Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8049 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8049 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 33631-2019 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (M.I.U.R.), in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 236/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 16/07/2019 R.G.N. 205/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G.N. 33631/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 18/12/2024
CC
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RILEVATO
che, con sentenza del 16 luglio 2019 la Corte d’Appello di Ancona, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Ancona, accoglieva la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avente ad oggetto il riconoscimento del diritto dell’istante, docente di scuola primaria, assunta a tempo indeterminato nella fase C del piano straordinario di assunzioni per l’anno scolastico 2015/2016 di cui all’art. 1, comma 98, lett. c, l. n. 107/2015, di ottenere, all’esito della proce dura di mobilità dell’8.4.2016 relativa alla fase C del piano straordinario di assunzioni per l’anno scolastico 2016/2017 di cui all’art. 1, comma 108, l. n. 107/2015, l’assegnazione presso l’istituto Comprensivo Alfieri di Foggia o, in subordine presso gli Ambiti Territoriali della Regione Puglia inseriti fra quelli richiesti nella domanda di mobilità, stante l’illegittimità dell’assegnazione disposta dal MIUR presso l’Istituto Comprensivo A. Anselmi di NOME, mai richiesto, per la preferenza accordata sul posto in Puglia ad altri docenti collocati nella graduatoria nazionale in posizione deteriore con un minore punteggio;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver e questa ritenuto, muovendo dalla disamina della normativa di settore, che, secondo parametri interpretativi letterali (art. 1362 c.c.), di buona fede (art. 1366 c.c.) e di conservazione dell’atto a fronte del determinarsi altrimenti di contrasto con norme primarie imperative, (art. 1367 c.c.), le previsioni del CCNI 8 aprile 2016, regolativo della mobilità in esame, andassero senz’altro lette nel senso che, in seno a ciascuna fase delle operazioni di trasferimento ed a ciascuna preferenza territoriale espressa dal docente, occorresse considerare il punteggio che questi poteva far valere rispetto agli altri aspiranti alla medesima sede, per cui era il punteggio più alto
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ad avere rilievo nella scelta del candidato da trasferire e non l’ordine delle preferenze espresse, che poteva essere preso in considerazione e diventare determinante nell’assegnazione di una sede piuttosto che altra solo con riguardo a quegli ambiti territoriali in cui il punteggio poteva subire variazioni, per godere un singolo candidato di un punteggio aggiuntivo; che per la cassazione di tale decisione ricorre il Ministero d ell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la COGNOME.
CONSIDERATO
che, con il primo motivo il Ministero ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell’art. 6, CCNI dell’8.4.2016, lamenta la non conformità a diritto della statuizione della Corte territoriale assumendo che la formulazione letterale della norma invocata posta in sede collettiva, cui in materia di mobilità il legislatore riconosce un ruolo centrale, imponeva un’interpretazione per la quale le operazioni dovessero procedere nel senso che solo all’interno dell’ordine d elle precedenze operassero i punteggi di graduatoria;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e/o falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) degli artt. 1362 e 1363 c.c., il Ministero ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale il travisamento del complessivo quadro normativo ed il ricorso a fini interpretativi al criterio oggettivo di conservazione del contratto di cui all’art. 1367 c.c. potendo questo essere valorizzato soltanto in caso in cui risultasse impossibile interpretare il contratto collettivo secondo il tenore letterale del te sto o l’intenzione di chi lo ha formato (art. 1362 c.c.) in una con una lettura sistematica di esso (art. 1363 c.c.);
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che entrambi gli esposti motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano inammissibili;
che, in effetti, quanto al primo di essi, essendo tutto incentrato sull’assunto secondo cui il CCNI andrebbe inteso in modo diverso da quanto sostenuto dalla Corte territoriale e che in tal modo vi sarebbe stata violazione della contrattazione stessa, rileva il principio per cui ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006, la denuncia della violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è ammessa solo con riferimento a quelli di carattere nazionale, per i quali è previsto il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, mentre i contratti integrativi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dal contratto nazionale, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, con la conseguenza che la loro interpretazione è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei lim iti fissati dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (cfr. fra le tante Cass. n. 5565/2004; Cass. n. 20599/2006; Cass. n. 28859/2008; Cass. n. 6748/2010; Cass. n. 15934/2013; Cass. n. 4921/2016, Cass. n. 16705/2018; Cass. n. 33312/2018; Cass. n. 20917/2019; Cass. n.7568/2020; Cass. n. 25626/2020)
che, quanto al secondo motivo, in cui giustamente il tema dell’interpretazione di quei contratti integrativi è impostato sul piano dei c.d. canoni ermeneutici, l’inammissibilità discende dal
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non essere la censura corredata dalla produzione di quei contratti, di cui non vi è neppure indicazione del luogo del loro eventuale deposito in sede di merito valendo qui l’ulteriore principio sancito dalla giurisprudenza di questa S.C. e parallelo a quello sopra già richiamato, per cui, in tema di giudizio per cassazione, l’esenzione dall’onere di depositare il contratto collettivo del settore pubblico su cui il ricorso si fonda deve intendersi limitata ai contratti nazionali, con esclusione di quelli integrativi, atteso che questi ultimi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, e per essi non è previsto, a differenza dei contratti collettivi nazionali, il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, ottavo comma, del d.lgs. n. 165 del 2001 (Cass. n. 8231/2011; Cass. 23177/2013);
che il motivo contiene solo stralci di alcune norme riportate per esteso nella sentenza impugnata sui quali non possono fondarsi le valutazioni di questa Corte, occorrendo l’intero testo negoziale, dal che deriva l’operatività degli ordinari criteri di specificità del ricorso, il quale risulta inammissibile ove il ricorrente non depositi il contenuto della normativa collettiva integrativa di cui censuri l’illogica o contraddittoria interpretazione, ovviamente nella sua integralità, né indichi la localizzazione negli atti di causa del corrispondente documento (Cass. n. 12481/2022; Cass. S.U. 8950/2022);
che il ricorso va dunque dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
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che le stesse vanno distratte in favore dell’avvocato NOME COGNOME che ha reso la prescritta dichiarazione;
che non sussistono le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo ( Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge , con distrazione in favore dell’avvocato NOME COGNOME
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 dicembre