Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12795 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12795 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22436 – 2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. prof. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE) già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’ avv. NOME COGNOME
giusta procura in calce al controricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4329/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, pubblicata il 22/6/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/6/2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 15/5/2008, RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Roma, la RAGIONE_SOCIALE esponendo che, a causa del l’omesso tempestivo pagamento delle fatture relative ad una fornitura, aveva dovuto corrispondere sul loro importo, dalla scadenza al saldo, interessi bancari passivi trimestralmente capitalizzati e commissioni sul finanziamento a cui aveva dovuto ricorrere; chiese, pertanto, in risarcimento del danno, la condanna della convenuta alla reintegrazione in suo favore della somma versata al suddetto titolo all’istituto di credito , quantificandola in euro 6.375,44 oltre accessori maturandi.
Con sentenza n. 22862 del 2010 il Tribunale di Roma rigettò la domanda, per difetto di prova; con sentenza n. 4329 del 2018 la Corte d’appello di Roma, adita in impugnazione da RAGIONE_SOCIALE confermò il rigetto.
In particolare, la Corte territoriale confermò che non fosse stata offerta idonea prova della fonte dell’obbligazione della convenuta ASL, non essendo stata offerta prova scritta del contratto titolo dell’asserito credito, né dei termini pattuiti per il pagamento delle fatture; rimarcò, infatti, che, nel caso in cui parte del contratto è la Pubblica amministrazione, quindi anche una A.SRAGIONE_SOCIALEL., la manifestazione della volontà di obbligarsi necessita di forma scritta; escluse, perciò, che
RAGIONE_SOCIALE potesse provare la fonte negoziale a mezzo prova per testi o fonte equipollente (quale un capitolato versato a titolo esemplificativo) e che il termine di scadenza del pagamento potesse essere ricavabile dalle fatture o dalla mancata contestazione dell’ente perché le obbligazioni della p.a. hanno natura querable sicché è inapplicabile la mora ex re di cui all’art. 1219 n. 3 cod. civ. ; dichiarò quindi, per quel che qui ancora rileva, inammissibile per tardività, ex art. 345 cod. proc. civ., la produzione documentale offerta in secondo grado.
4. Avverso questa sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, a cui la ASL n. 8 di Cagliari ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve rilevarsi che non rileva ai fini di un rinvio della trattazione l’intervenuta rinuncia al mandato del difensore de lla ricorrente, perché risulta che l’avvocato NOME COGNOME ha comunicato la sua rinuncia alla parte già in data 13/1/2020; in conseguenza, poiché la parte assistita ha certamente avuto un congruo termine per provvedere alla sostituzione del difensore ma non ha inteso farlo, in considerazione del principio della cosiddetta perpetuatio dell’ufficio di difensore, di cui è espressione l’art. 85 cod. proc. civ., (cfr. Cass. Sez. 6 – 1, n. 26429 del 08/11/2017) il ricorso può essere esaminato senza alcun pregiudizio del diritto di difesa.
Con l’unico motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli art. 1224, 1327 e 2697 cod. civ., nonché degli art. 115 e 345 cod. proc. civ., nonché dell’art. 3 comma 1 bis del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 come modificato dal d.lgs. 19 giugno 1999 n. 229 e dal d.lgs. n. 231 del 2002.
Secondo la società ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe innanzitutto erroneamente ritenuto tardiva la produzione in appello, perché al giudizio, iniziato nel 2008, non si applica la novella di cui all’art. 83/2012, sicché sarebbe stata ammissibile la produzione in appello delle prove cosiddette indispensabili; la Corte territoriale, inoltre, non avrebbe considerato che le fatture contengono elementi essenziali all’individuazione della fonte del credito e del termine di pagamento che è comunque fissato per legge.
1.1. Il motivo è infondato.
Tra le parti è intercorso un rapporto di fornitura di farmaci le cui prestazioni rese da RAGIONE_SOCIALE sarebbero state pagate in ritardo.
La Corte d’appello e il Tribunale prima -hanno rimarcato che non è stata fornita prova scritta del tempo stipulato per l’adempimento e, prima ancora, dello stesso contratto di fornitura.
Innanzitutto, relativamente alla denunciata violazione dell’art. 345 cod. proc. civ., deve qui considerarsi che il presente giudizio è stato instaurato in primo grado in data 15/5/2008, cioè prima dell’entrata in vigore della legg e n. 69/2009 che, modificando il terzo comma dell’art. 345 cod. proc. civ., aveva previsto che in appello non fossero «ammessi nuovi mezzi di prova» e non potessero «essere prodotti nuovi documenti», salvo che il collegio non li ritenesse «indispensabili ai fini della decisione della causa» ovvero che la parte dimostrasse «di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile».
L’art. 58 della stessa legge n. 69/89, secondo comma, ha stabilito, quale disciplina transitoria, che ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge -come il giudizio in trattazione si applicasse, tra gli altri, l’art. 345 cod. proc. civ. come modificato.
La formulazione riportata è rimasta in vigore fino alla modifica operata dalla legge 83/2012 che ha soppresso le parole «salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa».
Alla fattispecie, tuttavia, la norma in questo testo non è applicabile perché il giudizio di appello è stato instaurato il 9/2/2011, cioè prima dell’entrata in vigore della modifica operata dalla l. 83/2012.
Ciò posto, la Corte d’appello ha correttamente individuato la norma regolatrice della fattispecie.
Secondo la formulazione applicabile, la «prova nuova indispensabile» di cui all’art. 345, comma III cod. proc. civ. – nel testo antecedente al d.l. n. 83 del 2012, convertito con modif. dalla l. n. 134 del 2012 – rappresenta un concetto unitario, il quale implica che sia tale quella prova di per sé idonea a eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, qualunque ne sia la causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado (Cass. Sez. 1, n. 8551 del 29/03/2024, Sez. U, n. 10790 del 4/5/2017, Sez. 2, n. 24129 del 03/10/2018).
L a Corte d’appello , invero, ha non soltanto rimarcato che i documenti prodotti in secondo grado -cioè la copia delle licitazioni private, delle richieste e offerte, degli ordinativi, dei mandati di pagamento e del contratto di finanziamento erano già nella disponibilità dell’appellante sin dal primo grado, ma ne ha anche escluso la «indispensabilità» in quanto non idonei né sufficienti ad integrare la necessaria prova scritta dell’obbligazione come già r itenuta mancante in primo grado: in particolare, la Corte territoriale ha rilevato che tra la documentazione prodotta non risulta allegato il contratto con la
determinazione dei tempi di adempimento e ha confermato la correttezza giuridica della qualificazione di obbligazioni di natura querable operata dal primo giudice, con conseguente esclusione dell’applicabilità alla fattispecie della mora ex re prevista dall’art. 1219 n. 3 cod. civ.
Sul punto, invero, questa Corte ha già affermato (Cass. Sez. 3, n. 15175 del 2017; Sez. 6 – 2, n. 15579 del 2019) che alle Unità Sanitarie Locali (e, oggi, alle Aziende Sanitarie Locali) si applicano le norme sulla contabilità di Stato, in virtù della previsione di cui all’art. 5, comma 1, del decreto legge 25 novembre 1989 n. 382, convertito nella legge 25 gennaio 1990 n. 8; ciò vuol dire che le obbligazioni di questi enti devono essere adempiute in ogni caso al domicilio del debitore (c.d. obbligazioni querable ), ovvero alla sede dell’ufficio di Tesoreria dell’ente debitore e che la mera scadenza del termine di pagamento non vale a costituire in mora l’ente stesso, in difetto di un atto formale, anche quando i pagamenti siano effettuati per mezzo di bonifici, assegni o vaglia cambiari tratti sull’istituto di credito cui sia stato affidato il servizio di tesoreria» (così Cass., Sez. 3, n. 18377 del 06/08/2010; Sez. 3, n. 14655 del 2015).
Le ultime scelte legislative hanno comportato la soppressione della qualifica delle RAGIONE_SOCIALE. di organi dei Comuni, originariamente, invece, loro propria, ma non hanno escluso la natura di persone giuridiche pubbliche di questi enti (v. in particolare Sez. 3, Sentenza n. 14655 del 2015 cit.): si è rilevato, in particolare, che i principi del codice civile sono richiamati nel d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3, comma 1 bis, e art. 5, comma 5, nel testo risultante dalle interpolazioni e dalle modifiche rispettivamente apportate dal d.lgs. n. 229 del 1999 e d.lgs. n. 254 del 2000, come criteri informatori dell’atto aziendale di diritto privato col quale le unità sanitarie locali sono state
chiamate ad autoregolamentare la propria organizzazione e il proprio funzionamento (art. 3, comma 1 bis), nonché delle norme con le quali le regioni andranno a disciplinare la gestione economico finanziaria e patrimoniale dei predetti enti e delle aziende ospedaliere (art. 5, comma 5), ma che è rimasta ferma la natura di persone giuridiche pubbliche delle unità sanitarie ai sensi dell’art. 3, comma 1 bis cit.; si è altresì evidenziato come non siano state abrogate le disposizioni che hanno previsto l’inserimento delle URAGIONE_SOCIALE nel sistema di tesoreria pubblica, con affidamento del relativo servizio ad una delle aziende di credito di cui al r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375, art. 5 e successive modificazioni e integrazioni (L. 30 marzo 1981, n. 119, art. 35) ed effettuazione del pagamento dei debiti tramite mandati tratti sulle tesorerie, con conseguente natura querable delle relative obbligazioni e necessità della costituzione in mora perché maturino gli interessi di mora (cfr., tra le altre, Cass. n. 8823/2007, n. 25402/2009, n. 18377/2010) (così Sez. 6 – 2, n. 15579 del 2019 cit.).
Infine, diversamente da quanto argomentato da parte ricorrente, deve qui ribadirsi che il principio, sancito dall’art. 115, comma 1, cod. proc. civ., secondo cui i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita possono essere posti a fondamento della decisione, senza necessità di prova, non opera, come nella fattispecie, nel caso in cui il fatto costitutivo del diritto azionato sia rappresentato da un atto per il quale la legge impone la forma scritta ad substantiam , dal momento che in tale ipotesi, a differenza di quanto accade nel caso in cui una determinata forma sia richiesta ad probationem , l’osservanza dell’onere formale non è prescritta esclusivamente ai fini della dimostrazione del fatto, ma per l’esistenza stessa del diritto fatto valere, il quale, pertanto, può essere provato soltanto in via documentale, non risultando sufficienti né la prova testimoniale o
per presunzioni, né la stessa confessione della controparte (cfr. Cass. Sez. 1, n. 25999 del 17/10/2018); per le stesse ragioni, non è compatibile con la necessità della prova scritta una prova per presunzioni della sussistenza della fonte dell’obbligazione perché l a volontà di obbligarsi della pubblica amministrazione non può dedursi per implicito da singoli atti, dovendo essere manifestata nelle forme, necessariamente rigide, richieste dalla legge.
Pertanto, ritenendo che la mancata allegazione probatoria relativa alla fonte negoziale e della scadenza del termine abbia precluso in radice la possibilità di verificare la puntualità o non dell’adempimento, l a Corte territoriale ha correttamente applicato i suddetti principi.
Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna della RAGIONE_SOCIALE al rimborso delle spese processuali in favore di RAGIONE_SOCIALE, liquidate in dispositivo in relazione al valore.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda