Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15891 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15891 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/06/2025
Oggetto: locazione -contratto scritto, non simulato e ma non registrato -conseguenze disciplina applicabile ratione temporis -riconduzione a congruità ex art. 13, comma 6, l. 431/98 presupposti e limiti.
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 12036/21 proposto da:
-) NOME COGNOME domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
-) NOME COGNOME domiciliata ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché
-) Vozza NOME;
– intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino 3 marzo 2021 n. 244; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 febbraio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2017 NOME convenne NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Torino (nelle forme di cui all’art. 447 bis c.p.c.), esponendo che:
-) la convenuta con contratto stipulato per iscritto decorrente dal 5 maggio 2004 ( così il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado; nel ricorso per cassazione, invece, si legge ‘5.04.2004’ ) gli aveva concesso in
locazione l’immobile sito a Torino, INDIRIZZO al canone liberamente concordato di euro 160 mensili e con durata prevista di quattro anni;
-) il contratto non fu mai registrato;
-) sino al 31.12.2016 aveva versato complessivamente canoni per l’importo di euro 15.752 .
Premessi questi fatti, il ricorrente in primo grado dedusse in punto di diritto di avere diritto alla restituzione della differenza tra il canone complessivamente pagato e quello previsto da ll’art. 13, sesto comma, della l. 9.12.1998 n. 431 , per l’ipotesi in cui ‘ il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine’ di trenta giorni dalla stipula.
In subordine, chiese la restituzione della differenza tra il canone complessivamente pagato e quello che l’art. 13, quinto comma, della l. 9.12.1998 n. 431 prevede debba pagarsi per l’ipotesi in cui il locatore abbia ‘ preteso l’instaurazione di un rapporto di locazione di fatto’ (canone pari al triplo della rendita catastale dell’immobile).
2. NOME COGNOME si costituì chiedendo:
-) dichiararsi la nullità del contratto di locazione in quanto non registrato ai sensi dell’art. 1, comma 346, della l. n. 311/04;
-) determinare nella misura di euro 160 mensili l’indennità di occupazione dovuta dall’attore;
-) condannare l’attore al rimborso delle spese condominiali, eventualmente previa compensazione con la somma che fosse risultata dovuta all’attore.
La resistente inoltre chiamò in causa NOME COGNOME allegando di averle venduto l’immobile , e chiedendo di essere da questa tenuta indenne se la domanda attorea fosse stata accolta.
3. NOME COGNOME si costituì eccependo che:
-) aveva offerto a NOME di stipulare un contratto di locazione e registrarlo, ricevendone un ostinato rifiuto;
-) l’attore non aveva ma i dimostrato di avere stipulato con l’originaria proprietaria (NOME COGNOME) un contratto c.d. ‘a canone agevolato’ ex art. 2, comma 3, l. 431 /98, piuttosto che un contratto ‘a canone libero’;
-) nelle trattative stragiudiziali intercorse tra le parti, NOME aveva assunto un atteggiamento contraddittorio ed in mala fede, pretendendo – da un lato – la restituzione di parte dei canoni pagati (sul presupposto che il contratto fosse nullo) ; e dall’altro pretendendo di rimanere nella detenzione dell’immobile, sul presupposto che quello stesso contratto di cui invocava la nullità lo legittimasse a godere dell’appartamento sino al 2020.
La terza chiamata in causa pertanto chiese:
-) in via principale, che fosse dichiarata la nullità del contratto di locazione e ordinato all’attore il rilascio dell’immobile ed il pagamento dell’indennità d’occupazione ;
-) in subordine, che fosse accertata l’avvenuta stipula tra NOME COGNOME e NOME d’un contratto di locazione ‘a canone libero’, con conseguente infondatezza della pretesa attorea di rideterminazione del canone.
Con sentenza 8.1.2020 n. 5705/19 il Tribunale di Torino rigettò la domanda attorea, ritenendo che:
-) il contratto era nullo ai sensi dell’art. 1, comma 346, della l. 30.12.2004 n. 311, in quanto mai registrato;
-) NOME , avendo occupato l’immobile sine titulo, era tenuto al pagamento d’una indennità d’occupazione;
-) le somme da lui versate alla locatrice nel corso del rapporto in forza della stipulazione di un canone libero dovevano dunque qualificarsi come ‘ indennità d’occupazione ‘ , e poiché esse corrispondevano ad un canone liberamente determinato, nessun credito restitutorio l’attore poteva vantare nei confronti della convenuta, né della chiamata in causa.
Il Tribunale inoltre, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta della terza chiamata NOME COGNOME dichiarò che NOME
Camera di consiglio del 18 febbraio 2025
NOME occupava l’immobile senza titolo e lo condannò al rilascio immediato, fissando per l’esecuzione la data del 10.1.202 0.
La sentenza fu appellata in via principale da NOME ed in via incidentale da NOME COGNOME.
Con sentenza 3.3.2021 n. 244 la Corte d’appello di Torino rigettò ambo gli appelli.
Per quanto qui rileva, la Corte territoriale ritenne che:
-) la statuizione di nullità del contratto per mancata registrazione non era stata impugnata e si era formato su essa il giudicato;
-) il contratto concluso tra NOME COGNOME e NOME COGNOME era stato stipulato ai sensi dell’art. 2, primo comma, della l. 431/98 (era, dunque, un contratto c.d. ‘ a canone libero ‘) ;
-) il contratto non presentava alcun profilo di nullità se non la mancata registrazione; infatti era stato stipulato a canone libero e lo stesso attore non aveva mai dedotto la simulazione del canone dichiarato nel contratto;
-) la possibilità per il conduttore di pretendere la c.d. ‘riconduzione a congruità’ del contratto (cioè la pretesa che il canone fosse rideterminato ai sensi dell’art . 2, commi 1 e 3, l. 431/98) è consentita quando il conduttore abbia versato un canone superiore a quello simulatamente dichiarato nel contratto (nell’ipotesi di contratti a canone libero); oppure quando il conduttore abbia versato un canone eccedente quello risultante dagli accordi di categoria (nei contratti a canone concordato); od ancora quando il contratto sia stato tardivamente registrato;
-) nessuna riconduzione a congruità è invece possibile quando il contratto non sia stato mai registrato, oppure quando ‘ non sia allegata alcuna pattuizione nulla, alcuna simulazione, alcuna locazione di fatto, bensì unicamente la mancata registrazione del contratto ‘ .
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su un motivo. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il motivo di ricorso.
Con l’unico motivo di ricorso NOME COGNOME lamenta la violazione dell’art. 13 della l. 431/98.
Nell ‘ illustrazione del motivo è formulata una tesi giuridica che, ad onta della sua verbosità, si può riassumere come segue:
-) i contratti di locazione non registrati sono nulli;
-) l’art. 13, comma 6, l. 431/98, stabilisce che se il contratto di locazione non viene registrato, il conduttore può chiedere la restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto alla misura del canone risultante ‘ dagli accordi collettivi stipulati e prodotti ‘;
-) la Corte d’appello ha pertanto violato tali norme, di fatto rendendo priva di conseguenze la violazione, da parte del locatore, dell’obbligo di registrazione del contratto.
1.1. Il motivo è fondato solo in parte, ma per una ragione giuridica diversa da quella indicata dal ricorrente.
Ciò tuttavia non ne impedisce l’accoglimento sulla base del seguente principio di diritto: <> (così Sez. 3, Sentenza n. 19132 del 29/09/2005; in senso conforme, ex multis : Sez. 3, Sentenza n. 20328 del 20/09/2006; Sez. 5, Sentenza n. 24183 del 13/11/2006; Sez. 3, Sentenza n. 6935 del 22/03/2007; Sez. 3, Sentenza n. 4994 del 26/02/2008; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10841 del 17/05/2011; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 3437 del 14/02/2014; Sez. 3 – , Ordinanza n. 18775 del 28/07/2017; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26991 del 05/10/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 34437 del 23/11/2022).
2. Delimitazione del thema decidendum .
Il presente giudizio ha ad oggetto una fattispecie concreta dalle seguenti caratteristiche:
il conduttore ed il locatore hanno stipulato per iscritto (così rispettando la prescrizione del comma 4 dell’art. 1, l. n. 431 del 1998) un contratto di locazione di immobile ad uso abitativo c.d. ‘a canone libero’ ; il canone dunque è stato legittimamente concordato ad libitum dalle parti, ai sensi dell’art. 2, comma 1, della l. 9.12.1998 n. 431 (sulla questione si è formato il giudicato interno);
il contratto non è stato registrato né tempestivamente, né tardivamente;
non vi fu simulazione del canone: il canone previsto nel contratto scritto ma non registrato corrisponde a quello effettivamente versato.
2.1. A questa Corte si chiede dunque di stabilire se sia corretta la pretesa del conduttore di ottenere la restituzione della differenza tra il canone pattuito e versato in virtù d’un contratto scritto ma non registrato, ed il canone previsto:
dall’art. 13, comma 6, l. 431/98, ovvero, in subordine,
dall’art . 13, comma 5, l. 431/98.
2.2. Deve premettersi che, nel fornire l’esatta interpretazione delle norme suddette, ex art. 65 ord. giud., questa Corte dovrà muovere dall’assunto che il contratto oggetto del contendere sia nullo, questione sulla quale la Corte d’appello, con statuizione non impugnata in questa sede, ha ritenuto essersi formato il giudicato.
Tuttavia non può questa Corte non rilevare, per maggior chiarezza, che il contratto oggetto del presente giudizio non era nullo: esso infatti fu stipulato ad aprile del 2004, e cioè prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 34 6, della legge n. 311 del 2004, avvenuta il 1° gennaio 2005.
Questa Corte infatti ha ripetutamente affermato che la comminatoria di nullità dei contratti di locazione non registrati, introdotta dall’art . 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004 ‘ si applica solo ai contratti stipulati dopo l’entrata in vigore delle citate norme, giusta il principio tempus regit actum , non derogato da alcune speciale disposizione transitoria ‘ (Sez. 3, Ordinanza n. 4265 del 16/2/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 28143 del 6/10/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 11902 del 5.5.2023; Sez. 3, Sentenza n. 26398 del 7/9/2022; Cass. Sez. 3, 21/07/2022, n. 22828; Cass. Sez. 3, 28/12/2016, n. 27169; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6408 del 6.3.2020; Sez. 3, Ordinanza n. 2866 del 6/2/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1279 del 21/1/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23192 del 17/9/2019; Sez. 3, Sentenza n. 23181 del 27/9/2018; Sez. 3, Sentenza n. 4920 del 2/3/2018 e soprattutto Cass. Sez. U. n. 18213 del 2015).
Tuttavia l’erronea dichiarazione di nullità del contratto non incide sulla sorte del ricorso nei termini sopra preannunciai: infatti, per quanto si dirà, anche i contratti sottratti ratione temporis alla sanzione della nullità per omessa registrazione possono essere soggetti all’istituto della ‘riconduzione a congruità’, a partire dall’entrata in vigore della legge n. 208 del 2015.
3. Disciplina dei contratti di locazione non registrati.
Il contratto di locazione di immobile non registrato è nullo (a partire dal 1° gennaio 2005 , data di entrata in vigore della disposizione dell’art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004); non è questo il nostro caso, ma come appena detto, sulla dichiarazione di nullità vi è giudicato interno)
Le conseguenze di questa nullità sono mutate nel corso del tempo.
3.1. Tra il 1° gennaio 2005 (data di entrata in vigore della comminatoria di nullità per mancata registrazione) ed il 31.12.2015 (data di entrata in vigore della l. 208/15) la legge non dettava una particolare disciplina per l’ipotesi di nullità d’un contratto che fosse stato concluso per iscritto, a canone libero, non simulato, e che, tuttavia, non fosse stato registrato. L’omessa registrazione, naturalmente, rilevava solo sul piano fiscale. l’art. 13, commi quarto e quinto, della l. 431/98
Fino alla fine del 2015, infatti, dettava disposizioni particolari solo per tre ipotesi di nullità:
(a) contratti a canone libero nulli per simulazione del canone;
(b) contratti a canone concordato nulli per pattuizione d’un canone eccedente quello stabilito dalle associazioni di categoria;
(c) rapporti locatizi di fatto imposti dal locatore.
Per le ipotesi sub (a) e (b) il comma quinto dell’art. 13 l. 431/98 nel suo testo originario prevedeva la restituzione dell’eccedenza versata rispetto al canone pattuito o dovuto; per l’ipotesi sub (c) prevedeva che fosse il giudice a fissare la misura del canone, in misura non eccedente quella stabilita dalle associazioni di categoria.
Ebbene, in ragione del tenore della ricordata disciplina, fino al 31.12.2015 la mancata registrazione d’un contratto a canone libero, pur determinando una nullità del contratto in base alla norma citata (a condizione della stipulazione a far tempo dalla sua entrata in vigore), ove il contratto fosse stato stipulato per iscritto e non fosse stato simulato quoad ammontare del canone, non comportava conseguenze sulla sostanziale debenza dell’importo corrispondente al canone effettivamente convenuto.
In questo arco di tempo, infatti, il conduttore, pur se avesse fatto valere la nullità per omessa registrazione, non poteva vantare di norma il diritto alla restituzione delle somme pagate a titolo di canone, perché esse sarebbero state comunque dovute a titolo di indennità di occupazione (Cass. n. 19808 del 2024).
Nel periodo di tempo compreso tra la stipula del contratto (2004) ed il 1° gennaio 2016), pertanto, il ricorso è infondato, in quanto in quell’arco di tempo la legge non prevedeva la ‘riconduzione a congruità’ dei contratti scritti, a canone libero, non simulati ma non registrati.
3.2. Ovviamente, per i fini che qui interessano e con riguardo al contratto di cui è processo, non vengono in rilievo le disposizioni cui fa riferimento l’attuale comma 5 dell’art. 13 della l. n. 431 del 1998, giacché non risulta in alcun modo che rispetto ad esse ci si sia a suo tempo avvalsi del disposto di esse, com’è noto dichiarate incostituzionale dal Giudice delle Leggi e le cui conseguenze applicative emergono dall’attuale disposto del comma 5, la cui introduzione -è altrettanto noto -ha superato invece il vaglio di quel Giudice.
3.3 . Le conseguenze della nullità per mancata registrazione d’un contratto a canone libero, scritto e non simulato, sono mutate per effetto dell’art. 1, comma 59, della l. 28.12.2005 n. 208, in vigore dal 1° gennaio 2016. Quella legge modificò il sesto comma dell’art. 13 della l. 431/98, prevedendo
la c.d. ‘riconduzione a congruità’:
(a) dei contratti a canone libero ma simulato (art. 13, comma 6, primo periodo);
(b) dei contratti a canone concordato ma eccedente la misura stabilita dalle associazioni di categoria ( ibidem );
(c) dei contratti per i quali ‘il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione nel termine di cui al comma 1 del presente articolo’ (art. 13, comma 6, terzo periodo). Tale previsione si coordina con la coeva introduzione a carico del locatore dell’obbligo di registrare il contratto entro
trenta giorni dalla stipula (art. 13, comma 1, secondo periodo, come modificato dalla l. 208/15).
Ricorrendo quest’ultima ipotesi l’art. 13, comma 6, quarto periodo, l. cit. stabilisce che ‘ nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione il giudice determina il canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell’articolo 2 ‘ .
4. Retroattività della l. 28.12.2015 n. 208.
La l. 208/15 si applica -in particolare quanto agli effetti delle disposizioni innovative appena ricordate – a tutti i contratti non registrati: sia a quelli stipulati dopo la sua entrata in vigore; sia a quelli stipulati prima ma ancora in corso; sia a quelli non soggetti ratione temporis alla comminatoria di nullità per mancata registrazione (donde l’irrilevanza, cui già si è fatto cenno, dell’errore commesso dal giudice di merito nel dichiarare nullo un contratto che tale non era , in quanto stipulato prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 346 più volte evocato).
Infatti la legge 208/15 introdusse nell’art. 13 l. 431/98 un nuovo comma 7, nel quale si stabilì che ‘ le disposizioni di cui al comma 6 devono ritenersi applicabili a tutte le ipotesi previste insorte sin dall’entrata in vigore della presente legge ‘ .
Nell’interpretare tale previsione questa Corte ha già stabilito che l’inciso ‘ dall’entrata in vigore della presente legge ‘ dev’essere inteso come relativo alla legge n. 431 del 1998 (Cass. n. 9475 del 2021).
Per effetto di esso, pertanto, dal momento dell ‘ entrata in vigore della legge n. 208 del 2015 il novellato comma 6 (e la ivi prevista ‘riduzione a congruità’) è divenuto applicabile a tutti i contratti stipulati sin dalla data di entrata in vigore della legge n. 431 del 1998, purché pendenti alla data di entrata in vigore della l. del 2015.
4.1. Da quanto esposto discende che la ‘riconduzione a congruità’ di cui all’art. 13, comma sesto, quarto periodo, della l. 431/98, come modificato dalla l. 208/15, si applica, a partire dalla sua entrata in vigore:
(a) sia ai contratti anteriormente stipulati, ma nulli per mancata registrazione;
(b) sia ai contratti anteriormente stipulati, ma non soggetti alla comminatoria di nullità per difetto di registrazione, in quanto stipulati prima del 1° gennaio 2004.
La l. 208/15 infatti ha inteso sanzionare il locatore che non provveda a registrare il contratto: ma l’obbligo di registrazione sul piano meramente fiscale sussisteva anche prima dell’introduzione dell’art. 1, comma 346, l. 311/04, sebbene sino ad allora non fosse sanzionato con la comminatoria di nullità.
Pertanto il locatore, una volta sopravvenuta la modifica di cui alla l. 208/15, avrebbe non solo potuto, ma dovuto procedere -ai sensi del comma 1, secondo inciso, dell’art. 13 – alla registrazione del contratto, ed in tal caso quest’ultimo sarebbe stato immune dalla c.d. riconduzione a congruità introdotta da quella modifica.
5. Contenuto e limiti della ‘riconduzione a congruità’.
Stabilito dunque che al contratto oggetto del contendere si applica, a partire dal 1° gennaio 2016, l’art. 13, comma sesto, quarto periodo, l. 431/98, restano da stabilire l’oggetto ed i limiti della ‘riconduzione a congruità’ di cui alla norma appena citata, nel caso di contratto scritto, a canone libero, non simulato ma non registrato.
5.1. Come accennato, le conseguenze della nullità comminata ai contratti di locazione non registrati sono stabilite dall’art. 13, comma 6, terzo e quarto periodo, l. 431/98.
Tali disposizioni stabiliscono due cose: quali facoltà abbia il conduttore, e quali poteri abbia il giudice.
Le facoltà del conduttore sono stabilite dal terzo periodo del comma 6 dell’art. 13 l. cit.: richiedere, nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile, la ‘ restituzione delle somme indebitamente versate’ .
I poteri del giudice sono stabiliti dal quarto periodo del comma 6 dell’art. 13 l. cit.: accertare l’esistenza del contratto di locazione e determinare il canone dovuto, ‘ che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell’articolo 2 ‘ .
5.2 . L’art. 2 della l. 431/98 prevede tuttavia due tipi di contratti di locazione. Al comma 1 è disciplinato il contratto c.d. ‘a canone libero’, nel quale le parti sono libere di determinare il corrispettivo del godimento dell’immobile quomodolibet .
Al comma 3 è disciplinato il canone c.d. ‘a canone concordato’, nel quale le parti stipulano il contratto alle condizioni stabilite ‘ in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative ‘ .
5.3. Sorge così il problema di stabilire se l’art. 13, comma 6, quarto periodo, della l. 431/98, là dove stabilisce che il giudice nel fissare il canone dovuto dal conduttore che abbia stipulato un contratto non registrato non può eccedere ‘ il valore definito ai sensi dell’articolo 2’, abbia inteso rinviare al comma 1 di tale norma (contratti a canone libero); al comma 3 (contratti a canoe concordato) o a tutti e due, a seconda di quale sia il contenuto del contratto non registrato.
Reputa il Collegio che il rinvio contenuto nell’art. 13, comma 6, quarto periodo, ‘ all’articolo 2 ‘ tout court , senza ulteriori distinzioni di commi, vada interpretato nel senso che il giudice, nel determinare il canone dovuto nel caso di contratto non registrato, non potrà in nessun caso stabilire un canone superiore a quello risultante dagli accordi delle associazioni di categoria, anche se il contratto non registrato era stato stipulato a canone libero. Con una sola, ovvia eccezione: allorché il canone liberamente pattuito risulti inferiore a quello concordato dalle associazioni di categoria.
5.4. L’art. 13, comma 6, quarto periodo, l. 431/98 stabilisce infatti che il giudice quando stabilisce il canone dovuto ai fini della riconduzione a congruità non possa eccedere il canone ‘ definito ai sensi dell’art. 2’ .
L’art. 2, come s’è detto, disciplina al comma 1 l’ipotesi del canone liberamente pattuito , ed al comma 3 l’ipotesi del canone fissato in conformità a quello indicato dalle associazioni di categoria.
Ora, d’un canone liberamente pattuito dalle parti non potrebbe dirsi che esso sia ‘ definito’ . L’uso di questo participio (in luogo di quello, ad es., di ‘ pattuito’ , ‘ concordato’ , ‘ negoziato’ , ‘stipulato’ ) induce a ritenere che il legislatore abbia inteso rinviare non ad un canone scelto per accordo delle parti, ma ad un canone fissato da regole estranee alla volontà delle parti: ovvero, per l’appunto, quello concordato dalle associazioni di categoria.
6. Conclusioni.
L’incrocio tra le varie ipotesi di nullità previste dall’art. 13, comma 6, l. 431/98, e le due tipologie di contratti previste dall’art. 2 della stessa legge può quindi generare le seguenti ipotesi:
è stipulato e registrato un contratto a canone libero, ma il canone realmente pattuito eccede quello simulatamente dichiarato: il patto è nullo ed è dovuto il canone dichiarato;
è stipulato e registrato un contratto a canone concordato, ma il canone pattuito eccede quello stabilito dalle associazioni di categoria: il patto è nullo ed è dovuto il canone concordato dalle associazioni di categoria;
è stipulato, ma non registrato, un contratto scritto e non simulato: il contratto è nullo ed il canone è fissato dal giudice in misura non eccedente quello concordato dalle associazioni di categoria, tanto nel caso di contratto a canone libero, quanto nel caso di contratto a canone concordato ; salva l’ipotesi in cui il canone liberamente pattuito fosse inferiore a quello concordato dalle associazioni di categoria;
per i contratti scritti e non simulati, stipulati prima del 1° gennaio 2016, la riconduzione a congruità è invocabile solo a partire dal 1° gennaio 2016.
6.1. Il ricorso deve dunque essere accolto, e la sentenza impugnata cassata con rinvio, nei limiti sopra indicati ed in applicazione del seguente principio di diritto generale:
‘ il contratto di locazione ad uso abitativo a canone libero, scritto e non simulato, ma non registrato, stipulato prima del 1° gennaio 2016, è soggetto alla ‘riconduzione a congruità’ prevista dall’art. 13, comma 6, terzo e quarto periodo, l. 431/98, ma solo a partire dal 1° gennaio 2016. Nell’ipotesi suddetta il giudice, nello stabilire il canone dovuto, non può eccedere la misura concordata dalle associazioni di categoria, ai sensi dell’art. 2, comma 3, l. 431/98, e ciò sia nel caso di contratto stipulato a canone libero, sia nel caso di contratto stipulato a canone concordato’ .
Con riferimento alla specifica vicenda l’indicato principio di diritto può essere ulteriormente specificato per il giudice del rinvio nei termini seguenti:
<>.
Resta assorbita la censura prospettata in via gradata dal ricorrente, intesa a censurare il rigetto della domanda subordinata con la quale il ricorrente ha chiese che il canone da lui dovuto fosse determinato ai sensi de ll’art. 13, comma 5, l. 431/98.
Tale censura – lo si rileva ad abundantiam sarebbe stata comunque infondata.
Infatti l’art. 13, comma 5, l. 431/98 (come introdotto dalla l. 208/15) disciplina una fattispecie ben precisa ed estranea , come s’è già detto, per quanto emerge dalla carenza assoluta di prospettazione delle parti, al presente giudizio: e cioè la disciplina applicabile ai contratti nei quali il conduttore avesse pagato tra il 7.4.2011 ed il 16.7.2015 un canone pari al triplo della rendita catastale, beneficiando delle previsioni dell’art. 3, comma 9, lettera (c), del d. lgs. 14.3.2011 n. 23.
2.1. Questa tormentata vicenda, cui già si è fatto cenno ( supra , § 3.2), è ben nota: nel 2011 utilizzando lo strumento della legge delegata, il Governo stabilì che la misura del canone e la durata dei contratti di locazione non registrati fossero sostituiti ope legis da quelli previsti dal suddetto art. 3 d. lgs. 23/11. La Corte costituzionale (sentenza 14.3.2014 n. 50) ritenne la norma illegittima per carenza di delega; il legislatore ne fece salvi gli effetti con l’art. 5, comma 1ter , del d.l. 28.3.2014, n. 47; la Corte costituzionale tuttavia dichiarò costituzionalmente illegittima anche questa ulteriore previsione (sentenza 16.7.2015 n. 169).
Sorse così il problema di stabilire la sorte dei canoni pagati in misura ridotta tra il 7.4.2011 (data di entrata in vigore del d. lgs. 23/11) ed il 16.7.2015 (data di pubblicazione della sentenza 169/15 della Corte costituzionale).
A tanto provvide l’art. 1, comma 59, della l. 28.12.2015, n. 208, che riscrisse l’intero art. 13 della l. 431/98 . La riforma stabilì che il conduttore, il quale nel quadriennio suddetto avesse pagato un canone pari al triplo della rendita catastale, fidando nelle previsioni del d. lgs. 23/11, legittimamente potesse pretendere di non restituire alcunché.
L’uso del passato prossimo (‘ i conduttori che hanno versato nel periodo ecc.’ ) rende palese che la norma non s’applica al caso di specie: essa fu chiaramente una norma di sanatoria, dettata per garantire lo status quo in tutti i casi in cui il conduttore aveva dato attuazione ad una legge poi dichiarata costituzionalmente illegittima.
Il che, come si è detto, non consta sia avvenuto nella vicenda di cui è processo.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
P.q.m.
(-) accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della