Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32427 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32427 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 25900-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 2576/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/05/2021 R.G.N. 5783/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
Lavoro nautico
Contratti di arruolamento ‘a viaggio’ Nullità
Risarcimento del danno
R.G.N. 25900/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 23/10/2024
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Napoli accoglieva l’appello proposto da COGNOME NOME contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 9447/2014 e, in riforma della stessa, accertava la sussistenza tra il lavoratore appellante e la RAGIONE_SOCIALE di un rapporto di lavoro di natura subordinata a tempo indeterminato, con decorrenza dal 29.6.2001 e, per l’effetto, condannava la società appellata alla riammissione in servizio e al pagamento, in favore dell’COGNOME, di un’indennità commisurata a 10 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, pari ad € 1.879,31, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione di ciascun credito fino al soddisfo.
Preliminarmente la Corte territoriale dichiarava l’inammissibilità delle eccezioni di decadenza ex art. 32 L. n. 183/2010 e di risoluzione del contratto per mutuo consenso in quanto formulate, per la prima volta, dall’appellata nella memoria di costituzione in secondo grado e, dunque, in violazione del disposto di cui all’art. 437 c.p.c., che prevede il divieto di nova in appello, riguardante non soltanto le domande e le eccezioni in senso stretto, come, nel caso di specie, ma anche le contestazioni nuove, cioè non esplicitate in primo grado.
Passando ad esaminare l’impugnazione del lavoratore appellante, anzitutto la Corte, andando in contrario avviso rispetto a quanto deciso dal primo giudice (il quale, in accoglimento dell’eccezione di prescrizione biennale ex art. 373 cod. nav. sollevata dalla società, aveva rigettato il ricorso del lavoratore), osservava che l’azione di nullità parziale del contratto per contrasto con norme imperative era
imprescrittibile e che l’art. 373 cod. nav. si riferisce, invece, a tutti i diritti derivanti dal contratto di arruolamento.
Inoltre, facendo riferimento agli artt. 326 e 332 cod. nav., e richiamando taluni precedenti di legittimità a riguardo, la Corte riteneva che doveva operare la conversione del contratto a viaggio in contratto a tempo indeterminato, stante il vizio (omessa indicazione di tutti i viaggi) che dava luogo ad una nullità parziale, con la conseguente applicabilità del secondo comma dell’art. 1419 c.c.
Circa, poi, gli effetti che da tale conversione derivavano sul piano risarcitorio, la Corte d’appello reputava di dover condannare l’appellata, oltre che alla riammissione in servizio del lavoratore, al pagamento dell’indennità risarcitoria di cui all’a rt. 32, comma 5, L. n. 183/2010 nella misura specificata in dispositivo e spiegata in motivazione.
Avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Il lavoratore intimato è rimasto tale, non avendo svolto difese in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della Legge n. 183/2010 nonché dell’art. 473 (n.d.r.: rectius, 437) c.p.c. in relazione agli artt. 113 e 360 n. 3 c.p.c.’. Deduce essenzialmente che il lavoratore, ‘con ricorso di primo grado depositato nel 2013, nell’impugnare i contratti a viaggio decorrenti dal 25-9-2001, (a Suo dire, privi della specificazione de i viaggi), invocava l’applicazione dell’art.
32 L. 183/2010′, e che ‘la norma di cui chiede l’applicazione il Sig. COGNOME prevede l’obbligo di impugnativa, (stragiudiziale nei sessanta giorni e Giudiziale nel 270 poi 180 giorni) per tutti i casi di invalidità del licenziamento (nullità per mancanza dei requisiti essenziali o per contrarietà a norme imperative o per motivo illecito; annullabilità per mancanza di giusta causa o giustificato motivo o per violazione della procedura disciplinare); impugnativa non formulata nei termini di legge’, e che ‘La Corte di Appello di Napoli nonostante l’applicazione dell’art. 32 Legge 183/2010 fosse stata invocata dallo stesso Sig. COGNOME ha ritenuto che anche parte convenuta dovesse invocare l’applicazione dell’art. 32 Legge 183/2010 ed in piena contraddizione ne l decidere ha applicato la medesima norma’.
Con un secondo motivo denuncia ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1362, 1366 e 1375 c.c. in relazione all’art. 1419 c.c. e 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.’. Secondo la ricorrente, ‘la sentenza di secondo grado evidenzia un insufficiente esame dei punti decisivi della controversia prospettati dalle parti’, e ‘Sussiste inoltre in insanabile contrasto tra le indicate argomentazioni addotte dalla sentenza di secondo grado che non consentono l’identificazione del processo logico giuridico posto a base della decisione’.
Con un terzo motivo denuncia ‘ – Violazione e falsa applicazione dell’art. 332 c.n. in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. -Nonché -Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti art. 360 n. 5 c.p.c.’. Per la ricorrente, ‘Il secondo comma dell’art. 332 c.n. dispone che se dal contratto ovvero dall’annotazione sul ruolo di equipaggio o sulla licenza l’arruolamento non risulta stipulato a viaggio o a tempo determinato, esso è regolato dalle
norma concernenti il contratto a tempo indeterminato’, e ‘l’ultimo comma della norma in esame non prevede la nullità o inefficacia del contratto a viaggio privo della indicazione concreta del viaggio e non prevede affatto la conversione dei contratti a viaggio o a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato’.
Con un quarto motivo denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 373 c.n. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’. Deduce la ricorrente che la Corte d’appello di Napoli non avrebbe tenuto conto della sent. n. 98/1973 della Corte costituzionale e di quanto correttamente considerato in punto di prescrizione dal primo giudice, richiamando ampi passi delle relative motivazioni.
Il primo motivo è infondato.
Nota il Collegio che tale censura si fonda essenzialmente su un’evidente confusione tra ‘articolo’, inteso quale parte di un determinato testo normativo, e la ‘norma’ che vi è contenuta.
E’ fin troppo ovvio, difatti, che un singolo articolo può contenere una sola norma ovvero, e di frequente, molteplici norme, sebbene di regola legate tra loro da una connessione tematica e logica; più norme, di solito, ma non sempre, espresse in diversi commi del testo di un determinato articolo.
Ebbene, quest’ultima è l’ipotesi che ricorre nel caso dell’art. 32 l. n. 183/2010; articolo di legge, che, come già risulta dalla sua rubrica ‘Decadenza e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato’ e, meglio, dal suo (lungo) testo, si compone di più commi, i primi quattro dei quali (cui si era aggiunto un comma 1 bis ex art. 2, comma 54, d.l. n. 225/2010 conv. con mod. nella l. n. 10/2011), sono dedicati
alla ‘decadenza’ ivi disciplinata; mentre gli altri tre commi (per la precisione, il comma 5, il comma 6 e il comma 7) si occupano dell’indennità risarcitoria prevista ‘nei casi di conversione del contratto a tempo determinato’.
Ciò chiarito, è perfettamente ininfluente sul piano giuridico il dato che lo stesso lavoratore nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado avesse chiesto la condanna della società ‘al pagamento di un risarcimento nella misura massima fissata da ll’art. 32 l. 183/2010’, essendo di tutta evidenza che l’istante intendesse riferirsi al risarcimento del danno nella forma dell’indennità onnicomprensiva prevista da una norma specifica dettata dall’art. 32 cit., ossia, la norma contenuta nel comma 5 di tale articolo, cui, infatti, correttamente ha fatto precipuo riferimento la Corte territoriale (cfr. pagg. 5-8 della sua sentenza).
Occorre, poi, ricordare che la decadenza di cui si occupano i precedenti commi del medesimo art. 32 ‘è rilevabile solo su eccezione di parte, trattandosi di diritto disponibile’ (cfr., ad es., Cass., sez. lav., 4.5.2020, n. 8443).
9.1. Dunque, contrariamente a quanto opina la ricorrente, che a riguardo richiama a sproposito il principio iura novit curia ex art. 113 c.p.c., i giudici di merito giammai avrebbero potuto rilevare d’ufficio la decadenza in questione solo perché essa è disciplinata all’interno dell’art. 32 l. n. 183/2010; articolo, questo, che il lavoratore, attore in giudizio, aveva sì richiamato, ma all’altro e precipuo fine già visto, e, cioè, allo scopo di ottenere la condanna all’indennità risarcitoria contemplata da norme del tutto distinte di tale articolo di legge.
10. Pertanto, del tutto correttamente la Corte di merito ha rilevato la tardività dell’eccezione di decadenza sollevata dall’appellata società solo nella memoria di costituzione in secondo grado, rispetto a quanto previsto dall’art. 437, comma secondo, c.p.c., trattandosi di eccezione in senso stretto, che doveva essere tempestivamente proposta in prime cure; né la Corte poteva assumere l’eccezione in sé tardiva quale sollecitazione ad un rilievo officioso della decadenza, che le era precluso.
11. Il secondo motivo è inammissibile.
12. Secondo le Sezioni unite di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il computo di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (così Cass., sez. un., 28.10.2020, n. 23745).
12.1. Inoltre, secondo altro consolidato indirizzo di questa Corte, va dichiarato inammissibile il motivo di impugnazione che, attraverso la mescolanza e la sovrapposizione di ragioni tra loro eterogenee, prospetti relativamente alla medesima questione motivi di censura tra di loro incompatibili come avviene per i motivi di ricorso di cui al nn. 3 e 5 dell’art. 360
c.p.c., il primo dei quali presuppone la non contestazione della ricostruzione fattuale mentre il secondo contesta proprio tale ricostruzione (in tal senso Cass. n. 1859/2021; n. 14634/2020; n. 10212/2020).
Ebbene, la censura ora in esame, che fa cumulativamente riferimento alle diverse ipotesi di cui ai n. 3) e n. 5) del primo comma dell’art. 360 c.p.c., contravviene a tutti tali principi.
13.1. Più nello specifico, nell’unitario e caotico svolgimento del secondo motivo, la ricorrente, oltre a non precisare le affermazioni in punto di diritto della Corte distrettuale che s’intendono censurare, pur riferendosi (anche) al mezzo di cui all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c. neppure individua uno o più fatti decisivi e controversi dei quali i giudici di secondo grado avrebbero omesso l’esame.
Come anticipato nel riassumere il contenuto della censura, essa piuttosto delinea in termini assertivi e non argomentati talune anomalie motivazionali.
14.1. Inoltre, come ben emerge dallo sviluppo della censura essa si fonda in parte su un accertamento fattuale diverso da quello operato dalla Corte territoriale (cfr. pagg. 1112 del ricorso), il che non può trovare ingresso in questa sede di legittimità.
Il terzo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Più nello specifico, è inammissibile laddove pur denunciando esplicitamente ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le
parti art. 360 n. 5 c.p.c.’, neppure individua, anche nello svolgimento della censura, un fatto storico, principale o secondario, in ipotesi decisivo e controverso, del quale la Corte di merito avrebbe omesso l’esame.
Per la parte in cui è, invece, denunciata la violazione o falsa applicazione dell’art. 332 cod. nav., il motivo è privo di qualsiasi fondamento.
17.1. L’orientamento di legittimità che la Corte ha seguito a riguardo (cfr. in particolare i richiami ai relativi precedenti presenti alle pagg. 4-5 della sua sentenza) è stato anche di recente confermato da questa Corte Suprema.
In particolare, è stato ribadito che: ‘Il contratto di arruolamento non può intendersi stipulato ‘a viaggio’, ai fini del comma 2 dell’art. 332 cod. nav., ed è trasformato ‘di diritto’ in contratto a tempo indeterminato, se non risultano indicati, così come previsto dal n. 4) del comma 1 dello stesso articolo, il viaggio o i viaggi da compiere’ (così Cass., sez. lav., 30.11.2021, n. 37535, resa in caso analogo a quello in esame che vedeva quale ricorrente per cassazione Caremar s.p.a., ed ivi in motivazione il richiamo ai numerosi precedenti, anche risalenti, nello stesso senso).
In Cass. n. 37535/2021 cit. è stato, inoltre, evidenziato che nelle sentenze di questa Corte ivi richiamate si è sempre respinta la tesi secondo cui sarebbe sufficiente la spendita delle espressioni ‘a viaggio’ o ‘a termine’, in quanto contraria a principi di carattere generale e alla ratio della previsione legislativa che non ha affatto inteso affermare che la astratta denominazione del contratto a termine o a viaggio sia sufficiente all’effettiva qualificazione dello stesso in tal senso, anche in
mancanza della effettiva specificazione del termine o del viaggio (v. in termini Cass. n. 8903/2023).
18. Parimenti infondato è il quarto motivo.
Condivisibilmente, la Corte distrettuale ha ritenuto (diversamente dal primo giudice) che la prescrizione biennale prevista dall’art. 373 cod. nav. non operasse nella specie rispetto all’azione di nullità esercitata dal lavoratore, qualificandola come imprescrittibile.
Più volte, difatti, e anche di recente, questa Corte di legittimità ha affermato, in casi analoghi a quello in esame, che la prescrizione disciplinata dall’art. 373 cod. nav., come del resto emerge dal suo tenore letterale, riguarda ‘i diritti derivanti da l contratto di arruolamento’, e non opera quando vengono in rilievo i diritti relativi all’azione di nullità (parziale) del contratto che ha natura imprescrittibile (cfr. Cass. n. 8903/2023; n. 28815/2020; n. 5182/2019).
Nulla dev’essere disposto quanto alle spese del giudizio di legittimità, in difetto di attività difensiva dell’intimato; nondimeno la ricorrente è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.