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Contratto di pascipascolo: risarcimento e raccolta

La Corte di Cassazione si è pronunciata su una controversia relativa a un contratto di pascipascolo. Un’acquirente aveva acquistato il diritto di raccogliere foraggio da un terreno per tre anni, con la facoltà di farlo pascolare dal proprio bestiame o di raccoglierlo direttamente. I proprietari hanno poi affittato i terreni a un terzo, impedendo all’acquirente di usufruire del suo diritto. La Cassazione ha confermato la condanna dei proprietari al risarcimento del danno, chiarendo che il contratto di pascipascolo può includere l’opzione di raccolta meccanica, rendendo irrilevante la disponibilità di bestiame da parte dell’acquirente per la quantificazione del danno. Ha tuttavia cassato la sentenza d’appello su un punto procedurale relativo alle spese di una consulenza tecnica.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto di Pascipascolo: La Cassazione chiarisce natura e risarcimento del danno

Il contratto di pascipascolo è una figura contrattuale tipica del mondo agricolo che spesso genera incertezze interpretative. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla sua natura e sulle modalità di calcolo del risarcimento del danno in caso di inadempimento. La decisione analizza il caso di una vendita di foraggio “a campo” e stabilisce che la facoltà di raccolta non si esaurisce nel solo pascolo del bestiame, ma può includere anche altri mezzi, con importanti conseguenze sulla prova del danno.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un contratto stipulato nel 2002, con cui l’amministratore di un’azienda agricola vendeva a un’acquirente il foraggio (erba medica e meliloto) coltivato su circa cinquanta ettari di terreno per la durata di tre annate agrarie. L’accordo, qualificato come vendita “a campo”, permetteva all’acquirente di appropriarsi del foraggio, anche mediante pascolo di greggi.

Dopo un primo anno di regolare esecuzione, la situazione si complica: i proprietari dei terreni concedono in affitto gran parte degli stessi a un terzo soggetto, che procede all’aratura di un appezzamento, di fatto impedendo all’acquirente di continuare a raccogliere il foraggio.

L’acquirente avvia quindi una causa per ottenere la consegna del foraggio o, in subordine, il risarcimento dei danni. I proprietari dei terreni si difendono, eccependo, tra le altre cose, il difetto di potere rappresentativo dell’amministratore che aveva stipulato il contratto. La causa, dopo una prima pronuncia di incompetenza del tribunale ordinario in favore della sezione specializzata agraria, giunge in Corte d’Appello, la quale condanna i proprietari al risarcimento dei danni.

L’Analisi della Corte sul Contratto di Pascipascolo

I proprietari dei terreni ricorrono in Cassazione, sollevando diverse questioni. Il punto centrale del primo motivo di ricorso riguarda la qualificazione del contratto e il calcolo del danno.

Secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello avrebbe errato nel liquidare il danno sottraendo i costi di raccolta dal valore della produzione totale di foraggio. Essi sostenevano che, trattandosi di un contratto di pascipascolo, la quantità di foraggio spettante all’acquirente era indeterminabile, poiché mancavano dati essenziali come il numero e la razza dei capi di bestiame da introdurre nel fondo. Affermavano inoltre che la Corte era caduta in contraddizione, definendo il contratto come “pascipascolo” ma ammettendo poi che la raccolta potesse avvenire anche senza pascolamento.

La Corte di Cassazione respinge questa tesi, offrendo un’interpretazione pragmatica e funzionale del contratto. I giudici chiariscono che la qualificazione operata dalla Corte d’Appello come “pascipascolo, ossia contratto di vendita a campo del foraggio” era finalizzata a distinguerlo dall’affitto di fondo rustico. Non si trattava di un affidamento dei terreni, ma di una vendita del prodotto (il foraggio). In questo contesto, il contratto specifico, secondo la volontà delle parti, prevedeva una duplice modalità di apprensione del bene: l’acquirente poteva scegliere se far pascolare il proprio gregge o se raccogliere il foraggio con altri mezzi.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto la decisione di merito logicamente coerente. Una volta stabilito che il contratto permetteva la raccolta del foraggio anche senza l’uso di animali, diventava irrilevante la disponibilità di bestiame da parte dell’acquirente. La posizione del venditore era quella di consegnare l’erba, in un modo o nell’altro. Di conseguenza, l’aver affittato i terreni a terzi, impedendo qualsiasi forma di raccolta, costituiva un chiaro inadempimento contrattuale.

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili altri due motivi di ricorso per ragioni procedurali, legati alla violazione del principio di specificità e all’onere della prova. I ricorrenti non avevano adeguatamente illustrato il contenuto degli atti processuali rilevanti (come l’atto d’appello), impedendo alla Cassazione di valutare la fondatezza delle loro censure.

Tuttavia, la Corte ha accolto il quarto motivo di ricorso, relativo alla condanna al pagamento delle spese della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) svolta nella prima fase del giudizio di primo grado. I giudici hanno osservato che il tribunale, nel dichiararsi incompetente, aveva già provveduto sulle spese di quella fase, compensandole integralmente tra le parti. Quella decisione, non essendo stata impugnata, era passata in giudicato. Pertanto, la Corte d’Appello non poteva nuovamente pronunciarsi su quelle spese, ponendole a carico dei soccombenti.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato i motivi principali del ricorso, confermando l’inadempimento dei venditori e il diritto al risarcimento dell’acquirente. Ha però cassato la sentenza d’appello limitatamente alla statuizione sulle spese della CTU, annullando la condanna al relativo pagamento. Questa ordinanza rafforza un’interpretazione flessibile del contratto di pascipascolo, inteso come vendita di un prodotto del fondo che ammette diverse modalità di raccolta, e ribadisce importanti principi procedurali in materia di impugnazioni e di regolamentazione delle spese processuali.

Che cos’è un contratto di pascipascolo secondo questa ordinanza?
È un contratto di vendita di foraggio “a campo” in cui, per volontà delle parti, l’acquirente ha la facoltà alternativa di raccogliere il prodotto sia facendolo pascolare dal proprio bestiame, sia tramite apprensione diretta con altri mezzi.

Per calcolare il danno da mancata raccolta del foraggio, è necessario dimostrare di possedere del bestiame?
No. Secondo la Corte, se il contratto consente all’acquirente anche la raccolta diretta del foraggio (ad esempio, con mezzi meccanici), la disponibilità di capi di bestiame diventa irrilevante ai fini della quantificazione del danno per inadempimento del venditore.

Può un giudice d’appello modificare la decisione sulle spese di una fase precedente del giudizio se questa non è stata impugnata?
No. Se un giudice in una fase del processo (ad esempio, il giudice di primo grado che si dichiara incompetente) decide sulle spese di quella fase e la sua decisione non viene specificamente appellata, si forma un “giudicato interno”. Il giudice della fase successiva non può più modificare quella statuizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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