Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21255 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21255 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15256/2024 R.G. proposto da:
COGNOME titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME NOME COGNOME con domicilio digitale presso le PEC EMAIL e EMAIL
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso le PEC EMAIL e EMAIL
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1253/2024 depositata il 30/04/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME aveva concluso un contratto di appalto per la sistemazione del giardino con RAGIONE_SOCIALE attraverso il legale rappresentante della stessa NOME COGNOME
Questi, quale titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, aveva convenuto NOME COGNOME avanti al Tribunale di Milano affermando di aver eseguito, nella veste indicata, opere ulteriori rispetto a quelle inizialmente concordate a seguito di un successivo accordo con il committente; il convenuto si era costituito negando l’esistenza di accordi ulteriori e la debenza di altri importi oltre a quelli concordati con la società (egli aveva svolto anche una domanda riconvenzionale, respinta nelle fasi di merito senza più rilievi in sede di legittimità).
La domanda di pagamento svolta da NOME COGNOME, respinta in primo grado, era stata accolta dalla Corte d’Appello di Milano che, in integrale riforma della sentenza del Tribunale, aveva ritenuto esistente un secondo contratto di appalto per opere non comprese nel primo, intervenuto tra NOME COGNOME e l’imprenditore individuale NOME COGNOME.
Proposto ricorso per cassazione da NOME COGNOME, questa Corte di legittimità aveva accolto parzialmente il ricorso, quanto al secondo e al terzo motivo (con assorbimento del quarto e del quinto, rigettato il primo) sulla base delle seguenti considerazioni: ‘ La motivazione della Corte d’Appello, nel sovvertire l’esito del giudizio di primo grado, ha ritenuto di porre a fondamento della riforma le risultanze della prova testimoniale esperita. Pur dando atto che il teste COGNOME aveva risposto sui capi 3 e 4 della memoria istruttoria dell’attore, ha rilevato che il teste in merito al capo 3 aveva riferito che i lavori di cui al capitolo di prova erano stati eseguiti dalla ditta individuale, alle cui dipendenze all’epoca lavorava. Da tale risposta, la Corte d’Appello ha tratto la conclusione secondo cui i lavori extra contratto fossero stati eseguiti da parte della ditta individuale. Ha poi raccordato tale risposta con quanto dichiarato sul capitolo 4 di prova, e cioè che il COGNOME aveva richiesto opere, materiali, accessori, piante non previsti nel preventivo e che tutte le richieste furono eseguite, traendo da tale risposta la conferma che l’esecuzione delle opere fosse avvenuta da parte dell’impresa individuale. Tuttavia, la valutazione della deposizione appare a monte inficiata dall’erronea considerazione secondo cui anche il capitolo 3 avesse ad oggetto i lavori successivamente richiesti dal COGNOME, e diversi da quelli di cui al preventivo, che
le parti pacificamente riconducevano ad un contratto intervenuto con la società. Emerge in maniera evidente dalla lettura dei capitoli di prova, riportati in ricorso a pag. 18, che mentre il capitolo 3 aveva ad oggetto i lavori concordati con la società, solo il capitolo 4 investiva specificamente i lavori non indicati nel preventivo. Risulta quindi evidentemente erronea l’affermazione del giudice di appello che ha tratto dalla risposta data sul capo 3 dal teste la prova che fossero stati eseguiti anche i lavori extra. Piuttosto, una volta ritenuto, in ragione del tenore delle dichiarazioni del teste, che la materiale esecuzione dei lavori fosse stata eseguita perlomeno con personale alle dipendenze della ditta individuale, e ciò anche per quanto concerneva quelli oggetto di accordo intervenuto con la società, in presenza della contestazione da parte del COGNOME circa l’intervento di un diverso accordo con l’impresa individuale per quanto concerneva i lavori extra preventivo, la sola dichiarazione in merito all’avvenuta esecuzione anche delle successive richieste ad opera sempre dell’impresa individuale non permette di inferire anche l’effettiva conclusione di un diverso contratto tra il committente e l’attore, palesandosi equivoco il solo richiamo all’avvenuta esecuzione del contratto da parte della ditta individuale, posto che tale modalità esecutiva ha riguardato, come riferito dal teste in risposta al capitolo 3 di prova, anche quelle prestazioni rientranti nel preventivo e sicuramente riconducibili al contratto intervenuto con la società. In assenza di altri diversi elementi di prova idonei a confortare l’assunto dell’attore, circa la sua qualità di contraente nell’accordo volto a far eseguire lavori ulteriori rispetto a quelli preventivati, il solo richiamo all’avvenuta esecuzione delle opere da parte dell’impresa individuale non assume carattere obiettivamente univoco per trarre la prova dei fatti costitutivi della pretesa attorea. I motivi devono quindi essere accolti, imponendosi quindi la cassazione della sentenza ‘.
Riassunto il processo in sede di rinvio avanti alla Corte d’Appello di Milano, questa aveva respinto la domanda di pagamento di NOME COGNOME sulle seguenti considerazioni: ‘ Va preliminarmente osservato che, in sede di rinvio ex art. 392-bis c.p.c., questa Corte non può in alcun modo sindacare i presupposti fatti propri dalla Cassazione nell’ordinanza di remissione. Invero, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare, a più riprese, l’obbligo del giudice del rinvio di uniformarsi non soltanto alla regola giuridica, bensì anche alle premesse logico giuridiche assunte dalla Suprema Corte per la propria decisione ‘; ‘ Nel caso di specie, quindi, del tutto inconferente è quanto sostenuto dal resistente in
riassunzione in merito alla asserita erroneità del percorso argomentativo seguito dalla Corte di Cassazione, ed in particolare laddove lo COGNOME sostiene che il S.C. sia incorso in errori di valutazione e che l’ordinanza di rinvio risulti contraddittoria. Questo Collegio -si ribadisce – è vincolato, nel raggio del proprio sindacato, a quanto statuito dalla Suprema Corte nell’ordinanza di rinvio, non potendo certo effettuare una nuova indagine sui punti oggetto di valutazione o dati per presupporti dalla Suprema Corte, quali il fatto che i lavori di cui al preventivo erano stati pattuiti ed eseguiti dalla snc. e che dal capitolato n.3 di prova non può trarsi la conclusione che i lavori extra contratto siano stati eseguiti da parte della ditta individuale. Dunque, non può tenersi in alcuna considerazione la premessa fatta propria da quest’ultimo, il quale continua a ribadire che il capo n. 3 dei capitoli di prova riguardi le opere extra-contratto, quando risulta ex actis che il capitolo ivi deputato fosse il n. 4 (opere, materiali, accessori, piante non previsti nel preventivo n. 128 del maggio 2007), secondo quanto già evidenziato dalla Corte di legittimità. Per il resto, non emergono ulteriori e diverse prove in grado di suffragare la tesi di parte resistente. Al contrario, emerge chiaramente dall’interrogatorio formale del COGNOME che quest’ultimo fosse convinto di contrattare con lo COGNOME, per le opere extra, sempre quale rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE, e non già quale titolare dell’impresa individuale (cfr. atto di appellato, p. 10), come del resto già avvenuto per le opere comprese nel preventivo originario di € 100.000,00. Ugualmente, il fatto che lo COGNOME fosse intervenuto nelle trattative ulteriori con il COGNOME per le opere extra sempre in qualità di rappresentante della RAGIONE_SOCIALE.n.c., si evince altresì dall’escussione della teste COGNOME (moglie del COGNOME), …. Alla luce di quanto sopra, non può quindi ritenersi raggiunta alcuna prova dell’intervenuta conclusione di un diverso ed ulteriore contratto tra il COGNOME e l’impresa individuale di cui è titolare NOME COGNOME avente ad oggetto i lavori extra, coerentemente con quanto già rilevato in sede di legittimità, anche considerando che la Corte di Cassazione ulteriormente evidenzia, nell’ordinanza di rimessione, come ‘la sola dichiarazione in merito all’avvenuta esecuzione anche delle successive richieste ad opera sempre dell’impresa individuale non permette di inferire anche l’effettiva conclusione di un diverso contratto tra li committente e l’attore’. Inoltre, anche sotto un profilo prettamente logico, ad avviso di questa Corte risulterebbe del tutto irragionevole affermare che, dopo la stipula di contratto con una società appaltatrice, il committente richieda, senza soluzione di continuità,
ulteriori lavori aggiuntivi ad un soggetto formalmente diverso e tuttavia coincidente, come persona fisica, col legale rappresentante di quella stessa società, senza nemmeno rivolgersi in un primo momento all’originario contraente. In conclusione, la tesi di parte resistente risulta priva degli elementi necessari e sufficienti in grado di provare il presunto nuovo ed autonomo rapporto contrattuale, dovendosi -per converso -ritenere fondate le pretese restitutorie avanzate dal COGNOME ‘.
Propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo ad un solo motivo.
NOME COGNOME ha depositato controricorso.
Il solo ricorrente ha depositato memoria illustrativa delle difese già svolte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME articola un unico motivo di ricorso così articolato: ‘art.360 comma 1 n.5 cod. proc. civ.: omesso esame complessivo dei fatti oggetto di discussione, quali risultanti dalla prova testimoniale, ai fini di un nuovo apprezzamento adeguato ai rilievi contenuti nella sentenza di cassazione’.
La Corte di merito avrebbe commesso un primo errore nell’interpretazione dell’ordinanza di cassazione con rinvio, poiché l’accoglimento del secondo motivo di ricorso era stato effettuato per vizio di motivazione ex art.360 n.5 c.p.c., non per violazione di norme di diritto, con la conseguenza che non vi era alcun principio di diritto vincolante per il Giudice del rinvio; questo errore di interpretazione avrebbe dato origine ad un nuovo vizio di travisamento della prova, rilevante ancora ex art.360 n.5 c.p.c. per omesso apprezzamento del complessivo esito dell’istruzione probatoria condotta in primo grado. Se la Corte d’Appello avesse esaminato le prove testimoniali, unitamente all’esito dell’interrogatorio formale del COGNOME, avrebbe concluso nel senso che i lavori furono materialmente eseguiti da COGNOME, dipendente di Zazzera, e che il committente non ebbe mai alcun contatto con gli altri soci di RAGIONE_SOCIALE: infatti, anche ad ammettere che il primo contratto fu concluso con RAGIONE_SOCIALE s.n.c., la definizione dell’accordo direttamente tra le parti in causa quanto ai lavori extracontratto deriverebbe dalle deposizioni di COGNOME e COGNOME e dall’interrogatorio formale di COGNOME.
Il ricorso proposto deve essere respinto per le ragioni che seguono.
la sentenza impugnata contiene senz’altro un errore di diritto quanto all’individuazione della vincolatività della ordinanza rescindente della Corte di Cassazione, che interpreta come se il rinvio fosse conseguenza di violazione di legge
e contenesse quindi l’enunciazione del principio di diritto vincolante, ex art.384 c.p.c.
Così certamente non è, perché la pronuncia che ha disposto il rinvio ha evidenziato un vizio di motivazione che non permetteva, nella sostanza, di comprendere, per intrinseca contraddittorietà, il percorso logico seguito dalla Corte di merito per giungere alla decisione attraverso la valutazione del materiale probatorio, in particolare del contenuto delle dichiarazioni testimoniali assunte in relazione a specifici capitoli di prova sui quali i testi erano stati sentiti (il riferimento era, in particolare, al contenuto dei capi 3 e 4 del capitolato di prova articolato nell’interesse di NOME COGNOME e alla valenza conseguente delle risposte dei testimoni in relazione ad esso).
Essendo stato quindi il rinvio disposto per una rivalutazione del materiale istruttorio acquisito tale da condurre alla decisione attraverso un percorso logico riconoscibile e privo di contraddizioni, il Giudice di rinvio aveva piena libertà di esplicitazione dei poteri di interpretazione e valutazione propri del Giudice del merito, senza essere ‘costretto’ dal contenuto della sentenza rescindente, la quale in sede interpretativa incontra i limiti istituzionali propri del sindacato di legittimità -la giurisdizione di legittimità è vincolata all’accertamento dell’esistenza/non esistenza dei fatti svolto dal giudice del merito e non può sindacare la quaestio facti , se non nei limiti del controllo della motivazione: cfr., in tal senso, Cass. n.13358/2014; Cass. n.34894/2022. Come infatti chiarisce, in motivazione, l’ordinanza di questa Corte n.34894/2022 (riferita ad un’ipotesi in cui la sentenza rescindente aveva statuito l’ammissibilità della domanda riconvenzionale ritenuta invece inammissibile, e quindi non valutata nel merito, in sede di appello), ‘… l’efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio riguarda i termini oggettivi della controversia espressi o impliciti nella sentenza di annullamento ‘ e ‘ impedisce al giudice di attribuire un bene della vita diverso da quello domandato, ma non si estende al potere-dovere del giudicare di qualificare giuridicamente l’azione e di interpretare il titolo su cui si fonda e non impedisce al giudice di fondare la controversia e di applicare una norma di legge diversa da quella invocata dalla parte interessata (Cass. 10/02/2014, n. 2886) ‘; nella stessa logica, è da escludere quindi che la pronuncia rescindente che rileva un vizio nell’iter motivazionale volto a giustificare la decisione possa precludere la piena esplicitazione dei poteri tipicamente meritali di esame del Giudice di rinvio.
La Corte di merito avrebbe potuto e dovuto rivalutare le prove in autonomia.
Si deve però rilevare che, nonostante l’enunciazione di vincolatività dell’ordinanza di cassazione con rinvio, la Corte d’Appello di Milano ha in concreto rivalutato tutto il materiale probatorio acquisito, non subendo ma facendo propria l’osservazione della Corte di legittimità in ordine al contenuto dei capitoli 3 e 4 della prova orale dedotta da NOME COGNOME: la Corte di merito ha infatti condiviso e fatto proprio l’assunto secondo cui il capo di prova sub 3 si riferiva alle opere inizialmente concordate mentre il capo 4 era quello relativo alle opere extracontratto (in relazione alle quali il ricorrente richiede il pagamento); ferma l’esecuzione delle opere di cui si discute da parte del teste COGNOME su indicazione di NOME COGNOME sono state quindi riesaminate le prove orali e si è dato conto delle dichiarazioni testimoniali della teste COGNOME (moglie del controricorrente), con valorizzazione delle risposte di NOME COGNOME in sede di interrogatorio formale. All’esito di questo procedimento rivalutativo e nell’ambito dell’esercizio dei poteri propri del Giudice di merito la Corte d’Appello è giunta all’autonoma conclusione -pur affermata coincidente con quella enucleabile dalla pronuncia rescindente, che aveva più propriamente evidenziato l’insufficienza motivazionale, nei termini sopra chiariti, della sentenza d’appello sul punto – che la materiale esecuzione dei lavori non bastava a dimostrare l’esistenza di un accordo ulteriore rispetto all’originario, intervenuto tra le parti, precisando che ‘ anche sotto un profilo prettamente logico, ad avviso di questa Corte risulterebbe del tutto irragionevole affermare che, dopo la stipula di contratto con una società appaltatrice, il committente richieda, senza soluzione di continuità, ulteriori lavori aggiuntivi ad un soggetto formalmente diverso e tuttavia coincidente, come persona fisica, col legale rappresentante di quella stessa società, senza nemmeno rivolgersi in un primo momento all’originario contraente ‘ e che, ‘ In conclusione, la tesi di parte resistente risulta priva degli elementi necessari e sufficienti in grado di provare il presunto nuovo ed autonomo rapporto contrattuale ‘.
L’errore in diritto effettuato dalla Corte di merito nell’attribuire alla sentenza rescindente un’efficacia vincolante, in concreto inesistente, per il Giudice di rinvio non ha quindi inciso sullo svolgimento in sede rescissoria dell’attività meritale di rivalutazione del materiale probatorio acquisito al fine di giungere ad una decisione autonoma- motivata attraverso un iter argomentativo scevro da contraddizioni e vizi logici che era ciò che l’ordinanza rescindente aveva richiesto -.
Alla luce delle considerazioni che precedono le osservazioni di NOME COGNOME poste a fondamento del motivo di ricorso in esame propongono una diversa lettura e valorizzazione del materiale probatorio acquisito, in particolare delle prove orali, al fine di giungere ad una loro interpretazione complessiva favorevole al ricorrente e alternativa a quella -coerentemente motivata- presente nella sentenza oggetto di ricorso: in sostanza si chiede a questa Corte lo svolgimento di un’attività ricostruttiva dell’istruttoria che è propriamente meritale ed è preclusa al Giudice di legittimità.
Il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME deve essere in conclusione respinto.
Le spese del giudizio di legittimità si pongono a carico del ricorrente e si liquidano come in dispositivo.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione respinge il ricorso.
Condanna NOME COGNOME a rimborsare a NOME COGNOME le spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 4.300,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il