Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16318 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16318 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26647/2022 R.G. proposto da
NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avv.ti. NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura allegata al ricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio del secondo e come da domicilio digitale indicato;
Oggetto: Responsabilità civile -Contratto di ormeggio -Furto di imbarcazione -Risarcimento.
CC 24.03.2025
Ric. 26647/2022
Pres NOME COGNOME
Est. I. COGNOME
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME come da procura allegata al controricorso, elettivamente domiciliato in ROMA , INDIRIZZO presso lo studio dell’ Avv. NOME COGNOME e come da domicilio digitale indicata;
– controricorrente ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1865/2022 della CORTE di APPELLO di VENEZIA, pubblicata in data 24 agosto 2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 marzo 2025
dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
Il Tribunale di Venezia con la sentenza n. 591/2022 ha rigettato la domanda di risarcimento danni proposta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME quale erede di NOME COGNOME già titolare dell’impresa individuale ‘RAGIONE_SOCIALE‘ di Torre di Fino, al fine di ottenere l’accertamento della responsabilità contrattuale di quest’ultimo in conseguenza del furto di un a imbarcazione di proprietà dell’attore avvenuto nella notte tra l’11 ed il 12 dicembre 2006 e per la mancata restituzione di un carrello stradale, che erano in custodia di Tamai in forza di contratto di posteggio datato 1 maggio 2006, con condanna dell’attore a rifondere alla convenuta le spese di lite.
Avverso la sentenza di prime cure proponeva gravame dinanzi al la Corte d’appello di Venezia, NOME COGNOME si costituiva l’appellata NOME COGNOME o.
La Corte d’appello con la sentenza n. 1865/2022, qui impugnata, accoglieva il gravame, con conseguente riforma integrale della sentenza di prime cure e condanna di NOME COGNOME nella spiegata qualità, al pagamento in favore di NOME COGNOME a
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titolo di risarcimento del danno la somma complessiva di € 11.000,00, oltre a rivalutazione monetaria dalla costituzione in mora in data 7 ottobre 2008 e fino alla data della sentenza ed agli interessi legali sulla somma rivalutata dalla domanda al saldo effettivo, con condanna alle spese del doppio grado.
Avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione illustrato da quattro motivi d’impugnazione. Ha resistito con controricorso NOME COGNOME a sua volta, proponendo ricorso incidentale sorretto da un unico motivo.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c..
Hanno depositato memorie distinte e rispettive sia parte ricorrente sia parte controricorrente ricorrente incidentale.
Ragioni della decisione
La ricorrente principale, con il primo motivo di ricorso censura l’affermazione della sentenza impugnata ‘ ai sensi dell’art. 132 co. 2, n. 4 in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 4 c.p.c. , per avere affermato in maniera irriducibilmente violativa della legge oltreché contraddittoria che il contratto tra le parti debba risultarsi provato ed efficace al momento del furto (13.12.2006) ‘ ; in particolare, lamenta che la Corte d’appello si sarebbe limitata a ritenere che ‘la Perissotto ha contestato la ricevuta fiscale prodotta dall’appellante ma lo ha fatto limitatamente all’inserimento della frase: ‘fino al 31.12.2006′ e producendo a sua volta l’originale della ricevuta che, dunque, non può esser e ritenuta inesistente’ (pag. 5 della sentenza impugnata) e che tale inciso della Corte d’appello sarebbe ‘un po’ troppo riduttivo’. Ribadisce di aver contestato sin dal momento della propria costituzione in giudizio avanti il Tribunale di Venezia la validità e l’efficacia del presunto accordo contrattuale ( rectius , semplice ricevuta fiscale) nonché le dichiarazioni rese da NOME COGNOME nella denuncia di furto; evidenzia che sarebbero restati
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imprecisati gli elementi allegati per provare la conclusione del contratto di ormeggio e di rimessaggio; contesta altresì l’affermazione della Corte d’appello , contraria ai principi di ricostruzione del nesso causale, con cui in modo ‘abnorme’ ha affermato: «Anche se sussiste incertezza circa il periodo a cui si riferisce la ricevuta, è pacifico che, al momento del furto la barca si trovasse nella darsena ed è quindi improbabile, anche in considerazione della descrizione fornita dal Tamai in occasione della presentazione della querela, che l’imbarcazione si trovasse in quel luogo senza titolo». In sostanza, la Corte d’ appello avrebbe violato l’articolo 1326 c.c., ritenendo valido ed efficace un accordo privo di validità ed efficacia, mai perfezionato dalle parti e, comunque, inefficace per la scadenza del termine (1.5.2006), motivando l’assunto con argomentazioni giuridicamente errate.
Col secondo motivo di ricorso principale, censura la sentenza ‘ai sensi dell’art. 132 co. 2 n. 4 in relazione all’art. 360 n. 4, c.p.c., per avere dichiarato concluso un contratto in forza di presunta confessione giudiziale resa a un terzo, interpretando in maniera difforme e, quindi, illegittima gli art. 2735 c.c. e 2721 c.c.. ‘ ; in particolare, sostiene che il Giudice di prime cure aveva fornito adeguata motivazione, esponendola in maniera chiara ed esauriente relativamente al contenuto del documento sub 2 (i.e. la presunta confessione stragiudiziale allegato da parte attrice nel procedimento di primo grado), stigmatizzando la totale assenza di evidenze documentali e il totale difetto di formulazione di prova orale a riguardo mentre la Corte d’appello nulla ha indicato sul punto ‘con clamorosa illegittima violazione degli art. 2735 c.c. e 2721 c.c. ‘ .
Col terzo motivo di ricorso principale, censura la sentenza ‘ ai sensi dell’art. 132 co. 2 n. 4 in relazione all’art. 360 n. 3, c.p.c. , per avere dichiarato provata la proprietà del natante ancorché la ricorrente abbia contestato integralmente la relativa
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documentazione prodotta in copia in difetto di elementi documentali per accertarlo e, inoltre, per aver accertato il valore del natante senza alcun legittimo parametro, anche in violazione alla ripartizione dell’onere della prova ‘ ; nello specifico, contesta che la Corte d’ appello ha ritenuto che «anche sulla proprietà dell’imbarcazione oggetto di furto e contestata dalla appellante’ (…) ‘ non sussistono dubbi circa la riconducibilità al Canuto perché, al di là della impossibilità di utilizzare il doc. 5 prodotto dall’appellante e riguardante la ricevuta di acquisto della barca, poiché il documento è stato contestato, la proprietà risulta oltre che dal libretto dell’imbarcazione , dalla stipula dell’assicurazione del natante e dal contrassegno per circolare in laguna».
Col quarto motivo di ricorso principale, la ricorrente principale lamenta, infine, il ‘ vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale, nella misura in cui ha determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia sebbene la prova non ammessa o non esaminata fosse in concreto idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, (con un giudizio di certezza e non di mera probabilità) le risultanze che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, rendendo la ratio decidendi priva di fondamento ‘; evidenzia in proposito che la Corte d’a ppello nemmeno ha preso in considerazione le istanze istruttorie dell’appellata (odierna ricorrente) sulla quali continua ad insistere.
4.1. I motivi dal primo al terzo, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto lamentano tutti e tre la nullità della sentenza, salvo il primo che lamenta altresì la violazione di legge, si rivelano inammissibili rispetto a ciascuno dei profili prospettati.
Con essi la pretesa complessa censura di nullità della sentenza impugnata, con cui la ricorrente, tra l’altro, non precisa quale sia il profilo di nullità lamentato (illogicità, contraddittorietà
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e apparenza della motivazione), si rivela insussistente in quanto risulta evidente come la predetta formuli una tipica censura diretta a denunciare un vizio di motivazione, per un verso, non più denunciabile secondo il vigente dettato dell’art. 360 , comma 1, n. 5 c.p.c. (insufficienza) e per l’altro, insussistente (nullità della sentenza), atteso che la motivazione resa dalla Corte d’appello , lungi dall’essere nulla, ha dato conto in modo piano e adeguato del l’ iter decisorio percorso per ritenere sussistente un contratto tra le parti, efficace al momento del furto dell’imbarcazione , nonché la proprietà del natante rubato in capo a NOME COGNOME odierno controricorrente ricorrente incidentale.
Quanto alla violazione di legge, pure lamentata, in ordine alla valutazione del compendio probatorio effettuata dal Giudice d’appello, la ricorrente principale tende, nonostante la formale prospettazione di violazione dei criteri di accertamento probatorio e presuntivo, nella sostanza, ad introdurre profili di fatto e a suscitare da questa Corte un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte d’appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’appr ezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie (da cui risultava evidente la presenza dell’imbarcazione oggetto di furto nella darsena de qua ) è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017 n. 16467; Cass.23/05/2014 n. 11511; Cass. 13/06/2014 n. 13485; Cass. 15/07/2009 n. 16499).
4.2. Il quarto motivo è inammissibile.
Con esso nel denunciare ‘l’omesso esame’ non tiene conto che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., qualora il fatto storico, rilevante in
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causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. 6 – L, 08/11/2019 n. 28887).
Venendo all’esame dell’unico motivo di ricorso incidentale, NOME COGNOME lamenta la ‘ Violazione degli artt. 2033 cc e 112 cpc in relazione all’art. 360 n. 3 e/o n. 5 c.p.c. ‘ ; nello specifico, assume di aver effettuato in data 28 maggio 2021 ( anteriormente alla proposizione dell’appello con atto di citazione notificato il 31 maggio 2021) il pagamento delle spese di soccombenza liquidate con la sentenza di prime cure e di aver proposto domanda restitutoria già con l’atto di gravame e che di tale domanda si dà atto anche nella sentenza impugnata, nella quale, alla pagina 3, è riprodotto il contenuto del punto 6 delle conclusioni che erano state formulate dal signor NOME COGNOME lamenta quindi che la Corte d’ appello di Venezia omettendo di esaminare tale domanda e di pronunciarsi su di essa, è incorsa in violazione del principio del chiesto e pronunciato.
5.1. Il motivo è fondato.
Effettivamente la Corte d’appello in riforma integrale della sentenza di prime cure anche in punto di spese ha condannato parte appellata a rifondere le spese del doppio grado in favore dell’allora appellante, omettendo di esaminare la domanda restitutoria formulata da questi con il gravame con cui aveva chiesto la restituzione e documentato di aver pagato l’importo delle spese di soccombenza liquidate con la sentenza di prime cure.
6. Il ricorso principale va rigettato mentre va accolto l’unico motivo di ricorso incidentale nei limiti suindicati e dall’acco glimento consegue la cassazione dell’impugnata sentenza in relazione.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384, comma 2, c.p.c.
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Est. I. COGNOME con la condanna della odierna ricorrente principale a restituire l’importo di Euro 6.347,17, al controricorrente, ricorrente incidentale, oltre interessi dalla data del pagamento (28 maggio 2021) al saldo, corrispondente a quanto da questi pagato in esecuzione della condanna alle spese di lite comminatagli dalla sentenza di prime cure, inalterato il resto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono il principio di soccombenza e vengono poste a carico della ricorrente principale in favore del controricorrente ricorrente incidentale così come liquidate in dispositivo.
Osserva, infine, il Collegio che non sono sussistenti i presupposti di fatto e processuali per la chiesta condanna dell’odiern a ricorrente principale al pagamento di ulteriore somma ex art. 96, terzo comma, c.p.c. (Cass. Sez. U. 20/04/2018, n. 9912).
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie quello incidentale, e cassa la sentenza impugnata nei limiti di cui in motivazione e decidendo nel merito, condanna la odierna ricorrente alla restituzione in favore del controricorrente dell’importo di Euro 6.347,17, oltre interessi dalla data del pagamento al saldo.
Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che si liquidano in complessivi 6.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione