Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15371 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15371 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22765/2020 proposto da:
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME NOME ettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO, pr esso l’AVV_NOTAIO, rappres entate e difese dall’AVV_NOTAIO , per procura speciale in atti;
-ricorrenti –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 876/2019 della Corte d’appello di Potenza, depositata il 13/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2024 dal Cons. rel., dottAVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1. Il Tribunale di Potenza, con sentenza del 24.5.2016, accoglieva parzialmente l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso nel 1999 e, in accoglimento della domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, condannava il fallimento della RAGIONE_SOCIALE, e i fideiussori NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido, al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 1.461.626,53 oltre interessi moratori nella misura convenzionale, con decorrenza dal 30.9.1998 al soddisfo, rigettando la domanda riconvenzionale degli opponenti.
RAGIONE_SOCIALE, all’epoca in bonis , aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo (insieme agli altri debitori) con il quale era stato ingiunto a tutti (società e fideiussori) il pagamento della somma di euro 2.896.095.845 in favore della banca RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE), a titolo di saldo del conto-anticipi. Gli opponenti avevano dedotto l’applicazione di tassi ultralegali e superiori a quelli pattuiti, la mancanza di chiarezza a trasparenza nell’andamento del conto, la n ullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, spiegando altresì domanda riconvenzionale e chiedendo la condanna della banca al risarcimento dei danni cagionati dalla sua illegittima condotta.
Dichiarato il fallimento della suddetta società, il processo proseguiva a seguito della costituzione della curatela fallimentare.
In particolare, il Tribunale osservava che: il c.t.u. aveva ricostruito l’andamento del conto, attesa la sus sistenza dell’accordo scritto su i tassi ultralegali, applicando i tassi risultanti dagli estratti-conto, ed escludendo la capitalizzazione delle competenze; non era stata applicata la capitalizzazione reciproca e non era stato provato il superamento del tasso-soglia , ai fini dell’accertamento degli interessi usurari; per effetto del l’applicazione di tali criteri, la somma dovuta dai debitori era stata rideterminata in euro 1.461.626,53; non era stato provato che l’apertura del conto -anticipi, in uno al rilascio delle procure irrevocabili all’incasso, fosse diretto al finanziamento dei lavori subappaltati alla RAGIONE_SOCIALE dalla Icla; non sussisteva violazione del divieto di cessione di cui all’art. 339 l. n. 2248/ 1865, All. F; pertanto, giammai la società opponente poteva chiedere alla banca il rimborso delle somme dalla stessa utilizzate a parziale copertura di altre linee di credito.
Avverso tale sentenza proponevano appello la curatela fallimentare e, con distinto atto, NOME COGNOME e NOME COGNOME; s i costituiva RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (e per essa, quale mandataria la doBank s.p.a., a seguito di fusione per incorporazione di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE); si è altresì costituita l’RAGIONE_SOCIALE NPL s.p.a., quale successore ex art. 111 c.p.c., per aver acquistato, pro-soluto , ed in blocco, i crediti dell’RAGIONE_SOCIALE s.p.a.
Con sentenza del 13.12.2019, la Corte territoriale accoglieva parzialmente l’appello, dichiarando improcedibile la domanda proposta nei confronti del fallimento, rigettando nel resto l’appello principale, e l’appello incidentale proposto da COGNOME e COGNOME .
La Corte ha osservato che era fondato il primo motivo relativo alla domanda riconvenzionale del fallimento, nel senso che la domanda di accertamento di un credito nei confronti della massa dei creditori era devoluta alla competenza del giudice delegato; era infondato il motivo
concernente il rigetto della domanda riconvenzionale originaria nei confronti della banca convenuta, in quanto il conto-anticipi non era collegato esclusivamente ad un conto corrente, ma in generale a tutti i crediti concessi dalla banca al cliente; su tale conto erano annotati in ‘dare’ le anticipazioni concesse dalla banca al correntista, ed in ‘avere’ la riscossione dei crediti per i quali la stessa banca aveva ricevuto il mandato all’incasso; attraverso l’operazione di affidamento per anticipi, la banca era incaricata di riscuotere i crediti del correntista per destinare quanto ricavato all’estinzione dei suoi debiti.
Al riguardo, la Corte d’appello ha evidenziato che non era comprensibile quale fosse l’asserita illegittimità per non aver la banca correttamente imputato il pagamento dell’Icla, anche considerando che il passaggio di somme da un conto a mera rilevanza interna, pertanto chiuso, a conti diversi, sorretti da giustificazioni del tutto autonome e indipendenti, costituiva esattamente il carattere distintivo della funzione del conto-anticipi; né era da ritenere illegittima la possibilità, che, a fronte di un’anticipazione, la somma riscossa dalla banca fosse utilizzata per l’estinzi one dello scoperto di altro conto corrente dello stesso cliente; parimenti infondato era l’appello incidentale, sia in ordine al medesimo motivo dell’appello principale, sia in ragione della chiusura del conto (a fronte dell’invocata inesigibilità del credito), sia per la dedotta nullità del contratto di conto corrente per mancata sottoscrizione della banca; lo stesso appello incidentale riguardava anche questione nuova (l’abusiva erogazione del credito a soggetto immeritevole).
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono in cassazione con tre motivi.
La RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, illustrato da memoria.
Non si è costituita la curatela fallimentare.
NOME COGNOME, con atto depositato il 31.10.23, ha rinunciato al ricorso, con accettazione della società controricorrente, con accordo sulla compensazione delle spese.
RITENUTO CHE
4. Il primo motivo denunzia violazione dell’art. 115 c.p.c., perché la Corte d’appello , pur attestando correttamente la data di chiusura del conto corrente al 24.3.1999, successiva sia alla data del ricorso monitorio, sia alla data indicata dalla banca per l’accertamento del saldo creditore (30.9.1998), ha ritenuto che il conto corrente potesse essere considerato chiuso ai fini della decisione, poiché stante la revoca del decreto ingiuntivo, sarebbe stata superflua ogni questione ad esso relativa , essendo rilevante solo il giudizio d’opposizione che aveva appunto riguardato un conto chiuso, oggetto anche degli accertamenti del C.t.u.
In particolare, le ricorrenti assumono che: il C.t.u. aveva ricostruito il conto-anticipi, eliminando la capitalizzazione degli interessi e delle c.m.s.- alla data del 30.9.1998, anteriore alla chiusura, in data 24.3.1999; era stata documentata la continuazione del rapporto; il saldo a credito della banca al 30.9.1998 era la prima rimessa del periodo successivo e le movimentazioni successive annotate in conto; sull’ammontare delle somme incassate dalla banca vi era incertezza tra il 30.9.1998 e il 24.3.1999, considerato anche il mancato rispetto dell’obbligo di rendiconto.
Pertanto, le ricorrenti sostengono che la Corte d’appe llo avrebbe travisato le prove acquisite nell’affermare che a seguito dell’opposizione al decreto ingiuntivo , introdotta il 2.6.1999, la causa aveva ad oggetto un conto ormai chiuso.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 1823, 1831, c.c., per non aver la Corte territoriale ritenuto inammissibile la domanda di condanna perché introdotta in un momento nel quale il conto corrente era aperto, data l’inesigibilità del credito della banca, e mancando la certezza sulle movimentazioni avvenute tra la data del 30.9.1998 e la data del passaggio a sofferenza, il 24.3.1999.
Il terzo motivo denunzia l’omesso esame della domanda, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine alla parte della sentenza impugnata nella quale la stessa aveva omesso di rilevare la materiale impossibilità di riferire il documento contrattuale prodotto dalla banca al conto-anticipi, avendo peraltro la Corte d’appello ignorato l’esistenza di molteplici contratti di conto corrente in capo alla società.
Il primo motivo è inammissibile in quanto non coglie e conseguentemente non affronta le rationes decidendi. Invero, la Corte territoriale ha rilevato che il conto era stato chiuso il 24.3.1999, mentre l’opposizione al decreto ingiuntivo era stata promossa il 2.6. 1999, quando il conto era già chiuso.
La doglianza tende comunque al riesame dell’accertamento fattuale , proponendo una diversa ricostruzione dei fatti di causa, come accertati dalla Corte territoriale.
Il secondo motivo è inammissibile, tendendo parimenti al riesame dei fatti, in quanto il decreto ingiuntivo, poi opposto, era stato emesso sulla scorta delle risultanze del conto corrente, poco prima della chiusura dello stesso, il 24.3.1999, intervenuta nel corso del giudizio d’opposizione al decreto ingiuntivo.
Pertanto, alla data della sentenza che ha deciso il suddetto giudizio d’opposizione sussisteva la chiusura del conto e, dunque, l’esigibilità del saldo.
Il terzo motivo è fondato. Premessa l’autosufficienza del motivo (avendo i ricorrenti trascritto la doglianza formulata in appello circa la materiale impossibilità di riferire il documento contrattuale prodotto dalla banca al conto anticipi), va osservato che la Corte d’appello non ha esaminato tale questione, limitandosi a decidere la diversa questione della nullità del contratto bancario privo di sottoscrizione della banca.
Né può sostenersi, come opina la controricorrente, che il ragionamento della Corte territoriale ha avuto come presupposto indefettibile la stessa riferibilità del contratto prodotto al conto corrente, questione che sarebbe stata delibata dalla Corte, seppure implicitamente.
Invero, dalla motivazione adottata non si evince nessun riferimento, anche se implicito, alla suddetta questione, che riguarda il contenuto del documento collegato al conto-anticipi sul quale è stato fondato il ricorso monitorio
Per quanto esposto, quanto al ricorso proposto da NOME COGNOME il giudizio va dichiarato estinto a spese compensate, in conseguenza della rinuncia accettata ex adverso.
Quanto al ricorso proposto da NOME COGNOME, in accoglimento del terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Potenza, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
dichiara estinto il giudizio quanto al ricorso proposto da NOME COGNOME a spese compensate;
quanto al ricorso proposto da NOME COGNOME, accoglie il terzo motivo, e dichiara inammissibili i primi due, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte d’appello di
Potenza, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del grado di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della 1° sezione civile del 10 aprile