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Contratto d’appalto in famiglia: sì, anche senza impresa

La Corte di Cassazione ha stabilito che la costruzione di un immobile, commissionata da un familiare, va qualificata come contratto d’appalto e non come semplice aiuto, anche in assenza di un accordo scritto e di formale iscrizione dell’esecutore come impresa. La decisione si basa sull’entità dell’opera e sull’organizzazione dei lavori, riconoscendo il diritto dell’esecutore a un corrispettivo adeguato al valore dell’opera realizzata.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Contratto d’appalto in famiglia: quando l’aiuto diventa un lavoro da pagare

La costruzione di una casa per la propria famiglia, su un terreno di proprietà di un parente, può configurare un vero e proprio contratto d’appalto? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha risposto affermativamente, stabilendo un principio fondamentale: anche in un contesto familiare e in assenza di un accordo scritto, se l’opera è complessa e richiede un’organizzazione di mezzi, si presume un contratto d’appalto, con il conseguente diritto a un corrispettivo.

I fatti del caso: la costruzione della casa familiare

La vicenda ha origine dalla costruzione di un’abitazione (un ‘dammuso’) sull’isola di Pantelleria. Un uomo realizzava l’immobile sul terreno di proprietà della sua futura suocera, con l’intenzione di farne la casa familiare per sé e la fidanzata, figlia della proprietaria del terreno. Inizialmente, il Tribunale aveva escluso la configurabilità di un contratto d’appalto, riconoscendo all’uomo solo un’indennità per i miglioramenti apportati al fondo, basandosi sulla natura familiare del rapporto.

La decisione della Corte d’Appello

In secondo grado, la Corte d’Appello ribaltava la decisione. Riqualificava il rapporto come contratto d’appalto, riconoscendo al costruttore il diritto a un corrispettivo ben più elevato, pari all’incremento di valore del terreno dovuto all’edificazione, al netto di alcune somme già versate. La Corte basava la sua decisione sull’importanza economica e organizzativa dell’opera, incompatibile con un semplice ‘aiuto’ familiare.

Il ricorso in Cassazione e il contratto d’appalto presunto

Gli eredi della proprietaria del terreno presentavano ricorso in Cassazione, sostenendo che mancassero i presupposti soggettivi e oggettivi del contratto d’appalto, come l’organizzazione d’impresa e la gestione del rischio da parte del costruttore. A loro avviso, si trattava di una collaborazione personale nata all’interno di dinamiche familiari.

La Suprema Corte ha però respinto il ricorso, confermando la decisione d’appello. I giudici hanno chiarito che, in assenza di prove contrarie, si presume l’esistenza di un contratto d’appalto quando un soggetto si impegna a realizzare un’opera complessa. La distinzione con il contratto d’opera (caratterizzato dal lavoro prevalentemente personale dell’esecutore) si basa sulla dimensione e sulla struttura dell’impresa necessaria a realizzare l’opera commissionata.

L’assenza di iscrizione all’albo non è decisiva

Un punto cruciale della difesa dei ricorrenti era l’assenza di iscrizione del costruttore nel registro delle imprese. La Cassazione ha ritenuto questa circostanza non decisiva ai fini civilistici. Il diritto a ricevere il compenso per il lavoro svolto non è subordinato a formalità amministrative, a meno che non si tratti di professioni per le quali la legge richiede un’abilitazione specifica. Pertanto, anche un imprenditore ‘di fatto’ ha diritto al pagamento.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di principi consolidati. Innanzitutto, ha sottolineato che un contratto, inclusivo di quello d’appalto, può essere concluso anche verbalmente o tramite comportamenti concludenti (‘facta concludentia’). L’onere di dimostrare che il committente si era riservato l’organizzazione dei lavori spettava a quest’ultimo. In mancanza di tale prova, l’assunzione del rischio e l’organizzazione dei mezzi da parte di chi esegue l’opera fanno presumere un contratto d’appalto.

Inoltre, l’entità dell’opera – la costruzione di un’intera abitazione con costi rilevanti (stimati in circa 170.000 euro) – presupponeva un’organizzazione imprenditoriale, anche se di fatto e non formalmente registrata. Il rapporto familiare, sebbene peculiare, non è sufficiente a escludere la natura onerosa del contratto, specialmente di fronte a un’opera di tale portata.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. Stabilisce che nei rapporti familiari, la realizzazione di opere complesse non viene automaticamente considerata una prestazione gratuita. La qualificazione del rapporto dipende dalla natura e dall’entità dell’opera: se questa richiede un’organizzazione di mezzi e l’assunzione di un rischio, si configura un contratto d’appalto che dà diritto a un giusto corrispettivo. La mancanza di un contratto scritto o di una formale qualifica imprenditoriale non impedisce al giudice di riconoscere la natura commerciale del rapporto e di determinare il prezzo dovuto, proteggendo così il valore del lavoro prestato.

Un accordo verbale per costruire una casa in un contesto familiare può essere considerato un contratto d’appalto?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, anche in assenza di un contratto scritto, se l’opera è complessa e richiede un’organizzazione di mezzi e gestione a proprio rischio da parte dell’esecutore, si presume un contratto d’appalto, a meno che non si provi il contrario.

Per essere qualificato come appaltatore e avere diritto al compenso, è necessario essere iscritti al registro delle imprese?
No. La Corte ha chiarito che, ai fini del diritto civilistico a ricevere il compenso, l’iscrizione nel registro delle imprese non è una condizione necessaria. Il diritto al pagamento sorge dalla corretta esecuzione del contratto, non da formalità amministrative.

Cosa succede se il prezzo per un’opera non è stato concordato tra le parti in un contratto d’appalto?
Se le parti non hanno pattuito un prezzo né stabilito come calcolarlo, l’art. 1657 del codice civile conferisce al giudice il potere di determinarlo. Tale potere è esercitabile a condizione che non vi sia controversia sull’effettiva esecuzione delle opere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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