Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8204 Anno 2019
2018
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Civile Sent. Sez. L Num. 8204 Anno 2019
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/03/2019
SENTENZA
sul ricorso 695-2016 proposto da: da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME giusta delega in atti; in ROMA , difeso giusta
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE. P_IVA, in persona del legale GLYPHGLYPH GLYPH rappresentante pro GLYPH ettivamente tempore, el domiciliata presso l’avvocato COGNOME dell’ AREA del AREA
LEGALE TERRITORIALE RAGIONE_SOCIALE al INDIRIZZO in ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta delega in atti; al VIALE difesa in atti ;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4073/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 25/05/2015 r.g.n. 1837/2014; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/03/2018 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME n pubblica udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto; concluso
udito l’Avvocato NOME COGNOME per delega verbale Avvocato NOME COGNOME; delega udito l’Avvocato NOME COGNOME per delega verbale Avvocato NOME COGNOME. verbale
FATTI DI CAUSA
Con sentenza depositata in data 25.5.2015, la Corte di Appello di Napoli respingeva il gravame interposto da NOME COGNOME nei confronti di Poste Italiane S.p.A., avverso la pronunzia del Tribunale di Avellino con la quale era stata rigettata la domanda del lavoratore, diretta ad ottenere la dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto stipulato tra le parti, ai sensi dell’art. 2, comma 1-bis, del D.lgs n. 368 del 2001, così come modificato dalla I. n. 266 del 2005, relativamente al periodo 1.4.2006-30.6.2006, nonché la riassunzione in servizio ed il diritto al risarcimento del danno pari alle retribuzioni medio tempore maturate.
Per la cassazione della sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui Poste Italiane S.p.A. ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si denunzia la «nullità della sentenza e l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia», in riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c., per impossibilità di comprensione dell’iter logico posto a fondamento della decisione del giudice, poiché la sentenza pubblicata risulta incompleta di due pagine (pagg. 2 e 3), «così come attestato anche dal funzionario giudiziario della Corte di appello in data 14.12.2015»; per la qual cosa, il provvedimento impugnato risulterebbe <<perplesso e contraddittorio, in quanto non è stato possibile intendere integralmente la motivazione data dal giudice alla propria decisione».
2; 3. Con il secondo ed il terzo motivo di deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 1-bis, del D.Igs. n. 368 del 2001, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché la contraddittoria ed insufficiente motivazione «circa l'apposizione del
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termine nel contratto di lavoro a tempo determinato», ed in sostanza – anche se manca un riferimento preciso alle norme che si assumono violate -, si contesta la legittimità, rispetto alla disciplina comunitaria, dell'art. 1, comma 558, della I. n. 266 del 2005, che ha introdotto il comma 1-bis del D. Igs. n. 368 del 2001, nella parte in cui consente la stipula di contratti di lavoro a termine acausali (e, quindi, privi della specifica indicazione delle ragioni che li giustificano); la qual cosa, a parere del ricorrente, violerebbe il principio di parità di trattamento tra determinate categorie di lavoratori a tempo determinato, mancando, appunto, nella causale del contratto di cui si tratta l'indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo ai sensi del comma 1 dell'art. 1 del D.Igs. n. 368 del 2001.
4; 5. Con il quarto ed il quinto motivo si deduce <<la violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 1-bis, del D.Igs. n. 368 del 2001, con riferimento alla clausola di contingentamento del 15%», in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché la contraddittoria ed insufficiente motivazione in ordine alla clausola di contingentamento, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., e si censura <<il parametro di riferimento preso in considerazione dalla Corte di merito per il calcolo dell'organico aziendale in base al quale valutare il rispetto del limite percentuale di assunzioni a termine fissato dalla citata norma», nonché il fatto che «lo speciale regime di favore non sia stato considerato dalla stessa Corte come riferito solo al servizio postale in senso stretto».
1.1. Il primo motivo non è meritevole di accoglimento.
Al riguardo, va osservato che, effettivamente, dagli atti risulta che la sentenza oggetto del presente giudizio è stata notificata al COGNOME priva delle pagine 2 e 3, le quali attengono – come si evince dal confronto con l'originale – alla narrazione dei fatti (pagg. 2 e 3 nella prima metà), alla dichiarazione di estinzione del processo nei confronti di altro lavoratore che ha prodotto un atto di rinunzia ritualmente notificato alla società, nonché alla circostanza che l'art. 2, comma 1, del D.Igs. n. 368 del 2001 «ha introdotto, in favore delle aziende di trasporto aereo e di aziende esercenti servizi aeroportuali, una disciplina aggiuntiva del contratto a tempo determinato, consentendo
l'apposizione del termine a contratti di lavoro subordinato stipulati per un periodo massimo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno…..» (ultima parte di pag. 3).
Ciò premesso, va osservato che, alla stregua dei consolidati arresti giurisprudenziali di legittimità, del tutto condivisi dal Collegio, «è nulla per carenza di motivazione su un punto decisivo della controversia la sentenza d'appello, prodotta in copia autentica, che sia priva di una pagina, la motivazione risultante dalle altre pagine se presenti una frattura logico-espositiva che non consenta di ricostruire l'esatto e compiuto ragionamento posto a base della decisione impugnata» (così Cass. n. 17308/2002; in termini, e tra le molte, Cass. n. 9488/2015; 9t., pure Cass. nn. 25407/2016; 11005/2003, secondo cui «viola il disposto dell'art. 369, secondo comma, c.p.c., rendendo improcedibile il ricorso per cassazione, il deposito in cancelleria da parte del ricorrente di copia autentica della sentenza impugnata mancante di una pagina, qualora la pagina mancante contenga allegazioni rilevanti per stabilire se i motivi di censura siano fondati o meno»). Ma, nella fattispecie, deve escludersi che possa dirsi integrata una ipotesi di nullità della sentenza, posto che le pagine mancanti riguardano, come innanzi riferito, soprattutto la parte narrativa, ed il disposto dell'art. 2, comma 1, del D.Igs. n. 368 del 2001; e, dunque, all'evidenza, pagine che non contengono parti rilevanti del provvedimento, potendosi ricostruire agevolmente dalle restanti pagine del medesimo (che, in totale, ne contiene otto) l'esatto e compiuto ragionamento posto dalla Corte di merito a base della decisione impugnata. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2.; 3.3. Il secondo ed il terzo motivo, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione, sono altresì da respingere.
Deve, innanzitutto, premettersi che le assunzioni a tempo determinato, effettuate da imprese concessionarie di servizi nel settore delle poste, che presentino i requisiti specificati dal comma ell'art. 2 del 1-bis d D.Igs. n. 368 del 2001 (per Poste italiane S.p.A. ex lege), non necessitano anche dell'indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo ai sensi del comma 1 dell'art. 1 del medesimo D.Igs., trattandosi di ambito nel quale la valutazione
sulla sussistenza della giustificazione è stata operata "ex ante" direttamente dal legislatore (Cass., S.U., n. 11374/2016; v., pure, Cass. nn. 3059/2017; 13359/2016). Inoltre, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati, ai sensi dell'art. 2, comma el 1-bis, d Digs. n. 368 del 2001, e successive modifiche, con Poste Italiane S.p.A. sono conformi alla disciplina del contratto a tempo determinato dettata dal predetto D.Igs., applicabile ratione temporis. E, a sua volta, la disciplina italiana applicabile al rapporto e, cioè, la normativa sulla successione di contratti a tempo determinato prevista dall'art. 5 del D.Igs n. 368 del 2001, integrata dall'art. 1, commi 40 e 43, della I. n. 247 del 2007, è conforme ai relativi principi fissati dall'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, stipulato tra le Organizzazioni sindacali CES, UNCE e CEEP il 18.3.1999, recepito nella Direttiva del Consiglio 28.6.1999/70/CE (le Sezioni Unite della Cassazione hanno ritenuto <<infondato il ricorso esperito al fine di vedere dichiarata l'illegittimità del termine apposto ai contratti di lavoro, laddove la sequenza di contratti a tempo determinato intercorsi tra le parti, in ragione della durata di ciascun contratto, della durata degli intervalli tra un contratto e l'altro e della durata complessiva del rapporto, appaia rispettosa della disciplina dettata dal Digs. n. 368 del 2001, come integrata dalla I. n. 247 del 2007»: Cass., S.U., n. 11374/2016, cit.). Pertanto, alla stregua dei principi innanzi enunciati, deve ribadirsi che la clausola 5 dell'Accordo quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE non tende a prevenire la successione di contratti a termine, ma l'abuso che potrebbe derivare dall'utilizzo della successione stessa; ipotesi che, nella fattispecie, non si è verificata, in quanto, come riferito in narrativa, nel ricorso si fa riferimento ad un solo contratto di lavoro a termine, stipulato relativamente al periodo -106 . Ed infatti, nella sentenza oggetto del giudizio di legittimità, non vi è alcun riferimento all'art. 5 di cui si tratta e, come innanzi rilevato, nel secondo mezzo di impugnazione manca una specifica censura alla sentenza e la denuncia appare rivolta genericamente agli abusi che possono discendere dalla successione di contratti a termine. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto precede rende superfluo soffermarsi sul fatto che la censura articolata con il terzo motivo è inammissibile per la formulazione non più consona con le modifiche introdotte al n. 5 del primo comma dell'art. 360 c.p.c. dall'art. 54, comma 1, lett. b), del D.L. 22/6/2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7/8/2012, n. 134, applicabile, ratione temporis, al caso di specie poiché la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata, come riferito in narrativa, il 25.5.2015.
4.4.; 5.5. Neppure il quarto ed il quinto motivo possono essere accolti. Per ciò che attiene all'ultimo motivo, valgano le considerazioni testé svolte sub 3.3.
In ordine al quarto mezzo di impugnazione, è da premettere che con esso il ricorrente denuncia i criteri di calcolo della percentuale di assunzioni a termine consentite dall'art. 2, comma del D.Igs. n. 1-bis, 368 del 2001, sostenendo che tale percentuale andrebbe calcolata «secondo dati da computare in full time equivalent, ossia a seconda dell'orario di lavoro a tempo pieno o parziale» e soltanto con riferimento ai lavoratori «addetti al servizio postale in senso stretto».
Relativamente a tale ultimo profilo, si osserva che, nel caso di cui si tratta, non risulta alcuna violazione dell'art. 2, comma D.Igs. 1-bis, del n. 368 del 2001: è assorbente al riguardo il richiamo a Cass. n. 13609/2015 (v., pure, in termini, Cass. n. 6765/2017), per la quale «in tema di contratto di lavoro a tempo determinato, il D.Igs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis, fa riferimento esclusivamente alla tipologia di imprese presso cui avviene l'assunzione – quelle concessionarie di servizi e settori delle poste – e non anche alle mansioni del lavoratore assunto, in coerenza con la della ratio disposizione, ritenuta legittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 214 del 2009, individuata nella possibilità di assicurare al meglio lo svolgimento del c.d. servizio universale postale, ai sensi del D.Igs. n. 261 del 1999, art. 1, comma 1, di attuazione della Direttiva 1997/67/CE, mediante il riconoscimento di una certa flessibilità nel ricorso allo strumento del contratto a tempo determinato, pur sempre nel rispetto delle condizioni inderogabilmente fissate dal legislatore. Ne
consegue che, al fine di fissare la legittimità del termine apposto alla prestazione di lavoro, si deve tenere conto unicamente dei profili temporali e percentuali (sull'organico aziendale) previsti dal D.Igs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis» (cfr., pure, Cass. n. 13221/2012). Pertanto, la sentenza oggetto del presente giudizio risulta del tutto in linea con l'esplicitato orientamento, ormai consolidato e del tutto condiviso da questo Collegio.
Per quanto riguarda, poi, più specificamente, i criteri di calcolo della percentuale di assunzioni a termine ai sensi dell'art. 2, comma 1-bis, del D.Igs. n. 368 del 2001, la Corte territoriale, con un iter motivazionale scevro da vizi logico-giuridici, ha dimostrato di condividere il ragionamento svolto dal giudice di prima istanza in ordine alla attendibilità della prova offerta da Poste Italiane S.p.A. circa il rispetto del profilo percentuale del 15 % dell'organico aziendale, ed ha correttamente sottolineato che il limite percentuale non superiore al 15%, individuato dall'art. 2, comma del citato 1-bis, D.Igs., sia da calcolare sull'intero organico aziendale, con riferimento, quindi all'intera impresa, anziché soltanto al settore postale oggetto della concessione; e ciò, in considerazione «degli elementi di natura sistematica e ricostruttiva e della finalità della norma antiabusiva del 2005 che ha stabilito il limite percentuale del 15%» (cfr., ex multis, Cass. nn. 753/2018; 6765/2017; 3031/2014).
I giudici di seconda istanza hanno, altresì, osservato che il mancato superamento della percentuale di cui si tratta («calcolata sia in full time equivalent che per teste») è rimasto delibato attraverso la documentazione fornita dalla società, contestata dal lavoratore soltanto in modo generico nei gradi di merito. E, dunque, non vi è stata, in concreto, controversia sui dati forniti dalla società, dai quali risulta che, nell'anno di riferimento, sono stati stipulati contratti di lavoro a tempo determinato entro il limite del 15% dell'organico aziendale; peraltro, la censura sollevata con il quarto motivo verte soprattutto sulla interpretazione della norma che regola la materia e, quindi, sulla base di calcolo cui fare riferimento per individuare il tetto del 15% (l'intero organico aziendale o solo il personale addetto al settore postale oggetto della concessione: cfr., tra le molte, Cass. n.
20085/2018), mentre lascia in ombra la contestazione della documentazione prodotta dalla società datrice, in ordine alla quale non si specifica in quale momento delle fasi di merito sarebbe stata sollevata; né della stessa vi è alcuna trascrizione o allegazione al ricorso, in violazione dell'art. 366, n. 6, del codice di rito (cfr., ex plurimis, Cass. n. 8933/2009).
6. Per le considerazioni in precedenza svolte il ricorso va respinto.
7. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
8. Avuto riguardo all'esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui all'art. 13, comma del 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma dello stesso 1-bis articolo 13.
Così deciso in Ro 73, 15 marzo 2018