Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30161 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30161 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2459-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4045/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/11/2018 R.G.N. 3281/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/10/2025 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
CONTRIBUTI PREVIDENZIALI
R.G.N.2459/2019
Ud 24/10/2025 CC
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE adiva con ricorso il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE e chiedeva annullarsi il verbale ispettivo e dichiararsi non dovute le somme indicate dal verbale stesso a titolo di contributi e sanzioni e tanto previo accertamento dell’insussistenza del rapporto di agenzia come presupposto dalla RAGIONE_SOCIALE tra la stessa società ricorrente e due diverse società. La RAGIONE_SOCIALE si costituiva chiedendo il rigetto del ricorso e ribadendo che a fondamento della pretesa c’era un rapporto di agenzia intercorso tra i soggetti in questione; l’RAGIONE_SOCIALE spiegava domanda riconvenzionale per ottenere la condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 45.432,22 a titolo di contributi evasi e sanzioni. Il Tribunale di Roma, sezione lavoro, respingeva il ricorso in opposizione della RAGIONE_SOCIALE e accoglieva la domanda riconvenzionale dell’RAGIONE_SOCIALE.
Avverso detta sentenza ha proposto appello la RAGIONE_SOCIALE L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita in grado di appello chiedendo rigettarsi l’impugnazione. Con la sentenza n. 4045/2018 depositata il 09/11/2018 la Corte di Appello di Roma, sezione lavoro, in riforma della sentenza impugnata, accertava che tra la RAGIONE_SOCIALE e le altre due società interessate non era intercorso alcun rapporto di agenzia, ma un rapporto di procacciamento di affari, dichiarava non dovute le somme richieste dalla RAGIONE_SOCIALE a titolo di contributi e sanzioni, dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale dell’RAGIONE_SOCIALE e regolava le spese del doppio grado di giudizio.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, spiegando tre motivi di
ricorso. RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
La parte controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 24/10/2025.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione di legge e cioè degli artt. 1742 ss c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. Si critica la sentenza impugnata perché -nel ritenere insussistente il rapporto di agenzia -ha ritenuto dimostrato il solo requisito della continuità della prestazione ma non quello della stabilità, trascurando che nel contratto intercorso tra le parti sussisteva anche una clausola che imponeva un termine di preavviso in caso di recesso.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge e in particolare degli artt. 1321 e 1372 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.c. e si critica la sentenza che avrebbe errato nell’interpretare e nel qualificare l’accordo intercorso tra le parti perché si tratterebbe di un vero e proprio contratto di agenzia, vincolante tra le parti, e non di un rapporto di procacciamento di affari.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente perché connessi logicamente e giuridicamente e perché criticano in realtà sotto il medesimo profilo, e cioè sotto il profilo della qualificazione del contratto intercorso tra le parti, la sentenza impugnata.
I motivi sono inammissibili nella parte in cui, dopo avere invocato la sussistenza di una violazione di legge e aver contestato, peraltro in modo generico, la qualificazione del contratto condotta dalla Corte di Appello criticano, nella
sostanza, la valutazione delle prove e l’apprezzamento in fatto compiuti dalla stessa Corte territoriale, così cercando di rimettere al giudizio di legittimità una inammissibile ripetizione dell’accertamento in fatto già condotto nel merito.
4.1. La Corte di Appello ha prima inquadrato correttamente la cornice giuridica entro la quale qualificare la fattispecie sottolineando come, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, i caratteri distintivi del contratto di agenzia dal rapporto di procacciamento di affari vadano individuati nella contemporanea presenza degli elementi della continuità e della stabilità. Di seguito la sentenza impugnata ha valutato una pluralità di elementi istruttori e di indici concreti acquisiti nell’istruttoria escl udendo che fosse ravvisabile il carattere della stabilità del rapporto e, per questa via, ha qualificato i rapporti escludendo che si trattasse di contratti di agenzia.
4.2. Il motivo non indica in quale modo sarebbe stato violato l’art. 1742 c.c. che definisce il rapporto di agenzia ma si limita a contrapporre, alla qualificazione del rapporto offerta dalla sentenza di appello, la propria diversa qualificazione. La violazione degli artt. 1321 e 1372 c.c. è meramente enunciata, ma in alcun modo specificata e si risolve in una contestazione della valutazione delle emergenze istruttorie condotta dalla pronuncia impugnata.
4.3. Il solo elemento concreto che i due motivi, parallelamente, invocano nel denunciare un errore nella qualificazione giuridica del contratto è costituito dalla circostanza che le parti avevano previsto – per la possibilità di recesso – un termine di preavviso e tanto sarebbe sufficiente, secondo il ricorso, a dimostrare la sussistenza del requisito della stabilità del rapporto e, per questa via, la sussistenza del contratto di agenzia.
4.4. Sotto questo profilo i motivi sono infondati e la sentenza impugnata va esente da censure: la sussistenza della clausola che prevede un termine di preavviso per l’efficacia del recesso non vale a dimostrare la stabilità del rapporto, ma ha un contenuto non univoco e vale a dimostrare piuttosto il contrario e cioè che la parte poteva recedere ad nutum dal vincolo solo riconoscendo il preavviso.
4.5. Peraltro vale richiamare nello stesso senso l’orientamento di questa Corte – espresso tra le altre pronunce da Cass. 3/11/2021, n. 31353 e Cass. 3/11/2023, n. 30667 che in analoghe controversie non ha ritenuto incompatibile con la qualificazione del rapporto quale procacciamento di affari la clausola di recesso con preavviso né ha ritenuto la stessa clausola decisiva per la sussistenza di un contratto di agenzia.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione di legge e cioè degli artt. 1743 c.c. e 1748, secondo comma, c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. e si critica la sentenza perché avrebbe escluso del tutto il rapporto di agenzia per il solo fatto che i collaboratori non avrebbero operato in via di esclusiva, così violando le disposizioni codicistiche invocate che non prevedono tale clausola come indefettibile ed essenziale in un contratto di agenzia.
5.1. Il motivo non si confronta con la reale motivazione della sentenza impugnata, che si fonda non solo su questo elemento, ma su un esame complessivo di plurimi elementi istruttori e giunge alla qualificazione del rapporto tra le parti in ragione della mancanza di stabilità, della mancanza di direttive, del difetto di un vincolo di zona e di esclusiva, del difetto del potere delle società procacciatrici di seguire le trattative e della mancata definizione di obblighi del procacciatore circa le modalità con le quali svolgere la sua
opera). Per questa via il motivo di impugnazione è inammissibile perché non tocca la reale ratio decidendi della sentenza impugnata.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Alla soccombenza fa seguito la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese, competenze e onorari, liquidate in ragione del valore di causa, in favore della parte controricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente alla rifusione nei confronti della parte controricorrente delle spese di lite liquidate in euro 4.500,00 (quattromilacinquecento) per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge; a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 24 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME