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Contratto collettivo pubblico: la P.A. non sceglie

Un dipendente di un ente pubblico chiedeva differenze retributive per mansioni superiori basate su un contratto collettivo privato applicato di fatto. La Cassazione ha negato il diritto, stabilendo che nel pubblico impiego si applica inderogabilmente solo il contratto collettivo pubblico di comparto previsto per legge, e non quello scelto o applicato di fatto dall’amministrazione.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto Collettivo Pubblico: La Scelta non è Libera per la P.A.

Nel complesso mondo del diritto del lavoro, una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un principio fondamentale: una Pubblica Amministrazione non può scegliere discrezionalmente quale contratto collettivo applicare ai propri dipendenti. Il caso analizzato riguarda un lavoratore di un ente pubblico che, pur avendo di fatto beneficiato di un contratto collettivo privatistico, si è visto negare le differenze retributive perché la sua richiesta si basava su un contratto errato. La decisione sottolinea il rigore del vincolo legale che lega la P.A. al contratto collettivo pubblico di comparto.

I Fatti del Caso: Mansioni Superiori e un Contratto Controverso

Un dipendente di un ente pubblico consortile, inquadrato come geometra, ha svolto per un lungo periodo mansioni superiori riconducibili alla qualifica di capo lotto. Per tali mansioni, ha citato in giudizio l’ente per ottenere il pagamento delle differenze retributive. La sua richiesta si fondava sulle declaratorie e sui parametri economici del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per il settore Autostrade e Trafori, un contratto di natura privatistica che l’ente aveva di fatto applicato al proprio personale.

Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda, sostenendo che l’ente, in quanto ente pubblico non economico, avrebbe dovuto applicare la contrattazione collettiva regionale prevista da una specifica legge regionale, e non un CCNL privato. L’adozione del contratto sbagliato era quindi illegittima. La Corte d’Appello, invece, aveva ribaltato la decisione, accogliendo la richiesta del lavoratore. Secondo i giudici di secondo grado, pur essendo errata l’applicazione del CCNL privato, si doveva applicare l’articolo 2126 del codice civile sulla ‘prestazione di fatto’, riconoscendo al lavoratore il diritto alla retribuzione basata sul contratto che l’ente aveva concretamente utilizzato.

La Decisione della Cassazione sul Contratto Collettivo Pubblico

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente, cassando la sentenza d’appello e respingendo definitivamente la domanda del lavoratore. Gli Ermellini hanno stabilito un principio netto: nell’impiego pubblico contrattualizzato, il trattamento economico e normativo dei dipendenti è disciplinato esclusivamente dalla legge e dal contratto collettivo di comparto correttamente individuato.

Le Motivazioni: Il Principio di Legalità nell’Impiego Pubblico

La motivazione della Suprema Corte si fonda sul principio di legalità e inderogabilità che governa l’azione della Pubblica Amministrazione. A differenza di un datore di lavoro privato, la P.A. non ha la facoltà di scegliere a propria discrezione il contratto collettivo pubblico da applicare. L’attribuzione dei trattamenti economici è riservata alla contrattazione collettiva di settore, come previsto dal D.Lgs. 165/2001. Qualsiasi atto deliberativo dell’ente che applichi un contratto diverso, anche se di miglior favore per il lavoratore, è nullo per violazione di norme imperative. Ciò garantisce la parità di trattamento tra tutti i dipendenti pubblici dello stesso comparto e il rispetto dei vincoli di spesa pubblica.

Le Conclusioni: Inapplicabilità dell’Art. 2126 c.c. e Rigetto della Domanda

La Corte ha chiarito che l’articolo 2126 c.c. non è applicabile a questa fattispecie. Tale norma tutela il lavoratore quando il vizio riguarda la validità del contratto di lavoro individuale, non quando l’irregolarità consiste nell’applicazione di una disciplina collettiva errata. In questo caso, il rapporto di lavoro era valido, ma era regolamentato in modo illegittimo.
Di conseguenza, la pretesa del lavoratore, essendo interamente basata su un contratto collettivo che non doveva essere applicato, è stata giudicata infondata. Per ottenere le differenze retributive per le mansioni superiori, il lavoratore avrebbe dovuto formulare la sua domanda basandosi sui parametri del contratto collettivo regionale, ovvero quello legalmente corretto, e non su quello applicato solo di fatto dall’amministrazione.

Una Pubblica Amministrazione può applicare un contratto collettivo diverso da quello previsto per legge, anche se più favorevole al dipendente?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la P.A. è tenuta in ogni caso al rispetto del vincolo derivante dalla legge e deve applicare esclusivamente il contratto collettivo di comparto previsto. L’applicazione di un contratto diverso, anche se migliorativo, è affetta da nullità.

Se un dipendente pubblico svolge mansioni superiori, può chiedere le differenze retributive basandosi su un contratto collettivo privatistico applicato di fatto dal suo ente?
No. La richiesta di differenze retributive deve essere sempre e comunque calcolata sulla base della contrattazione collettiva correttamente applicabile per legge, non sulla scorta di una contrattazione collettiva erroneamente individuata e illegittimamente applicata dall’ente.

L’articolo 2126 del codice civile sulla ‘prestazione di fatto’ si applica quando una P.A. utilizza un contratto collettivo errato?
No. La Corte ha chiarito che l’art. 2126 c.c. è inapplicabile a tale ipotesi. Quella norma riguarda i casi di nullità del contratto di lavoro individuale, mentre in questo caso il vizio non concerne il rapporto in sé, ma la sua irregolare regolamentazione tramite l’applicazione di un contratto collettivo errato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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