Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1293 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1293 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1730 -2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura allegata al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME nella qualità di titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso con l’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1613/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, pubblicata il 24/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/5/2023 dal consigliere NOME COGNOME lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato in data 23 febbraio 2010, la RAGIONE_SOCIALE propose opposizione al decreto ingiuntivo n.63/2010, ottenuto nei suoi confronti dall’ing. NOME COGNOME in qualità di titolare dell’impresa individuale omonima, per l’importo di Euro 12.000 oltre interessi, come documentato da relativa fattura, a titolo di corrispettivo dello studio e della realizzazione di campioni di molle per la chiusura di portelloni tagliafuoco delle navi, in corso di costruzione, della Marina militare italiana.
A motivo di opposizione la RAGIONE_SOCIALE eccepì l’inadempimento dell’ing. COGNOME al contratto intercorso: i n data 12 gennaio 2009, infatti, erano stati commissionati all’impresa dell’ ingegner COGNOME dotata di uno specifico know how nell’ambito di molle per portelloni di navi, uno studio di fattibilità e progettazione e la realizzazione di un nuovo prototipo di molla destinata ad essere montata sui portelloni tagliafuoco da utilizzarsi su nuove navi della Marina militare.
L’ingegner COGNOME aveva consegnato la prima campionatura, regolarmente accettata, di molle destinate ad essere installate su portelloni cosiddetti «a paro» cioè con cerniera interna; in data 5-6 marzo 2009, tuttavia, la committente finale Fincantieri aveva mutato il proprio progetto e richiesto la costruzione di un nuovo e diverso prototipo che avrebbe dovuto essere inserito in un portellone cosiddetto «a mastra», cioè con cerniere collocate all’esterno.
Era stata quindi consegnata una prima campionatura di tali nuove molle, risultate non adeguate e, quindi, dopo una seconda campionatura pure non idonea, nel mese di settembre 2009, la RAGIONE_SOCIALE aveva interrotto i rapporti commerciali con l’ingegner COGNOME
Con sentenza n. 1924/2014, il Tribunale accolse l’opposizione, qualificando il contratto intercorso tra le parti come appalto, con obbligazione di risultato e non di mezzi e ritenendo che il cambiamento dei requisiti delle molle, in quanto accettato dall’ingegner COGNOME non giustificasse l’inadempimento.
Con sentenza 1613/2018 La Corte d’Appello accolse l’appello di COGNOME e rigettò l’opposizione della RAGIONE_SOCIALE Bozzano.
In particolare, la Corte territoriale riqualificò il contratto intercorso tra le parti come contratto per la realizzazione di un prototipo, caratterizzato dalla pattuizione di un corrispettivo per un’attività di progettazione in sé, a prescindere dalla completa idoneità del prototipo e dall’adozione del prodotto; conseguentemente ritenne che non fosse rilevante che poi il prototipo non fosse stato adottato.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi; l’ing. COGNOME ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ. , la RAGIONE_SOCIALE ha censurato la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo, ravvisandolo nello specifico riconoscimento, da parte dell’impresa COGNOME, della propria obbligazione contrattuale di rendere il prototipo idoneo ad essere utilizzato nella commessa Fincantieri, in conseguenza della richiesta della committente finale, di un portellone «a mastra»,
come riportato nella comunicazione contenuta nelle e-mail del 5 marzo 2009 e del 18 maggio 2009.
1.2. Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente ha lamentato la nullità della sentenza in relazione al l’art. 132 cod. proc. civ., per insufficienza e inadeguatezza della motivazione.
1.3. Con il terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la società ha infine sollevato la stessa questione dell’omessa considerazione dell’asserito riconoscimento, da parte d ell’ing. COGNOME della propria obbligazione nelle due mail di marzo e maggio 2009 prospettandola, tuttavia, come violazione dell’art. 132 cod. proc. civ.: la Corte d’appello non avrebbe adeguatamente motivato perché «ritenesse erronea la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva attribuito efficacia dirimente alle comunicazioni mail del 5 marzo 2009 del 18 maggio 2009» (così in ricorso).
I tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente per continuità argomentativa, sono in parte infondati e in parte inammissibili.
La Corte ha qualificato il contratto come contratto di prototipo, cioè come contratto diretto alla progettazione e realizzazione di un primo esemplare di molla, da utilizzarsi quale modello di una serie di realizzazioni successive la cui produzione sarebbe eventualmente stata affidata allo stesso ingegnere progettista. Ha, quindi, rimarcato in motivazione che il primo modello di molla era stato accettato e, secondo gli accertamenti del c.t.u. nominato, era risultato perfettamente funzionante; il secondo modello, prodotto a seguito della variazione della tipologia di portellone da parte della committente, non presentava, secondo quanto stabilito dallo stesso c.t.u., un disegno erroneo, tant’è che la nuova impresa incaricata dalla RAGIONE_SOCIALE
COGNOME lo ha riutilizzato ; pertanto, la Corte d’appello ha ritenuto di poter escludere un difetto di diligenza dell ‘ing. COGNOME risultando «dimostrato il suo impegno», consistito nel riesaminare il progetto e proporre una molla di dimensioni maggiori (pag.9 della sentenza).
Nel contratto intercorso tra le parti era esplicitamente previsto che il prototipo necessitasse di adattamenti progressivi ed era stato convenuto che i prezzi della progettazione sarebbero stati corrisposti soltanto nel caso non fosse stata più affidata la produzione in serie del prodotto corrispondente al prototipo: escluso, pertanto, il difetto di diligenza nella progettazione del prototipo, la Corte d’appello ha perciò riconosciuto all’ing. COGNOME il diritto al pagamento dell’opera prestata.
Ciò considerato, deve dunque escludersi un difetto di motivazione come prospettato dal ricorrente in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ.: in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016; e multis , da ultimo, Cass. Sez. 3, n. 10815 del 18/04/2019, con numerosi richiami; Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022): nessuna di tali evenienze ricorre invece nella specie, perché, come detto, nella sentenza impugnata, la Corte territoriale ha
escluso in merito l’inadempimento alla progettazione del prototipo, stabilita come oggetto del contratto intercorso tra le parti.
D’altro canto , la Corte di merito non ha affatto omesso di considerare il contenuto delle mail del 2009 (richiamate in motivazione, al primo capoverso di pag. 11), ma lo ha valutato come unicamente significativo per provare che le caratteristiche, le dimensioni e il peso del portellone previste inizialmente in contratto al fine della progettazione del primo campione di molla erano state successivamente modificate.
In altri termini , la Corte d’ appello non ha certamente trascurato che l’ing. COGNOME dopo il cambio della tipologia di portellone, avesse accettato di riesaminare il progetto della molla, ma ha escluso -sulla base delle risultanze della c.t.u. espletata e di una deposizione testimoniale – ogni difetto di diligenza, nella realizzazione sia del primo modello che del secondo progetto, con ciò in conseguenza escludendo l’inadempimento .
In tal senso, il motivo non risulta ammissibile perché non spiega quale fatto contenuto nelle due mail sarebbe decisivo per una decisione di diverso contenuto (v. da ultimo Cass. Sez. L, n. 29954 del 13/10/2022).
Il ricorso dev’essere perciò respinto, con conseguente condanna della società ricorrente al rimborso delle spese processuali in favore dell’ingegner COGNOME resistente , liquidate in dispositivo in relazione al valore della causa.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore dell’ingegner NOME COGNOME in qualità di titolare dell’impresa omonima, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda