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Contratto a termine: quando l’abuso non sussiste

Una lavoratrice ha impugnato un contratto a termine, sostenendo un suo uso abusivo a causa di proroghe e della successione di più lavoratori sullo stesso posto. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5332/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha chiarito che un singolo contratto a termine, legittimamente prorogato entro i 12 mesi, non costituisce una “successione di contratti” vietata dalla normativa UE. Inoltre, la doglianza sulla presunta frode alla legge è stata ritenuta troppo generica, in quanto non supportata da elementi di fatto specifici.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto a Termine: Unico Contratto e Proroghe non sono Abuso per la Cassazione

L’utilizzo del contratto a termine è una questione centrale nel diritto del lavoro, bilanciando flessibilità per le imprese e stabilità per i lavoratori. Con l’ordinanza n. 5332/2024, la Corte di Cassazione fornisce un’importante precisazione sulla differenza tra una legittima proroga e un’abusiva successione di contratti, chiarendo anche i requisiti per denunciare una frode alla legge. Analizziamo questa decisione per comprendere i confini dell’uso legittimo di tale strumento contrattuale.

I Fatti di Causa

Una lavoratrice, assunta da una cooperativa sociale con un contratto a tempo determinato, ha agito in giudizio per ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. A suo avviso, il contratto iniziale e le sue successive proroghe erano illegittimi. Sosteneva, in particolare, che le proroghe dovessero essere equiparate a una “successione di rapporti di lavoro a termine”, in violazione della normativa comunitaria. Inoltre, denunciava un comportamento fraudolento da parte del datore di lavoro, che avrebbe utilizzato una serie di contratti a termine con diversi lavoratori per coprire stabilmente lo stesso posto di lavoro.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Torino hanno respinto la sua domanda, ritenendo che il contratto, prorogato entro il limite complessivo di 12 mesi, fosse pienamente conforme alla normativa nazionale e a quella comunitaria.

Le Censure sul Contratto a Termine e la Frode alla Legge

Il ricorso in Cassazione si fondava su due argomenti principali:

1. Violazione della normativa UE: La lavoratrice riteneva che le proroghe del suo contratto iniziale di tre mesi costituissero una successione di rapporti di lavoro a termine, rientrando così nell’ambito di applicazione della clausola 5 dell’Accordo Quadro europeo, che mira a prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato.
2. Frode alla legge: Si sosteneva che la cooperativa stesse eludendo le norme sul lavoro a tempo indeterminato stipulando successivi contratti unici con diversi lavoratori per la medesima posizione, dimostrando così l’esistenza di un’esigenza lavorativa stabile e duratura e non temporanea.

La Decisione della Cassazione: Unico Contratto e Principio di Specificità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le censure con argomentazioni precise.

In primo luogo, ha stabilito che la Corte d’Appello non era incorsa nel vizio di omessa pronuncia, poiché la sua decisione di rigetto era logicamente incompatibile con le tesi della lavoratrice, implicandone la reiezione.

Nel merito, la Suprema Corte ha ribadito che la fattispecie in esame configurava un unico rapporto di lavoro e non una successione di rapporti. La normativa nazionale (D.Lgs. 81/2015) consente la stipula di un contratto “acausale” di durata inferiore ai 12 mesi, liberamente prorogabile entro tale limite temporale. Questo schema, secondo la Corte, è distinto dalla “successione di contratti” a cui fa riferimento la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Quest’ultima ha infatti chiarito che la tutela contro gli abusi si applica solo in caso di successione di contratti o rapporti, mentre un primo o unico contratto a termine non rientra in tale ambito.

Infine, riguardo alla presunta frode alla legge, la Cassazione ha ritenuto il motivo del ricorso non conforme al principio di specificità. La lavoratrice si era limitata a un’affermazione generica sull'”utilizzazione di diversi lavoratori nello stesso posto”, senza trascrivere nel ricorso gli elementi di fatto specifici (numero di lavoratori, tipo e numero di contratti, mansioni, postazioni) che sarebbero stati forniti nei giudizi di merito. Tale mancanza ha impedito alla Suprema Corte di valutare la fondatezza della censura.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su una netta distinzione concettuale. Un conto è la proroga di un singolo contratto, che ne sposta in avanti il termine finale nel rispetto di un limite massimo di durata. Altro conto è la successione di contratti, che implica la stipula di più contratti distinti con lo stesso lavoratore. La normativa europea, secondo la costante interpretazione della CGUE, intende prevenire l’abuso in questa seconda ipotesi, non nella prima, che è disciplinata dalla legge nazionale.

La Corte ha inoltre sottolineato l’importanza del rigore processuale. Chi denuncia una pratica abusiva o fraudolenta ha l’onere di fornire al giudice tutti gli elementi concreti e specifici necessari a dimostrarla. Un’affermazione generica non è sufficiente per attivare il controllo di legittimità della Cassazione, che non può riesaminare i fatti di causa ma solo verificare la corretta applicazione del diritto da parte dei giudici di merito.

Le Conclusioni

La decisione offre due importanti insegnamenti pratici. Per i datori di lavoro, conferma la legittimità della stipula di un contratto a tempo determinato fino a 12 mesi, con possibilità di proroga entro questo limite, senza necessità di causale. Per i lavoratori, evidenzia che per contestare con successo la legittimità di un contratto a termine, specialmente su basi fraudolente, è indispensabile articolare le proprie difese su prove fattuali specifiche e dettagliate fin dai primi gradi di giudizio e riportarle fedelmente in un eventuale ricorso per cassazione.

Una proroga di un contratto a termine è considerata una “successione di contratti” ai sensi della normativa europea?
No, la Corte ha chiarito che un unico contratto di lavoro a tempo determinato, legittimamente prorogato entro i limiti di durata massima previsti dalla legge (in questo caso 12 mesi), non rientra nella nozione di “successione di contratti” a cui si applica la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE.

Cosa si intende per “abuso” nell’utilizzo di contratti a termine secondo la giurisprudenza europea citata?
L’abuso, secondo la Corte di Giustizia Europea, si configura in caso di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato per soddisfare esigenze stabili e permanenti, non nel caso della stipulazione di un primo o unico contratto a termine.

Perché il motivo di ricorso relativo alla “frode alla legge” è stato respinto?
È stato respinto perché dichiarato inammissibile per mancanza di specificità. La ricorrente ha affermato in modo generico che l’azienda utilizzava diversi lavoratori con contratti a termine per lo stesso posto di lavoro, ma non ha fornito nel ricorso per cassazione elementi di fatto specifici (come numero di lavoratori, tipo di contratti, mansioni) necessari a dimostrare l’asserito utilizzo fraudolento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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