Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3485 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 3485  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 33195-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro  tempore , domiciliata  in  ROMA, INDIRIZZO,  presso la  CANCELLERIA  DELLA  CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo PEC del difensore ;
– ricorrente –
contro
COGNOME  NOME,  elettivamente  domiciliata  in  INDIRIZZO,  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  NOME  COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME;
– controricorrente –
e sul RICORSO SUCCESSIVO senza n.r.g. proposto da:
Oggetto
Fondazioni RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Reiterazione contratto a termine
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud.04/12/2024
CC
COGNOME  NOME,  elettivamente  domiciliata  in  INDIRIZZO,  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  NOME  COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME;
– ricorrente successivo –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del legale rappresentante pro  tempore , domiciliata  in  ROMA, INDIRIZZO,  presso la  CANCELLERIA  DELLA  CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo PEC del difensore ;
– controricorrente al ricorso successivo avverso la sentenza n. 2948/2019 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 20/05/2019 R.G.N. 3131/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1. la Corte d’Appello di Napoli ha accolto parzialmente l’appello di NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato tutte le domande proposte nei confronti della RAGIONE_SOCIALE volte ad ottenere: a) l’accertamento della nullità dei termini apposti ai plurimi contratti intercorsi fra le parti nel periodo compreso tra il 20 gennaio 2001 ed il 27 marzo 2014, sulla base dei quali aveva svolto, in maniera continuativa e senza interruzioni in tutte le stagioni teatrali, le mansioni di tersicorea; b) la conversione del contratto nullo in rapporto a tempo indeterminato; c) la
condanna della RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno patrimoniale;
 il  Tribunale  aveva  ritenuto  maturata,  in  relazione  a  tutti  i contratti,  la  decadenza  prevista  dall’art.  32  della  legge  n. 183/2010 e la sentenza era stata impugnata limitatamente alla ritenuta  inammissibilità  dell’azione  anche  con  riferimento  ai rapporti intercorsi dal 26 novembre 2013 al 5 gennaio 2014 e dall’11 febbraio al 27 marzo 2014;
la Corte territoriale ha analizzato il testo dell’art. 6 della legge n. 604/1966 vigente ratione temporis e ha rilevato che qualora, come nella fattispecie, alla impugnazione stragiudiziale faccia seguito la richiesta del tentativo di conciliazione, che abbia esito negativo perché non seguita dall’accordo necessario all’espletamento della procedura, il succes sivo termine di 60 giorni per l’avvio dell’azione giudiziale decorre RAGIONE_SOCIALE scadenza dei 20 giorni dal ricevimento della copia della richiesta, concessi al datore di lavoro per depositare la memoria prevista dall’art. 410, comma 7, cod. proc. civ.;
ha escluso che nel caso in esame il termine di decadenza fosse spirato  e  ha  evidenziato  che  il  Tribunale,  erroneamente,  non aveva tenuto conto del terzo termine di decadenza decorrente dal mancato accordo sull’espletamento del tentativo di conciliazione;
ripercorsa l’evoluzione della normativa speciale dettata in tema di rapporti a tempo determinato instaurati dalle RAGIONE_SOCIALE e richiamata giurisprudenza di questa Corte, il giudice d’appello ha ritenuto la nullità di entrambe le clausole appositive del termine, in assenza di «qualsivoglia precisazione in ordine alla natura ed allo scopo dei contratti impugnati, alla temporaneità delle esigenze che hanno reso necessario il ricorso all’assunzione a termine, alla professi onalità del soggetto
assunto, in una parola l’assenza di precisazioni in ordine alla particolarità  dell’apporto  lavorativo  per  ciascuno  dei  diversi spettacoli con riferimento a ragioni tecnico-artistiche»;
 RAGIONE_SOCIALE  dichiarazione  di  nullità  la  Corte  distrettuale  ha  fatto discendere  la  conversione  del  rapporto  in  contratto  a  tempo indeterminato decorrente dal 26 novembre 2013 e, quanto alle conseguenze risarcitorie, l’applicazione dell’art. 32 della legge n. 183/2010, nella parte in cui prevede la condanna del datore di  lavoro  al  pagamento  di  un’indennità  onnicomprensiva,  da quantificare tenendo conto dei parametri indicati dall’art. 8 della legge n. 604/1966;
ha liquidato l’indennità in misura pari a quattro mensilità, rilevando che nella specie, in ragione della intervenuta decadenza, l’impugnazione giudiziale aveva riguardato solo gli ultimi due contratti e la conversione risaliva ad epoca recente; 6. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi, ai quali ha opposto difese con controricorso, notificato il 5 dicembre 2019, COGNOME NOME, la quale prima di detta data aveva notificato, il 20 novembre 2019, autonomo ricorso, affidando l’impugnazione a due motivi , contrastati RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; 7. la COGNOME ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO  CHE
preliminarmente occorre richiamare l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui «il principio dell’unicità del  processo  di  impugnazione  contro  una  stessa  sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione,  tutte  le  altre  debbono  essere  proposte  in  via
incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente RAGIONE_SOCIALE forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’ordinario) di impugnazione in astratto operativi» ( Cass. n. 36057/2021 e negli stessi termini, fra le tante, Cass. n. 448/2020; Cass. n. 30775/2019; Cass. S.U. n. 24876/2017);
1.1. nella specie, pertanto, deve essere qualificato principale il ricorso della RAGIONE_SOCIALE e convertito in incidentale quello proposto da NOME COGNOME, notificato il 20 novembre 2019, nel rispetto del termine di 40 giorni decorrente dal 28 ottobre 2019; 2. il ricorso principale, con il primo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 368/2001 e addebita alla Corte distrettuale di avere erroneamente richiamato i medesimi principi affermati in altre controversie, non estensibili alla fattispecie nella quale il ricorso al rapporto a tempo determinato non è stato connotato da abusività, in quanto la COGNOME è stata assunta «del tutto sporadicamente per brevi periodi di tempo largamente inferiori ai trentasei mesi e sempre con larghi intervalli»;
aggiunge  la  RAGIONE_SOCIALE  che  entrambi  i  contratti  oggetto  di causa recavano la specifica indicazione della causale e richiamavano lo spettacolo (in un caso il balletto ‘Lo Schiaccianoci’,  nell’altro  ‘Le  Corsai re ‘ )  in  relazione  al  quale l’assunzione era stata disposta;
richiama il  testo  dell’art.  1  del  d.lgs.  n.  368/2001  applicabile ratione  temporis per  sottolineare  che  il  ricorso  al  rapporto  a tempo determinato è legittimo in presenza di ragioni tecniche, produttive,  organizzative  o  sostitutive  anche  se  riferibili  alla ordinaria attività del datore di lavoro e deduce, poi, che l’attività teatrale è oggettivamente stagionale, perché svolta in periodi predeterminati e per programmi prestabiliti;
rileva,  inoltre,  che  nel  contesto  organizzativo  degli  enti  lirici risponde  alla  normalità  la  necessità  di  rafforzare  la  capacità produttiva  dei  teatri  per  far  fronte  alle  esigenze  dei  singoli spettacoli,  che  non  possono  essere  assicurate  dai  lavoratori stabilmente inseriti nella pianta organica, ritagliata sull’ordinario e non incrementabile in ragione dei divieti di assunzione posti da vincoli di legge;
richiama, infine, la  giurisprudenza della Corte di giustizia per sostenere  che  le  esigenze  artistiche  o  tecniche  di  carattere temporaneo connesse alla rappresentazione di un solo spettacolo integrano una ragione oggettiva idonea a giustificare il ricorso al rapporto a termine;
3. con la seconda critica la ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 345 e 434 cod. proc. civ. e addebita al giudice di appello di avere pronunciato in violazione del principio di corrispondenza con la domanda che, in appello, era stata limitata alla legittimità degli ultimi due contratti, sicché non poteva la Corte valutare l’intera attività lavorativa prestata in favore della RAGIONE_SOCIALE e doveva limitarsi a verificare se fossero giustificati i rapporti temporanei instaurati in date 26 novembre 2013 e 11 febbraio 2014;
sostiene,  inoltre,  che  l’appello  era  carente  della  necessaria specificità perché la COGNOME «aveva introdotto argomentazioni
nuove,  di  carattere  generale,  non  pertinenti  all’oggetto  della sentenza impugnata né idonee ad esprimere motivate censure al ragionamento seguito dal Giudice di prime cure»;
4. il ricorso incidentale, con il primo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della legge n. 183/2010 e dell’art. 8 della legge n. 604/1966 e censura il capo della sentenza impugnata inerente alla liquidazione della indennità onnicomprensiva, rilevando che la Corte territoriale, oltre a non considerare tutti i parametri indicati dal citato art. 8, erroneamente ha valorizzato i soli due contratti rispetto ai quali il termine di decadenza non era maturato mentre avrebbe dovuto apprezzare il lungo percorso professionale di precariato vissuto RAGIONE_SOCIALE lavoratrice, stabilizzata solo a seguito della esecuzione della sentenza di appello;
aggiunge la ricorrente incidentale che i parametri indicati dalle disposizioni indicate in rubrica impongono al giudice di valutare tutti gli aspetti oggettivi e soggettivi richiamati dal legislatore perché, diversamente, la liquidazione rischierebbe di diventare arbitraria;
 con  la  seconda  critica  è  denunciata  la  violazione  e  falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. e si addebita alla pronuncia gravata di avere compensato le spese di entrambi i gradi di giudizio in assenza di gravi ed eccezionali ragioni idonee a  giustificare  l’esercizio  del  potere  di  compensazione,  senza adeguatamente  motivare  sulla  ricorrenza  delle  condizioni  di legge e ricorrendo a clausole di stile;
il primo motivo del ricorso principale è infondato;
l’evoluzione della disciplina, connotata da specialità, dettata dal legislatore in relazione ai contratti a tempo determinato stipulati dagli enti lirici, prima, e poi dalle RAGIONE_SOCIALE, è stata ricostruita da Cass. S.U. n. 5542/2023, nella cui
motivazione, alla quale si rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ., è stato sottolineato che il legislatore, se, da un lato, non ha inserito i rapporti a termine conclusi dalle RAGIONE_SOCIALE fra quelli integralmente esclusi dall’ambito di applicazione del d.lgs. n. 368/2001 e del successivo d.lgs. n. 81/2015, dall’altro ha progressivamente ampliato il regime derogatorio rispetto alla disciplina ordinaria, quanto alle condizioni che devono ricorrere per la valida instaurazione di un rapporto a tempo determinato e per la sua proroga;
nella citata pronuncia delle Sezioni Unite è stato ribadito il principio, già affermato RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza di questa Sezione, secondo cui qualora venga dedotta in giudizio la nullità della clausola di durata apposta al contratto a termine e si sia in presenza di una successione di norme nel tempo, occorre fare riferimento alla normativa vigente alla data della stipulazione del contratto e non a quella in vigore al momento della pronuncia accertativa, perché, ai fini della decisione sulla legittimità della clausola, rileva il momento temporale in cui l’ actum è stato posto in essere dalle parti ( in tal senso si erano già espresse Cass. n. 24330/2009 e, fra le tante successive, Cass. n. 21724/2018, Cass. n. 25080/2018, Cass. n. 19418/2020);
6.1. conseguentemente, nella fattispecie, poiché si discute della validità di contratti decorrenti, rispettivamente, dal 26 novembre 2013 e dall’11 febbraio 2014 , occorre fare applicazione del l’art. 3 del d.l. n. 64/2010 che, al comma 6, oltre ad affermare per le RAGIONE_SOCIALE la perdurante vigenza dell’art. 3, commi 4 e 5, della legge n. 426/1977 ( Alle RAGIONE_SOCIALE, fin RAGIONE_SOCIALE loro trasformazione in soggetti di diritto privato, continua ad applicarsi l’articolo 3, quarto e quinto comma, della legge 22 luglio 1977, n. 426, e
successive modificazioni, anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati dopo la loro trasformazione in soggetti di diritto privato e al periodo anteriore alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. ), ha escluso l’applicazione alle stesse dei commi 01 e 2 dell’art. 1 del d.lgs. n. 368/2001 ( Non si applicano, in ogni caso, alle RAGIONE_SOCIALE le disposizioni dell’articolo 1, commi 01 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. );
all’epoca dell’emanazione del decreto legge in commento , l’art. 1 del richiamato d.lgs. n. 368/2001 stabiliva, al comma 01, che « Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato », al comma 1 indicava le ragioni in presenza delle quali è consentito il ricorso al contratto a tempo determinato ( È consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro ), al comma 2 imponeva la forma scritta della clausola di durata, prescrivendo che le ragioni dovessero essere specificate nel contratto ( L’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma l. );
6.2. il regime derogatorio, pertanto, ha inciso sui requisiti formali della clausola appositiva del termine e, attraverso l’affermata inapplicabilità del comma 01, ha voluto sottolineare le particolari esigenze di un settore, quello dello spettacolo, nel quale, come evidenziato anche RAGIONE_SOCIALE Corte di Giustizia, «la programmazione annuale di spettacoli artistici comporta necessariamente per il datore di lavoro, esigenze provvisorie in materia di assunzione», che possono integrare una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5 dell’accordo quadro allegato
alla direttiva 1999/70/CE ( Corte di Giustizia 25 ottobre 2018, causa C- 331/17, Sciotto, punti  46 e 47);
6.3. il legislatore, peraltro, ha ribadito l’applicabilità alle RAGIONE_SOCIALE del comma 1 del citato art. 1 d.lgs. n. 368/2001, che richiede, per il valido ricorso al rapporto di lavoro a tempo determinato, la ricorrenza di ragioni tecniche, organizzative, produttive e sostitutive, in relazione alle quali rilevano, quanto alla nozione, i principi affermati RAGIONE_SOCIALE citata pronuncia della Corte di Giustizia secondo cui, pur apprezzando la particolarità del settore nei termini già indicati, «non si può ammettere che contratti di lavoro a tempo determinato possano essere rinnovati per la realizzazione, in modo permanente e duraturo, di compiti nelle istituzioni culturali di cui trattasi che rientrano nella normale attività del settore di attività delle RAGIONE_SOCIALE», sicché i contratti in parola devono risultare conclusi per ragioni specifiche che rispondano ad un’esigenza soltanto provvisoria di personale ( punti da 45 a 54);
poiché l’interpretazione della normativa interna deve mirare ad assicurare la conformità della stessa all’ordinamento eurounitario, si deve escludere che le ragioni richiamate dal comma 1 dell’art. 1 del d.lgs. n. 368/2001 possano essere coincidenti con quelle che stanno alla base del contratto di lavoro a tempo indeterminato e, pertanto, devono essere connotate da temporaneità, con la conseguenza che, in un settore nel quale l’attività ordinaria si esplica attraverso l’allestimento di spettacoli di durata temporalmente limitata che si susseguono nell’ambito di stagioni teatrali anch’esse ad tempus , non è sufficiente, per giustificare il ricorso al rapporto a tempo determinato, fare leva sulla temporaneità della singola produzione e della stagione medesima;
una tale interpretazione della normativa interna, infatti, consentirebbe  alle  RAGIONE_SOCIALE  l’elusione  della disciplina  sovranazionale,  perché,  in  sostanza,  legittimerebbe sempre  ed  in  ogni  caso il ricorso al  rapporto  a  tempo determinato, essendo connotati da temporaneità lo spettacolo e la stagione alla quale lo stesso si riferisce;
la temporaneità, allora, va verificata in relazione ad un contesto più ampio ed alla complessiva organizzazione dell’attività curata RAGIONE_SOCIALE  fondazione,  e  potrà  essere  ritenuta  sussistente  solo qualora  emergano  ragioni  dalle  quali  si  possa  desumere  che quelle esigenze non potevano essere assicurate da personale assunto a tempo indeterminato;
6.4. ne discende che , anche nella vigenza dell’art. 3 del d.l. n. 64/2010, non ha perso attualità (nei termini che di seguito saranno precisati) l’orientamento, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte e fatto proprio dalle Sezioni Unite nella pronuncia citata ( punto 18), secondo cui il ricorso al rapporto a tempo determinato non può essere giustificato con il solo richiamo alle mansioni ed allo spettacolo, in assenza di qualsivoglia ulteriore precisazione in ordine allo scopo del contratto, alla temporaneità delle esigenze, alla professionalità del soggetto assunto, ossia alla particolarità dell’apporto lavorativo per ciascuno dei diversi spettacoli con riferimento a ragioni tecniche o artistiche;
va  precisato  al  riguardo  che  quell’orientamento,  al  pari  delle pronunce rese sull’interpretazione della legge n. 230/1962, si è formato  con  riferimento  ai  requisiti  formali  della  clausola appositiva del termine  (in particolare al concetto di specificità della causale ed alla nozione di «specifico» spettacolo), non più richiesti per i contratti stipulati dalle RAGIONE_SOCIALE dopo  l’entrata in vigore del d.l. n.  64/2010  (in  ragione
dell’affermata inapplicabilità del comma 2 dell’art. 1 del d.lgs. n. 368/2001), ma le considerazioni sulle quali riposano i principi enunciati ben possono essere utilizzate per enucleare e circoscrivere  le  «ragioni  di  carattere  tecnico,  organizzativo, produttivo e sostitutivo», richieste dal citato  d.l.  per  il  valido ricorso al rapporto a tempo  determinato  da  parte delle RAGIONE_SOCIALE;
6.5. l’indagine che il giudice è chiamato a svolgere, pur riguardando non più la causale indicata nel contratto ma l’effettiva sussistenza delle ragioni oggettive, che deve essere provata dal datore di lavoro, va condotta, quindi, sulla base delle medesime indicazioni date dalle pronunce di questa Corte e, pertanto, ove non vengano in rilievo ragioni sostitutive in relazione a lavoratore solo momentaneamente impedito (ragioni la cui sussistenza deve essere provata nei termini indicati, fra le tante, da Cass. n. 10391/2024), occorrerà verificare se «le caratteristiche oggettive dello spettacolo o del programma richiedano un apporto peculiare e temporaneo, che non possa essere fornito dal personale assunto in pianta stabile» ed a tal fine « non può considerarsi sufficiente ad integrare l’ipotesi di legittimo ricorso al contratto a tempo determinato la mera qualifica tecnica o artistica del personale correlata alla produzione di spettacoli o programmi radiofonici e televisivi, occorrendo che l’apporto del peculiare contributo professionale, tecnico o artistico del soggetto esterno sia reso necessario per il buon funzionamento dello spettacolo, in quanto non sostituibile con le prestazioni del personale di ruolo dell’a zienda» (Cass. n. 3187/2019 che rinvia a plurimi precedenti di questa Corte);
6.6.  va,  poi,  ancora  aggiunto  che  allorquando,  come  nella fattispecie, si sia in presenza di una successione di rapporti a
termine ma il termine di decadenza imposto dall’art. 32 della legge n. 183/2010 sia stato rispettato solo con riferimento all’ultimo o agli ultimi contratti succedutisi con sistematicità nelle diverse stagioni teatrali, opera il principio, già enunciato da questa Corte, secondo cui la sequenza contrattuale che precede l’ultimo contratto può rilevare «come dato fattuale, che concorre ad integrare l’abusivo uso dei contratti a termine e assume evidenza proprio in ragione dell’impugnazione dell’ultimo contratt o, concluso tra le parti, per far accertare l’abusiva reiterazione» (Cass. n. 4960/2023 e negli stessi termini, quanto al contratto di somministrazione, Cass. n. 22861/2022);
6.7. calando nella fattispecie i richiamati principi va detto che la Corte territoriale non si è limitata ad argomentare sulla mancanza di specificità della causale, ossia sulla regolarità formale dei contratti impugnati superata all’esito dell’entrata in vigore del d.l. 64/2010, bensì ha esteso la valutazione anche alla ricorrenza in concreto di ragioni idonee a giustificare il ricorso al rapporto a tempo determinato (pag. 11 della pronuncia) ed ha valorizzato la mancata allegazione di motivi idonei a giustificare l’assunzione temporanea e la reiterazione nel tempo dei contratti per ritenere provato che l’assunzione stessa era st ata determinata RAGIONE_SOCIALE carenza dell’organico e, quindi, da ragioni permanenti e durature, non temporanee; le argomentazioni sviluppate RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per contrastare quanto affermato nel punto della decisione, attraverso la deduzione solo apparente del vizio di violazione di legge, in realtà si risolvono nella contestazione dell’accertamento di fatto riservato al giudice del merito e sollecitano una diversa valutazione delle risultanze processuali, che esula dai limiti del giudizio di legittimità;
il primo motivo del ricorso principale va, pertanto, rigettato, in quanto  il  dispositivo  della  sentenza  impugnata  è  conforme  a diritto e può questa Corte limitarsi a correggere in parte e ad integrarne la motivazione ex art. 384, comma 4, cod. proc. civ.; 7. il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile per plurime ragioni concorrenti;
la censura, nella parte in cui denuncia la violazione degli artt. 345 e 434 cod. proc. civ. è formulata senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., poiché gli atti processuali sui quali il motivo si fonda ( ricorso di primo grado, sentenza del Tribunale, appello) non sono stati prodotti unitamente al ricorso né la RAGIONE_SOCIALE ha fornito indicazioni sulla localizzazione degli stessi nei fascicoli processuali;
la più recente giurisprudenza di questa Corte sulla cosiddetta autosufficienza o autonomia del ricorso per cassazione (cfr. fra le tante Cass. S.U. n. 22986/2024; Cass. S.U. n. 8950/2022; Cass. S.U. n. 35305/2022; Cass. n. 17670/2024; Cass. n. 17445/2024) ha chiarito che la «specifica indicazione» degli atti processuali e dei documenti, richiesta dall’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis antecedente alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 149/2022, va letta alla luce dei principi stabiliti nella sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (Succi e altri c. Italia), che ha ritenuto il requisito formale compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, a condizione che, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa.
è stato, di conseguenza, affermato che la «specifica indicazione»,  che  si  impone  anche  qualora  venga  dedotto  un error  in  procedendo  (Cass.  S.U.  n.  8072/2012),  non  si  può
«tradurre in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti  e  documenti  posti  a  fondamento  del  ricorso»  (così  Cass. S.U. n. 8950/2022), purché il ricorrente provveda all’individuazione  chiara  del  contenuto  dell’atto  nonché  alla produzione o alla esatta localizzazione dello stesso nel fascicolo processuale;
si tratta di un orientamento che il legislatore ha recepito nel riformulare l’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. che, nel richiedere ora «la specifica indicazione per ciascuno dei motivi, degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il motivo si fonda e l’illustrazione del contenuto rilevante degli stessi» (art. 366 n. 6 cod. proc. civ. come riformulato dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, non applicabile alla fattispecie ratione temporis) ha definitivamente chiarito che, seppure non è necessaria l’integrale trascrizione dell’atto, «ciascun motivo deve fare riferimento al documento ad esso inerente e che il contenuto di detto documento deve essere richiamato nel motivo, ai fini della sua comprensibilità» (così la relazione illustrativa pubblicata sulla G.U. 19.10.2022 n. 245 -supplemento straordinario n. 5);
non è, quindi, consentito il mero rinvio per relationem , perché la  Corte  di  Cassazione,  anche  quando  è  giudice  del  fatto processuale, deve essere posta in condizione di valutare ex actis la  fondatezza  della  censura  e  deve  procedere  solo  ad  una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (cfr. fra le tante Cass. S.U. n. 20181/2019; Cass. n. 20924/2019);
7.1. va, poi, aggiunto che il motivo, nella parte in cui censura la sentenza impugnata per avere attribuito all’impugnazione « una capacità espansiva anche ai contratti precedenti», non coglie il decisum della pronuncia che, pur richiamando l’evoluzione della disciplina, ha esaminato, poi, la legittimità dei soli contratti per
i quali la decadenza non era maturata, tanto che ha liquidato il danno  tenendo  conto  unicamente  di  questi  ultimi  e  non dell’intera successione dei rapporti a tempo determinato, che, conformemente al principio di diritto richiamato al punto 6.6. è stata apprezzata solo come dato fattuale al fine della verifica della legittimità degli ultimi contratti impugnati;
nel giudizio di cassazione, a critica vincolata, i motivi devono avere i caratteri della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, sicché la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi, richiesta dall’art. 366 n.4 cod. proc. civ., e determina l’inammissibilità, in tutto o in parte del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (cfr. fra le tante Cass. n. 9450/2024, Cass. 15517/2020, Cass. n. 20910/2017, Cass. n. 17125/2007, Cass. S.U. n. 14385/2007);
8. la ricorrente non ha censurato il capo della decisione inerente alla  disposta  conversione  del  rapporto  a  termine  affetto  da nullità in contratto a tempo indeterminato e, pertanto, non può trovare applicazione il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite con la pronuncia più volte citata;
infatti il potere della Corte di Cassazione di accogliere o rigettare il ricorso anche sulla base di argomenti diversi da quelli prospettati dalle parti, si arresta di fronte alla formazione del giudicato interno ed inoltre non può essere esercitato in violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ. ( cfr. fra le tante Cass. n. 25223/2020; Cass. n. 27542/2019; Cass. n. 18775/2017; Cass. 11868/2016 e la giurisprudenza ivi richiamata);
non venendo in rilievo la legittimità della disposta conversione, non può neppure essere accolta la richiesta di sospensione del
giudizio, formulata RAGIONE_SOCIALE ricorrente incidentale, perché il rinvio pregiudiziale  alla  Corte  di  Giustizia  disposto  dal  Tribunale  di Milano con ordinanza del 7 ottobre 2024, attiene a questione RAGIONE_SOCIALE quale non dipende la soluzione della presente controversia;
passando  all’esame  del  ricorso  incidentale,  va  detto  che entrambe le censure non possono trovare accoglimento;
quanto al primo motivo, è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’orientamento secondo cui è riservata al giudice del merito la determinazione tra il minimo ed il massimo della misura dell’indennità risarcitoria prevista dall’art. 32, comma 5, della legge n. 183/2010 sicché la decisione può essere censurata nel giudizio di legittimità solo per vizio di motivazione rilevante ex art. 132 cod. proc. civ., ossia in caso di motivazione mancante, apparente, contraddittoria o illogica (si rimanda fra le tante a Cass. n. 6618/2023 ed alle pronunce ivi richiamate); questa Corte ha anche precisato che non è richiesto che il giudice del merito motivi su ciascuno dei diversi parametri richiamati dall’art. 8 della legge n. 604/1966, al quale il citato art. 32 rinvia, perché «l’incentrarsi della motivazione solo su uno degli elementi da considerare non significa attribuzione di irrilevanza agli altri, ma fa più semplicemente presumere che, nell’economia del giudizio di merito, la gravità del parametro considerato …. sia stata ritenuta prevalente ed assorbente rispetto ad ogni diverso aspetto» (così Cass. n. 10861/2020);
nel caso di specie, pertanto, non sussiste il vizio di violazione di legge  denunciato,  avendo  la  Corte  territoriale  correttamente individuato le finalità che il legislatore ha perseguito attraverso la previsione dell’indennità forfettizzata e, quindi, valorizzato , in conformità alla giurisprudenza di questa Corte ( cfr. fra le tante Cass.  n.  16052/2019  e  Cass.  n.  702/2021)  la  data  della
pronuncia  di  conversione  e  la  durata  del  cosiddetto  periodo intermedio al quale l’indennizzo va riferito;
 inammissibile  è,  poi,  il  secondo  motivo  con  il  quale  è censurato il capo della decisione inerente al regolamento delle spese di lite;
in tema di compensazione il sindacato della Corte di legittimità è limitato alla verifica della conformità della pronuncia rispetto alla disciplina di legge e, pertanto, ove le ragioni indicate siano riconducibili sul piano astratto ad una delle ipotesi nelle quali la compensazione medesima è consentita, il sindacato si arresta e non può estendersi anche alla valutazione sull’opportunità o meno dell’esercizio del potere di deroga alla regola della soccombenza, che è discrezionale ed è riservato al giudice del merito;
il controllo sulla motivazione va condotto tenendo conto delle modifiche apportate al codice di rito dal d.l. n. 83/2012 e, pertanto, anche in tema di compensazione, il vizio motivazionale rileva nei limiti indicati da Cass. S.U. n. 8053/2014 ed attiene solo all’esistenza della motivazione in sé, prescinde dal confronto con le risultanze processuali, si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile»; nessuna di dette evenienze ricorre nella fattispecie perché la Corte territoriale ha dato atto della complessità delle questioni giuridiche esaminate e sul punto la motivazione della pronuncia va letta nel suo complesso (cfr. fra le tante Cass. n. 1997/2015), apprezzando, cioè, anche il capo riguardante l’individuazione del dies a quo ai fini della maturazione della decadenza, che richiama orientamenti espressi da questa Corte in epoca
successiva  alla  proposizione  del  ricorso  (risalente  al  2014), nonché l’evoluzione  del  quadro  normativo ,  la  cui  complessità risulta evidente solo considerando  i punti della presente decisione  che  hanno  rigettato  il  primo  motivo  del  ricorso principale,  integrando  e  correggendo  in  parte  la  motivazione della pronuncia gravata;
11.  in  via  conclusiva  vanno  rigettati  entrambi  i  ricorsi,  con conseguente integrale compensazione delle spese del giudizio di cassazione in ragione della soccombenza reciproca;
12.  ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1  quater,  del  d.P.R.  n. 115/2002, come modificato RAGIONE_SOCIALE L. 24.12.12 n. 228, si deve dare  atto,  ai  fini  e  per  gli  effetti  precisati  da  Cass.  S.U.  n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste RAGIONE_SOCIALE legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto RAGIONE_SOCIALE  ricorrente principale e RAGIONE_SOCIALE ricorrente incidentale.
P.Q.M.
La Corte rigetta entrambi i ricorsi e compensa integralmente fra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale NOME COGNOME, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma  nella  Camera  di  consiglio  della  Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, il 4 dicembre 2024
La Presidente NOME COGNOME