Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10386 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10386 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21305-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE E RAPPRESENTANTI DI RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente – avverso la sentenza n. 33/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 11/01/2019 R.G.N. 1844/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
RAGIONE_SOCIALE
R.G.N.21305/2019
COGNOME
Rep.
Ud.25/03/2025
CC
RITENUTO CHE
Con sentenza n.33/19, in riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di Roma accoglieva l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso un decreto ingiuntivo ottenuto da Fondazione Enasarco e relativo ad omesso pagamento di contributi per il periodo 2006-2011.
Riteneva la Corte che non fossero qualificabili come contratti di agenzia, bensì di trasporto, una serie di contratti conclusi tra la società e i trasportatori di beni caseari che consegnavano i prodotti ai supermercati della grande distribuzione con la formula della tentata vendita, ovvero secondo un prezzo variabile in ragione della quantità di merce chiesta al momento della consegna dal responsabile del supermercato. Stesso discorso doveva farsi, secondo la Corte d’appello, per gli autotrasportatori che consegnavano per la distribuzione al dettaglio, sebbene costoro avessero la facoltà di promuovere la vendita di beni.
Infine, la Corte qualificava come procacciamento d’affari tre contratti conclusi con tre ditte, valorizzando la esiguità del fatturato, compatibile con un’attività occasionale.
Avverso la sentenza, Fondazione Enasarco ricorre per tre motivi, illustrati da memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, illustrato da memoria.
In sede di odierna udienza camerale, il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
RILEVATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la Fondazione deduce omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ovvero: tutti i collaboratori (agenti, procacciatori e autotrasportatori) operavano in una prefissata zona con il sistema della tentata vendita ed erano retribuiti con un compenso provvigionale sul fatturato.
Con il secondo motivo di ricorso, la Fondazione deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art.1678 c.c., in quanto non sarebbe conforme al tipo contrattuale del trasporto la commisurazione del prezzo alla quantità di beni di volta in volta consegnati al destinatario.
Con il terzo motivo di ricorso, la Fondazione deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt.1742 ss. cod.civ., per avere la Corte ricondotto i tre contratti con i collaboratori non all’agenzia ma al procacciamento d’affari, nonostante si trattasse di attività continuativa e stabile.
Il primo motivo è infondato.
Lungi dall’aver omesso di considerare che gli autotrasportatori erano pagati in base alla merce che consegnavano, la Corte ha menzionato tale fatto, ma lo ha reputato irrilevante al fine di affermare l’esistenza di un contratto d’agenzia.
In particolare, ha considerato che: a) gli autotrasportatori addetti alla grossa distribuzione non potevano promuovere ordini presso terzi e non provvedevano alla vendita; b) la tipologia di prodotti da consegnare e il prezzo erano stabiliti non da loro, ma da accordi tra la struttura commerciale della società e il
responsabile del supermercato; c) il sistema della tentata vendita non escludeva la qualificazione del contratto in termini di trasporto, poiché l’obbligazione era unica e aveva ad oggetto il trasporto di prodotti caseari e la consegna ai supermercati, men tre l’aggancio del prezzo al quantitativo di consegna non snaturava la prestazione di trasporto ed era una condizione imposta dagli esercizi commerciali per addossare il rischio dell’invenduto alla società fornitrice; d) gli autotrasportatori non riscuotevano mai il prezzo della merce consegnata.
Nel trasporto agli esercizi che lavorano per la distribuzione al dettaglio, gli autotrasportatori avevano la facoltà di promuovere la vendita di beni, ma non si trattava di un obbligo, e occorreva riferire in via preventiva alla società affinché questa desse la propria approvazione e indicasse il prezzo del trasporto.
Quanto all’assegnazione di zona esclusiva, la Corte d’appello ne ha parlato con riferimento ai 3 procacciatori, negando che l’ esclusività determinasse, in via automatica, l’obbligatorietà dell’attività di promozione dell’affare e la riconducibilità dei contratti allo schema dell’agenzia .
Il secondo motivo è infondato.
L’art.1678 c od.civ. non indica un criterio vincolante di determinazione del prezzo ad opera delle parti affinché il contratto possa qualificarsi come trasporto. Dunque, non è escluso dall’art.1678 c od.civ . che le parti, nell’ambito della loro autonomia contrattuale, possano determinare il corrispettivo del trasporto in base al criterio del quantitativo della merce trasportata e poi consegnata.
Va aggiunto che la non riconducibilità al contratto di trasporto della pattuizione del corrispettivo in ragione del quantitativo di merce consegnata, secondo la tesi della ricorrente, non porterebbe in sé sola alla riconduzione del contratto concluso alle parti al contratto d’agenzia, per il quale occorrono i requisiti dell’art.1472 c od.civ., che la Corte d’appello ha comunque escluso per le ragioni di cui s’è già detto al primo motivo.
Il terzo motivo è inammissibile.
Sebbene rubricato come violazione di legge, il motivo deduce una questione di fatto, contestando l’applicazione in concreto dei principi di stabilità e continuità dell’attività dei procacciatori fatta dalla Corte.
Ricordato in linea generale che i caratteri distintivi del contratto di agenzia sono l ‘ obbligo dell’agente di svolgere attività continuativa e stabile per promuovere, nell ‘ ambito di una determinata sfera territoriale, la conclusione di contratti per conto del preponente; il procacciamento di affari, invece, consiste nella più limitata attività di chi, solo di propria iniziativa, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie occasionalmente le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all ‘ imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni (Cass.23214/2024), va detto che la Corte non ha violato tali principi. Ha infatti evidenziato che: non vi era obbligo dei tre procacciatori di procurare affari alla società; il fatturato era modesto e ciò dava ragione alla connotazione di occasionalità dell’attività dei procacciatori, i quali non agivano in esclusiva.
Il motivo, nonostante la formale critica di violazione di legge ex art.360 n.3 c.p.c., censura in modo inammissibile le valutazioni di merito sulla non continuità e sulla mancata stabilità dell’attività dei tre procacciatori. Invero, non viene recuperato dal motivo alcuno degli elementi richiesti dall’art.360, co.1, n.5 c.p.c. al fine di non incorrere nell’inammissibilità del gravame.
Conclusivamente il ricorso va respinto con condanna alle spese di lite secondo soccombenza.
i sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.