Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30362 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30362 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
Oggetto:
associazione RAGIONE_SOCIALE partecipazione
AC – 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16370/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione e all’indirizzo pec EMAIL, rappresentato e dife so dall’ AVV_NOTAIO, giusta procura allegata al ricorso;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t, elett.te domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l o studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende giusta procura allegata al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 991/2022, pubblicata il 3 maggio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
AVV_NOTAIO ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un motivo, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del locale Tribunale che, in accoglimento dell’ opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter , CC), aveva revocato il decreto n. 8236/2014 emesso dal medesimo Tribunale, con cui si ingiungeva a COGNOME di pagare in suo favore l’importo di €.71.650,00, oltre accessori, a titolo di compensi professionali connessi al contratto di associazione in partecipazione da lui stipulato con CC, in forza del quale, in esito alla realizzazione di un complesso edilizio, egli, in qualità di associato, aveva diritto al 5% dei soli utili d ell’ associante CC, senza partecipazione alle perdite. Non essendo l’affare edilizio andato a buon fine , l’ COGNOME richiedeva alla CC il pagamento degli onorari per l’attività prestata come AVV_NOTAIO nel corso dell’esecuzione del contratto.
NOME ha resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che era incontestato che tra le parti fosse stato stipulato un contratto di associazione in partecipazione, con cui l’associato RAGIONE_SOCIALE aveva concordato con l’associante CC il proprio diritto a partecipare al 5% degli utili di impresa derivanti dalla realizzazione da parte di CC di un edificio da destinare ad attività alberghiera, con esclusione della sua partecipazione alle
perdite; in corrispettivo , l’associato COGNOME si impegnava a fornire in favore della CC, anche nel proprio interesse legato al contratto, ogni attività professionale necessaria al raggiungimento dell’attività imprenditoriale programmata; b) che le prestazioni professionali di cui era stato ingiunto il pagamento, per stessa ammissione dell’COGNOME, erano oggetto della pattuizione contenuta nel contratto associativo, in forza del quale egli rinunciava in favore della CC a pretendere il pagamento delle prestazioni professionali pregresse alla stipula del contratto e, contestualmente, a fronte del riconoscimento della percentuale di partecipazione agli utili e all’ esonero dalle perdite, si impegnava anche per il futuro a svolgere in favore di CC e senza corrispettivo professionale tutte le attività di consulenza e assistenza legale necessarie al buon esito dell’affare; c) che l’affare non era andato a buon fine, poiché il mancato rilascio delle prescritte concessioni e autorizzazioni amministrative aveva impedito la realizzazione dell’ opera; d) che, posto che il contratto stipulato dalle parti andava qualificato come di cointeressenza impropria ai sensi dell’art. 2554, primo periodo, cod. civ., l’associato, in conseguenza dell’esito negativo dell’affare, compres a la sua mancata realizzazione, pur non partecipando alle perdite, non aveva diritto alla restituzione dell’apporto conferito, rappresentato nella specie dall’equivalente economico delle prestazioni professionali effettuate in favore dell’impresa associante; e ) che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva, del resto, agito per ottenere la risoluzione del contratto di associazione in partecipazione e il conseguente risarcimento del danno, allegando l’inadempimento dell’impresa associante per il mancato conseguimento dell’affare, ma aveva, invece, fondato la propria domanda sul proprio recesso unilaterale dal contratto,
nulla allegando, se non tardivamente nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, in ordine a un’asserita responsabilità dell’associante per l’affare edilizio sfumato .
Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso lamenta: «Falsa applicazione, con riferimento alla domanda di restituzione dell’apporto iniziale, dell’art. 2553 c.c., previsto per il contratto di associazione in partecipazione, ad una fattispecie di cointeressenza agli utili di impresa impropria (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.)», deducendo che la Corte di appello , dopo aver correttamente sussunto il contratto nell’ambito della cointeressenza impropria di cui all’art. 2554 cod. civ. e correttamente individuato gli obblighi ivi assunti dall’associat o COGNOME, avrebbe erroneamente applicato alla fattispecie la disciplina dell’art. 2553 cod. civ. e , segnatamente, la condizione di esclusione della restituzione dell’importo versato dall’ associato per l’ipotesi di mancata realizzazione dell’affare da parte dell’ associante, che non sarebbe richiamata come applicabile dall’art. 2554 cod. civ.; da tanto derivava che, essendosi concretizzato l’apporto dato dall’associato COGNOME nella rinuncia a far valere il credito per l’onorario, lo scioglimento del rapporto associativo avrebbe determinato il venire meno dell’apporto e , dunque, della stessa rinuncia, con il conseguente riacquisto della titolarità del credito fatto valere in INDIRIZZO monitoria.
Il motivo è inammissibile in quanto non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata. La ragione della reiezione della domanda dell’COGNOME è stata individuata dalla Corte territoriale nell’avvenuto scioglimento del contratto di associazione in partecipazione, conseguente al venir meno dell’unico affare per
cui la stessa era stata costituita; ciò che ha comportato, a giudizio della Corte territoriale, che alcun diritto aveva l’ COGNOME a pretendere il pagamento delle proprie competenze professionali maturate prima della stipula del predetto contratto associativo, atteso che detto importo era stato, altrettanto pacificamente, conferito nell’ associazione come apporto dell’associato, sì che – in mancanza di domanda di accertamento della responsabilità dell’ associante per la mancata realizzazione dell’ affare – esso non poteva essere dedotto dall’associato ad altro tiolo ( id est : compenso professionale prestato prima della sottoscrizione del contratto associativo).
Con tale iter logico il motivo in esame non si confronta, pretendendo il ricorrente una sostanziale riviviscenza del proprio diritto a pretendere dalla CC il pagamento delle proprie competenze professionali semplicemente per effetto dello scioglimento -che egli deduce avvenuto per mutuo consenso -del contratto associativo, senza tuttavia spiegare quale sia la ragione giuridica di tale ‘reviviscenza’.
Osserva, infatti, questa Corte che -pacifico essendo tra le parti che l’affare per cui l’associazione in partecipazione si era costituita non è andato a buon fine -se, come deduce lo stesso ricorrente, il contratto si è sciolto per mutuo consenso ( recte , mutuo dissenso), non è minimamente dedotto in atti che le parti, in sede di scioglimento del contratto, abbiano pattuito alcunché in relazione alla sorte dell’ apporto che l’associato aveva conferito nell’affare. Tanto comporta che lo scioglimento del contratto, nel cui ambito il credito professionale era stato oggetto di rinuncia ad autonoma esazione e contestuale conferimento in associazione, determina non già la riviviscenza del pregresso diritto, come erroneamente
opina il ricorrente , bensì il consolidarsi dell’effetto estintivo di tutte le obbligazioni derivanti dal contratto venuto a cessare, tra cui quella per cui è causa.
Ne deriva che tutte le considerazioni, contenute nel ricorso, che riguardano in astratto il diritto dell’ associato nella cointeressenza impropria ex art. 2554 cod. civ. a pretendere la restituzione dall’associante dell’ apporto conferito, risultano nella specie del tutto irrilevanti. In difetto di domanda volta a accertare l’eventuale responsabilità della controparte contrattuale per il mancato buon fine dell’ affare (l’affermazione della Corte di appello circa la tardività della formulazione di siffatta domanda nel giudizio di merito a opera del ricorrente non è oggetto di contestazione in questa sede) , l’assenza di specifica pattuizione ad opera della parti, in sede di espressione del mutuo dissenso, circa la sorte delle obbligazioni derivanti dal contratto risolto, comporta che a nessun titolo le obbligazioni ivi contenute possano ritenersi sopravvissute alla sua estinzione e, men che meno, possano far ‘ risorgere ‘ un diritto (quello al compenso professionale), che era stato rinunciato ancor prima, al fine di consentire a tale rinuncia di essere qualificata come apporto sinallagmatico di una delle parti nel contratto associativo medesimo. E ciò perché, a differenza della risoluzione (art. 1458 cod. civ.), nessun effetto retroattivo è previsto in via automatica per l’ ipotesi di scioglimento volontario delle parti dal contratto. In conclusione, dalla circostanza che il contratto si è sciolto per mutuo dissenso, come lo stesso ricorrente prospetta e la Corte di appello accerta in sentenza, va ribadito quanto già affermato da questa Corte (Sez. 3, Ordinanza n. 27999 del 31/10/2019), secondo cui il mutuo dissenso, realizzando per concorde volontà delle parti la ritrattazione bilaterale del negozio,
dà vita a un nuovo contratto, di natura solutoria e liberatoria, con contenuto eguale e contrario a quello del contratto originario; pertanto, dopo lo scioglimento, le parti non possono proporre domande ed eccezioni relative al contratto risolto, giacché ogni pretesa o eccezione può essere fondata esclusivamente sul contratto solutorio e non su quello estinto.
La soccombenza regola le spese, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile ricorso e condanna COGNOME NOME a rifondere a RAGIONE_SOCIALE le spese della presente fase di legittimità, che liquida in euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre