Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31524 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31524 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/12/2024
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32797/2019 R.G. proposto da:
CONVERSANO NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri;
– ricorrente –
contro
CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE (CNR) in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA INDIRIZZO
Oggetto: Impiego pubblico -nullità contratto a termine prorogato -conversione -ricostruzione carriera
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 505/2019 della CORTE D ‘ APPELLO di LECCE, depositata il 02/05/2019 R.G.N. 903/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME premesso di aver prestato servizio presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) in virtù di un contratto annuale a tempo determinato dal 20 giugno 2008 al 19 giugno 2009 rinnovato alle scadenze fino al giugno 2013, aveva agito dinanzi al Tribunale di Lecce per ottenere la declaratoria di nullità dei contratti ex art. 5 d.lgs. n. 165/2001, la conversione del rapporto in un rapporto a tempo indeterminato e conseguentemente alla ricostruzione della carriera a fini di anzianità, retributivi, pensionistici ed in via subordinata il risarcimento del danno.
Il Tribunale aveva parzialmente accolto il ricorso, dichiarato l’illegittimità dei rinnovi dei contratti e condannato il CNR al pagamento di 5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
La Corte d’appello di Lecce, pronunciando sull’impugnazione del CNR, in riforma della sentenza di prime cure, aveva rigettato in toto l’azionata domanda.
Riteneva la Corte territoriale che l’assunzione dell’appellato era avvenuta ai sensi dell’art. 23 del d.P.R n. 171/1991; che l’attività in concreto svolta era corrispondente allo svolgimento di programmi di ricerca ed alla gestione di infrastrutture complesse di cui alla previsione normativa ed ai contratti stipulati inter partes; che la durata massima di tali contratti era di cinque anni, nella specie non superata; che la questione relativa allo svolgimento di attività diverse ed ulteriori rispetto a quelle previste nei contratti non era mai stata prospettata nel ricorso di primo grado e che il Tribunale aveva accolto il ricorso in relazione ad una questione mai prospettata in giudizio.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Il CNR ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 342, 329 e 346 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che la sentenza di primo grado fosse stata resa extra petita .
1.1. Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente riporta l ‘ atto di appello ma non il ricorso di primo grado (né la sentenza del Tribunale) limitandosi ad una mera sintesi narrativa (pag. 10 del ricorso per cassazione) e dunque non consente a questa Corte di valutare se, come si assume, la questione dello svolgimento di attività extra progetto fosse stata effettivamente posta già in sede di atto introduttivo del giudizio.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 345 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per non aver dichiarato l ‘ inammissibilità dell ‘ eccezione posta dal CNR per la prima volta in appello secondo cui la prestazione lavorativa del Conversano ( extra progetti) sarebbe stata fornita per sua iniziativa.
2.1. Il motivo è egualmente inammissibile.
Non vi sono elementi (ulteriori rispetto alla trascrizione dell ‘ atto di appello) per valutare la posizione difensiva del CNR già nel corso del giudizio di primo grado.
Senza dire che la Corte territoriale non ha posto tale eccezione a fondamento esclusivo della pronuncia ma con autonoma ratio decidendi ha ritenuto pienamente conforme l ‘ attività in concreto svolta dal Conversano a quella di cui al contratto stipulato inter partes ed escluso che fosse stato l ‘ Ente a commissionare lo svolgimento di attività ultronee rispetto a quelle pattuite.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2697 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver invertito la regola dell ‘ onere probatorio.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Nonostante il richiamo normativo in esso contenuto, sostanzialmente sollecita una rivisitazione nel merito della vicenda (non consentita in sede di legittimità) affinché si fornisca un diverso apprezzamento delle prove (Cass., Sez. un., 10 giugno 2016, n. 11892).
Nello specifico, non vi è stata alcuna inversione ma una complessiva valutazione delle risultanze di causa.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per errata valutazione delle prove testimoniali.
4.1. Il motivo è inammissibile.
L’analisi degli esiti istruttori ha portato la Corte territoriale a ritenere che il Conversano (il quale, giammai assunto a tempo indeterminato, aveva agito deducendo, in ragione della stipula di un unico contratto a tempo determinato, via via prorogato, la nullità del termine e chiedendo la conversione del rapporto e, per l’effetto di tale conversione, la ricostruzione della carriera tenendo conto dell’anzianità maturata) non avesse in realtà prospettato, con il ricorso introduttivo del giudizio, di aver svolto attività diverse da quelle di cui al contratto a termine e che in ogni caso ‘non si rinviene fra la documentazione depositata né si evince dalle deposizioni dei testi che tali ulteriori attività siano state effettivamente commissionate dall’Ente datore di lavoro e non siano state frutto di autonoma iniziativa del dell’appellato finalizzate all’acquisizione di nuove esperienze formative’.
Dunque, la Corte territoriale, ferma la legittimità del termine come già ritenuta dal Tribunale, ha escluso che fosse ipotizzabile una deviazione in punto di fatto delle mansioni svolte rispetto a quelle oggetto del contratto a temine.
Rispetto a tale conclusione il ricorrente prospetta una lettura delle deposizioni testimoniali di segno opposto a quello ritenuto in sentenza e favorevole alla prospettata tesi dello svolgimento di una attività ultronea rispetto a quella prevista in contratto, lamentando un ‘ incongruo apprezzamento ‘ con conseguente ‘ incongruità della motivazione ‘ .
Le doglianze, dunque, sono di carattere fattuale, composte in gran parte del richiamo degli atti di causa, e come tali sono estranee al tipico giudizio di legittimità.
Anche la prospettazione di una irragionevolezza delle conclusioni della Corte territoriale con riguardo all ‘ iniziativa che, a dire dei giudici d ‘ appello, lo stesso Conversano avrebbe intrapreso circa lo svolgimento di attività non strettamente funzionali al laboratorio cui lo stesso era stato assegnato, attiene al giudizio di merito, risolvendosi la relativa censura nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
7. Va dato atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese relative al giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione