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Contratto di appalto: prevale l’accordo tra le parti

Una società di costruzioni ha impugnato una sentenza che le negava un pagamento, sostenendo la nullità del contratto di appalto perché difforme dalle regole di un finanziamento pubblico. La Corte d’Appello ha respinto il ricorso, affermando che il contratto firmato tra le parti ha forza di legge e prevale, non essendo stata dimostrata alcuna causa di nullità. L’impresa ha quindi diritto solo al compenso pattuito e non all’intero importo del contributo pubblico.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto di appalto: l’accordo tra le parti prevale sulla normativa dei fondi pubblici

Quando si eseguono lavori edili finanziati con contributi pubblici, cosa prevale in caso di discrepanza: quanto scritto nel contratto di appalto o le regole del finanziamento? Una recente sentenza della Corte di Appello di Ancona chiarisce questo punto fondamentale, sottolineando la forza vincolante dell’accordo privato tra committente e impresa.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce da una richiesta di pagamento, avanzata da un’impresa edile tramite decreto ingiuntivo, per il saldo di lavori di ristrutturazione e miglioramento sismico su un immobile privato. I lavori erano stati finanziati da un cospicuo contributo a fondo perduto erogato dalla Regione Marche.

Il proprietario dell’immobile si era opposto al decreto ingiuntivo e il Tribunale di primo grado gli aveva dato ragione, accogliendo anche in parte le sue domande riconvenzionali. L’impresa costruttrice, non soddisfatta, ha quindi presentato appello, sostenendo una tesi molto specifica: il contratto di appalto sottoscritto con il committente doveva considerarsi nullo perché in contrasto con le norme imperative che regolavano l’erogazione del contributo pubblico. Secondo l’impresa, l’intera somma del contributo, inclusa l’ultima tranche oggetto della disputa, le spettava di diritto.

La Posizione delle Parti

L’impresa appellante basava la sua difesa su due punti principali:
1. Nullità del contratto: Sosteneva che l’accordo privato, prevedendo un corrispettivo inferiore al totale del contributo pubblico, violasse la normativa di settore, che destinava i fondi esclusivamente all’impresa esecutrice. Di conseguenza, il contratto doveva essere considerato nullo.
2. Diritto al pagamento: In virtù di tale presunta nullità, l’impresa riteneva di avere diritto a ricevere l’intera ultima tranche del finanziamento pubblico, come attestato anche dal Direttore dei Lavori che aveva confermato il completamento delle opere.

Il proprietario dell’immobile, invece, chiedeva la conferma della sentenza di primo grado, insistendo sulla piena validità ed efficacia del contratto di appalto firmato, che definiva chiaramente il corrispettivo pattuito tra le parti.

Le Motivazioni della Corte d’Appello sul contratto di appalto

La Corte di Appello ha rigettato l’impugnazione dell’impresa, confermando la decisione del Tribunale. Le motivazioni dei giudici sono chiare e si fondano su principi cardine del diritto civile.

Innanzitutto, la Corte ha stabilito che il contratto di appalto del 16 agosto 2012 è l’unico documento che regola i rapporti economici tra le parti. Tale contratto ha “forza di legge tra le parti” e non può essere ignorato. L’argomentazione sulla nullità è stata giudicata estremamente debole, in quanto l’impresa non ha saputo indicare quale specifica norma imperativa sarebbe stata violata al punto da causare una sanzione così grave come la nullità dell’intero accordo.

In secondo luogo, i giudici hanno trovato una spiegazione logica alla discrepanza tra l’importo del contributo pubblico (€ 292.324,15) e il corrispettivo pattuito nel contratto (€ 140.000,00). Era emerso che l’impresa appellante era subentrata a una precedente ditta che aveva iniziato i lavori senza completarli. Il suo compenso era quindi relativo solo alla porzione di opere di sua competenza, e non all’intero progetto finanziato.

Infine, la Corte ha ritenuto irrilevanti sia la dichiarazione del committente che riconosceva il diritto dell’impresa a ottenere la liquidazione, sia l’attestazione del Direttore dei Lavori. Di fronte a una chiara pattuizione contrattuale, questi elementi non potevano modificarne il contenuto. La volontà espressa nel contratto rimane sovrana.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale: il contratto è l’atto che definisce diritti e obblighi delle parti. Anche in presenza di finanziamenti pubblici, gli accordi privati liberamente sottoscritti mantengono la loro piena efficacia, a meno che non venga provata una specifica e grave violazione di legge che ne comporti la nullità. La sola differenza tra il valore di un contributo e il prezzo pattuito in un appalto non è, di per sé, sufficiente a invalidare l’accordo. Per le imprese e i committenti, questa decisione sottolinea l’importanza di redigere contratti chiari e dettagliati, poiché saranno questi a costituire il riferimento principale in caso di controversie.

Un contratto di appalto può essere considerato nullo se il suo importo è diverso da un contributo pubblico ricevuto per gli stessi lavori?
No, secondo questa sentenza, la sola differenza di importo non rende nullo il contratto. Le parti sono vincolate da quanto hanno liberamente pattuito e la discrepanza può avere altre spiegazioni logiche, come in questo caso il subentro in lavori già iniziati.

Cosa prevale tra gli accordi di un contratto di appalto e le normative che regolano l’erogazione di un finanziamento pubblico?
Nei rapporti tra le parti private (committente e appaltatore), prevalgono gli accordi stabiliti nel contratto, che ha forza di legge tra di loro. La normativa sui finanziamenti regola il rapporto tra il beneficiario e l’ente erogatore, ma non può automaticamente invalidare un contratto privato, a meno che non si dimostri la violazione di una norma imperativa che commini espressamente la nullità.

A chi spetta l’onere di provare la nullità di un contratto?
Spetta alla parte che invoca la nullità. In questo caso, l’impresa appellante non è riuscita a specificare quale norma imperativa sarebbe stata violata né a fornire prove concrete a sostegno della sua tesi, motivo per cui la sua domanda è stata respinta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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