Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13666 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13666 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/05/2025
Oggetto: Contratti bancari -Azione di ripetizione di indebito -Eccezione di prescrizione Apertura credito -Prova -Fideiussione -Contratto autonomo di garanzia Qualificazione
R.G.N. 16134/2023 + 6924/2024 Ud. 06/05/2025 CC
ORDINANZA
sui ricorsi riuniti iscritti ai nn. 16134/2023 e 6924/2024 R.G. proposti R.G. 16134/2023
da
DEL COGNOME NOME, DEL COGNOME NOME, DEL COGNOME NOME, COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in SALERNO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legarle rappresentante pro tempore e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME
-controricorrente – avverso la sentenza non definitiva della CORTE D’APPELLO SALERNO n. 979/2022 depositata il 21/07/2022.
R.G. 6924/2024
da
DEL COGNOME NOME, DEL COGNOME NOME, DEL COGNOME NOME, COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in SALERNO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legarle rappresentante pro tempore e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME
-controricorrente – avverso la sentenza definitiva della CORTE D’APPELLO SALERNO n. 1222/2023 depositata il 13/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 06/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza non definitiva n. 979/2022, pubblicata in data 21 luglio 2022 , la Corte d’appello di Salerno decidendo sugli appelli riuniti proposti avverso la sentenza del Tribunale di Salerno n. 3622/2017, ‘ per come emendata con decreto del 9 ottobre 2017 ‘, ha, nel contraddittorio tra l’appellante principale RAGIONE_SOCIALE e gli appellanti incidentali NOME COGNOME – in proprio e quale erede di NOME COGNOME e NOME COGNOME parzialmente accolto l’appello principale di RAGIONE_SOCIALE S.P.A. -nello specifico, ‘i motivi di appello proposti dall”Unicredit s.p.a’ in ordine all’omessa pronuncia, da parte del Tribunale di Sale rno, sull’eccezione di prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito, alla mancata applicazione del tasso convenzionale degli interessi passivi e della commissione di massimo scoperto dal 12 maggio 1995 al 30 giugno 2001 nonché alla pretermessa valutazione della qualità di garante autonomo in capo a NOME -e, per l’effetto, ha disposto la rimessione della causa sul ruolo al fine di procedere all’espletamento di consulenza tecnica integrativa.
Come riferito dalla decisione impugnata, ‘ con sentenza n. 3622/2017, il Tribunale di Salerno, nel definire il giudizio promosso, ex art. 645 c.p.c., da COGNOME NOME e dalla garante COGNOME NOME con atto di citazione notificato all’ ‘Unicredit s.p.a.’ il 7 dicembre 2005, così provvedeva: 1) accoglieva l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 883/2005, emanato su ricorso spiegato dall’istituto bancario per ottenere il pagamento della somma di euro 30.541,60, a titolo di saldo passivo del conto corrente n. 70910/00, oltre interessi al tasso
convenzionale dalla chiusura al soddisfo e spese processuali, revocando, per l’effetto, tale provvedimento monitorio; 2) accoglieva la domanda riconvenzionale proposta dagli opponenti e, per l’effetto, dichiarava che il correntista COGNOME NOME era creditore dell”Unicredit s.p.a.’, alla data del 31 dicembre 2005, della somma di euro 119.300,00, oltre interessi al tasso legale fino al soddisfo; 3) rigettava la domanda di risarcimento dei danni articolata dagli opponenti per la tardiva restituzione di effetti cambiari insoluti; 4) condannava l’istituto bancario alla refusione delle spese processuali’ .
Dopo che RAGIONE_SOCIALE aveva proposto appello avverso tale decisione, con ordinanza del 9 ottobre 2017, il Tribunale di Salerno, in accoglimento dell’istanza ai sensi dell’art. 287 c.p.c., disponeva la parziale correzione del dispositivo della sentenza n. 3622/2017, stabilendo che la statuizione ‘accoglie la domanda riconvenzionale e per l’effetto accerta il credito di NOME COGNOME nei confronti di Unicredit spa pari ad € 119.330,00 alla data del 31 -12-2005 con gli interessi legali fino al pagamento’ doveva intendersi sostituita con quella ‘accoglie la domanda riconvenzionale e per l’effetto accerta il credito di NOME COGNOME nei confronti di Unicredit spa pari a € 119.330,00 alla data del 31-12-2005 con gli interessi legali fino al pagamento nonché sempre per l’effetto condanna di Unicredit spa, in persona del legale rapp.te pro-tempore, al pagamento in favore del sig. NOME COGNOME della somma di € 119.333,00 alla data del 31 -122005 oltre interessi legali dal 31-122005 al soddisfo’ .
Avverso tale statuizione veniva proposto appello principale da parte di RAGIONE_SOCIALE ed appello incidentale da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La Corte d’appello di Salerno, riuniti i due gravami ha parzialmente accolto il solo primo appello proposto da RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE disattendendo quello relativo al provvedimento di correzione di errore materiale.
Per quanto ancora rileva nella presente sede, non avendo la medesima RAGIONE_SOCIALE proposto ricorso, la Corte territoriale ha, in primo luogo, accolto il motivo di gravame col quale l’Istituto di credito censurava la decisione di prime cure per non essersi pronunciata sull’eccezione di prescrizione dell’azione di ripetizione di indebito.
La Corte d’appello ha richiamato la distinzione tra rimesse solutorie e rimesse ripristinatorie, rilevato la presenza di un affidamento di fatto, ‘per come desumibile, tra l’altro, dalla sussistenza di un saldo costantemente passivo, senza che l’istituto bancario abbia assunto iniziative di revoca, recesso, diffida e segnalazione a sofferenza del cliente presso la Centrale Rischi della Banca d’Itali a, nonché dall’applicazione della commissione di massimo scoperto’ e concluso nel senso della necessità di procedere ad accertamento peritale supplementare, demandando al consulente il compito di individuare le singole rimesse solutorie interessate dalla prescrizione, previo accertamento dell’esatto ammontare dell’affidamento di fatto .
La Corte d’appello, poi, ha parzialmente accolto il motivo di gravame col quale si censurava la decisione di prime cure per aver proceduto -in mancanza del contratto -alla rideterminazione del saldo finale del conto corrente con l’applicazione degli interessi al tasso legale e l’esclusione della commissione di massimo scoperto per l’intera durata del rapporto intercorso tra le parti.
La Corte, infatti, ha osservato che, se fino alla data de ll’11 maggio 1995 non sussisteva alcun documento negoziale contenente condizioni economiche specificamente pattuite dal correntista, per contro, a far tempo dal 12 maggio 1995, doveva assumere rilevanza la scrittura con
la quale il correntista, nel riconoscersi debitore dell’Istituto di credito, aveva assunto l’obbligo di ripianare la propria esposizione mediante il pagamento del capitale e degli interessi passivi al tasso del 12,5% nonché di corrispondere la commissione di massimo scoperto nella misura dello 0,125%.
La Corte d’appello ha, pertanto, concluso che, dalla data di conclusione di tale scrittura sino alla data di chiusura del rapporto, al rapporto dovevano essere applicate le condizioni pattuite nella scrittura privata, rimettendo anche in questo caso l’oper azione di ricalcolo al consulente tecnico d’ufficio.
È stato, infine, accolto, il motivo di gravame col quale si censurava la decisione di prime cure nella parte in cui non aveva qualificato la fideiussione prestata dalla defunta NOME in favore di NOME COGNOME come contratto autonomo di garanzia.
La Corte d’appello, infatti, esaminato il testo della scrittura con la quale era stata concessa la garanzia, ha concluso che la stessa andava qualificata come contratto autonomo di garanzia, con conseguente preclusione della possibilità di contestare la pretesa creditoria di RAGIONE_SOCIALE considerato anche il fatto che quest’ultima, nel proprio ricorso per decreto ingiuntivo, aveva espressamente limitato la propria pretesa al saldo del conto corrente epurato dagli interessi anatocistici applicati nel corso del rapporto.
Sulla base di tali presupposti, la Corte d’appello ha disposto la rimessione della causa sul ruolo, disponendo l’espletamento di consulenza tecnica integrativa, in ordine alla quale ha chiarito che ‘ il consulente tecnico d’ufficio dovrà rideterminare il saldo del conto corrente in questione mediante l’applicazione, dall’1 gennaio 1987 all’11 maggio 1995, dei soli interessi al tasso legale e, dal 12 maggio 1995 al 30 giugno 2001, degli interessi al tasso convenzionale del
12,5% nonché la commissione di massimo scoperto nella misura dello 0,125%, con la conseguente espunzione di tutte le somme illegittimamente addebitate a qualsiasi titolo, individuando, di seguito, rispetto al saldo rettificato ed in rapporto all’ammontare dell’affidamento di fatto da cui il rapporto bancario era assistito, per come risultante dalla documentazione disponibile, le rimesse solutorie eventualmente effettuate dal COGNOME in data antecedente al 7 dicembre 1995 e, quindi, non ripetibili per intervenuta prescrizione decennale. ‘
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Salerno ricorrono: 1) NOME COGNOME, in proprio e quale erede di NOME COGNOME; nonché -tutti quali eredi di NOME COGNOME – 2) NOME COGNOME; 3) NOME COGNOME; 4) NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
5. Con successiva sentenza n. 1222/2023, pubblicata in data 13 ottobre 2023, la Corte d’appello di Salerno, all’esito dell’espletamento della consulenza tecnica disposta dopo la sentenza non definitiva n. 979/2022, pubblicata in data 21 luglio 2022, ha: 1) condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di NOME COGNOME, della minore somma di € 31.217,72, oltre interessi al tasso legale dal 7 dicembre 2005 all’effettivo soddisfo; 2) condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME, al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE SRAGIONE_SOCIALE.ARAGIONE_SOCIALE, nella misura di 1/2 ciascuno, della somma di € 30.541,60, oltre interessi al tasso legale dal 29 ottobre 2005 all’effettivo soddisfo; 3) dichiarato inammissibile l’appello incidentale s piegato da NOME COGNOME e NOME COGNOME nel giudizio iscritto al n. 1106/2017 R.G.; 4) rigettato il successivo appello proposto da RAGIONE_SOCIALE S.P.A.
ed iscritto al n. 1401/2017 R.G.; 5) dichiarato non luogo a provvedere sull’appello incidentale spiegato da NOME COGNOME e NOME COGNOME nel medesimo giudizio.
Per quanto ancora rileva nella presente sede, la Corte territoriale, richiamata la propria sentenza non definitiva, ha ritenuto di fare propri gli accertamenti svolti dal consulente d’ufficio, ed ha disatteso le deduzioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME osservando che:
-l’eccezione di prescrizione della domanda di ripetizione delle rimesse solutorie sollevata da RAGIONE_SOCIALE era da ritenersi ammissibile ed in parte fondata, essendo onere dell’Istituto di credito unicamente quello di eccepire l’inerzia della parte senza individuare le specifiche rimesse;
-correttamente il consulente tecnico aveva operato la propria verifica sul presupposto di un fido di fatto per vecchie £ 100.000.000 -operante dal terzo trimestre 1989 al terzo trimestre 1994 – risultando tale limite dalla documentazione in atti e non emergendo invece la fondatezza della tesi degli appellanti incidentali, secondo i quali il fido doveva essere individuato nel massimo sconfinamento consentito dalla banca;
-alla luce dell’impegno assunto per iscritto con lettera 12 maggio 1995, il saldo del conto corrente doveva essere rideterminato mediante l’applicazione, dal 1° gennaio 1987 all’11 maggio 1995, dei soli interessi al tasso legale e, dal 12 maggio 1995 al 30 giugno 2001, degli interessi al tasso convenzionale del 12,5% nonché la commissione di massimo scoperto nella misura dello 0,125%;
-l’applicazione del criterio del c.d. ‘saldo zero’ era preclusa dal fatto che NOME COGNOME e NOME DEL
COGNOME non avevano proposto appello avverso la decisione di prime cure, nella parte in cui quest’ultima non aveva applicato detto criterio, dovendosi ritenere inammissibile ex art. 342 c.p.c. le censure dai medesimi formulate;
-inammissibili erano le deduzioni degli appellanti incidentali in relazione alla garanzia rilasciata da NOME COGNOME avendo la Corte già qualificato tale garanzia come contratto autonomo nella sentenza non definitiva e non venendo in rilievo la possibile contestazione della violazione dell’art. 1283 c.c., in quanto l’Istituto di credito, nel proprio ricorso per decreto ingiuntivo, aveva espressamente limitato la propria pretesa al saldo del conto corrente epurato dagli interessi anatocistici applicati nel corso del rapporto.
Per la cassazione della sentenza definitiva della Corte d’appello di Salerno ricorrono 1) NOME COGNOME, in proprio e quale erede di NOME COGNOME; nonché -tutti quali eredi di NOME COGNOME – 2) NOME COGNOME; 3) NOME COGNOME; 4) NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione di entrambi i ricorsi è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c. Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, deve essere disposta la riunione del procedimento R.G. 6924/2024 al procedimento R.G. 16134/2023;
Ricorso R.G. 16134/2023
Il ricorso è affidato a otto motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1367 – in relazione agli artt. 1904, 1369, 1936, 1945 e 2697 c.c. nonché dell’ art. 116 c.p.c.
Si censura la sentenza della Corte d’appello nella parte in cui ha accolto l’ultimo motivo di appello, ritenendo che la fideiussione prestata dalla defunta NOME COGNOME costituisse un contratto autonomo di garanzia -e non una fideiussione – esclusivamente valorizzando le clausole contrattuali contenenti clausola di pagamento c.d. ‘a prima richiesta’ o ‘senza eccezioni’ e senza esaminare il contratto nel suo complesso, laddove da tale esame emergerebbe che la garanzia conservava carattere di accessoriet à rispetto all’obbligazione principale e conteneva solo alcune deroghe alla disciplina della fideiussione.
2.2. Il motivo di ricorso è inammissibile.
Si deve rammentare che questa Corte ha reiteratamente chiarito che, sebbene la deroga all’art. 1957 c.c. non possa ritenersi implicita laddove sia inserita, all’interno del contratto di fideiussione, una clausola di “pagamento a prima richiesta”, o altra equivalente, dovendosi in ogni caso accertare la relazione causale in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e l’obbligazione di garanzia e trovando applicazione a tal fine gli ordinari strumenti interpretativi nella disponibilità del giudice (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 34678 del 27/12/2024; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 31105 del 04/12/2024; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16825 del 09/08/2016), nondimeno la presenza di tale clausola può valere – proprio all’esito del processo interpretativo del giudice di merito – a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, salvi i casi in cui -sempre alla luce della lettura dell’intero contratto -emerga un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 27619 del
03/12/2020; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 4717 del 19/02/2019; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22233 del 20/10/2014).
Va chiarito, quindi, che il giudice di merito, a fronte dell’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni”, deve comunque procedere all’interpretazione della volontà delle parti alla luce della lettura dell’intero contratto allo scopo di verificare se tale clausola miri effettivamente ad escludere l’ accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione o se invece tra la clausola medesima e l’intero contenuto della convenzione negoziale non via sia un’evidente discrasia, tale da indurre a mantenere la qualificazione della garanzia in termini di fideiussione.
Svolta tale premessa, si deve osservare che nel caso in esame la Corte d’appello si è venuta a conformare al principio appena enunciato, in quanto è pervenuta a qualificare la garanzia come contratto autonomo -e non come fideiussione -non sulla base della mera presenza della clausola di pagamento a prima richiesta bensì sulla scorta dell ‘argomentata valutazione di una pluralità di clausole, procedendo quindi ad una interpretazione complessiva del contratto fonte della garanzia.
Il motivo di ricorso viene a censurare l’esito interpretativo cui è pervenuta la stessa Corte territoriale, ma si limita a contrapporre l’interpretazione del ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017), senza tuttavia evidenziare l’assoluta insostenibilità ed irrazionalità dell’interpretazione adottata nella decisione medesima ed omettendo di considerare che l’interpretazione accolta nella decisione impugnata non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili
interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 28319 del 28/11/2017).
2.3. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1283, 1284, 2697, 1362, 1944, 1945 nonché 1418, 1421, 1284 e 1346 c.c. nonché degli artt. 4, Legge n. 154/1992; 117 TUB e 111 Cost.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello ha affermato che nel caso in cui si configuri un contratto autonomo di garanzia, il garante non potrebbe eccepire la nullità delle clausole contrattuali del rapporto principale per violazione degli artt. 1283 e 1284 c.c.
2.4. Il motivo è inammissibile.
Lo stesso, infatti, non si confronta con la ratio effettiva della decisione impugnata, la quale (pagg. 17-18) afferma testualmente: ‘ove si consideri che l’istituto bancario ha espressamente chiesto di limitare l’ingiunzione di pagamento alla sola somma di euro 30.541,60, vale a dire al saldo del conto corrente n. 70910/00, pari ad euro 50.009,45, per come epurato dagli interessi anatocistici applicati nel corso del rapporto, con l’ulteriore conseguenza che, anche a voler recepire il principio espresso dalla Corte di Cassazione, in difformità dal suo precedente orientamento (cfr., ex plurimis, Cass. 3 marzo 2009, n. 5044; Cass. 9 dicembre 2014, n. 25842; Cass. ord. 25 agosto 2017, n. 20397), con la sentenza del 10 gennaio 2018, n. 371, secondo cui il garante autonomo è legittimato ad eccepire la violazione dell’art. 1283 cod. civ., in ogni caso, l’intervenuta eliminazione della capitalizzazione trimestrale rende irrilevante ogni doglianza al riguardo’ .
La Corte d’appello, quindi, non ha escluso la possibilità per il garante di dedurre la nullità delle clausole contemplanti la capitalizzazione -come ritenuto nel ricorso – ma ha rilevato che nel concreto gli effetti dell’applicazione di tali clausole erano stati eliminati dallo stesso istituto di credito, da ciò derivando la concreta assenza di un interesse della parte a dedurre la nullità di tali clausole.
Tale ratio , come detto, non è stata impugnata dal ricorso se non con una serie di argomentazioni (pag. 18) che tuttavia risultano inammissibili, in quanto basate su profili in mero fatto, non senza rilevare che proprio tali considerazioni vengono ad ammettere esattamente quanto appena rilevato in ordine alla eliminazione di ogni forma di anatocismo.
2.5. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione.
Si censura l’omessa valutazione da parte della Corte di Appello di Salerno della nullità delle clausole anatocistiche nei confronti della garante e dei suoi eredi.
2.6. Il motivo è inammissibile.
Anche questo motivo, infatti, omette -come il terzo mezzo -di confrontarsi con la ratio della decisione ed in particolare con l’affermazione della Corte d’appello per cui gli effetti dell’applicazione delle clausole anatocistiche erano già stati espunti in sede di domanda monitoria.
Non solo, quindi, il profilo dedotto con il mezzo risulta essere stato direttamente ed esplicitamente esaminato dalla Corte territoriale ma anche lo stesso, alla luce della ratio decidendi , risulta privo di decisività.
2.7. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2946 e 2935 c.c.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello -afferma la sintesi -‘non ha ritenuto la decorrenza della prescrizione dalla chiusura del conto, nonché la violazione delle norme indicate in relazione alla prova della insussistenza di rimesse solutorie’ .
Si deduce che la Corte territoriale avrebbe errato ‘nell’affermare la necessità di accertare l’eccepita prescrizione delle rimesse e, soprattutto, che sia onere del correntista dimostrare la natura ripristinatoria delle rimesse’ e che sarebbe l’odierna controricorrente tenuta ad assolvere l’onere sia di indicare i singoli pagamenti che rispondono alla diversa funzione solutoria sia di dimostrare tale funzione in concreto.
2.8. Anche tale motivo è inammissibile.
Nella decisione impugnata, infatti, la Corte territoriale si è limitata ad accogliere il motivo di gravame con il quale l’istituto di credito veniva a dolersi dell’omessa pronuncia, da parte del giudice di prime cure, sull’eccezione di prescrizione dell’azione di ripetizione di indebito dell ‘odierno ricorrente.
Affermata l’assenza di pronuncia sul punto ed accolto il motivo di appello, tuttavia, la Corte territoriale ha concluso che, ai fini della valutazione nel merito dell’eccezione di prescrizione, risultava necessario procedere ad accertamento peritale in ordine alla qualificazione -come solutorie o come ripristinatorie – delle singole rimesse affluite sul conto , pur affermando l’esistenza di un fido di fatto , ma senza individuare in alcun modo -come invece sostengono i ricorrenti nella memoria ex art. 380bis. 1 c.p.c. -il limite massimo di tale fido.
Così ricostruito il contenuto della sentenza non definitiva, appare evidente che le censure formulate con il mezzo omettono di confrontarsi con la decisione medesima , attribuendo a quest’ultima affermazioni inesistenti, avendo, anzi, la Corte territoriale rimesso all’esito degli accertamenti peritali ogni valutazione effettiva sulla natura delle rimesse e sulla fondatezza dell’eccezione di prescrizione.
Il motivo di ricorso, quindi, risulta inammissibile in quanto viene a censurare asserzioni non presenti nella decisione impugnata, dal momento che l’unica statuizione concreta adottata sul punto dalla Corte territoriale è consistita nel l’accoglimento del motivo di appello per omessa statuizione sull’eccezione di prescrizione, senza entrare nel merito della stessa.
2.9. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1284 e 1325 c.c., e 117, commi 1 e 3, T.U.B.
Viene censurata la decisione impugnata nella parte in cui la Corte di Appello di Salerno ha ritenuta l’idoneità della determinazione di interessi ultralegali pattuiti in forma scritta con l’atto di ricognizione di debito sottoscritto da NOME COGNOME e disposto il ricalcolo prevedendo dalla data della scrittura l’applicazione degli interessi ivi indicati
Argomenta, in particolare, il ricorso che la forma scritta, imposta per i contratti bancari dall’ art. 117 TUB è insuscettibile di deroga e non può essere surrogata nemmeno da una confessione nel momento in cui non sia provata l’esistenza del contratto di base.
Si deduce che il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, ove abbia natura meramente ricognitiva del debito, non ne determina l’estinzione, né lo sostituisce con nuove obbligazioni, sicché resta valida
ed efficace la successiva contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti
2.10. Il motivo è fondato.
Questa Corte, infatti, ha già chiarito che in tema di conto corrente bancario, la presenza di un piano di rientro concordato tra banca e cliente, che abbia natura meramente ricognitiva del debito, non preclude la contestazione della nullità delle clausole negoziali per difetto di forma scritta e pertanto non esonera la banca, attrice in giudizio per il pagamento del saldo, dal documentare le condizioni convenute nel contratto di conto corrente (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 2855 del 31/01/2022; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19792 del 19/09/2014).
La decisione della Corte territoriale risulta invece in contrasto con tale principio, nel momento in cui la Corte medesima ha ritenuto di attribuire valenza integrativa dell’originario contratto di conto corrente ad una scrittura contenente una mera ricognizione di debito accompagnata da un piano di rientro, omettendo in tal modo di considerare che proprio il carattere meramente ricognitivo della scrittura rendeva quest’ultima del tutto inidonea a sostituire le originarie pattuizioni del contratto di conto corrente e, conseguentemente, a precludere per il correntista la possibilità di contestare successivamente la nullità delle clausole del contratto medesimo, per difetto di forma scritta.
2.11. Con il sesto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1284 e 1325 c.c., nonché dell’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui non ha accertato la nullità della determinazione dei tassi di interessi contenuti nella lettera sottoscritta da NOME COGNOME.
Argomenta, in particolare, il ricorso che:
-la determinazione della commissione di massimo scoperto sarebbe nulla in quanto effettuata con mera indicazione generica e quindi indeterminabile;
-il tasso di interesse indicato nella suddetta lettera sarebbe ultralegale, omettendo anche di individuare la periodizzazione.
2.12. Il motivo risulta assorbito per effetto dell’accoglimento del quinto motivo.
2.13. Con il settimo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.
Si censura la sentenza nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che il ricalcolo del conto corrente, in mancanza degli estratti conto iniziali, non dovesse essere effettuato partendo dal c.d. ‘saldo zero’ non essendo stato proposto appello incidentale sul punto.
Deducono, per contro, i ricorrenti che sul punto era stato proposto appello incidentale, sebbene subordinato all’accoglimento di uno dei motivi dell’appello principale.
2.14. Il motivo è fondato.
Il motivo, in primo luogo, risulta ammissibile in quanto viene a rispettare il canone di specificità di cui all’art. 366, n. 6), c.p.c., da ciò derivando -essendo dedotto error in procedendo -la sussistenza dei presupposti che legittimano l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022; ma cfr. anche Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021) quale giudice del fatto processuale (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20716 del 13/08/2018; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 6014 del 13/03/2018; Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 25259 del 25/10/2017).
Affermata l’ammissibilità del mezzo, l’esame diretto degli atti permette di constatare che nella comparsa di costituzione e risposta in appello degli odierni ricorrenti -contenente anche appello incidentale subordinato all’accoglimento di ‘anche solo uno dei motivi di impugnazione’ (pag. 33) risultava formulata (pag. 37 segg.) una specifica ed articolata censura in ordine alla mancata applicazione del criterio del c.d. ‘saldo zero’, richiamando sul punto l’orientamento di questa Corte.
Risulta, pertanto, inesatta l’affermazione della Corte territoriale per cui, pur essendo errata la decisione del Tribunale nella parte in cui non aveva applicato il criterio del c.d. ‘saldo zero’, la decisione medesima doveva tuttavia ritenersi intangibile sul punto, ‘ non avendo il De Grosso interposto appello incidentale ‘ , laddove invece tale appello incidentale risultava regolarmente proposto e su di esso la Corte d’appello avrebbe dovuto statuire .
2.15. Con l’ottavo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.p.c.
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui la Corte territoriale non ha ritenuto di operare, in ogni caso, il ricalcolo partendo dal c.d. ‘saldo zero’, una volta rilevata l’acquisizione solo parziale degli estratti conto ed indipendentemente dalla formulazione di un motivo di appello.
2.16. Il motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento del settimo mezzo.
Ricorso R.G. 6924/2024
Il ricorso è affidato ad undici motivi.
3.1 . Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1284 e 1325 c.c., e 117, commi 1 e 3, T.U.B.
Viene censurata la decisione impugnata nella parte in cui la Corte di Appello di Salerno ha ritenuta l’idoneità della determinazione di interessi ultralegali pattuiti in forma scritta con l’atto di ricognizione di debito sottoscritto da NOME COGNOME e disposto il ricalcolo prevedendo dalla data della scrittura l’applicazione degli interessi ivi indicati
Argomenta, in particolare, il ricorso che a forma scritta, imposta per i contratti bancari dall’art. 117 TUB è insuscettibile di deroga e non può essere surrogata nemmeno da una confessione nel momento in cui non sia provata l’esistenza del contratto di ba se.
Si deduce che il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, ove abbia natura meramente ricognitiva del debito, non ne determina l’estinzione, né lo sostituisce con nuove obbligazioni, sicché resta valida ed efficace la successiva contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti
3.2. Il motivo è inammissibile in quanto viene ad impugnare una statuizione contenuta nella sentenza non definitiva, riproponendo il quinto motivo del ricorso proposto avverso quest’ultima , sul quale questa Corte si è già pronunciata.
3.3. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1284 e 1325 c.c., e 117, commi 1 e 3, T.U.B.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui non ha accertato la nullità della determinazione dei tassi di interessi contenuti nella lettera sottoscritta da NOME COGNOME.
Argomenta, in particolare, il ricorso che:
-la determinazione della commissione di massimo scoperto sarebbe nulla in quanto effettuata con mera indicazione generica e quindi indeterminabile;
-il tasso di interesse indicato nella suddetta lettera sarebbe ultralegale, omettendo anche di individuare la periodizzazione.
3.4. Il motivo è inammissibile in quanto viene ad impugnare una statuizione contenuta nella sentenza non definitiva, riproponendo il sesto motivo del ricorso proposto avverso quest’ultima , sul quale questa Corte si è già pronunciata.
3.5. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.
Si censura la sentenza nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che il ricalcolo del conto corrente, in mancanza degli estratti conto iniziali, non dovesse essere effettuato partendo dal c.d. ‘saldo zero’ non essendo stato appello incidentale s ul punto.
Deducono, per contro, i ricorrenti che sul punto era stato proposto appello incidentale, sebbene subordinato all’accoglimento di uno dei motivi dell’appello principale.
3.6. Il motivo è inammissibile in quanto viene ad impugnare una statuizione contenuta nella sentenza non definitiva, riproponendo il settimo motivo del ricorso proposto avverso quest’ultima , sul quale questa Corte si è già pronunciata.
3.7. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la Violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto inammissibile, per difetto di specificità, la censura relativa alla necessità di applicare il c.d. ‘saldo zero’ alla ricostruzione del conto corrente.
3.8. Il motivo è inammissibile in quanto viene ad impugnare una statuizione contenuta nella sentenza non definitiva, riproponendo il settimo motivo di ricorso, sul quale questa Corte si è già pronunciata.
3.9. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui la Corte territoriale non ha ritenuto di operare, in ogni caso, il ricalcolo partendo dal c.d. ‘saldo zero’, una volta rilevata l’acquisizione solo parziale degli estratti conto ed indipendentemente dalla formulazione di un motivo di appello.
3.10. Il motivo è inammissibile in quanto viene ad impugnare una statuizione contenuta nella sentenza non definitiva, riproponendo l’ottavo motivo del ricorso proposto avverso quest’ultima , sul quale questa Corte si è già pronunciata.
3.11. Con il sesto motivo il ricorso deduce, testualmente, la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e della l. n. 154/1992 e dell’art. 117 tub (d.lgs. n. 385/1993), in relazione all’art. 11 preleggi -violazione e falsa applicazione dei ‘principi di diritto circa l’individuazione della presenza di affi damenti in conto e del loro limite di utilizzo”
Si censura la sentenza nella parte in cui la Corte di Appello di Salerno ha affermato la sussistenza di rimesse solutorie, ritenendo operante un affidamento limitato esclusivamente a vecchie £ 100.000.000 e non nel massimo scoperto ‘di fatto’ consentito da lla banca.
3.12. Il motivo è inammissibile.
Lo stesso, infatti, ben lungo dal dedurre una effettiva violazione delle regole di distribuzione degli oneri probatori, viene nel concreto a sindacare l’accertamento svolto in fatto dal giudice di merito, nel momento in cui quest’ultimo , sulla base della documentazione disponibile, ha ritenuto che risultasse provato un affidamento massimo di £ 100.000.000,00, dovendosi, del resto, richiamare il principio,
enunciato da questa Corte, per cui in tema di apertura di credito in conto corrente, stipulata prima dell’entrata in vigore dell’art. 3 della Legge. n. 154/1992, la prova dell’affidamento può essere fornita per facta concludentia , purché emerga almeno l’ammontare accordato al correntista, essendo invece insufficiente la sola dimostrazione della tolleranza della banca in ordine a sconfinamenti del cliente rispetto al tetto massimo riconosciuto (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 11016 del 24/04/2024), di talché era comunque onere degli odierni ricorrenti fornire la prova dell’eventuale esistenza di un affidamento di entità maggiore.
Esclusa la pertinenza di tutte le deduzioni, svolte nel motivo, sulla non necessità della forma scritta e sulla prova dell’apertura di credito , non può che ribadirsi che la Corte territoriale ha individuato, sulla base di una serie di indici, quello che poteva ritenersi il limite massimo del fido e che il motivo di ricorso, nel dedurre l’ipotesi di cui all’art. 360, n. 3), c.p.c., censura indirettamente -ed inammissibilmente -l’argomentato ragionamento della Corte territoriale, senza invece censurare in alcun modo il ragionamento presuntivo seguito nella decisione impugnata.
3.13. Con il settimo motivo il ricorso deduce, testualmente, la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, n. 4 c.p.c. -per errore di percezione sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova’
Si censura la decisione impugnata per avere la stessa omesso di rilevare – per errore di percezione – la sussistenza di affidamento di vecchie £ 100.000.000 anche per il periodo antecedente al terzo trimestre 1989.
In particolare, si argomenta la presenza in atti di documentazione che, con riferimento al periodo successivo al 1° gennaio 1989, faceva
riferimento ad una ‘variazione’ del tasso per affidamenti sino a lire 100.000.000 ed oltre’ , da ciò emergendo l’esistenza di un fido anche per il periodo anteriore.
3.14. Anche tale motivo è inammissibile.
Le ragioni sono le medesime che hanno condotto al giudizio di inammissibilità del sesto motivo: anche in questo caso, infatti, ad essere censurato è un mero giudizio di fatto svolto dalla Corte d’appello circa l’entità dell’affidamento.
Né valgono a rendere ammissibile il motivo le deduzioni dei ricorrenti in ordine all’esistenza di un errore di percezione: ciò che con il motivo si viene a denunciare è l’omessa valutazione di documenti che -secondo i ricorrenti -avrebbero dimostrato inconfutabilmente un fatto che invece la decisione della Corte ha ritenuto non sussistente, e cioè una fattispecie che non doveva essere oggetto di ricorso in sede di legittimità ma, semmai, del rimedio straordinario di cui all’art. 395, n. 4), c.p.c.
3.15. Con il l’ottavo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1367 ‘in correlazione all’art. 1904, 1369, 1936, 1945 e 2697 c.c. nonché art. 116 c.p.c. circa l’erronea qualificazione della fideiussione per cui è causa come garanzia autonoma e non come semplice fideiussione’ .
Si censura la decisione impugnata per aver qualificato la rilasciata da NOME COGNOME come garanzia autonoma e non come semplice fideiussione.
3.16. Il motivo è inammissibile in quanto viene ad impugnare una statuizione contenuta nella sentenza non definitiva, riproponendo il primo motivo del ricorso proposto avverso quest’ultima, sul quale questa Corte si è già pronunciata.
3.17. Con il nono motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1283, 1284, 2697, 1362, 1944, 1945 nonché 1418, 1421, 1284 e 1346 c.c. nonché degli artt. 4, Legge n. 154/1992; 117 TUB; 111 Cost.
Come sintetizzato in ricorso, ‘con il motivo viene censurata la sentenza impugnata, dal momento che la Corte di Appello di Salerno, pur ammettendo e riconoscendo che anche il ‘garante autonomo’ può rilevare la nullità delle clausole contrattuali che prevedono l’anatocismo con capitalizzazione trimestrale ha ritenuto di confermare il d.i. opposto, pur essendo emerso che il saldo del rapporto di conto corrente n. 70910/00, depurato dall’effetto della capitalizzazione trimestrale, oltre che dalla nullità delle clausole di determinazione degli interessi passivi, avrebbe dovuto essere (nell’ipotesi più sfavorevole per il correntista) di € 31.217,72 in favore del sig. COGNOME EnricoCOGNOME .
3.18. Il motivo è inammissibile in quanto viene ad impugnare una statuizione contenuta nella sentenza non definitiva, riproponendo il secondo motivo del ricorso proposto avverso quest’ultima, sul quale questa Corte si è già pronunciata.
3.19. Con il decimo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nella ‘omessa valutazione della nullità delle clausole anatocistiche e della nullità per la violazione dell’art. 1284 c.c. nei confronti della garante (e dei suoi eredi)’ .
Come sintetizzato nel ricorso, ‘con il motivo si censura la contraddittorietà della sentenza impugnata nella parte in cui ha omesso di valutare la nullità delle clausole anatocistiche e la nullità per la mancata determinazione scritta dei tassi di interesse anche nei confronti della gar ante’ .
3.20. Il motivo è inammissibile in quanto viene ad impugnare una statuizione contenuta nella sentenza non definitiva, riproponendo il terzo motivo del ricorso proposto avverso quest’ultima, sul quale questa Corte si è già pronunciata.
3.21. Con l’undicesimo motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 e 343 c.p.c. e 112 c.p.c.;
-in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.
Si deduce la violazione degli artt. 342, 343 e 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale affermato l’inammissibilità dell’appello incidentale condizionato per mancanza di specificità.
3.22. Anche tale ultimo motivo è inammissibile.
Premesso che il motivo si riferisce ad un profilo diverso da quello dedotto con il settimo motivo del ricorso R.G. 16134/2023 (nonché col quarto motivo del presente ricorso), si deve rilevare che in questo caso il motivo non rispetta adeguatamente la regola di specificità di cui all’art. 366 c.p.c. essendosi i ricorrenti limitati a sintetizzare in termini assolutamente generici il contenuto del proprio appello, omettendo invece di riprodurre quest’ultimo nei suoi passaggi fondamentali.
Occorre, infatti, ribadire il principio per cui il ricorrente che censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 29495 del 23/12/2020; Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 22880 del 29/09/2017).
La radicale carenza riscontrabile nel ricorso ora in esame viene a precludere anche l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, in quanto è necessariamente all’ammissibilità del motivo di ricorso che viene ad essere subordinato l’esercizio del potere -dovere del giudice di legittimità di accertare la sussistenza del denunciato vizio attraverso l’esame diretto degli atti (Cass. Sez. U – Sentenza n. 20181 del 25/07/2019; Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 27368 del 01/12/2020; Cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15071 del 10/09/2012).
Conclusioni
In conclusione, alla luce delle considerazioni che precedono:
il ricorso R.G. 16134/2023 deve essere accolto limitatamente al quinto e settimo motivo di ricorso, inammissibili i motivi dal primo al quarto ed assorbiti sesto ed ottavo motivo;
il ricorso R.G. 6924/2024 deve essere dichiarato inammissibile.
Conseguentemente, deve disporsi la cassazione con rinvio alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, la quale, nel pronunciarsi nuovamente in conformità ai principi qui richiamati, provvederà altresì a regolare le spese anche del presente giudizio di cassazione, essendo stato accolto il ricorso avverso la sentenza non definitiva.
Stante il tenore della pronuncia relativa al ricorso rubricato al n. R.G. 6924/2024, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando
all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, preliminarmente dispone la riunione del procedimento R.G. 6924/2024 al procedimento R.G. 16134/2023;
in relazione al ricorso rubricato al n. R.G. 16134/2023 accoglie quinto e settimo motivo di ricorso, inammissibili i motivi dal primo al quarto ed assorbiti sesto e ottavo motivo;
in relazione al ricorso rubricato al n. R.G. 6924/2024, dichiara inammissibile il ricorso;
cassa la decisione impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, a lla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione.
In relazione al ricorso rubricato al n. R.G. 6924/2024, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1- quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima