla decisione camerale, con ordinanza interlocutoria n. 191 del 4 gennaio 2024 è stata rinviata a nuovo ruolo per la trattazione in udienza pubblica in ragione della rilevanza RAGIONE_SOCIALE questioni giuridiche prospettate e con la medesima ordinanza è stato sollecitato il contraddittorio, ex art. 384, comma 3, cod. proc. civ. sulla
ricorrenza RAGIONE_SOCIALE condizioni per l’applicabilità dell’art. 259 del d.lgs. n. 267 del 2000.
8. Il Comune di Campione d’Italia ed i ricorrenti COGNOME, NOME e COGNOME hanno depositato memoria. L’Ufficio della Procura AVV_NOTAIO ha nuovamente concluso per il rigetto dei ricorsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Il ricorso principale di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con il primo motivo denuncia, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 12 RAGIONE_SOCIALE disposizioni sull a legge in generale perché la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che fosse stato concluso un valido contratto di solidarietà.
I ricorrenti, dopo avere diffusamente argomentato sui requisiti, formali e sostanziali, che condizionano per il lavoro alle dipendenze dei privati il valido ricorso a detta tipologia contrattuale, sostengono, in sintesi, che l’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, nella parte in cui richiama il contratto di solidarietà, allo stato può essere ritenuta solo una norma programmatica, inapplicabile agli enti pubblici non economici esclusi dagli interventi di cassa integrazione guadagni. Ne traggono la conclusione che al datore di lavoro pubblico la riduzione dell’orario è consentita solo nel rispetto della disciplina dettata per il part-time , che non consente la modifica unilaterale e richiede il consenso del lavoratore interessato.
1.2. La seconda censura, ricondotta sempre al vizio di cui al n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ., torna a denunciare la violazione dell’art. 33 d.lgs. n. 165/2001 alla quale affianca quella dell’art. 36 dello stesso decreto, ed insiste nel sostenere l’ina pplicabilità alle pubbliche amministrazioni del contratto di solidarietà. Alle considerazioni esposte nel primo motivo i ricorrenti aggiungono che gli enti pubblici possono
fare ricorso alle diverse forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa, solo nel rispetto dei limiti fissati per le pubbliche amministrazioni.
1.3. La terza critica, formulata ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., addebita alla Corte territoriale di avere violato, nel ritenere ammissibile la riduzione unilaterale dell’orario di lavoro, l’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, l’art. 3, comma 9, del d.lgs. n. 61/2000, l’art. 4 del CCNL 14.9.2000. I ricorrenti, ribadito quanto già dedotto sull’interpretazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, aggiungono che la disciplina del contratto part-time richiede il consenso e la forma scritta e che per il Comparto Regioni ed Autonomie RAGIONE_SOCIALE il CRAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. consente la trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo pieno in rapporti a tempo parziale solo su richiesta dei dipendenti interessati e a condizione che il numero dei rapporti part-time non sia superiore al 25% della dotazione organica. Deducono che il datore di lavoro pubblico è tenuto al rispetto della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, alla quale non può derogare, oltre che a conformare la propria condotta alle norme di legge che disciplinano i requisiti per il valido ricorso alle diverse forme di lavoro flessibile.
1.4. Il quarto motivo affianca alla reiterata denuncia di violazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 quella di mancato rispetto dell’art. 6 dello stesso decreto , che impone alle amministrazioni di procedere alla verifica dell’effettivo fabbisogno di personale e alla individuazione degli esuberi. Sostengono i ricorrenti che il Comune avrebbe dovuto procedere alla previa individuazione dei profili professionali o de i posti di lavoro interessati dall’eccedenza e non attendere il novembre 2013, assumendo nel frattempo determinazioni unilaterali illegittime perché non adottate nel rispetto RAGIONE_SOCIALE procedure di legge.
1.5. La quinta critica, con la quale nuovamente si deduce la violazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, fa leva sulla circostanza che l’interpretazione data dalla Corte territoriale
priverebbe il dipendente pubblico RAGIONE_SOCIALE tutele previste dalla norma citata, perché il lavoratore, al quale il legislatore ha voluto assicurare la conservazione dell’80% dello stipendio per un massimo di due anni e il collocamento nelle liste regionali di m obilità, dovrebbe subire la riduzione dell’orario di lavoro e del trattamento retributivo senza alcuna contropartita.
1.6. Il capo della sentenza impugnata che ha ritenuto tempestiva la comunicazione di avvio della procedura alle RSU è censurato con il sesto motivo che ravvisa un ulteriore profilo di violazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 perché al momento della comunicazione non erano stati individuati gli esuberi.
1.7. Il settimo motivo è rubricato «violazione e falsa applicazione ex art. 360 cpc 1° comma n. 3 dell’art. 33 comma 4 d.lgs. 165/2001. La comunicazione al sindacato è stata fornita solo nel novembre 2013. Tutti gli atti intervenuti prima di tale data sono invalidi. Non possono essere sanati da un accordo sindacale separato con la sola sigla RAGIONE_SOCIALE che non ha alcuna rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE» e sviluppa considerazioni che illustrano la censura nei termini riassunti nella rubrica.
1.8. L’ottava critica denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., «omesso esame per travisamento di un fatto decisivo» e addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente ricostruito il contenuto dell’accordo sindacale e del referend um. I ricorrenti sostengono che l’accordo, tra l’altro sottoscritto dalla sola RAGIONE_SOCIALE, riguardava «il futuro» e con esso non era stata concordata alcuna sanatoria inerente alla pregressa riduzione unilaterale dell’orario di lavoro.
1.9. Il nono motivo torna a denunciare la violazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, alla quale affianca quella di errata applicazione alla fattispecie dell’art. 40, comma 3 ter, dello stesso decreto e addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente affermato che il Comune dopo il primo incontro, preso atto d el mancato raggiungimento dell’ intesa,
era legittimato ad assumere, sia pure in via provvisoria, tutte le iniziative necessarie al contenimento della spesa.
1.10. Infine con il decimo motivo i ricorrenti ravvisano un ulteriore profilo di violazione del più volte evocato art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 nell’avere il giudice d’appello ritenuto la piena validità dell’accordo sindacale, sebbene lo stesso fosse stato sottoscritto unicamente dalla RAGIONE_SOCIALE, associazione alla quale essi non erano iscritti. Aggiungono, poi, che la RAGIONE_SOCIALE integrativa non si può svolgere per materie non previste da quella RAGIONE_SOCIALE e che il Comune di Campione d’Italia avrebbe dovuto ve rificare la rappresentatività dell’associazione stipulante.
2.1. Il ricorso avverso la medesima sentenza d’appello proposta dai litisconsorti facoltativi NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME deve essere qualificato ricorso incidentale sulla base del consolidato e condiviso orientamento di questa Corte secondo cui «il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, fermo restando che tale modalità non è essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale» (Cass. S.U. n. 24876/2017).
Il ricorso incidentale denuncia, con il primo motivo formulato ai sensi dei nn. 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 434 cod. proc. civ. e addebita alla Corte territoriale l’errore commesso nel respingere l’eccezione di inammissibilità dell’appello , che andava, invece, accolta perché il Comune si era limitato a riproporre le argomentazioni difensive disattese dal Tribunale senza «spiegare la rilevanza specifica degli specifici vizi della decisione impugna ta con l’indicazione della diversa decisione
cui sarebbe dovuto pervenire» il giudice d’appello. I ricorrenti deducono, altresì, che la Corte ha omesso ogni pronuncia sull’eccezione di inammissibilità della documentazione prodotta tardivamente, sulla quale, tra l’altro, è stata fondata la decisione s enza che l’esame fosse stato giustificato dal dichiarato esercizio dei poteri officiosi di cui all’art. 437 cod. proc. civ.
2.2. Con la seconda critica del ricorso incidentale è dedotta ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. la violazione degli artt. 33 d.lgs. n. 165/2001 e 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi ed i ricorrenti imputano alla Corte distrettuale di avere erroneamente ritenuto che l’espressione «eccedenze di personale» possa ricomprendere anche una «eccedenza in termini di ore».
Sostengono che il tenore letterale del primo comma del citato art. 33 è privo di equivocità ed aggiungono che la norma impone all’amministrazione di individuare il personale soprannumerario o in eccedenza e, solo successivamente, consente di evitare il collocamento in disponibilità optando per l’utilizzo di misure organizzative alternative come i contratti di solidarietà o per l’utilizzo di forme flessibili di gestione dei rapporti di lavoro.
Nel caso di specie, pertanto, l’intera procedura risultava viziata dall’omessa individuazione del personale eccedente, individuazione che non poteva intervenire in un momento successivo, ossia a confronto già iniziato.
2.3. La terza critica, egualmente ricondotta al vizio di cui al n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ., lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 33, comma 6, 40, comma 3 ter, 45 del d.lgs. n. 165/2001 nonché dei CCNL 7.3.1996 e 1.4.1999 per il personale del comparto RAGIONE_SOCIALE. Sostengono i ricorrenti che ha errato il giudice d’appello nel rigettare l’eccezione di nullità dell’accordo collettivo decentrato del 23 dicembre 2013 perché lo stesso, per consentire la riduzione del l’orario di lavoro, aveva ecceduto dai limiti fissati dalla RAGIONE_SOCIALE. Deducono, inoltre, che il comma 3 ter dell’art. 40 del d.lgs.
165 del 2001 è stato inserito solo dal d.lgs. n. 75 del 2017 ed è quindi inapplicabile ratione temporis alla fattispecie.
Il Comune di Campione d’Italia ha replicato ad entrambi i ricorsi con controricorso ed ha notificato ai ricorrenti principali distinti ricorsi incidentali condizionati, sovrapponibili quanto al contenuto RAGIONE_SOCIALE censure, affidati a due motivi.
3.1. Il ricorrente incidentale, con il primo motivo, denuncia, in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 36 e 113 Cost. nonché dell’art. 37 cod. proc. civ. e ripropone l’eccezione, disattesa dal giudice d’appello di difetto assoluto di giurisdizione. Sostiene che con i ricorsi introduttivi del giudizio di primo grado le controparti avevano domandato non il risarcimento del danno bensì il pagamento della retribuzione, sebbene non avessero prestato attività lavorativa a tempo pieno. Deduce che nella sostanza i ricorrenti avevano fatto valere un interesse di mero fatto, non riconosciuto dall’ordinamento e, quindi, non sus cettibile di tutela in sede giudiziaria.
3.2. Con la seconda critica il Comune denuncia la violazione, in aggiunta alle norme indicate nel primo motivo, anche dell’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001 e torna ad eccepire il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sotto altro profilo, ossia rilevando che venivano in rilievo nella fattispecie atti di macro- organizzazione espressione di potere autoritativo che, proprio in quanto tali, dovevano essere impugnati dinanzi al giudice amministrativo.
In premessa deve essere evidenziato che, sebbene il ricorso incidentale del Comune di Campione d’Italia, formalmente condizionato all’accoglimento RAGIONE_SOCIALE impugnazioni RAGIONE_SOCIALE parti soccombenti, prospetti una questione pregiudiziale nel reiterare l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, l’esame del medesimo va comunque posposto a quello del ricorso principale, in continuità con l’orientamento consolidato di questa Corte
secondo cui il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito. Qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione, solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi dell’accoglimento del ricorso principale (Cass. S.U. n. 5456/2009; Cass. S.U. n. 7381/2013; Cass. n. 6138/2018; Cass. n. 24750/2022).
Esigenze di sollecita definizione del giudizio consentono di derogare al principio sopra indicato quando l’evidente fondatezza dell’incidentale risulti prima facie assorbente di ogni altra questione (Cass. n. 14039/2021; Cass. n. 9671/2018; Cass. n. 23531/2016), ma queste condizioni non ricorrono nella fattispecie.
5. Nel rispetto dell’ordine logico e giuridico RAGIONE_SOCIALE questioni occorre esaminare con priorità il primo motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, che insiste sulla fondatezza dell’eccezione, respinta dalla Corte territoriale, di inammissibilità dell’appello del Comune di Campione d’Italia avverso la sentenza del Tribunale di Como che aveva accolto le domande.
Il motivo, anche a voler tenere in disparte il mancato rispetto dell’onere di specifica indicazione degli atti processuali sui quali è incentrata la censura (onere che non è stato compiutamente assolto perché l’atto non riproduce nei passaggi essenziali i motivi di gravame e, soprattutto, la motivazione della sentenza impugnata), è infondato perché prende le mosse da una lettura del riformulato art. 434 cod. proc. civ. disattesa dalle Sezioni Unite di questa Corte . E’ stato, infatti, affermato che «Gli artt. 342 e 434 cod. proc.
civ., nel testo formulato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione RAGIONE_SOCIALE questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, RAGIONE_SOCIALE relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado» (Cass. S.U. n. 27199/2017 e negli stessi termini Cass. S.U. n. 36481/2022).
Nella motivazione della pronuncia citata le Sezioni Unite, nell’escludere che l’individuazione di un «percorso logico alternativo a quello del primo giudice», debba necessariamente tradursi in un «progetto alternativo di sentenza», hanno significativamente aggiunto che «ove le argomentazioni della sentenza impugnata dimostrino che le tesi della parte non sono state in effetti vagliate, l’atto di appello potrà anche consistere, con i dovuti adattamenti, in una ripresa RAGIONE_SOCIALE linee difensive del primo grado mentre è logico che la puntualità del giudice di primo grado nel confutare determinate argomentazioni richiederà una più specifica e rigorosa formulazione dell’atto di appello, che dimostri insomma di aver compreso quanto esposto dal giudice di primo grado offrendo spunti per una decisione diversa».
Ne resta smentita la tesi, sostenuta dai ricorrenti incidentali, secondo cui l’appellante non poteva limitarsi a contrapporre una diversa valutazione rispetto a quella espressa dal giudice di prime cure, giacché, al contrario, proprio quella contrapposizione, unitamente alla puntuale indicazione del
capo della pronuncia impugnata, è sufficiente a rendere specifico il motivo di impugnazione.
5.1. Il motivo è inammissibile nella parte in cui addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente valorizzato documenti depositati solo nel giudizio di appello.
La censura non indica il contenuto della documentazione asseritamente non valutabile né argomenta sull’incidenza della stessa ai fini della decisione assunta e si limita a fare leva sulla tardività della produzione e sull’omessa motivazione quanto a ll’esercizio dei poteri di ufficio di cui all’art. 437 cod. proc. civ.
È, pertanto, applicabile alla fattispecie l’orientamento secondo cui, poiché la nullità o l’irritualità di un atto di acquisizione probatoria non comporta la nullità derivata della sentenza, ma pone solo una questione di giustificatezza o meno RAGIONE_SOCIALE statuizioni in fatto della decisione, se fondata sulla prova inutilizzabile (cfr. fra le tante Cass. n. 18587/2014 e Cass. n. 1794/2015) , perché l’ error in procedendo possa essere rilevante ed apprezzato nel giudizio di legittimità è necessario che la irrituale acquisizione probatoria abbia riguardato circostanze entrate nel processo solo a seguito dell’illegittima acquisizione e sulle quali il giudice abbia fondato il proprio convincimento. Deve, cioè, emergere con giudizio di certezza e non di mera probabilità che la circostanza, non valutabile, abbia avuto efficacia determinante nella soluzione della controversia, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base, una volta accertata la irritualità della prova, attraverso la quale la circostanza stessa è stata acquisita al processo (cfr. Cass. 3467/2019 e Cass. n. 32815/2023).
Dalle considerazioni che precedono discende che, in difetto di deduzioni sulla decisività della documentazione, il motivo non sfugge alla sanzione di inammissibilità, per mancato rispetto degli oneri imposti dall’art. 366 nn. 3, 4 e 6 cod. proc. civ.
6. Venendo al merito RAGIONE_SOCIALE questioni poste, va detto in premessa che si discute di procedura di eccedenza di personale avviata il 19 giugno 2013, a seguito della deliberazione assunta dal Comune di Campione d’Italia il 18 gennaio 2013 n.5, sicché è applicabile alla fattispecie l’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, nel testo sostituito, a decorrere al 1° gennaio 2012, dall’art. 16, comma 1, della l. n. 183/2011. Non rileva l’orientamento espresso da Cass. n. 5056/2020 perché il principio enunciato dalla pronuncia citata, quanto alla non necessità della consultazione RAGIONE_SOCIALE organizzazioni sindacali, resta circoscritto agli enti RAGIONE_SOCIALE dissestati, mentre nel caso di specie, le parti, invitate ad interloquire sul punto con l’ordinanza interlocutoria del 4 gennaio 2024, hanno chiarito, nelle memorie depositate ex art. 378 cod. proc. civ., che all’epoca dei fatti era stata rilevata solo una situazione di disequilibrio finanziario e la dichiarazione di dissesto è intervenuta successivamente.
Il citato art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, per quel che in questa sede interessa, prevede, al comma 1, che « Le pubbliche amministrazioni che hanno situazioni di soprannumero o rilevino comunque eccedenze di personale, in relazione alle esigenze funzionali o alla situazione finanziaria, anche in sede di ricognizione annuale prevista dall’articolo 6, comma 1, terzo e quarto periodo, sono tenute ad osservare le procedure previste dal presente articolo dandone immediata comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica » ed ai commi 4 e 5 aggiunge « il dirigente responsabile deve dare un’informativa preventiva alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo RAGIONE_SOCIALE del comparto o area. 5. Trascorsi dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 4, l’amministrazione applica l’articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in subordine, verifica la ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza
nell’ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni, previo accordo con le stesse, comprese nell’ambito della regione tenuto anche conto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 29, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, nonché del comma 6. ».
6.1. Questa Corte ha già affermato (cfr. Cass. n. 15008/2019) che il legislatore, nell’intento di snellire e di semplificare la procedura, ha, da un lato, dettato una disciplina unitaria, applicabile ad ogni ipotesi di eccedenza, quale che sia la consistenza quantitativa e qualitativa dei lavoratori interessati; dall’altro ha limitato gli adempimenti posti a carico RAGIONE_SOCIALE amministrazioni pubbliche e ristretto i margini di intervento RAGIONE_SOCIALE organizzazioni sindacali nonché l’autonomia dell’ente nella scelta RAGIONE_SOCIALE misure da adottare per ridurre l’eccedenza, indicate dallo stesso testo normativo e ordinate in una scala progressiva, che privilegia in assoluto il ricorso allo strumento previsto dal d.l. n. 112/2008, art. 72, convertito dalla l. n. 133/2008, e consente il collocamento in disponibilità, con le conseguenze previste dall’art. 33, comma 8, e dall’art. 34, solo qualora non siano possibili il prepensionamento ed il riassorbimento del personale eccedente nella stessa amministrazione o presso altri enti pubblici.
Il legislatore del T.U. aveva modellato la procedura su quella disciplinata dalla l. n. 223/1991, espressamente richiamata nell’art. 33, sia pure adattandola alle esigenze dell’impiego pubblico contrattualizzato, ed aveva imposto precisi requisiti della comunicazione preventiva, stabilendo anche che l’esame, a richiesta, dovesse svolgersi, oltre che sulla possibile ricollocazione dell’eccedenza, anche sulle cause che l’avevano determinata (art. 33, commi 3 e 4).
Nella successiva formulazione della norma, invece, scompare ogni richiamo alla disciplina dell’impiego privato, il dialogo
con le organizzazioni sindacali viene ridotto nei limiti di un mero obbligo di informativa, senza ulteriori precisazioni, mentre assumono un ruolo centrale la definizione degli uffici e RAGIONE_SOCIALE dotazioni organiche nonché la rilevazione annuale di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, art. 6, comma 1, in assenza della quale si preclude alle pubbliche amministrazioni di procedere all’instaurazione di rapporti di impiego “con qualunque tipologia di contratto pena la nullità degli atti posti in essere”.
Viene, in particolare, posta una relazione fra gli adempimenti prescritti in tema di organizzazione degli uffici e RAGIONE_SOCIALE dotazioni organiche e la procedura finalizzata a ridurre le eccedenze che dagli atti organizzativi eventualmente derivano.
Questa relazione va apprezzata nell’interpretazione del comma 1 dell’art. 33 , nella parte in cui fa riferimento a ‘situazioni di soprannumero’ o al rilievo da parte RAGIONE_SOCIALE amministrazioni di ‘eccedenze di personale’ , e induce a ritenere che l’eccedenza non possa essere riferita, come sostenuto dalla Corte territoriale, all’esubero orario della complessiva forza lavoro in servizio presso l’ente, presupponendo, invece, un raffronto con la dotazione organica che, come si desume dall’art. 6 del d.lgs. n. 165/2001 ( nel testo applicabile ratione temporis ), a sua volta implica l’individuazione degli uffici e l’ottimale distribuzione fra gli stessi RAGIONE_SOCIALE risorse umane, da effettuare tenendo conto dell’area di inquadramento e dei profili professionali necessari per lo svolgimento RAGIONE_SOCIALE attività di competenza RAGIONE_SOCIALE singole strutture . L’esubero di personale, pertanto, si verifica allorquando, in relazione alla predeterminazione del fabbisogno effettuata ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 165/2001, si riscontri un’eccedenza rispetto ai posti disponibili, eccedenza che deve essere individuata sulla base dell’area di inquadramento e del profilo professionale. A questa conclusione conduce anche il successivo comma 5 dell’art. 33 che, si è già detto, indica, in via gradata, i
provvedimenti da adottare per l’eliminazione dell’eccedenza ed individua, come strumento prioritario, il ricorso all’art. 72, comma 11, del d.l. n. 112/2008, ossia il collocamento a riposo per raggiungimento della massima anzianità contributiva, e, in alternativa, la ricollocazione del personale da attuare o nell’ambito della stessa amministrazione , «anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà», o presso altre amministrazioni previo accordo con le stesse.
Si tratta, infatti, di modalità che presuppongono l’individuazione del personale eccedent e in termini di unità lavorative, giacché il coinvolgimento dell’intero personale in servizio, che può avvenire nel caso in cui si ricorra al contratto di solidarietà, di cui si tratterà in prosieguo, si colloca a valle e non a monte dell’individuazione del soprannumero o dell’eccedenza e costituisce solo una modalità, peraltro subordinata a quella prioritaria ( del collocamento a riposo del personale in possesso del requisito della massima anzianità contributiva), attraverso le quali l’eccedenza può essere risolta.
Meritano, pertanto, accoglimento il terzo, il quarto ed il sesto motivo del ricorso principale nonché il secondo motivo del ricorso incidentale di COGNOME ed altri, nella parte in cui individuano il vizio della procedura nell’avere il Comune di Campione d’It alia, omesso, nella originaria comunicazione, l’individuazione dell’eccedenza di personale nei termini corretti sopra indicati.
Sono parimenti fondate le argomentazioni spese dai ricorrenti volte a sostenere che non poteva l’ente, dopo la comunicazione del 19 giugno 2013 ed all’esito dell’incontro svoltosi nell’immediatezza con esito negativo, disporre unilateralmente la riduzione dell’orario di tutto il personale in servizio.
Questa Corte da tempo ha affermato che, in difetto di specifiche disposizioni derogatorie, anche nell’impiego pubblico contrattualizzato la trasformazione del rapporto da
full time a part time (e viceversa) non può essere unilaterale e presuppone la consensualità (cfr. Cass. n. 15999/2022; Cass. n. 276/2024), con la conseguenza che opera il medesimo principio enunciato per il rapporto alla dipendenze di privati secondo cui «configurando la modalità oraria un elemento qualificante della prestazione oggetto del contratto part-time , la variazione, in aumento o in diminuzione, del monte ore pattuito, costituisce una novazione oggettiva dell’intesa negoziale inizialmente concordata, che richiede una rinnovata manifestazione di volontà» ( Cass. n. 1375/2018).
Al principio della consensualità, affermato con chiarezza dall’art. 5 del d.lgs. n. 61/2000 e poi ribadito dall’art. 8 del d.lgs. n. 81/2015 (non applicabile alla fattispecie ratione temporis ), si ispira la disciplina dettata dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la quale prevede che, in presenza di rapporto a tempo pieno, la trasformazione è subordinata alla richiesta del dipendente interessato ed al rispetto RAGIONE_SOCIALE ulteriori condizioni previste dalla RAGIONE_SOCIALE medesima, che, al pari RAGIONE_SOCIALE disposizioni normative, realizza un contemperamento fra gli opposti interessi RAGIONE_SOCIALE parti.
7.1. Il potere unilaterale di riduzione dell’orario di lavoro, inoltre, non può essere fondato sul disposto dell’art. 40, comma 3 ter, del d.lgs. n. 165/2001, al quale la Corte territoriale ha fatto riferimento nel ritenere legittimo l’operato del Comune di Campione d’Italia anche per il periodo antecedente alla sottoscrizione dell’accordo sindacale del 23 dicembre 2013.
Il comma 3 ter, infatti, va letto in combinato disposto con il comma 3 bis dello stesso articolo ed è applicabile nella sola ipotesi di RAGIONE_SOCIALE integrativa da svolgere sulle materie e nei limiti stabiliti dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e, quindi, limitatamente a quegli istituti di carattere economico che, previsti da quest’ultima, richiedono di essere specificati a livello del singolo ente, perché connessi all’organizzazione
dello stesso ed alle risorse finanziarie del datore di lavoro pubblico.
L’ambito di applicazione dell’art. 40, comma 3 ter, non ricomprende, invece, le materie non previste dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e disciplinate da altre specifiche disposizioni di legge, come accade nella fattispecie, nella quale il potere unilaterale del datore di lavoro finalizzato all’eliminazione dell’eccedenza di personale deve essere esercitato nel rispetto dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001.
Sono, di conseguenza, fondati in parte qua, il nono motivo del ricorso principale e il terzo motivo dell’impugnazione incidentale.
8. Fermo quanto si è già detto sulle modalità di individuazione dell’eccedenza, non rispettate dall’originaria comunicazione, si deve aggiungere che il comma 5 della disposizione citata, dopo aver previsto, quale forma privilegiata di riduzione dell’eccedenza medesima il ricorso al collocamento a riposo del personale in possesso della massima anzianità contributiva, in via subordinata menziona «la ricollocazione totale o parziale del personale in posizione di soprannumero o di eccedenza nell’ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti solidarietà».
Il richiamo al contratto di solidarietà evoca, evidentemente, l’istituto introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 1 del d.l. n. 726/1984, convertito dalla legge n. 863/1984, e sul quale hanno successivamente inciso molteplici disposizioni (si rimanda alla motivazione di Cass. n. 22255/2015), che nel suo impianto fondamentale, rimasto inalterato, integra un’ipotesi di intervento della cassa integrazione guadagni, conseguente alla stipulazione di un contratto collettivo di diminuzione dell’orario e della retribuzione, finalizzata ad evitare, in tutto o in parte, la riduzione del personale.
Questa Corte, a partire da Cass. n.24706/2007, ha chiarito che il contratto aziendale si inserisce all’interno di una fattispecie complessa, comprensiva del contratto di
solidarietà e del provvedimento ministeriale di ammissione all’integrazione salariale, e ne ha tratto la conseguenza che la riduzione di orario e di retribuzione, prevista dalla legge, opera erga omnes non già in virtù di una efficacia normativa generale della RAGIONE_SOCIALE, ma a seguito del provvedimento amministrativo di ammissione all’integrazione salariale, rispetto al quale il contratto vale solo come presupposto ( cfr. fra le tante Cass. n.9307/2021 e Cass. n. 22266/2021).
La temporanea modifica peggiorativa, in via RAGIONE_SOCIALE, del contenuto dei rapporti individuali, è sostenuta dal concorso finanziario dello Stato che rende meno gravosa la solidarietà fra lavoratori e costituisce uno strumento di tutela degli interessi di quest’ ultimi, perché consente di scongiurare l’esubero del personale e la conseguente risoluzione dei rapporti di lavoro.
8.1. E’ noto che l’istituto della cassa integrazione guadagni, nell’ambito del quale si iscrive il particolare strumento di cui si è dato conto nel punto che precede, non è applicabile all’impiego pubblico contrattualizzato e, nondimeno, il legislatore ha individuato nel contratto di solidarietà una RAGIONE_SOCIALE modalità attraverso le quali gli enti pubblici possono procedere alla ‘ricollocazione totale o parziale’ del personale eccedente.
La norma, che è chiara nel riferimento al contratto in parola e non contiene alcun dato testuale dal quale si possa desumere il carattere meramente programmatico del richiamo, autorizza, dunque, il datore di lavoro pubblico a procedere alla generalizzata riduzione dell’orario del personale in servizio, anche se non direttamente ricompreso fra quello eccedente, purché la riduzione medesima intervenga nell’ambito della procedura disciplinata dall’art. 33 e sia frutto di RAGIONE_SOCIALE a livello di ente, RAGIONE_SOCIALE che, in linea con il sistema RAGIONE_SOCIALE fonti delineato dal d.lgs. n. 165/2001, ha efficacia generalizzata, a prescindere dall’adesione o meno del dipendente alle
organizzazioni stipulanti, e prevale sulla RAGIONE_SOCIALE individuale di diverso tenore.
Nell’impiego privato, dunque, il contratto di solidarietà si iscrive in una fattispecie più complessa e costituisce un presupposto del provvedimento di ammissione alla cassa integrazione guadagni, in difetto del quale il contratto medesimo non è idoneo a giustificare la riduzione in peius dell’orario di lavoro; nell’impiego pubblico contrattualizzato, invece, si prescinde dall’intervento statale e la sola stipulazione del contratto di solidarietà, se validamente intervenuta nell’ambito della procedura disci plinata dal citato art. 33, giustifica la modifica non concordata dell’orario di lavoro, in deroga al principio della consensualità.
8.2. La diversità di disciplina fra impiego privato ed impiego pubblico, ancorché ‘privatizzato’, si giustifica in ragione degli interessi di carattere generale che vengono in rilievo rispetto ai rapporti di lavoro alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE pubbliche amministrazioni, tenute ad assicurare, in ottemperanza a quanto prescritto dall’art. 97 Cost., l’equilibrio dei bilanci e del debito pubblico, nonché gli « obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità» ( art. 2, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 165/2001).
E’ significativo ricordare quanto affermato dalla Corte Costituzionale la quale, in più occasioni, ha evidenziato che «il lavoro pubblico e il lavoro privato non possono essere in tutto e per tutto assimilati e le differenze, pur attenuate, permangono anche in seguito all’estensione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a una vasta area del lavoro prestato alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE pubbliche amministrazioni.» (Corte Cost. 23.7.2015 n. 178 che richiama Corte Cost. 10.5.2012 n. 120 e Corte Cost. 16.5.2008 n. 146).
La giurisprudenza costituzionale, quindi, avverte che, pur a seguito della contrattualizzazione dell’impiego pubblico, la disciplina di quest’ultimo non necessariamente deve essere mutuata in tutti i suoi aspetti da quella del rapporto privato, e ciò perché vengono comunque in rilievo interessi di
carattere generale dei quali il legislatore ordinario non può non tener conto, interessi che giustificano differenze non solo in relazione alla genesi del rapporto, con riferimento alla quale l’art. 97 impone la regola, ignota al diritto privato, del concorso pubblico, ma anche nella fase di svolgimento del rapporto stesso, in quanto le obbligazioni che dal medesimo scaturiscono devono essere in linea con gli obblighi che il Costituente ha imposto, da un lato, alle pubbliche amministrazione ( art. 97 Cost.) , dall’altro ai soggetti chiamati ad assolvere a pubbliche funzioni ( artt. 54 e 98 Cost.).
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono va, dunque, esclusa la fondatezza dei primi due motivi del ricorso principale nella parte in cui, facendo leva sulla natura asseritamente programmatica del richiamo al contratto di solidarietà e sull’assenza dell’intervento integrativo statale, sostengono che nessun effetto avrebbe potuto spiegare nella fattispecie l’accordo intervenuto con le organizzazioni sindacali in data 23 dicembre 2013, all’esito del referendum svoltosi il 19 novembre 2013.
9. La Corte territoriale, nel ricostruire puntualmente gli sviluppi della procedura, ha accertato in punto di fatto che dopo la comunicazione originaria, del cui contenuto si è già discusso, e dell’adozione del provvedimento del 27 giugno 2013, che imponeva la riduzione generalizzata dell’orario di lavoro nella misura del 10%, il Comune di Campione d’Italia ha adottato ulteriori atti e, in particolare, ha proceduto alla individuazione degli esuberi in complessive 18 unità ed alla comunicazione degli stessi alle organizzazioni sindacali con missiva del 12 novembre 2013. Quest’ultima comunicazione, quindi, non presenta il vizio di cui si è dato conto al punto 6 ed è sulla base della stessa che sono proseguite le trattative sindacali, sfociate nel citato accordo del 23 dicembre 2013, che, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte territoriale, aveva: confermato la riduzione di orario del 10% per il periodo luglio/novembre 2013; contenuto all’8,34% la
riduzione medesima a partire dal gennaio 2014 e fino al 31 dicembre 2015; ratificato l’operato dell’ente per il periodo antecedente.
L’accordo in parola, dunque, è sussumibile nell’ambito del contratto di solidarietà espressamente consentito dall’art. 33, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001, sicché non se ne può predicare la nullità, eccepita nel terzo motivo del ricorso incidentale, per contrasto con i limiti posti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in tema di orario di lavoro, atteso che quei limiti, che attengono al rapporto fra contratto RAGIONE_SOCIALE e contratto integrativo, non operano in presenza della disposizione speciale dettata dal più volte citato art. 33. 9.1. I motivi del ricorso principale che contestano l’interpretazione dell’accordo sindacale (ottavo motivo) e ne eccepiscono l’invalidità in quanto sottoscritto dalla sola RAGIONE_SOCIALE (settimo e decimo motivo) sono inammissibili.
La giurisprudenza di questa Corte da tempo è consolidata nell’affermare che, ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006, la denuncia della violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è ammessa solo con riferimento a quelli di carattere RAGIONE_SOCIALE, per i quali è previsto il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, mentre i contratti integrativi hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, con la conseguenza che la loro interpretazione è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei limiti fissati dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (cfr. fra le tante Cass. n. 16705/2018; Cass. n. 33312/2018; Cass. n. 20917/2019; Cass. n.7568/2020; Cass. n. 25626/2020).
A detti contratti non si estende, inoltre, il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, ottavo comma, del d.lgs. n. 165
del 2001, sicché, venendo in rilievo gli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., il ricorrente è tenuto a depositarli, a fornire precise indicazioni sulle modalità e sui tempi della produzione nel giudizio di merito, a trascrivere nel ricorso le clausole che si assumono erroneamente interpretate dalla Corte territoriale ( si rimanda, tra le tante, a Cass. nn. 7981, 7216, 6038, 2709, 95 del 2018).
Dai richiamati principi, condivisi dal Collegio ed estensibili anche al contratto di solidarietà, deriva che non possono essere apprezzate in questa sede le censure inerenti all’interpretazione dell’accordo stipulato il 23 dicembre 2013 , perché il ricorso principale, anche a voler tenere in disparte il mancato assolvimento degli oneri formali, non denuncia la violazione RAGIONE_SOCIALE norme di ermeneutica contrattuale violate dalla Corte territoriale.
Al riguardo va ribadito che, una volta esclusa l’applicabilità ai contratti collettivi diversi da quello RAGIONE_SOCIALE dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., opera il principio, parimenti consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà RAGIONE_SOCIALE parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti cod. civ. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in
sede di legittimità.» (Cass. n. 17168/2012; Cass. n. 9054/2013; Cass. n. 10271/2016).
Quanto, poi, alla sottoscrizione dell’accordo da parte del solo rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, il ricorso prospetta una questione alla quale non fa cenno la sentenza impugnata e, pertanto, è applicabile alla fattispecie il principio, che costituisce ormai ius receptum , secondo cui qualora la questione giuridica, implicante un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella pronuncia gravata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa ( cfr. fra le tante Cass. n. 13886/2023; Cass. n. 32804/2019, Cass. n. 2038/2019, Cass. n. 27568/2017).
Il ricorso non assolve in parte qua a detti oneri e, pertanto, i motivi che fanno leva sulle modalità di sottoscrizione dell’accordo non sfuggono alla sanzione di inammissibilità.
Resta, quindi, da valutare la questione dell’efficacia sanante dell’accordo in parola , che la Corte territoriale ha riconosciuto nell’evidenziare che le parti collettive avevano ratificato la riduzione d’orario unilateralmente disposta dopo la prima comunicazione di avvio della procedura.
Le conclusioni alle quali il giudice d’appello è pervenuto non possono essere condivise giacché il particolare strumento previsto dall’art. 33, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001, ponendosi come eccezione al principio di consensualità che ispira la disciplina legale e contrattuale in tema di determinazione dell’orario di lavoro, può validamente operare solo nel rispetto RAGIONE_SOCIALE condizioni poste dalla norma derogatoria e, pertanto, presuppone che la procedura sia stata validatamente espletata e che l’accordo inte rvenga a
disciplinare le future modalità della prestazione, non potendo, invece, lo stesso incidere retroattivamente su diritti già entrati nel patrimonio del dipendente al momento della sottoscrizione dell’accordo stesso né far venire meno un inadempimento del datore già verificatosi.
In via conclusiva il ricorso principale e quello incidentale di NOME COGNOME ed altri meritano accoglimento nei soli limiti sopra indicati perché la sentenza impugnata non è pienamente conforme ai principi di diritto che, sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni esposte nei punti che precedono, di seguito si enunciano:
l’art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001 richiede che l’eccedenza di personale venga individuata dalla pubblica amministrazione con specifico riferimento alla consistenza della dotazione organica degli uffici, tenendo conto dell’area e dei profili professionali del personale in esubero;
nell’ambito della procedura disciplinata dall’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 la ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza può essere ottenuta, pur in assenza di intervento della cassa integrazione guadagni, anche attraverso il ricorso al contratto di solidarietà, in mancanza del quale il datore di lavoro pubblico non può unilateralmente disporre per tutto il personale la riduzione dell’orario e del conseguente trattamento retributivo;
il contratto di solidarietà, intervenuto nel corso della procedura di riduzione dell’eccedenza di personale, è applicabile a tutti i dipendenti dell’ente ma può disporre solo RAGIONE_SOCIALE situazioni future mentre non può incidere retroattivamente su diritti già sorti né sanare i vizi degli atti adottati dal datore in assenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di legge.
L’accoglimento, seppure parziale, dei ricorsi proposti dalle parti soccombenti nel giudizio d’appello, impone l’esame del ricorso incidentale condizionato , con il quale il Comune di Campione d’Italia ha riproposto l’eccezione di difetto di giurisdizione, disattesa dalla Corte territoriale.
Entrambi i motivi formulati dal ricorrente incidentale sono infondati.
In premessa occorre precisare che con decreto del 10 settembre 2018 il Primo Presidente di questa Corte ha assegnato alla Sezione Lavoro i ricorsi per cassazione avverso le sentenze di giudici ordinari che pongono questioni di giurisdizione nella materia del pubblico impiego contrattualizzato, in relazione alla quale si sono da tempo formati orientamenti consolidati espressi dalle Sezioni Unite. La regola fondante del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo nelle controversie di impiego pubblico contrattualizzato è dettata dall’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001 che, nel ripetere l’art. 68 del d.lgs. n. 29/1993 ( come modificato dall’art. 33 del d.lgs n. 546/1993, dall’art. 29 del d.lgs. n. 80/1998 ed infine dall’art. 18 del d.lgs. n. 387/1998), devolve al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 dello stesso decreto, incluse quelle concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali, le indennità di fine rapporto, ancorché vengano in rilievo atti amministrativi presupposti, che il giudice ordinario può disapplicare, se rilevanti ai fini della decisione; alla giurisdizione del giudice ordinario sono sottratte le controversie in materia di procedure concorsuali nonché quelle inerenti ai rapporti di impiego esclusi dalla contrattualizzazione, controversie che restano attribuite al giudice amministrativo, nel secondo caso in sede di giurisdizione esclusiva.
Si tratta, quindi, di un sistema incentrato sul rapporto regola/eccezione, che le Sezioni Unite di questa Corte hanno valorizzato per affermare che, all’esito della contrattualizzazione, la giurisdizione amministrativa costituisce un’ipotesi eccezionale, con la conseguenza che la normativa che la suddetta eccezione prevede deve essere interpretata in chiave restrittiva.
All’area del diritto pubblico il legislatore ha riservato gli atti di alta amministrazione, che sono quelli di cui all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001 ed attengono alle linee fondamentali di organizzazione degli uffici, alla individuazione degli uffici di maggiore rilevanza ed ai modi di conferimento della titolarità dei medesimi, alla determinazione RAGIONE_SOCIALE dotazioni organiche complessive.
Su un diverso piano si pongono, invece, gli atti indicati nel comma 2 dell’art. 5 dello stesso decreto, ossia «le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro» nonché tutti gli atti di «direzion e e organizzazione del lavoro nell’ambito degli uffici», atti che per espressa indicazione normativa sono assunti, con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato, dagli organi di gestione, non da quelli di indirizzo politico.
Si tratta di atti che si collocano ad un livello intermedio fra i provvedimenti di alta amministrazione, ai quali devono conformarsi, e quelli di gestione dei singoli rapporti, che, a loro volta, devono essere rispondenti all’atto di micro organizzazione.
Il d.lgs. n. 165/2001 delinea, dunque, un sistema a cerchi concentrici nel quale l’atto di macro -organizzazione posto a monte, espressione di un potere autoritativo rispetto al quale la posizione giuridica non può che essere di interesse legittimo, si riflette sugli atti assunti iure privatorum , siano essi di micro organizzazione o di attuazione limitata al singolo rapporto.
Ai fini della individuazione del giudice munito di giurisdizione, ove vengano in rilievo atti sia di macro-organizzazione sia di gestione del rapporto, opera, dunque, il principio, ormai consolidato, enunciato da questa Corte regolatrice secondo cui appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia se il dipendente fa valere un diritto soggettivo scaturente dal rapporto di impiego, seppure inciso da un atto di macro-organizzazione, che può essere disapplicato, ove illegittimo. Al contrario la controversia rientra nella
giurisdizione del giudice amministrativo se la contestazione investe direttamente ed unicamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge e a regolamento degli atti di macroorganizzazione, perché in detta ipotesi si contestano le scelte discrezionali dell’amministrazione, a fronte RAGIONE_SOCIALE quali la situazione giuridica soggettiva è di interesse legittimo, non di diritto soggettivo, che sorge solo all’esito della rimozione dell’ atto amministrativo, con conseguente inapplicabilità del potere di disapplicazione (cfr. fra le tante Cass. S.U. n. 27981/2021 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione).
La giurisdizione va, in questi casi, determinata sulla base della domanda ed occorre avere riguardo al petitum sostanziale, da identificare, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi , ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuare con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione (cfr. fra le tante Cass. S.U. 12 luglio 2023 n. 19966; Cass. S.U. 12 novembre 2020, n. 25578; Cass. S.U. 18 maggio 2021, n. 13492).
Inoltre, ai fini della soluzione della questione di giurisdizione, si devono prendere in esame i fatti allegati dalle parti, al fine di verificare la natura giuridica della situazione giuridica azionata, prescindendo dall’effettiva sussistenza dei fatti dedotti, trattandosi di un profilo afferente al merito della controversia, da scrutinare a cura del giudice effettivamente munito di giurisdizione.
Sulla base dei richiamati principi non si può dubitare della giurisdizione del giudice ordinario nella fattispecie, perché gli originari ricorrenti hanno agito in giudizio facendo valere il loro diritto soggettivo, scaturente dal contratto di impiego, ad eseguire la prestazione nei termini previsti dal contratto individuale ed hanno contestato la riduzione unilaterale
dell’orario medesimo, deducendo, nella sostanza, l’inadempimento RAGIONE_SOCIALE obbligazioni poste a carico del datore. Il ricorso incidentale del Comune di Campione d’Italia va, pertanto, rigettato.
12. In accoglimento, nei limiti sopra indicati, del ricorso principale e del ricorso incidentale di NOME COGNOME ed altri, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame attenendosi ai principi di diritto enunciati al punto 11 e provvedendo anche al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione.
13. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza RAGIONE_SOCIALE condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal solo Comune di Campione d’Italia.
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei sensi indicati in motivazione, il ricorso principale e il ricorso incidentale di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Rigetta i ricorsi incidentali del Comune di Campione d’Italia. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai ricorsi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Miano, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del Comune di Campione d’Italia , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi incidentali, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 3 aprile 2024