Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30272 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30272 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5223/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, quale titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 1788/2021, depositata il 13/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
Il Tribunale di Foggia ha ingiunto a NOME COGNOME, quale titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE, di pagare alla società RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 3.605,22, a titolo di saldo per l’installazione di un portone motorizzato industriale. L’ingiunto ha proposto opposizione, deducendo nel merito la mancata esecuzione a regola d’arte dei lavori, non collaudati perché non erano state completate le opere di automatismo elettrico, e facendo valere domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento dell’installatore e richiesta di risarcimento del danno. L’opposta si è costituita e ha eccepito la tardività della denuncia dei vizi dell’opera, avvenuta mesi dopo l’installazione e l’intervento di altra ditta, cui andava eventualmente addebitato il danno lamentato.
Il Tribunale di Foggia ha accolto l’opposizione e ha revocato il decreto ingiuntivo; ha pronunciato la risoluzione del contratto per inadempimento dell’opposta e ha condannato quest’ultima al risarcimento del danno, pari al rimborso delle spese per la rimozione del cancello, nella misura di euro 1.200.
La sentenza è stata appellata da RAGIONE_SOCIALE. La Corte d’appello di Bari, con la sentenza n. 1788/2021, ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso NOME COGNOME, titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
Il primo motivo lamenta nullità della sentenza per l’omesso esame della doglianza relativa alla ‘interruzione del nesso eziologico con dedotto inadempimento, inesigibilità della prova
liberatoria, lesione diritto di difesa’ per violazione dell’art. 112 c.p.c.
Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello, in relazione alla doglianza dell’appellante che lamentava che il Tribunale non avesse attribuito importanza all’intervento di altra ditta, con rilevanza per quanto concerne il nesso causale tra la sua condotta e il danno lamentato, ha osservato come il consulente tecnico d’ufficio abbia riscontrato i vizi denunciati da COGNOME, ossia il disallineamento del portone rispetto alle guide e la deformazione dei rulli di scorrimento posti a soffitto, l’errata installazione del rullo di avvolgimento del cavo in acciaio, la presenza di tagli in corrispondenza dell’alloggiamento del rullo e il mancato completamento del sistema di automazione. Tali vizi il giudice di merito ha ritenuto, sulla base della suddetta consulenza tecnica, essere presenti e addebitabili alla ricorrente, non riconoscendo pertanto rilevanza all’intervento di riparazione svolto da un’altra ditta. Si tratta di un accertamento in fatto, come tale insindacabile da parte di questa Corte di legittimità, rispetto al quale non è ravvisabile il denunciato vizio di omessa pronuncia.
2) Il secondo motivo contesta violazione degli artt. 1655 e 1470 c.c. per avere la Corte d’appello ritenuto che l’elemento qualificante del contratto di appalto, rispetto alla vendita, risieda nella corrispondenza tra il produttore del bene venduto e l’installatore; per la Corte di merito non vi è vendita se il prodotto venduto e installato non è di ‘produzione propria’.
Il motivo non può essere accolto. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘ai fini della differenziazione tra vendita ed appalto, quando alla prestazione di fare, caratterizzante l’appalto, si affianchi quella di dare, tipica della vendita, deve aversi riguardo alla prevalenza o meno del lavoro sulla materia, con riguardo alla volontà dei contraenti oltre che al senso oggettivo del negozio, al fine di accertare se la somministrazione della materia sia un
semplice mezzo per la produzione dell’opera e il lavoro lo scopo del contratto (appalto), oppure se il lavoro sia il mezzo per la trasformazione della materia e il conseguimento della cosa l’effettiva finalità del contratto (vendita)’ (così Cass. n. 5935/2018; cfr. anche Cass. n. 17855/2023, Cass. 20301/2012 e Cass. n. 20391/2008). Tale orientamento è stato applicato dalla Corte d’appello che, nel qualificare il contratto concluso tra le parti come contratto di appalto, ha -con accertamento in fatto -considerato la volontà perseguita dalle parti attraverso la conclusione del contratto e ha ritenuto prevalente il lavoro sulla materia. La stessa ricorrente, d’altro canto, con la domanda monitoria ha fatto valere un credito relativo ‘all’installazione di un portone sezionale motorizzato’ (v. al riguardo la pag. 9 del controricorso).
Il terzo motivo denuncia l’omesso esame di quanto devoluto in appello, violazione dell’art. 112 c.p.c., se non anche nullità della sentenza per omessa motivazione in ordine alle ragioni di gravame contenute nell’atto di appello con riferimento alla patente erroneità della consulenza tecnica d’ufficio e alle molteplici omissioni dell’ausiliario.
Il motivo non può essere accolto. La ricorrente contesta al giudice d’appello la mancata pronuncia del quarto motivo di gravame che lamentava (v. pag. 15 del ricorso) ‘l’assenza di qualità dell’elaborato peritale’, il ‘percorso motivazionale utilizzato (o meglio non utilizzato) per superare le deduzioni puntuali’ da essa formulate in primo grado, il fatto che nonostante fossero passati otto anni il Tribunale avesse ritenuto che i vizi riscontrati andassero retrodatati al momento della consegna. La Corte d’appello ha pronunciato sul motivo: ha infatti ritenuto che la consulenza tecnica d’ufficio si sia svolta nel pieno contradditorio delle parti, avendo l’ausiliario del giudice dato risposta alle osservazioni formulate dal difensore di controparte, che aveva scelto di non nominare un proprio consulente tecnico, e che tutte le doglianze
‘siano state riscontrate’ e come il Tribunale le abbia a sua volta considerate in sentenza. Tali rilievi presuppongono la considerazione che il tempo intercorso tra l’installazione del portone e lo svolgimento della consulenza tecnica d’ufficio non ha impedito il rilievo dei vizi e il riscontro che tali vizi derivavano da difetti della installazione, profili di fatto la cui valutazione spettava ai giudici di merito svolgere e che non possono essere rivalutati da questa Corte di legittimità.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio a favore del controricorrente, che liquida in euro 1.700 di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione