Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 191 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 191 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 8633-2018 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti principali -controricorrenti incidentali contro
COMUNE DI CAMPIONE D’ITALIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME
– controricorrente –
ricorrente incidentale Nonché da: RICORSO SUCCESSIVO SENZA N.R.G.
NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME LA COGNOME tutti elettivamente domiciliati in ROMA, COGNOME, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti successivi – controricorrenti incidentalicontro
Oggetto
Impiego pubblico
Riduzione di personale Contratto di solidarietà
R.G.N. 8633/2018
COGNOME
Rep.
Ud. 09/11/2023
CC
COMUNE DI CAMPIONE D’ITALIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME
– controricorrente –
ricorrente incidentale al ricorso successivo –
avverso la sentenza n. 1940/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 24/11/2017 R.G.N. 382/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Milano, adita dal Comune di Campione d’Italia, ha riformato la sentenza del Tribunale di Como che aveva accolto i ricorsi, poi riuniti, proposti dagli attuali ricorrenti principali e da altri litisconsorti rimasti estranei al presente giudizio, ed ha respinto le originarie domande volte ad ottenere: a) l’accertamento dell’illegittimità delle deliberazioni con le quali il Comune aveva ridotto del 10% e poi dell’8,33% l’orario di lavoro di 31 di pendenti; b) la condanna del Comune a ripristinare l’orario di lavoro contrattuale originario con decorrenza dal 1° luglio 2013; c) la condanna dell’ente territoriale al pagamento delle retribuzioni perse a partire da tale data e sino al ripristino del rapporto di lavoro a tempo pieno;
il Tribunale aveva ritenuto fondati i ricorsi perché l’unilaterale di riduzione dell’orario era avvenuta senza il rispetto della procedura disciplinata dall’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, in quanto il Comune non aveva individuato un’eccedenza di person ale in senso proprio ma aveva limitato
la valutazione alle ore lavorative, ritenendo di poterle e doverle ridurre per ragioni di contenimento della spesa;
l’accordo sindacale decentrato del 23/12/2013, che aveva consentito la riduzione dell’orario, non poteva sfuggire alla sanzione di nullità prevista dall’art. 40 del d.lgs. n. 165/2001 perché in contrasto con la contrattazione collettiva nazionale, che prev edeva l’orario di 36 ore settimanali, derogabile ad opera della contrattazione integrativa solo in specifiche ipotesi non ricorrenti nella fattispecie;
il Comune, pertanto, non poteva ridurre l’orario e, di conseguenza, il trattamento retributivo spettante ai dipendenti, sicché questi ultimi avevano diritto ad essere risarciti del danno subito, pari alle retribuzioni perdute, non rilevando la mancata prestazione dell’attività lavorativa;
3. la Corte territoriale, disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello e respinto il motivo di impugnazione con il quale il Comune aveva riproposto l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, è pervenuta a diverse conclusioni quanto al rispetto della procedura disciplinata dal citato art. 33 e, dopo averne ricostruito i diversi passaggi che avevano portato, previa indizione di referendum, alla sottoscrizione dell’accordo del 23 dicembre 2013, approvato dalla maggioranza dei dipendenti, ha ritenuto che non fosse ostativa la sola circostanza, valorizzata dal Tribunale, dell’individuazione iniziale dell’eccedenza riferita alle ore da lavorare e non alle posizioni lavorative, specificate solo nel corso della procedura; ha aggiunto che le criticità finanziarie, l’effettiva eccedenza di forza lavoro e l’individuazione di 18 posizioni di esubero non avevano formato oggetto di contestazione alcuna ed ha precisato anche che la procedura, il cui avvio era stato tempestivamente comunicato alle R.S.U. sin dal 19 giugno 2013, ben poteva mirare a fare ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro quale alternativa alla risoluzione dei rapporti;
ha ritenuto non sussistente l’eccepita nullità dell’accordo del 23 dicembre 2013, conforme alla previsione del citato art. 33,
ed ha escluso anche che fosse impedito al Comune, nelle more della procedura, di adottare unilateralmente la riduzione dell’orario dopo aver preso atto, all’esito del primo incontro svoltosi il 20 giugno 2013, del mancato raggiungimento dell’intesa;
per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso, notificato il 14 marzo 2018, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME sulla base di dieci motivi, successivamente illustrati da memoria, ai quali ha opposto difese il Comune di Campione d’Italia , che ha notificato controricorso con ricorso incidentale condizionato, affidato a due censure, alle quali hanno replicato i ricorrenti principali;
la cassazione della sentenza è stata domandata anche da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con separato ricorso avviato alla notifica il 15 marzo 2018 e affidato a tre motivi, ai quali ha opposto difese il Comun e di Campione d’Italia che anche in tal caso ha notificato controricorso con ricorso incidentale condizionato, al quale i ricorrenti principali hanno replicato;
l’Ufficio della Procura Generale ha depositato conclusioni scritte ed ha chiesto il rigetto dei ricorsi principali, con assorbimento di quelli incidentali;
il Comune di Campione d’Italia ha depositato memoria
.
CONSIDERATO CHE
1.1. il ricorso principale di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, con il primo motivo denuncia, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 12 delle disposizioni sull a legge in generale perché avrebbe errato la Corte territoriale nel ritenere che fosse stato concluso un valido contratto di solidarietà;
i ricorrenti, dopo aver diffusamente argomentato sui requisiti, formali e sostanziali, che condizionano per il lavoro alle dipendenze dei privati il valido ricorso a detta tipologia
contrattuale, sostengono, in sintesi, che l’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, nella parte in cui richiama il contratto di solidarietà, può essere ritenuto solo una norma programmatica, inapplicabile agli enti pubblici non economici esclusi dagli interventi di cassa integrazione guadagni;
ne traggono quale conclusione che al datore di lavoro pubblico la riduzione dell’orario è consentita solo nel rispetto della disciplina dettata per il part time , che non consente la modifica unilaterale e richiede il consenso del lavoratore interessato;
1.2. la seconda censura, ricondotta sempre al vizio di cui al n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ., torna a denunciare la violazione dell’art. 33 d.lgs. n. 165/2001 alla quale è affiancata quella dell’art. 36 dello stesso decreto, ed insiste nel sostenere l’inapplicabilità alle pubbliche amministrazioni del contratto di solidarietà;
alle considerazioni esposte nel primo motivo i ricorrenti principali aggiungono che gli enti pubblici possono fare ricorso alle diverse forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa, solo nel rispetto dei limiti fissati per le pubbliche amministrazioni; 1.3. la terza critica, formulata ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., addebita alla Corte territoriale di avere violato l’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, l’art. 3, comma 9, del d.lgs. n. 61/2000, l’art. 4 del CCNL 14.9.2000 nel ritenere ammissibile la
riduzio ne unilaterale dell’orario di lavoro;
i ricorrenti principali, ribadito quanto già dedotto sull’interpretazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, aggiungono che la disciplina del contratto part time richiede il consenso e la forma scritta e che per il Comparto Regioni ed Autonomie locali il C.C.N.L. consente la trasformazione dei rapporti di lavoro dal tempo pieno a quello parziale solo su richiesta dei dipendenti interessati e a condizione che il numero dei rapporti part time non sia superiore al 25% della dotazione organica;
deducono che il datore di lavoro pubblico è tenuto al rispetto della contrattazione collettiva, alla quale non può derogare,
oltre che a conformare la propria condotta alle norme di legge che disciplinano i requisiti per il valido ricorso alle diverse forme di lavoro flessibile;
1.4. il quarto motivo affianca alla reiterata denuncia di violazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 , quella di mancato rispetto dell’art. 6 dello stesso decreto , che impone alle amministrazioni di procedere alla verifica dell’effettivo fabbisogno di personale e alla individuazione degli esuberi; sostengono i ricorrenti principali che il Comune avrebbe dovuto procedere alla previa individuazione dei profili professionali o dei posti di lavoro interessati dall’eccedenza e non attendere il novembre 2013, assumendo nel frattempo determinazioni unilaterali, illegittime perché non adottate nel rispetto delle procedure di legge;
1.5. la quinta critica, con la quale nuovamente si deduce la violazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, fa leva sulla circostanza che l’interpretazione data dalla Corte territoriale priverebbe il dipendente pubblico delle tutele previste dalla norma citata, perché il lavoratore, al quale il legislatore ha voluto assicurare la conservazione dell’80% dello stipendio per un massimo di due anni e il collocamento nelle liste regionali di mobilità, dovrebbe subire la riduzione dell’orario di lavoro e del trattamento retributivo senza alcuna contropartita;
1.6. il capo della sentenza impugnata che ha ritenuto tempestiva la comunicazione alle RSU di avvio della procedura è censurato con il sesto motivo, che ravvisa un ulteriore profilo di violazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 , perché al momento della comunicazione in parola non erano stati individuati gli esuberi;
1.7. il settimo motivo è rubricato «violazione e falsa applicazione ex art. 360 cpc 1° comma n. 3 dell’art. 33 comma 4 d.lgs. 165/2001. La comunicazione al sindacato è stata fornita solo nel novembre 2013. Tutti gli atti intervenuti prima di tale data sono invalidi. Non possono essere sanati da un accordo sindacale separato con la sola sigla UIL che non ha alcuna rappresentanza di CGIL e CISL»;
1.8. l’ottava critica denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., «omesso esame per travisamento di un fatto decisivo» e addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente ricostruito il contenuto dell’accordo sindacale e del referendum;
i ricorrenti principali sostengono che l’accordo, tra l’altro sottoscritto dalla sola UIL, riguardava «il futuro» e con esso non era stata concordata alcuna sanatoria inerente alla pregressa riduzione unilaterale dell’orario di lavoro;
1.9. il nono motivo torna a denunciare la violazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, alla quale affianca quella di errata applicazione alla fattispecie dell’art. 40, comma 3 ter, dello stesso decreto e addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente affermato che il Comune dopo il primo incontro, preso atto del mancato raggiungimento dell ‘ intesa, era legittimato ad assumere, sia pure in via provvisoria, tutte le iniziative necessarie per il contenimento della spesa;
1.10. infine con il decimo motivo i ricorrenti ravvisano un ulteriore profilo di violazione del più volte invocato art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 nell’avere il giudice d’appello ritenuto la piena validità dell’accordo sindacale, sebbene lo stesso fosse stato sottoscritto unicamente dalla UIL, associazione alla quale essi non erano iscritti;
aggiungono, poi, che la contrattazione integrativa non si può svolgere per materie non previste e che il Comune di Campione d’Italia avrebbe dovuto verificare la rappresentatività dell’associazione stipulante;
2.1. il ricorso avverso la medesima sentenza d’appello proposto dai litisconsorti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME denuncia, con il primo motivo formulato ai sensi dei nn. 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 434 cod. proc. civ. e addebita alla Corte territoriale l’errore commesso nel respingere l’eccezione di inammissibilità dell’appello , che andava, invece, accolta perché il Comune si era limitato a riproporre le argomentazioni difensive disattese
dal Tribunale senza «spiegare la rilevanza specifica degli specifici vizi della decisione impugnata con l’indicazione della diversa decisione cui sarebbe dovuto pervenire» il giudice d’appello;
i ricorrenti deducono, altresì, che la Corte ha omesso ogni pronuncia sull’eccezione di inammissibilità della documentazione prodotta tardivamente, sulla quale, tra l’altro, è stata fondata la decisione senza che l’esame fosse stato giustificato dal dichiarato esercizio dei poteri officiosi di cui all’art. 437 cod. proc. civ.;
2.2. con la seconda critica è dedotta ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. la violazione degli artt. 33 d.lgs. n. 165/2001 e 12 delle preleggi ed i ricorrenti imputano alla Corte distrettuale di avere erroneamente ritenuto che l’espressione «eccedenze di personale» possa ricomprendere anche una «eccedenza in termini di ore»;
sostengono che il tenore letterale del primo comma del citato art. 33 è privo di equivocità ed aggiungono che la norma impone all’amministrazione di individuare il personale soprannumerario o in eccedenza e solo successivamente consente di evitare il collocamento in disponibilità optando per l’utilizzo di misure organizzative alternative ossia per i contratti di solidarietà o per l’utilizzo di forme flessibili di gestione dei rapporti di lavoro;
nel caso di specie, pertanto, l’intera procedura risultava viziata dall’omessa individuazione del personale eccedente, individuazione che non poteva intervenire in un momento successivo, ossia a confronto già iniziato;
2.3. la terza critica, egualmente ricondotta al vizio di cui al n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ., lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 33, comma 6, 40, comma 3 ter, 45 del d.lgs. n. 165/2001 nonché dei CCNL 7.3.1996 e 1.4.1999 per il personale del comparto delle regioni e autonomie locali; sostengono i ricorrenti che ha errato il giudice d’appello nel rigettare l’eccezione di nullità dell’accordo collettivo decentrato del 23 dicembre 2013 perché lo stesso, nel consentire la
riduzione dell’orario di lavoro, aveva ecceduto dai limiti fissati dalla contrattazione collettiva nazionale;
deducono, inoltre, che il comma 3 ter dell’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001 è stato inserito solo dal d.lgs. n. 75 del 2017 ed è quindi inapplicabile ratione temporis alla fattispecie;
il Comune di Campione d’Italia ha replicato ad entrambi i ricorsi con controricorso ed ha notificato ai ricorrenti principali distinti ricorsi incidentali condizionati, sovrapponibili quanto al contenuto delle censure, affidati a due motivi;
il ricorrente incidentale, con il primo motivo, denuncia, in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 36 e 113 Cost. nonché dell’art. 37 cod. proc. civ. e ripropone l’eccezione, disattesa dal giudice d’appello di difetto assoluto di giurisdizione;
sostiene che con i ricorsi introduttivi del giudizio di primo grado le controparti avevano domandato non il risarcimento del danno bensì il pagamento della retribuzione, sebbene non avessero prestato attività lavorativa a tempo pieno;
deduce che nella sostanza i ricorrenti avevano fatto valere un interesse di mero fatto, non riconosciuto dall’ordinamento e, quindi, non suscettibile di tutela in sede giudiziaria;
3.2. con la seconda critica il Comune denuncia la violazione, in aggiunta alle norme indicate nel primo motivo, anche dell’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001 e torna ad eccepire il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sotto altro profilo, ossia rilevando che venivano in rilievo nella fattispecie atti di macro organizzazione espressione di potere autoritativo che, in quanto tali, dovevano essere impugnati dinanzi al giudice amministrativo;
entrambi i ricorsi, pur presentando profili di inammissibilità inerenti alle singole censure formulate, prospettano questioni sulle quali questa Corte non ha mai pronunciato, in relazione alle quali si ravvisa la necessità della trattazione in udienza pubblica, in ragione della complessità e della rilevanza delle questioni medesime;
viene innanzitutto in rilievo l’interpretazione dell’art. 33 , comma 1, del d.lgs. n. 165/2001 nella parte in cui fa riferimento alle «situazioni di soprannumero» e alle «eccedenze di personale», ed occorre verificare la correttezza della soluzione data dalla Corte territoriale, secondo cui l’eccedenza potrebbe essere riferita anche al numero complessivo delle ore lavorative necessarie per il funzionamento dell’ente, e non richiederebbe una valutazione per singoli servizi e per profili professionali;
si tratta di una esegesi che sollecita una pronuncia sul rapporto che lega il comma 1 al comma 5 dello stesso art. 33, nella parte in cui prevede il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, perché prospetta la possibilità che il tempo di lavoro possa assumere rilievo sin dal momento dell’avvio della procedura (attraverso l’individuazione di un’eccedenza quantificata unicamente in termini orari) e la sua riduzione non costituisca, invece, solo una delle modalità per mezzo delle quali è possibile scongiurare il collocamento in disponibilità del personale eccedente, individuato in base alla posizione ricoperta nell’organizzazione dell’ente;
4.1. occorre inoltre pronunciare sul carattere precettivo o programmatico del comma 5 e sul significato che assume nell’ambito dell’impiego pubblico contrattualizzato il richiamo al contratto di solidarietà, che nel rapporto di lavoro alle dipendenze dei p rivati è strettamente correlato all’intervento della cassa integrazione guadagni, della quale costituisce il presupposto;
ove si dovesse optare per l’immediata applicabilità della disposizione, pur con i necessari distinguo rispetto al contratto di solidarietà sottoscritto dalle organizzazioni sindacali con datori di lavoro privati, si tratterà, poi, di verificare se il contratto medesimo possa legittimare retroattivamente la riduzione unilaterale dell’orario di lavoro disposta sin dall’avvio della procedura;
4.2. poiché, inoltre, nella fattispecie sia la sentenza impugnata che il controricorso fanno riferimento ad un imprecisato stato di disequilibrio finanziario dell’ente, che avrebbe reso obbligatorio l’avvio della procedura, occorre provocare il contraddit torio sull’applicabilità o meno della disciplina dettata dall’art. 259 del d.lgs. n. 267/2000, disciplina in relazione alla quale rileva il principio di diritto enunciato da Cass. n. 5046/2020.
P.Q.M.
La Corte dispone il rinvio della causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 9 novembre