Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33527 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33527 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 7170-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 228/2020 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 21/12/2020 R.G.N. 93/2019;
Oggetto
R.G.N. 7170/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 30/10/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
1. La Corte d’appello di Perugia, respinta la eccezione di inammissibilità del gravame della lavoratrice per violazione dell’art. 342 c.p.c. e dell’art. 348 bis c.p.c., in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE con inquadramento della dipendente al livello 4S del c.c.n.l. degli Studi Professionali, dal 23 febbraio 2007 al 23 ottobre 2008, e condannato la società al pagamento delle connesse differenze retributive e del trattamento di fine rapporto come in dispositivo quantificati; ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato alla COGNOME con lettera del 23 ottobre 2008 e condannato RAGIONE_SOCIALEal risarcimento del danno quantificato nella misura di tre mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori dalla data del licenziamento al saldo;
2. per quel che ancora rileva, la Corte distrettuale, premesso essere pacifico in causa che la COGNOME, anche dopo la formale cessazione, in data 22 febbraio 2007, del periodo di tirocinio teorico-pratico per il corso di masso-fisioterapista svolto presso la RAGIONE_SOCIALE aveva continuato a prestare la propria attività lavorativa all’interno del Poliambulatorio fino al giorno del licenziamento, praticando in totale autonomia i trattamenti per i quali aveva acquisito la piena abilitazione, ha ritenuto la sussistenza inter partes di un rapporto di lavoro subordinato a partire dal 23 febbraio 2007; in relazione al periodo successivo al 2 gennaio 2008, data in cui la COGNOME era stata formalmente assunta con contratto di apprendistato professionalizzante part.
time al 60% , la Corte di merito ha ritenuto la nullità di tale contratto per vizio genetico della causa, essendo l’apprendistato finalizzato al conseguimento di un inquadramento (4S c.c.n.l. degli Studi Professionali) che la lavoratrice già possedeva alla data del 23 febbraio 2007, con la conseguenza della trasformazione del contratto di apprendistato in contratto di lavoro a tempo indeterminato, con diritto della Sorbi alle relative differenze calcolate sulla base della rielaborazione (in ragione del minore periodo riconosciuto) dei conteggi di parte ricorrente, non specificamente contestati dalla società convenuta; quanto al licenziamento per giusta causa, lo stesso era stato intimato in violazione del termine a difesa stabilito dall’art. 7, comma 6 St. lav. e tanto, assorbite le ulteriori deduzioni della lavoratrice in punto di indeterminatezza della contestazione e di sproporzione della sanzione, comportava la condanna della società al risarcimento del danno ex art. 8 della legge n. 604/1966;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE sulla base di cinque motivi; la parte intimata ha resistito con controricorso;
parte ricorrente ha depositato memoria;
Considerato che
Con il primo motivo parte ricorrente deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 329, 342, 434 c.p.c. censurando la sentenza impugnata per omesso rilievo della inammissibilità dell’appello per mancata indicazione delle parti impugnate della sentenza di primo grado
e delle modifiche richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal Tribunale;
con il secondo motivo deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c. nonché degli artt. 132, comma 2 n. 4 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere fatto ricade re sulla società l’onere della prova dei fatti costitutivi della pretesa azionata in giudizio; secondo parte ricorrente la Corte di merito aveva errato nel ritenere conseguenziale alla cessazione del tirocinio l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato; in relazione a tale profilo denunzia, inoltre, apparenza di motivazione; analoga nullità, per carenza di motivazione, assume in relazione all’affermazione relativa al difetto di contestazione dei conteggi prodotti dalla originaria ricorrente;
con il terzo motivo deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49 d. lgs . n. 276/2003 e dell’art. 29 c.c.n.l. Studi Professionali censurando la statuizione di nullità del contratto di apprendistato professionalizzante per contrasto con il disposto dell’art. 49 d. lgs. n. 276/2003, con particolare riferimento alla possibilità di sommare i periodi di apprendistato svolti nell’ambito del diritto -dovere di istruzione e formazione con quelli dell’apprendistato professionalizzante, nel rispetto del limite di durata di cui al comma 3, come confermato dall’art. 29 c.c.n.l. cit.;
con il quarto motivo deduce ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. censurando la sentenza impugnata per violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunziato in relazione al
rilievo di nullità del contratto di apprendistato professionalizzante, che assume avvenuto in difetto di specifica domanda in tal senso avanzata nel ricorso di primo grado e in violazione del divieto di nova in appello. Rappresenta che il giudice di primo grado aveva già dichiarato tardive ed inammissibili le doglianze e deduzioni formulate per la prima volta in sede di note conclusive di controparte in relazione alla illegittima instaurazione del rapporto di lavoro nelle forme del contratto di apprendistato – questione mai posta nel ricorso introduttivo – ovvero sulla tipologia del rapporto a tempo parziale; evidenzia che la COGNOME non aveva impugnato tale statuizione;
con il quinto motivo deduce ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 2015 e 2119 c.c. ; sostiene che a fronte dell’accertamento dei fatti a base del recesso datoriale e della loro gravità, l’intimato licenziamento risultava legittimo;
6. il primo motivo di ricorso è inammissibile;
6.1. la sentenza impugnata, nel respingere la eccezione della società di inammissibilità dell’appello per difetto di conformità al modello legale delineato dall’art. 434 c.p.c., ha osservato che l’atto di impugnazione, pur non risultando formalmente articolato nella maniera indicata nei numeri 1 e 2 dell’art. 434 c.p.c. conteneva un’esposizione sufficientemente chiara e specifica dei capi della sentenza sottoposti a censura e delle diverse argomentazioni contrapposte a quelle del giudice di primo grado onde pervenire ad una definizione della causa a sé favorevole. Ha evidenziato che le censure articolate in sede di gravame tendevano ad ottenere una diversa valutazione delle emergenze istruttorie e che l’impugnazione investiva questioni
di fatto e di diritto già incluse nel thema decidendum di primo grado; in tal modo ha mostrato di ritenere il sostanziale rispetto delle prescrizioni dettate dall’art. 434 c.p.c. nella relazione dell’atto di gravame;
6.2. le doglianze articolate dall’appellante non sono idonee ad incrinare la valutazione di ammissibilità dell’appello; invero, in relazione al vizio denunziato, ricondotto al mezzo di cui all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., si rileva la conformità a diritto del parametro normativo al quale il giudice di appello ha mostrato di ancorare il proprio accertamento; a fronte della verifica della sostanziale idoneità dell’atto di gravame a consentire la individuazione delle parti impugnate della sentenza di primo grado e delle ragioni della richiesta riforma in argomentata contrapposizione alla motivazione espressa dal primo giudice, l’abbandono di prospettive formalistiche nel vaglio di ammissibilità si rivela pienamente conforme all’insegnamento di legittimità ed in particolare al dictum di Cass. Sez. Un. n. 36481/2022, secondo la quale <>;
7. il secondo motivo di ricorso è da respingere;
7.1. la censura che denunzia apparenza di motivazione, esaminata con priorità per il carattere dirimente collegato all’eventuale accoglimento, è priva di pregio; risultano infatti percepibili in termini chiari ed esaustivi gli elementi in fatto e le ragion i in diritto alla base dell’ accertamento della esistenza di un rapporto di lavoro subordinato avendo a tal fine la Corte di merito valorizzato, da un lato, il fatto che il tirocinio, secondo quanto attestato nella relazione finale predisposta dalla società medesima, era stato effettuato per le attività di massoterapia, tecar, ecc. e, dall’altro, la circostanza pacifica- che la COGNOME, anche dopo tale data aveva continuato a prestare la propria attività all’interno del Poliambulatorio, senza alcuna solu zione di continuità fino al giorno del licenziamento e, quindi anche dopo la formale instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato connesso al contratto di apprendistato professionalizzante;
7.2. non sussiste la denunziata violazione della regola di distribuzione dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. in quanto la sentenza impugnata non contiene alcuna affermazione in contrasto con il criterio per il quale è sulla parte attrice, e quindi nel caso specifico sulla lavoratrice, che ricadeva la prova dei fatti costitutivi della domanda; sotto il profilo applicativo è da evidenziare che l’accoglimento (parziale) della domanda della COGNOME non è frutto dell’applicazione dell’art. 2697 c.c. quale regola residuale di giudizio in conseguenza della quale la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all’accertamento della sussistenza del diritto in
contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi, ma del concreto accertamento fattuale delle modalità di atteggiarsi del rapporto di lavoro alla stregua delle emergenze in atti;
7.3. è inammissibile, per come concretamente formulata, la deduzione di violazione dell’art. 115 c.p.c. la quale, come chiarito dal giudice di legittimità, non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di merito abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ma soltanto nel caso in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (v. ex aliis Cass. Sez. Un. n. 20867/2020, Cass. n. 4699/2018, Cass. n. 2434/2016); parimenti inammissibile la deduzione di violazione dell’art. 116 c.p.c. configurabile solo allorché il giudice apprezzi liberamente una prova legale, oppure si ritenga vincolato da una prova liberamente apprezzabile (Cass., Sez. Un., n. 11892/2016, Cass. n. 13960/2014, Cass. n. 26965/2007), ipotesi nello specifico non ricorrenti;
7.4. la censura avente ad oggetto il ritenuto carattere pacifico della circostanza secondo la quale la COGNOME, anche dopo la cessazione del periodo di formale tirocinio, aveva continuato a prestare la propria attività lavorativa all’interno del Poliambulatorio fino al giorno del licenziamento, la stessa non è formulata correttamente nel senso che non è censurabile per apparenza di motivazione, come in concreto avvenuto, ma sotto il profilo della violazione dell’art. 115 c.p.c., richiedendosi a riguardo, in virtù del principio di autosufficienza, la trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata
la non contestazione che il ricorrente pretende di negare (Cass. 20637/2016);
8. il terzo motivo di ricorso è inammissibile;
8.1. in primo luogo, la questione relativa alla possibilità di sommatoria dei periodi di formazione con quelli di tirocinio, questione implicante accertamento di fatto, non è stata specificamente affrontata dalla Corte di merito per cui costituiva onere di parte ricorrente dimostrare la avvenuta rituale deduzione della stessa nei gradi di merito (Cass., n. 20694/2018, Cass. n., 15430/2018, Cass. n. 23675/2013), come non avvenuto; in secondo luogo, in ogni caso, l’invocata applicazione dell’art. 49 d. lgs. n. 276/2003 risultava preclusa stante l’avvenuta abrogazione della disposizione, all’epoca dei fatti di causa, per effetto dell’art. 7, comma 6, d. lgs. n. 167/2011;
il quarto motivo di ricorso è inammissibile per la dirimente considerazione che le censure spiegate in punto di eventuale tardività della domanda di nullità riferita al contratto di apprendistato professionalizzante risultano superate e quindi assorbite dal concreto accertamento di merito relativo all’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato in epoca antecedente alla stipula del contratto in oggetto;
il quinto motivo è inammissibile perché non si confronta con la ragione fondante la declaratoria di illegittimità del licenziamento alla quale è estranea ogni valutazione attinente alla sussistenza o meno della giusta causa, venendo, viceversa in rilievo un vizio della procedura rappresentato dal difetto della previa contestazione dell’addebito, circostanza che di per sé
comporta l’illegittimità del licenziamento ( Cass., n. 14326/2012, Cass. n. 14487/2007, Cass. n. 6135/1998, Cass. n. 4719/1983, Cass. n. 3130/1983);
11. al rigetto del ricorso consegue la condanna della parte soccombente alla rifusione delle spese processuali ed pagamento, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali, dell’ulteriore importo del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, com ma quater d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 5.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 30 ottobre