Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13012 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13012 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29039/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che l a rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 2091/2019 depositata il 21/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.La RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) e la RAGIONE_SOCIALE stipulavano, nel 2006, un contratto con cui la prima incaricava la seconda di promuovere contratti di leasing in una determinata zona.
Il 20 ottobre 2020 la RAGIONE_SOCIALE recedeva dal contratto lamentando che la RAGIONE_SOCIALE, in violazione dell’art. 1748 c.c., non aveva pagato, senza alcuna ragione, provvigioni per oltre 39.000 su alcuni contratti, ‘non aveva portato a stipula’ contratti per cui sarebbero spettate all’agente provvisioni complessivamente pari a varie centinaia di migliaia di euro, già ‘accettati’ o per cui vi era stato un parere favorevole del proprio ufficio crediti, senza informare l’agente di ragioni per cui i contratti ‘per cui dopo una prima valutazione di convenienza’ non erano stati conclusi, così violando l’obbligo informativo di cui all’art. 1749 c.c. La RAGIONE_SOCIALE pretendeva il pagamento delle provvigioni maturate, il pagamento dell’indennità di cui all’art. 1751 c.c. e il pagamento del fondo indennità risoluzione rapporto.
RAGIONE_SOCIALE, a sua volta, con raccomandata del 10 febbraio 2011, dichiarava risolto il contratto in danno della controparte alla quale addebitava violazioni inerenti la clausola di zona, violazione del ‘carattere fiduciario’ dell’incarico per essersi la RAGIONE_SOCIALE ‘avvalsa, nell’affare <>’, senza autorizzazione, della
collaborazione della società RAGIONE_SOCIALE, violazioni della normativa antiriciclaggio.
La questione veniva portata in giudizio e l’adito tribunale di Treviso accertava le inadempienze contestate alla RAGIONE_SOCIALE dalla RAGIONE_SOCIALE, accertava l’inesistenza di inadempienze oggetto della contestazione reciproca, riteneva le inadempienze accertate integrative di giusta causa di recesso, condannava la preponente al pagamento delle indennità richieste dalla agente, rigettava le richieste di risarcimento della RAGIONE_SOCIALE.
La decisione del Tribunale veniva confermata dalla Corte di Appello di Venezia, con la sentenza in epigrafe;
contro
questa sentenza la RAGIONE_SOCIALE ricorre con due motivi avversati dalla RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Le parti hanno depositato memoria; considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso viene lamentato ‘omesso esame degli atti da cui emergevano i presupposti per ritenere integrata la fattispecie della risoluzione del contratto per inadempimento della RAGIONE_SOCIALE‘, in relazione all’art. 360, primo comma, n 5. c.p.c.’;
2.con il secondo motivo di ricorso viene lamentata ‘violazione o errata applicazione degli artt. 11, 15, 19, 21 e 30 del dlgs.231/07 in relazione all’art. 360 primo comma, n.3, c.p.c.’. La Ebc deduce che la Corte di Appello ha errato nell’escludere la violazione da parte della RAGIONE_SOCIALE della normativa antiriciclaggio;
3. va preliminarmente rigettata l’eccezione della controricorrente secondo cui la ricorrente, avendo contestato la sentenza impugnata solo per quanto riguarda le affermazioni dei giudici territoriali relative all’inadempimento della controricorrente ma non per quanto riguarda le affermazioni dei giudici territoriali relative al proprio inadempimento, non potrebbe trarre vantaggio dall’accoglimento del ricorso. L’eccezione di carenza di interesse
(art. 100 c.p.c.) è infondata atteso che dall’eventuale accoglimento dei ricorso deriverebbe la necessità di riconsiderare le iniziali domande risarcitorie e, potenzialmente, il loro accoglimento;
il primo motivo è inammissibile perché non si confronta con la ratio della decisione.
4.1. In riferimento alle dedotte ‘violazione del carattere fiduciario dell’incarico’, ‘violazione del patto c.d. di zona’ e alla ‘violazione degli obblighi in materia di antiriciclaggio, trasparenza e adeguata verifica’, la ricorrente deduce che la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto degli articoli del contratto stipulato inter partes in cui erano stabiliti il carattere fiduciario del rapporto e il divieto per l’agente di servirsi di sub -agenti senza autorizzazione della preponente, il patto di zona, gli obblighi in materia di antiriciclaggio né dell’articolo dello stesso contratto in cui era previst a la facoltà della preponente di risolvere il contratto per l’inadempimento del divieto, del limite di zona e degli obblighi sopradetti.
4.2. La Corte di Appello non ha trascurato il contenuto degli articoli contrattuali.
Ha invece affermato che:
quanto alla dedotta violazione del ‘carattere fiduciario’ dell’incarico per essersi la RAGIONE_SOCIALE ‘avvalsa, nell’affare <>’, senza autorizzazione, della collaborazione della società RAGIONE_SOCIALE, dagli atti prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE risultava che la RAGIONE_SOCIALE venuta a conoscenza della collaborazione prestata dalla RAGIONE_SOCIALE non aveva sollevato alcuna contestazione alla RAGIONE_SOCIALE, aveva concluso il contratto e incassato il corrispettivo e proseguito il contratto con ciò ratificando l’operato della agente;
quanto alla dedotta violazione della clausola di zona, dagli atti prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE era emerso che la stessa aveva procurato alla RAGIONE_SOCIALE varie proposte di contratto fuori della zona di operatività prevista, che tali proposte erano sempre state accettate, che tale condotta ‘in deroga alla clausola’ era stata idonea ‘ad ingenerare
un legittimo affidamento dell’agente sulla approvazione da parte del preponente di tale condotta’ escludendo che la deroga importasse ‘inadempimento’;
quanto alla dedotta violazione degli obblighi della normativa antiriciclaggio, che la deduzione era generica e che la violazione non era stata dimostrata;
5.il secondo motivo è inammissibile perché non si confronta con la decisione impugnata.
5.1. Si legge nella motivazione della sentenza della Corte di Appello che la violazione della normativa antiriciclaggio da parte della agente, dedotta dalla Ebc, ‘non risulta provata neppure dagli atti dell’ispezione della Banca d’Italia’.
5.2. Il motivo si riduce alla trascrizione delle norme evocate in rubrica (artt. 11, 15, 19, 21 e 30 del dlgs.231/07) e alla apodittica affermazione per cui il passaggio motivazionale appena riportato sarebbe errato.
5.3. Siamo al di sotto anche della struttura argomentativa sottesa a molte ipotesi di ricorso -pur essa inammissibile perché scambia il ruolo della Corte di cassazione per quello di una terza istanza di merito- secondo la quale, poiché il giudice di merito ha ritenuto i fatti X mentre i fatti sono in realtà Y, allora sono state violate le norme giuridiche Z.
all’inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese;
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in €7000,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r . 115/2002, si dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma 23 aprile 2024.