Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20697 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20697 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16478/2019 R.G. proposto da:
FONDAZIONE RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (DSTGPP63C25G273W)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 481/2019 depositata il 08/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che :
-la sentenza impugnata così narra i fatti del processo: ‘Con atto di citazione notificato il giorno 8/3/2011 il comune di Terrasini, in persona del commissario straordinario pro tempore, proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 14, emesso dal Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Carini il 26/1/2011,con il quale gli era stato ingiunto di pagare la somma di € 165.776,83 alla RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria di un credito che l’avv. NOME COGNOME asseriva di vantare a titolo di compensi professionali dovutigli dall’ente opponente per una serie di incarichi conferitigli negli anni 1994 e 1995. Il Comune eccepiva preliminarmente l’intervenuta prescrizione del credito, l’inidoneità della documentazione prodotta a dimostrare anche nella fase monitoria la fondatezza della pretesa avanzata dalla Fondazione e, comunque, l’assenza di ogni prova circa le prestazioni rese dal professionista.
Si costituiva in giudizio la Fondazione opposta, la quale eccepiva in via preliminare la nullità dell’incarico al difensore dell’opponente per difetto di forma scritta, in quanto il rilascio della procura da parte del commissario straordinario del comune non era stato preceduto da una formale delibera di conferimento di incarico e deduceva che il credito dell’avv. COGNOME era stato oggetto di implicito riconoscimento da parte del comune di Terrasini, che aveva iniziato a pagare alcune fatture relative a prestazioni professionali diverse da quelle per le quali era stata ottenuta l’ingiunzione di pagamento.
Rigettate le richieste istruttorie avanzate dalle parti, la causa veniva posta in decisione con la concessione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie.
Con sentenza n. 5148 del 20/12/2013 il Tribunale di Palermo (a cui era strato trasmesso il fascicolo a seguito della soppressione della sede staccata di Carini, n.d.a.), accoglieva l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo e condannava la Fondazione al pagamento delle spese di lite.
Avverso detta sentenza ha proposto appello la soccombente, chiedendone l’integrale riforma. Si è costituito in giudizio il comune di Terrasini, il quale ha chiesto il rigetto del gravame.’
-così riassunti i fatti del giudizio, l’impugnata sentenza ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l’appellante alle spese dell’ulteriore grado del giudizio;
-secondo la sentenza impugnata: a) il requisito della forma scritta, richiesta per il contratto di patrocinio, risulta soddisfatto con il rilascio della procura al difensore ex art. 83 c.p.c.; b) l’appellante, nonostante le contestazioni dell’opponente, non aveva fornito la prova del credito nell’ordinario giudizio di cognizione apertosi a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo;
-per la cassazione della sentenza la Fondazione RAGIONE_SOCIALE al Servizio dell’Umanità’ ha proposto ricorso affidato a sei motivi, illustrati da memoria;
-il Comune di Terrasini ha resistito con controricorso.
Ritenuto che :
-i motivi di ricorso possono essere così riassunti:
violazione e falsa applicazione dell’art. 1421 c.c., ex art. 360 n.
3 c.p.c. , per aver la Corte d’appello riconosciuto la validità dell’incarico conferito al difensore dalla propria controparte pubblica, nonostante la mancanza di una delibera di giunta e in assenza del contratto di patrocinio;
II) violazione e falsa applicazione dell’art. 183 del d.lgs. 18/8/2000 n. 267, ex art. 360 n.3 c.p.c.: sempre in relazione alla questione riguardante la regolarità della costituzione di controparte nel giudizio, la decisione è censurata per avere riconosciuto la validità del mandato difensivo nonostante la mancanza della delibera di impegno della somma a copertura della spesa per l’incarico;
III) violazione e falsa applicazione degli artt. 12, 16 e 17 del RD 18/11/1923 n. 2440, ex art. 360 n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello non aveva considerato che l’incarico era stato conferito senza l’osservanza della forma scritta;
IV) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 6 bis del d.lgs. 165 del 30/3/2001, ex art. 360 n. 3 c.p.c., per violazione dei principi generali di affidamento degli incarichi pubblici (principi di economicità, buon andamento, efficienza, pubblicità e comparazione);
V) violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., ex art. 360 n. 3 cpc, perché la Corte d’appello, nel riconoscere che non era stata data la prova del credito, non aveva valorizzato la mancanza di contestazione sulla pluralità dei documenti prodotti a sostegno della pretesa;
VI) violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., ex art. 360 n. 3 c.p.c., perché i giudici di merito hanno ritenuto sfornite di prova le richieste della ricorrente, senza tuttavia pronunziarsi sulle istanze probatorie, tempestivamente avanzate con le memorie ex art. 183, VI comma nn. 2 e 3 c.p.c., e ritualmente riproposte in appello;
-i primi tre motivi sono inammissibili ex l’art. 360 -bis c.p.c.;
-la Corte palermitana ha fatto puntuale applicazione di principi consolidati nella giurisprudenza della Suprema Corte, cui non offre argomenti di smentita;
-in particolare si allude ai seguenti principi: a) in tema di forma scritta ad substantiam dei contratti della P.A., il requisito è soddisfatto, nel contratto di patrocinio, con il rilascio al difensore della procura ai sensi dell’art. 83 c.p.c., atteso che l’esercizio della rappresentanza giudiziale tramite la redazione e la sottoscrizione dell’atto difensivo perfeziona, mediante l’incontro di volontà fra le parti, l’accordo contrattuale in forma scritta, rendendo così possibile l’identificazione del contenuto negoziale e lo svolgimento dei controlli da parte dell’Autorità tutoria (Cass. n. 11668/2024); b) la delibera dell’ente territoriale che autorizza il proprio rappresentante a stare in giudizio non necessita dell’indicazione della spesa prevista e dei mezzi per farvi fronte, in quanto la nullità disposta dalla legge per la mancata previsione di tali elementi non riguarda i provvedimenti relativi alla partecipazione a controversie giudiziarie, sia per l’incerta incidenza del relativo onere economico, condizionato alla soccombenza, sia per il preventivo inserimento nel bilancio dell’ente di una voce generale inerente alle spese di lite (Cass. n. 21107/2019);
-diversamente da quanto sostiene il ricorrente, nel caso in esame, tali principi erano perfettamente applicabili, non essendo sostenibile l’ipotesi della genericità dell’incarico ventilata nel ricorso;
-come si evidenzia nel controricorso, la procura è stata nella specie rilasciata a margine dell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo, essendo quindi in re ipsa la correlazione con il giudizio al quale l’incarico era riferito;
-il quarto motivo è inammissibile;
-secondo il costante insegnamento di legittimità, qualora una determinata questione giuridica -che implichi un accertamento di fatto -sia stata del tutto ignorata dal giudice di merito, il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito e di indicare in quale atto del giudizio precedente sia stato fatto, onde dar modo alla Corte di controllare de visu la veridicità di tale asserzione (Cass. n. 1550/2021; n. 28646/2020); ciò, in quanto i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, di modo che è preclusa la proposizione di doglianze che, modificando la precedente impostazione, pongano a fondamento delle domande e delle eccezioni titoli diversi o introducano, comunque, piste ricostruttive fondate su elementi di fatto nuovi e difformi da quelli allegati nelle precedenti fasi processuali (Cass. n. 6989/2004);
-nonostante la decisione impugnata non accenni minimamente a tale questione il ricorrente, sul punto, si limita a richiamare una ‘eccezione tempestivamente formulata’, che è indicazione inidonea ad assolvere l’onere di specificità imposto in casi del genere, secondo quanto appena chiarito;
-a ciò si deve aggiungere che, secondo la giurisprudenza amministrativa, «il conferimento di un singolo incarico legale episodico, legato alla necessità contingente, non costituisce appalto di servizi legali ma integra un contatto d’opera intellettuale che esula dalla disciplina codicistica in materia di procedure di evidenza pubblica, diversamente dall’incarico di consulenza e di assistenza a contenuto complesso, inserito in un quadro articolato di attività
professionali organizzate sulla base dei bisogni dell’ente locale. Il servizio legale, per essere oggetto di appalto, richiede un elemento di specialità, per prestazione e per modalità organizzativa, rispetto alla mera prestazione di patrocinio legale. L’affidamento di servizi legali è, a questa stregua, configurabile allorquando l’oggetto del servizio non si esaurisca nel patrocinio legale a favore dell’Ente, ma si configuri quale modalità organizzativa di un servizio, affidato a professionisti esterni, più complesso e articolato, che può anche comprendere la difesa giudiziale ma in essa non si esaurisce» (Consiglio di Stato n. 2730/2012);
-nello stesso senso si è pronunziata la Sezione lavoro di questa Corte, la quale ha chiarito che il d. lgs. n. 156 del 2001, art. 7, comma 6 (la norma cioè di cui il ricorrente ha denunziato la violazione) «non è palesemente applicabile al contratto d’opera professionale in questione, per l’insieme delle condizioni che vi sono specificate quali requisiti di legittimità e, in particolare: – per l’oggetto della collaborazione, che deve corrispondere alle competenze dell’Amministrazione conferente e ad obiettivi e progetti specifici e determinati; – per la previsione che esclude la possibilità di rinnovo e consente la proroga dell’incarico originario in via eccezionale all’unico fine di completare il progetto e sempre che la necessità della proroga non sia imputabile a ritardi del collaboratore; – per la previsione che durata, luogo, oggetto e compenso della prestazione debbano essere preventivamente determinati» (Cass. 13351/2022);
-il quinto motivo è inammissibile;
-l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del
giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cass. n. 27490/2019);
-in proposito non può che rimarcarsi che la sentenza impugnata, proprio in relazione al profilo riguardante la ‘contestazione’, esibisce una coerente e logica motivazione;
-pertanto, la censura in esame si risolve in una generica critica rispetto alla valutazione compiuta dal giudice di merito, inammissibile in questa sede;
-è infondato anche il sesto motivo;
-la sentenza impugnata, nel trascrivere le conclusioni di parte, richiama la richiesta della Fondazione di ammissione delle prove richieste tempestivamente in primo grado nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 e 3 c.p.c.;
-in effetti, la Corte d’appello ha omesso l’esplicita considerazione della richiesta, rigettando ugualmente la pretesa dell’ingiungente a causa dell’insufficienza della prova documentale prodotta;
-è vero che la giurisprudenza della Corte ritiene che il giudice di merito non possa rigettare una domanda, perché ritenuta sprovvista di prova, senza prima aver preso in considerazione le istanze istruttorie proposte dalla parte che aveva proposto la domanda (Cass. n. 26538/2017; n. 2980/2023);
-tuttavia, deve rimarcarsi che la censura, in sede di legittimità, non può essere proposta in termini formali, occorrendo che la parte richiami, in modo specifico, le istanze istruttorie di cui aveva chiesto l’ammissione, in modo da consentire alla Corte il controllo sulla decisività dei fatti da provare in ordine alla risoluzione della controversia e sulle prove stesse (Cass. n. 27731/2005);
-nulla di tutto questo nel presente ricorso, nel quale l’omissione è denunziata in modo formale, senza minimamente illustrare la
decisività del mezzo istruttorio non esaminato: «il mancato esame di un’istanza istruttoria può dar luogo al vizio di omessa o insufficiente motivazione solo se le risultanze processuali o mal valutate siano tali da invalidare l’efficacia probatoria delle altre sulle quali il convincimento si è formato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base» (Cass. n. 3004/2004);
-in conclusione, il ricorso deve essere rigettato con addebito di spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente, liquidate in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 e agli accessori di legge ; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda