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Contratto di prossimità: legittima deroga alle norme

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un contratto a tempo determinato stipulato in base a un contratto di prossimità. La sentenza chiarisce che tali accordi possono derogare alla normativa generale se finalizzati a obiettivi come l’incremento dell’occupazione e della competitività, anche se non prevedono un aumento salariale e si applicano a tutti i dipendenti del sito aziendale, a prescindere dal reparto specifico.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto di Prossimità: quando è legittimo derogare alla legge?

La recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato la validità e l’efficacia del contratto di prossimità come strumento per la gestione flessibile dei rapporti di lavoro, a patto che rispetti precise finalità collettive. La decisione analizza il caso di un lavoratore che contestava la legittimità del suo contratto a tempo determinato, stipulato in deroga alla normativa generale proprio in virtù di un accordo aziendale di prossimità. Vediamo nel dettaglio i fatti, il percorso logico seguito dai giudici e le implicazioni pratiche di questa pronuncia.

I Fatti del Caso

Un lavoratore veniva assunto con un contratto a tempo determinato da un’importante società. Successivamente, impugnava il contratto chiedendone la conversione a tempo indeterminato. L’azienda si difendeva sostenendo la piena legittimità del termine apposto al contratto, in quanto giustificato da un contratto di prossimità siglato nel 2018. Tale accordo era stato stipulato per far fronte a esigenze di incremento dell’occupazione e della competitività aziendale.

Il lavoratore, tuttavia, sollevava diverse obiezioni: l’accordo aziendale era generico, non specificava il nesso causale tra le deroghe e gli obiettivi perseguiti e, soprattutto, non si sarebbe dovuto applicare alla sua posizione, in quanto addetto a un magazzino non interessato dai progetti di innovazione tecnologica che avevano motivato l’accordo. Contestava, inoltre, la mancanza di un contestuale incremento salariale e l’irregolarità del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR).

La Decisione della Corte di Cassazione

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le richieste del lavoratore. La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi in ultima istanza, ha rigettato il ricorso, confermando la piena validità del contratto e la corretta applicazione dell’accordo di prossimità.

Validità del contratto di prossimità

La Corte ha ribadito che il contratto di prossimità, disciplinato dall’art. 8 del D.L. n. 138/2011, è uno strumento eccezionale che consente di derogare a norme di legge e di contratti collettivi nazionali. La sua validità è subordinata al rispetto di due condizioni fondamentali:

1. Finalità collettive: L’accordo deve perseguire obiettivi precisi, come maggiore occupazione, qualità dei contratti, competitività e gestione delle crisi aziendali.
2. Rappresentatività sindacale: Deve essere sottoscritto da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale.

Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che l’accordo aziendale del 2018 rientrasse pienamente in questa categoria, essendo esplicitamente finalizzato all’incremento di competitività e occupazione, come richiesto dalla norma.

L’Applicazione dell’accordo a tutti i lavoratori

Uno dei punti più contestati dal ricorrente era l’applicabilità dell’accordo alla sua specifica mansione. Egli sosteneva di lavorare in un reparto non coinvolto dal piano di innovazione. La Corte ha respinto questa tesi basandosi sull’interpretazione del testo dell’accordo stesso. L’intenzione delle parti, come chiaramente espresso nel documento, era quella di applicare le deroghe erga omnes, ovvero a tutti i lavoratori impiegati nella sede aziendale, senza distinzioni di reparto. La Corte ha sottolineato che l’attività di produzione e quella di movimentazione merci sono strettamente collegate, rendendo logica un’applicazione generalizzata delle misure.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha smontato punto per punto i motivi di ricorso del lavoratore. In primo luogo, ha chiarito che l’onere del lavoratore non era limitato a contestare i vizi formali dell’accordo, ma si estendeva alla prova dei fatti. L’azienda, dal canto suo, aveva dimostrato per tabulas (cioè con prove documentali) il rispetto dei criteri normativi e delle finalità previste dalla legge.

Per quanto riguarda la presunta violazione dell’art. 36 della Costituzione per la mancata previsione di un aumento di salario, la Corte ha specificato che la tutela costituzionale riguarda il cosiddetto “minimo retributivo”, ma non si estende agli istituti retributivi supplementari, che possono essere legittimamente derogati da un accordo di prossimità. La Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto infondata la censura, e la Cassazione ha confermato tale impostazione.

Infine, è stata respinta anche la doglianza relativa al Documento di Valutazione dei Rischi (DVR). I giudici hanno accertato che l’azienda aveva depositato la documentazione aggiornata e che il lavoratore aveva persino partecipato a corsi di formazione specifici per la sua mansione di carrellista, dimostrando che la società aveva adempiuto ai suoi obblighi in materia di sicurezza.

Le conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento giurisprudenziale favorevole all’utilizzo dei contratti di prossimità come strumento di flessibilità regolata. Per le aziende, emerge la conferma che, se correttamente strutturati e motivati da reali esigenze collettive, questi accordi sono efficaci per derogare alla disciplina standard dei rapporti di lavoro. Per i lavoratori, la decisione chiarisce che la validità di tali accordi non è subordinata a un miglioramento economico diretto e che la loro efficacia può essere estesa a tutta la platea aziendale, se così previsto dalle parti firmatarie.

Un contratto di prossimità può legittimamente escludere maggiorazioni salariali supplementari?
Sì, secondo la Corte, un contratto di prossimità può derogare a istituti retributivi supplementari. La tutela costituzionale dell’art. 36 riguarda il minimo retributivo, che non era in discussione nel caso di specie, ma non gli elementi accessori della retribuzione.

L’efficacia di un accordo di prossimità può essere estesa a tutti i dipendenti di un’azienda, anche a quelli non direttamente coinvolti nelle innovazioni che lo hanno motivato?
Sì, se l’accordo stesso prevede esplicitamente la sua applicabilità erga omnes (a tutti i lavoratori). L’interpretazione del testo dell’accordo è decisiva e, nel caso esaminato, le parti avevano chiaramente inteso estendere le deroghe a tutto il personale della sede aziendale.

A chi spetta l’onere di provare la legittimità delle finalità di un contratto di prossimità?
La Corte chiarisce che l’azienda ha l’onere di dimostrare, con prove documentali, che l’accordo rispetta i criteri normativi e persegue le finalità previste dalla legge, come l’incremento dell’occupazione o della competitività. Il lavoratore che contesta l’accordo deve, a sua volta, specificare e provare i vizi che lo renderebbero illegittimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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