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Contratto a termine nullo: risarcimento per abuso

La Corte di Cassazione ha stabilito che un lavoratore del settore pubblico ha diritto al risarcimento del danno per abusiva reiterazione di contratti a termine, anche se tali contratti sono nulli per mancanza di forma scritta. La Corte ha chiarito che la nullità, imputabile principalmente al datore di lavoro pubblico, non può vanificare la tutela eurounitaria contro il precariato. La nullità formale si aggiunge alla violazione sostanziale, rafforzando il diritto del lavoratore alla tutela risarcitoria agevolata (c.d. danno comunitario), senza necessità di provare il danno specifico. È stato invece respinto il motivo relativo a un compenso per la mera disponibilità alla chiamata.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto a termine nullo nella PA: la Cassazione conferma il diritto al risarcimento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3155 del 2 febbraio 2024, ha affrontato un’importante questione nel diritto del lavoro pubblico: cosa succede quando un’amministrazione reitera l’utilizzo di contratti a termine senza rispettare la forma scritta? La risposta dei giudici è chiara: anche un contratto a termine nullo per vizio di forma non impedisce al lavoratore di ottenere il risarcimento per l’abuso subito. Questa decisione rafforza la tutela dei lavoratori precari contro l’illegittima successione di contratti a termine.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un lavoratore forestale impiegato da un’amministrazione regionale siciliana attraverso una successione di rapporti di lavoro a chiamata. Il lavoratore si era rivolto al giudice chiedendo la conversione del suo rapporto a tempo indeterminato e il risarcimento del danno per l’abusiva reiterazione dei contratti a termine.

La Corte d’Appello, pur riformando la decisione di primo grado, aveva respinto le richieste del lavoratore. Secondo i giudici di secondo grado, i contratti erano radicalmente nulli per mancanza della forma scritta, requisito essenziale (ad substantiam) per tutti i contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione. Di conseguenza, non potendosi configurare una valida successione di contratti, non poteva neanche esserci una “reiterazione abusiva” e, quindi, nessun diritto al risarcimento forfettario previsto dalla legge (il cosiddetto “danno comunitario”).

La Decisione della Cassazione e il principio del contratto a termine nullo

Il lavoratore ha impugnato la decisione in Cassazione, sostenendo la violazione della Direttiva Europea 1999/70/CE, che mira a prevenire proprio l’abuso dei contratti a tempo determinato. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza d’appello.

I giudici di legittimità hanno affermato un principio fondamentale: la tutela del lavoratore contro l’abuso dei contratti a termine, imposta dal diritto dell’Unione Europea, non può essere vanificata da un vizio formale, come la mancanza di un contratto scritto. Anzi, tale mancanza costituisce un’ulteriore illegittimità commessa dal datore di lavoro pubblico, che non può andare a svantaggio del lavoratore.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che l’obiettivo della normativa europea e nazionale è garantire una tutela effettiva contro la precarizzazione. Nel settore pubblico, dove vige il divieto di conversione automatica in rapporto a tempo indeterminato per il principio costituzionale del concorso pubblico (art. 97 Cost.), la tutela si concretizza in un risarcimento del danno. Questo risarcimento, quantificato in via forfettaria dalla legge, ha una funzione sanzionatoria e compensativa e non richiede che il lavoratore provi uno specifico danno patrimoniale.

Condizionare questa tutela alla validità formale del contratto sarebbe contrario a ogni logica e razionalità. Significherebbe attenuare la protezione del lavoratore proprio quando il comportamento del datore di lavoro è doppiamente illegittimo: sia per l’abuso nella reiterazione dei rapporti, sia per la violazione delle norme sulla forma dei contratti pubblici. La nullità formale, quindi, non assorbe né cancella l’illecito sostanziale, ma si aggiunge ad esso, confermando la necessità di una sanzione efficace.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce che la tutela agevolata del lavoratore precario del settore pubblico, consistente nell’esonero dalla prova del danno per ottenere un’indennità risarcitoria, si applica anche quando i contratti a termine sono nulli per mancanza di forma scritta. La violazione delle norme sulla forma non può diventare uno scudo per la Pubblica Amministrazione per sottrarsi alle proprie responsabilità derivanti dall’abuso del lavoro precario. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà attenersi a questo principio per la quantificazione del risarcimento dovuto al lavoratore.

Un contratto a termine nullo per mancanza di forma scritta dà comunque diritto al risarcimento per l’abuso nella reiterazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la nullità del contratto per difetto di forma scritta, imputabile al datore di lavoro pubblico, non esclude il diritto del lavoratore a ricevere l’indennità risarcitoria forfettaria (c.d. danno comunitario) prevista in caso di abusiva reiterazione di rapporti a termine.

Perché nel pubblico impiego non è possibile la conversione automatica del contratto da tempo determinato a indeterminato?
La conversione automatica è impedita dal principio costituzionale sancito dall’art. 97 della Costituzione, secondo cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede, di regola, mediante concorso pubblico. Per questo motivo, la tutela contro l’abuso è di tipo risarcitorio e non reale.

Al lavoratore a chiamata spetta un compenso aggiuntivo per la sua disponibilità a lavorare durante l’anno?
No. Secondo la sentenza, se la disponibilità alla chiamata è una modalità intrinseca con cui si estrinseca il rapporto di lavoro, come nel caso specifico dei lavoratori forestali regionali, essa non costituisce una prestazione aggiuntiva e non dà diritto a un compenso separato oltre alla retribuzione corrisposta per le giornate di lavoro effettivamente prestate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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