Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 699 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 699 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 26680-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio legale COGNOME NOME COGNOME E SOCI, rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
nonchØ contro
CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE (già Consorzio RAGIONE_SOCIALE Napoli);
COGNOME
Rep.
Ud. 15/11/2023
CC
avverso la sentenza n. 74/2020 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 15/04/2020 R.G.N. 1/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. la Corte di Appello di Cagliari, con la sentenza impugnata, ha confermato – per quanto qui ancora interessa – la pronuncia di primo grado con la quale il Tribunale, in accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME in servizio presso l’aeroporto di Cagliari-Elmas, con mansioni di operatore unico aeroportuale, aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro del 21 settembre 2007 intercorso con RAGIONE_SOCIALE e condannato RAGIONE_SOCIALE quale incorporante RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE quale assegnataria per scissione del ramo d’azienda, al pagamento di una somma a titolo risarcitorio ai sensi dell’art. 32 della l. n. 183 del 2010;
2. in estrema sintesi, la Corte ha, innanzitutto, escluso l’estensibilità alle altre società degli effetti della conciliazione stipulata l’11.10.2013 in sede sindacale, con il Consorzio RAGIONE_SOCIALE (nuova denominazione del RAGIONE_SOCIALE Napoli) a seguito del quale il lavoratore Ł stato assunto a tempo indeterminato presso il Consorzio stesso; ha condiviso l’assunto del primo giudice che aveva ritenuto la illegittimità del quarto contratto a tempo determinato stipulato con RAGIONE_SOCIALE il 21 settembre 2007 per mancata prova della effettiva sussistenza delle esigenze sostitutive (assenza per
ferie o per addestramento di dipendenti a tempo indeterminato), non essendo stata fornita la prova del nesso causale tra la sostituzione del personale assente per ferie e l’assunzione del lavoratore, anche perchØ la prova testimoniale così come articolata risultava non rilevante; ha considerato che il lavoratore aveva contestato espressamente l’esistenza delle ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine nel ricorso introduttivo del giudizio.
3. per la cassazione di tale sentenza hanno proposto due motivi di ricorso la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso il lavoratore; entrambe le parti hanno depositato memoria; non ha svolto attività difensiva l’intimato RAGIONE_SOCIALE
4. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 1372,1418,1419,2697 c.c. (ex art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3) avendo, la Corte territoriale, trascurato che la produzione documentale versata in atti dimostrava la risoluzione per mutuo consenso del rapporto di lavoro e la carenza di interesse ad agire del lavoratore, considerato il rapporto di lavoro a tempo indeterminato instaurato tra lo stesso e il Consorzio RAGIONE_SOCIALE
2. con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, commi 1 e 2, 10, comma 7, del d. lgs n. 368/2001, dell’art. 2697 c.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c. (ex art.
360 c.p.c., primo comma, n. 3), rilevandosi diffusamente che la società avesse fornito documentazione idonea a provare la sussistenza della esigenza sostitutiva menzionata nel contratto individuale di lavoro, nonchØ il nesso causale tra l’esigenza indicata in contratto e l’assunzione a termine del dipendente; si lamenta che la Corte territoriale non abbia ammesso la prova testimoniale sul punto;
3. il primo motivo di ricorso Ł inammissibile; come statuito da questa Corte in altre decisioni (cfr. Cass. n. 1841 del 2016, Cass. n. 2732 del 2016, Cass. n. 13958 del 2018) l’accertamento di una concorde volontà delle parti diretta a sciogliere un contratto costituisce un giudizio che attiene al merito della causa (cfr. Cass. SU n. 21691 del 2016) e quindi Ł demandata all’accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità se non in base alle regole dettate dall’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5, secondo la formulazione vigente ratione temporis , che (a seguito della novella di cui all’art. 54, comma 1, lettera b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134) consente di denunciare in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sØ, purchØ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. S.U. n. 8053 del 2014), profili non denunciati nØ ricorrenti in questa sede. 4. anche il secondo motivo di ricorso, proprio con riguardo alla fattispecie in esame, Ł già stato
scrutinato da questa Corte (da ultimo, Cass. n. 5591 del 2023) e non può trovare accoglimento; la sussistenza o meno, in fatto, dei presupposti che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato oltre che del nesso causale tra la clausola contenuta nel contratto e la prestazione lavorativa costituiscono accertamenti di fatto di competenza del giudice di merito, che non possono essere sindacati a questa Corte con censure che, sebbene prospettate come violazione di legge, nella sostanza invocano una diversa valutazione della vicenda storica, anche con ampio riferimento ai materiali probatori non suscettibili di riesame in questa sede di legittimità; ancora di recente le Sezioni unite hanno ribadito l’inammissibilità di censure che “sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui Ł originata l’azione”, così travalicando “dal modello legale di denuncia di un vizio riconducibile all’art. 360 c.p.c., perchØ pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti” (cfr. Cass. SS.UU. n. 34476 del 2019; conf. Cass. SS.UU. n. 33373 del 2019; Cass. SS.UU. n. 25950 del 2020); in controversie analoghe (Cass. n 18483 del 2022; Cass. n. 4688 del 2019; conf. Cass. n. 4689, 10714 e 10714 del 2019, cui si rinvia per ogni ulteriore aspetto) Ł stato poi ribadito che il giudizio espresso sulla rilevanza delle prove non Ł suscettibile di riesame in sede di legittimità (cfr.
Cass. n. 27197 del 2011; Cass. n. 6288 del 2011); il richiamo alla violazione delle regole sul riparto dell’onere probatorio non Ł pertinente, atteso che, a fronte della deduzione della illegittimità del termine apposto al contratto, Ł onere della società provare la esigenza organizzativa dedotta, non dovendo tale circostanza essere oggetto di contestazione da parte del lavoratore (cfr. Cass. n. 24954 del 2014); un problema di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. si può porre, poi, solamene allorchØ si alleghi che il giudice di merito: a) abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposto di ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò Ł consentito dalla legge; b) abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione; c) abbia invertito gli oneri probatori, situazioni non riscontrate nel motivo in esame, con la conseguenza che le relative doglianze sono mal poste, rifluendo in critiche sul merito non sindacabile; che nel rito del lavoro il mancato esercizio da parte del giudice dei poteri ufficiosi ex art. 421 c.p.c., preordinato al superamento di una meccanica applicazione della regola di giudizio fondata sull’onere della prova, non Ł censurabile con ricorso per cassazione ove la parte non abbia investito lo stesso giudice di una richiesta in tal senso, indicando anche i relativi mezzi istruttori (cfr. Cass. n. 6023 del 2009) e che, in ogni caso, gli indicati poteri di ufficio non possono essere dilatati fino a richiedere che il
giudice supplisca in ogni caso alle carenze allegatorie e probatorie delle parti, in assenza di una pista probatoria rilevabile dal materiale processuale acquisito agli atti di causa;
alla stregua di tutte le argomentazioni esposte il ricorso deve essere respinto, e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.;
occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012 (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna le società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 15 novembre 2023.
Il Presidente dott.ssa NOME COGNOME