SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ANCONA N. 1295 2025 – N. R.G. 00000859 2022 DEPOSITO MINUTA 28 10 2025 PUBBLICAZIONE 28 10 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA
Composta dai signori Magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
PIERGIORGIO COGNOME
Consigliere
COGNOME GIUNGI
NOME. Relatore
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. NUMERO_DOCUMENTO promossa
DA
in persona del titolare e legale rapp.te p.t., con sede in Rapagnano INDIRIZZO) alla INDIRIZZO;
CF: ; C.F.
rapp.to e difeso dall’AVV_NOTAIO del Foro RAGIONE_SOCIALE Fermo ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Fermo al INDIRIZZO;
(appellante)
NEI CONFRONTI DI
nato a Montegranaro (AP) il DATA_NASCITA, residente in Servigliano INDIRIZZO) alla INDIRIZZO;
rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO del Foro di Fermo ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Fermo alla INDIRIZZO;
(appellato)
AVVERSO la sentenza n. 407/2022 del 30.06.2022 del Tribunale di Fermo, resa in procedimento n. 2200/2016 RGC.
OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo.
CAUSA posta in decisione con provvedimento del giorno 23.01.2025.
CONCLUSIONI DELLE PARTI: Il procuratore dell’appellante ha concluso come da proprie note di trattazione scritta, autorizzate ex art. 83 D.L. 18/2020.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
L’ ha impugnato la decisione in epigrafe con la quale era stata accolta l’opposizione a decreto ingiuntivo nei confronti della medesima promossa da nonché parzialmente accolte anche le domande riconvenzionali avanzate da quest’ultimo.
Si è costituito in appello per resistere all’impugnazione e chiedere la conferma della decisione gravata.
La causa è stata trattenuta in decisione, con concessione dei termini di rito a difesa, a seguito di trattazione scritta con provvedimento del 23.01.2025.
La presente motivazione è redatta in maniera sintetica secondo quanto previsto dall’art. 132 cpc, dall’art. 118 disp. att. cpc e dall’ art. 19 del d.l. 83/2015 convertito con l. 132/2015 che modifica il d.l. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 17.12.2012 nonché in osservanza dei criteri di funzionalità, flessibilità, deformalizzazione dell’impianto decisorio della sentenza come delineati da Cass. SSUU n. 642/2015.
L’appellante muove nei confronti della decisione gravata le censure che come di seguito possono essere brevemente compendiate.
Avrebbe innanzitutto errato il Tribunale di Fermo nel rigettare la domanda di pagamento avanzata dall’ sulla base del contratto di appalto sottoscritto inter partes in data 16.08.2012: in realtà, ripete l’appellante reiterando sul punto una contestazione già sollevata in primo grado, tale contratto dovrebbe ritenersi nullo per contrarietà a norme imperative. Invero, deduce l’Impresa risulterebbe documentato agli atti come il
avrebbe ricevuto dalla Regione Marche, ai sensi di quanto previsto dalla L. 61/1998, un contributo a fondo perduto di complessivi € 292.324,15= –
la cui ultima tranche di € 58.464,83=, oggetto dell’ingiunzione, avrebbe dovuto essere corrisposta ad ultimazione dei lavori -che, secondo la normativa di riferimento, sarebbe di esclusiva spettanza dell’impresa esecutrice dei lavori e dunque di essa appellante. Lo stesso Direttore dei Lavori ing. come ancora previsto dalla normativa, aveva rilasciato la dovuta attestazione secondo la quale l’ aveva terminato i lavori commissionatile ed era dunque in attesa del pagamento dell’ultima tranche degli stessi, pari appunto all’importo dell’ultima erogazione contributiva di € 58.000,00= circa. In considerazione di ciò, pertanto, l’appellante reiterava la domanda di pagamento proposta con il decreto ingiuntivo opposto.
Con una seconda censura, poi, l’ ha altresì contestato la regolazione delle spese di lite di primo grado in quanto le stesse -in considerazione del rigetto anche di parte delle domande riconvenzionali del -avrebbero dovuto essere integralmente compensate.
Costituendosi in appello, ha evidenziato le ragioni di conferma della decisione gravata, per la quale ha insistito.
L’impugnazione proposta non è meritevole di accoglimento e va rigettata.
Occorre innanzitutto muovere dal dato per cui non è possibile prescindere -al fine della regolazione dei reciproci rapporti tra le parti -dalla stipulazione tra le medesime del contratto di appalto del 16.08.2012. Detto contratto innanzitutto,
indiscutibilmente, si riferisce precisamente (come è evidente dalla perfetta corrispondenza dei dati ricavabili dal contratto medesimo con quelli contenuti nella comunicazione del Comune di Servigliano del 15.01.2009 relativa alla erogazione del contributo pubblico) ai lavori di ristrutturazione e miglioramento sismico sull’immobile di proprietà del sito in Servigliano, relativi al progetto presentato dall’ing. assentito con permesso di costruire n. 21/2008 da parte dello stesso Comune, ogget to dell’ingiunzione di pagamento dell’ Ora come già spiegato correttamente dal Tribunale di Fermo -non vi è alcuno spazio per una valutazione di nullità del predetto contratto non solo perché oggettivamente non si individua alcuna norma (neppure tra quelle relative alla erogazione dei contributi a fondo perduto per la ricostruzione conseguente agli eventi sismici che hanno interessato, a partire dall’anno 1997, la Regione Marche) che commini in alcun modo detta nullità, ma anche perché -comunque -la stessa deduzione di nullità invocata dall’opposto appellante appare estremamente carente già sotto il profilo allegatorio, non spiegando minimamente l’appellante quale norma, nella situazione di specie, prevederebbe tale grave trattamento sanzionatorio, e per quale ragione. Ciò chiarito, non può ignorarsi che il contratto di appalto in questione -peraltro dettagliato e circostanziato nelle sue previsioni -prevede un corrispettivo a favore dell’Impresa (€ 140.000,00=) ben minore rispetto al contributo complessivo pubblico erogato, sulla base peraltro della
circostanza, pure essa contrattualizzata, per cui quest’ultima subentrava a precedente altra impresa (la RAGIONE_SOCIALE) che aveva iniziato i lavori ma non li aveva completati. L’apparente discrasia dunque tra l’importo complessivo del corrispettivo in contratto di appalto ed il maggiore ammontare del contributo concesso (discrasia che, comunque, a mente della normativa di settore relativa alla concessione del contributo, mai si sarebbe potuta risolvere in una indebita locupletazione del proprietario posto che le somme erogate, sebbene veicolate su di un conto corrente dedicato a questi intestato, potevano soltanto essere bonificate all’impresa esecutrice dei lavori, previa presentazione da parte della stessa della documentazione giustificativa) è ben spiegata dalla indicata circostanza della avvenuta sostituzione della precedente impresa esecutrice e dunque dalla non completa esecuzione, da parte della di tutti i lavori di sistemazione originariamente previsti in progetto. Né de l resto l’impresa opposta appellante ha fornito prova di una eventuale contrarietà alla realtà di quanto specificamente, sul punto, riferito dal contratto di appalto. In questo quadro probatorio complessivo, dunque, non appaiono rilevanti ai fini del decidere né la dichiarazione del (agli atti del fascicolo di parte opposta in primo grado) – con la quale lo stesso riconosceva il diritto della ad ottenere la liquidazione della seconda tranche del contributo pubblico (e ciò perché, come si ricava dalla missiva del del 15.01.2009 tale ‘seconda tranche’ non
era appunto quella oggetto dell’ingiunzione, ovvero la terza, ed era comunque di importo economico tale € 116.929,66= – da essere pienamente compatibile con la pattuizione del corrispettivo complessivo contrattuale) -né l’attestazione del D.L. secondo cui all’ avendo ultimato i lavori, doveva essere erogata anche l’ultima tranche del contributo. Pur costituendo difatti tale dichiarazione del DL un dato oggettivamente contrastante (almeno in parte) con la previsione contrattuale, non può non attribuirsi maggiore e determinante rilevanza alla pattuizione stipulata tra i diretti interessati e avente, come tale, forza di legge tra i medesimi. Alla luce delle considerazioni che precedono, ed evidenziato che l’ -men che mai in appello -ha minimamente contestato di non aver ricevuto il corrispettivo pattuito nel contratto del 16.08.2012, non può che confermarsi qui il rigetto della domanda di pagamento dalla medesima avanzata con il decreto ingiuntivo opposto.
Non risulta fondato, poi, neppure il secondo motivo di impugnazione, posto che in primo grado la posizione dell’Impresa è risultata completamente soccombente rispetto a quella del anche se le domande riconvenzionali dallo stesso avanzate, seppure accolte, non lo sono state nella misura dallo stesso inizialmente richiesta. Del tutto correttamente, pertanto, le spese di primo grado sono state poste a carico di parte opposta.
Quanto alle spese del presente grado, anch’esse seguono il principio generale della soccombenza e dunque debbono essere poste a carico dell’appellante
secondo la liquidazione in dispositivo, operata sulla base dello scaglione di valore applicabile alla fattispecie (€ 52.001,00=/€ 260.000,00=).
P.Q.M.
La Corte di Appello di Ancona, definitivamente pronunciando, così provvede:
Rigetta l’appello;
Condanna l’ a rifondere a le spese del grado che liquida in complessivi € 5.000,00= (di cui € 1.500,00= per fase di studio; € 1.000,00= per fase introduttiva; € 2.500,00= per fase decisoria). Il tutto oltre al 15% LP, CAP e IVA come per legge;
Dichiara la sussistenza delle condizioni per il pagamento, da parte dell’appellante, di ulteriore importo a titolo di CU.
Così deciso in Ancona nella Camera di Consiglio del giorno 16/09/2025.
Il Giudice Ausiliario Relatore
Il Presidente
AVV_NOTAIO
Dott. NOME COGNOME