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Contratto associazione in partecipazione e scioglimento

Un avvocato ha conferito le sue prestazioni professionali in un progetto immobiliare tramite un contratto di associazione in partecipazione, in cambio di una quota degli utili. Quando il progetto è fallito, ha chiesto il pagamento delle sue parcelle. La Corte di Cassazione ha stabilito che lo scioglimento del contratto non fa rivivere automaticamente il diritto al compenso conferito come apporto. Tale diritto si è estinto con il conferimento e la sua sorte, in caso di scioglimento, dipende da specifici accordi tra le parti, in questo caso mancanti.

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Contratto di Associazione in Partecipazione: La Sorte dell’Apporto in caso di Scioglimento

Il contratto di associazione in partecipazione rappresenta uno strumento flessibile per la collaborazione tra un’impresa e un soggetto esterno che apporta capitale o lavoro. Tuttavia, cosa accade all’apporto dell’associato se l’affare per cui l’associazione è stata creata non va a buon fine? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che lo scioglimento del contratto non comporta l’automatica restituzione dell’apporto, specialmente se questo consisteva in una rinuncia a un credito preesistente.

I Fatti di Causa

Un avvocato aveva stipulato un contratto di associazione in partecipazione con una società di costruzioni per la realizzazione di un complesso immobiliare. L’apporto del professionista consisteva nella rinuncia ai propri compensi professionali, sia pregressi che futuri, legati al progetto. In cambio, gli era stata garantita una partecipazione del 5% sugli utili dell’operazione, con esonero totale dalle perdite (una fattispecie nota come ‘cointeressenza impropria’).

Purtroppo, il progetto immobiliare non è mai decollato a causa del mancato ottenimento delle necessarie autorizzazioni amministrative. Di conseguenza, l’affare è sfumato. L’avvocato, a questo punto, ha agito in giudizio per ottenere il pagamento delle sue prestazioni professionali, sostenendo che lo scioglimento del contratto di associazione avesse fatto ‘rivivere’ il suo credito originario.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la sua richiesta, affermando che il suo diritto era legato esclusivamente agli utili, mai realizzati, e che l’insuccesso dell’operazione non gli dava diritto a recuperare il valore del suo apporto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso dell’avvocato inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della decisione è che il ricorrente non ha colto la ratio decidendi della sentenza d’appello.
Il suo ricorso si basava su una presunta errata applicazione delle norme sulla cointeressenza, ma la vera questione era un’altra: gli effetti dello scioglimento del contratto sull’apporto conferito.

Le Motivazioni della Decisione sul contratto di associazione in partecipazione

La Corte di Cassazione ha chiarito un principio fondamentale: quando un credito (in questo caso, il diritto al compenso professionale) viene rinunciato e conferito come apporto in un contratto di associazione in partecipazione, esso si ‘fonde’ con il patrimonio dell’associazione per tutta la durata del rapporto. Il diritto originario si estingue e viene sostituito dal diritto a partecipare agli utili.

Lo scioglimento del contratto, avvenuto in questo caso perché l’unico affare previsto è venuto meno, non produce una ‘reviviscenza’ automatica del credito originario. Gli Ermellini hanno spiegato che lo scioglimento per mutuo dissenso (o per il venir meno dello scopo) è, a tutti gli effetti, un nuovo accordo tra le parti che pone fine al precedente. In assenza di una specifica pattuizione in questo nuovo accordo risolutorio che preveda la restituzione dell’apporto, l’associato non può pretendere nulla.

In pratica, l’effetto estintivo delle obbligazioni derivanti dal contratto originario si consolida con il suo scioglimento. L’associato, rinunciando al suo compenso per trasformarlo in un apporto, ha accettato il rischio che, in caso di mancati utili, tale apporto andasse perso. Per poter recuperare il valore delle sue prestazioni, avrebbe dovuto dimostrare una responsabilità della società associante nel fallimento del progetto, ma una tale domanda non era stata tempestivamente proposta nel giudizio di merito.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per chiunque stipuli un contratto di associazione in partecipazione. È cruciale regolare contrattualmente, in modo chiaro ed esplicito, la sorte dell’apporto dell’associato in caso di scioglimento anticipato del rapporto o di mancato conseguimento degli obiettivi. Affidarsi alla presunzione che l’apporto venga restituito o che un credito originario ‘risorga’ è un errore che può costare caro. La volontà delle parti, espressa nell’accordo di scioglimento, è sovrana e, in sua assenza, le obbligazioni del contratto estinto non tornano in vita.

Cosa succede all’apporto conferito in un’associazione in partecipazione se l’affare fallisce?
Secondo la Corte, se l’affare per cui è stata costituita l’associazione non si realizza, l’associato che ha partecipato solo agli utili non ha automaticamente diritto alla restituzione del suo apporto. Il suo conferimento è soggetto al rischio d’impresa, e la sua perdita è una conseguenza del mancato conseguimento degli utili.

Lo scioglimento di un contratto di associazione in partecipazione fa ‘rivivere’ un credito che era stato rinunciato e conferito come apporto?
No. La Corte ha stabilito che lo scioglimento del contratto, ad esempio per mutuo dissenso, consolida l’effetto estintivo delle obbligazioni. Il credito originario, una volta trasformato in apporto, non ‘risorge’ automaticamente. Le parti dovrebbero prevedere esplicitamente la sua restituzione nell’accordo che scioglie il contratto.

Qual è l’importanza del ‘mutuo dissenso’ nello scioglimento del contratto?
Il mutuo dissenso è considerato un nuovo contratto, di natura solutoria, che estingue quello precedente. Pertanto, ogni pretesa o diritto successivo allo scioglimento deve trovare fondamento in questo nuovo accordo risolutorio, non nel contratto originario ormai estinto. Se le parti non pattuiscono nulla riguardo alla sorte dell’apporto, questo non può essere richiesto indietro sulla base del vecchio contratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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