Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21862 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21862 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 31714 -2020 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Brescia, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentata, giusta procura in calce al contro ricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. repert. 5568/2020 pronunciata dal TRIBUNALE di BRESCIA, pubblicata il 19/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
9/2/2024 dal consigliere COGNOME;
lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza del 19 ottobre 2020, repert. n. 5568/2020, il Tribunale di Brescia accolse la domanda proposta dall’AVV_NOTAIO nei confronti del ricorrente NOME, condannandolo al pagamento di Euro 25.336,80 a titolo di compensi professionali per l’attività di difesa da lei svolta in suo favore, dalla fase istruttoria già avviata sino alle note difensive finali, quale convenuto nel giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo da lui in precedenza ottenuto, nei confronti di un terzo soggetto, per l’importo di Euro 4.332.000, 00.
Avverso questa ordinanza NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi, a cui NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
In data 10/9/2023, il Consigliere delegato di questa sezione ha formulato proposta di definizione anticipata, ex art. 380 bis cod. proc. civ. , rilevando l’inammissibilità di entrambi i motivi.
Con istanza del 18/10/2023, NOME ha chiesto la decisione del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve rilevarsi che non risulta depositata la copia notificata del provvedimento impugnato, secondo quanto prescritto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369, comma II n. 2.
Ciononostante, la dichiarazione di improcedibilità è comunque scongiurata perché il ricorso risulta notificato nei sessanta giorni dalla pubblicazione del provvedimento, sicché, pur in difetto della produzione di copia autentica della relata di notificazione della sentenza
impugnata, è comunque consentita, sin dal deposito del ricorso, la verifica immediata del perfezionamento della notificazione, dal lato del ricorrente, entro il termine di cui all’art. 325, comma 2, cod. proc. civ., calcolato però in riferimento al giorno della pubblicazione della sentenza impugnata (Cass. Sez. 6 – 3, n. 11386 del 30/04/2019; Sez. U, n. 21349 del 06/07/2022).
Ciò posto, deve pure rilevarsi la tardività della memoria depositata dalla controricorrente COGNOME soltanto in data 31 gennaio 2024, oltre il termine di dieci giorni prima dell’adunanza, prescritto dall’art. 380 bis 1 cod. proc. civ..
1. Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ. , il ricorrente ha lamentato l’omesso esame di «alcune circostanze fattuali» che, se considerate, avrebbero indotto il Tribunale a non riconoscere a ll’AVV_NOTAIO il diritto al compenso professionale per l’attività svolta in assenza di un valido contratto di patrocinio: in particolare, non sarebbe stato valutato che un mandato professionale era stato conferito al solo AVV_NOTAIO, mentre l’AVV_NOTAIO COGNOME era stata investita di procura alle liti per mere ragioni di opportunità, in considerazione dell’incompatibilità venuta a determinarsi tra l’ AVV_NOTAIO e la controparte processuale nel giudizio di opposizione (la RAGIONE_SOCIALE, assistita dallo stesso AVV_NOTAIO in precedenti giudizi).
1.1. Il primo motivo è inammissibile.
Argomentando il ricorso, lo stesso COGNOME ha rappresentato che il Tribunale non ha affatto omesso l’esame di quelle circostanze fattuali indicate come fatti decisivi, ma le ha esplicitamente ritenute come non rilevanti alla decisione della lite.
Secondo l’interpretazione di questa Corte, l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, ha
introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe certamente determinato un esito diverso della controversia) (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
Il motivo di impugnazione, invece, si sostanzia nella denuncia di un erroneo -non omesso – esame di elementi istruttori (in particolare, alcune lettere e le espressioni in esse adoperate) o, addirittura, di passi degli atti difensivi che, se diversamente valutati, avrebbero dimostrato che «interlocutore e incaricato della gestione della controversia» non era stata l’AVV_NOTAIO: tutta la censura, pertanto, si risolve nella richiesta di riesame -evidentemente inammissibile in questa sede di legittimità -di fatti e difese in merito, già ritenuti non significativi per la decisione con un giudizio in merito non più sindacabile da questa Corte.
Con il secondo motivo, NOME COGNOME ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 83 cod. proc. civ., 1703 e 2230 e seguenti cod. civ., nonché dell’art. 14 comma 1 della l. 247/2012, per avere il Tribunale dedotta la sussistenza di un contratto di patrocinio dalla sola attività di procuratrice senza distinguere tra procura alle liti e contratto di mandato.
Il motivo è evidentemente infondato. Secondo consolidato orientamento di questa Corte, il rapporto di prestazione d’opera professionale, la cui esecuzione sia dedotta dal professionista come titolo del diritto al compenso, postula l’avvenuto conferimento del relativo incarico, da parte del cliente convenuto per il pagamento di detto compenso, in qualsiasi forma idonea a manifestare
inequivocabilmente la vo lontà di avvalersi dell’ attività professionale e della sua opera.
È vero, infatti, che la procura alle liti, quale negozio unilaterale di conferimento della rappresentanza in giudizio, si distingue dal contratto di patrocinio che è, invece, un negozio bilaterale con cui è conferito l’incarico al professionista; è vero altresì, tuttavia, che, ai sensi dell’art. 83 cod. proc. civ., il conferimento della procura è accettato dal professionista con il concreto esercizio della rappresentanza giudiziale e la sottoscrizione dell’atto di difesa, sicché in questa forma di accettazione del mandato alle liti appost o sull’atto è stato individuato, nella giurisprudenza di questa Corte, il contratto di patrocinio tra cliente e professionista, quando non risulti, come nella specie, un disallineamento tra colui che rilascia la procura e colui che, invece, conferisce l’incarico (cfr. Cass. Sez. 2, n. 6905 del 11/03/2019; Sez. 3, n. 14276 del 08/06/2017).
La Corte d’appello ha deciso in corretta applicazione di questo principio. Il ricorrente, infatti, non ha contestato di aver conferito incarico e procura alle liti all’AVV_NOTAIO perché svolgesse attività difensiva in suo favore nel giudizio di opposizione, per evitare il palesarsi di una situazione di conflitto di interessi di altro avvocato, ma ha prospettato di aver pure conferito, a quest’ultimo, un diverso mandato, senza rilascio di procura alle liti: la censura, pertanto, risulta del tutto inconferente rispetto alla motivazione della decisione.
Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna del ricorrente NOME COGNOME al rimborso delle spese processuali in favore dell’AVV_NOTAIO , liquidate in dispositivo in relazione al valore.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380 bis cod. proc. civ., in applicazione, secondo la previsione del
comma terzo dello stesso art. 380 bis cod. proc. civ., del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., il ricorrente deve essere condannato al pagamento a favore della controricorrente di una somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di un’ ulteriore somma, pure equitativamente determinata, a favore della Cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 e Cass. Sez. U 13-102023 n. 28540, l’art. 380 bis comma III cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 comma III e IV cod. proc. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
In considerazione dell’esito del ricorso, infine, ai sensi dell’art. 13 co. 1- quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna NOME al rimborso, in favore di NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.400,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, IVA e CPA come per legge;
condanna NOME COGNOME, ex art. 96 comma III cod. proc. civ., al pagamento di Euro 2.000,00 in favore di NOME COGNOME e, ex art. 96
comma IV cod. proc. civ., al pagamento di ulteriori Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda