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Contratto a progetto: quando è valido? La Cassazione

Un professionista, assunto con contratto a progetto da un’impresa di costruzioni, ha chiesto la conversione del suo rapporto in lavoro subordinato a tempo indeterminato. Sosteneva che il progetto non fosse specifico e che, non essendo iscritto all’albo professionale italiano, non gli si applicasse l’eccezione prevista per le professioni intellettuali. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. Ha stabilito che l’esistenza di un progetto sufficientemente specifico (coordinamento di un cantiere) esclude la conversione automatica. Tale progetto può rientrare nell’attività ordinaria dell’azienda, purché sia finalizzato a un risultato definito. Di conseguenza, l’onere di provare la subordinazione gravava sul lavoratore, prova che non è stata fornita.

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Contratto a progetto: quando è valido? La Cassazione chiarisce

Il contratto a progetto, sebbene oggi superato dalla normativa, continua a essere oggetto di contenzioso legale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui requisiti di validità di questa forma contrattuale, in particolare sulla nozione di ‘specificità’ del progetto e sulla ripartizione dell’onere della prova tra le parti. L’analisi della Corte aiuta a distinguere una legittima collaborazione autonoma da un rapporto di lavoro subordinato mascherato.

I Fatti di Causa

Un professionista del settore ingegneristico veniva ingaggiato da una grande società di infrastrutture con un contratto a progetto. L’incarico prevedeva attività di coordinamento e assistenza alla direzione lavori per la realizzazione di importanti opere, prima la nuova sede di un ente regionale e successivamente un polo vitivinicolo. Alla cessazione anticipata del rapporto, il professionista si rivolgeva al Tribunale del Lavoro, chiedendo che il suo contratto venisse convertito in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Le sue argomentazioni principali erano due:
1. Mancanza di uno specifico progetto: a suo dire, le mansioni assegnate rientravano nell’ordinaria attività aziendale e non in un progetto definito.
2. Inapplicabilità dell’eccezione per le professioni intellettuali: il lavoratore era iscritto a un albo professionale estero (inglese) ma non a quello italiano. Sosteneva quindi che non potesse applicarsi la norma che escludeva i professionisti iscritti ad albi dal campo di applicazione della disciplina sul contratto a progetto.

Tanto il Tribunale quanto la Corte d’Appello respingevano la sua domanda, ritenendo che il progetto fosse sufficientemente specifico e che il professionista non avesse provato la natura subordinata del rapporto. Egli ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

Analisi del contratto a progetto e onere della prova

La Corte di Cassazione ha trattato congiuntamente i vari motivi di ricorso, ritenendoli infondati. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire i principi fondamentali che regolano la validità del contratto a progetto ai sensi della normativa applicabile all’epoca dei fatti (D.Lgs. 276/2003, c.d. Legge Biagi).

La normativa prevedeva due scenari di conversione in rapporto di lavoro subordinato:
1. Conversione automatica (ope legis): Scatta quando il contratto è stipulato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso. In questo caso, il giudice non deve neanche verificare se il lavoro fosse autonomo o subordinato; la conversione è automatica.
2. Conversione dopo accertamento giudiziale: Si verifica quando, pur in presenza di un progetto formalmente valido, il giudice accerta che il rapporto si è di fatto svolto con le modalità tipiche della subordinazione (sottoposizione al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro).

Nel caso esaminato, la Corte d’Appello aveva già stabilito che un progetto specifico esisteva ed era chiaramente delineato nei contratti. Questo primo punto è stato decisivo per la Cassazione.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha respinto il ricorso basandosi su un ragionamento logico e giuridico molto chiaro. Innanzitutto, ha affrontato il concetto di ‘specificità’ del progetto. Un progetto è considerato specifico quando è funzionalmente collegato al raggiungimento di un risultato finale determinato e gestibile autonomamente dal collaboratore. Non è necessario che il progetto riguardi un’attività ‘eccezionale’, ‘originale’ o del tutto estranea al normale ciclo produttivo dell’impresa committente. Può benissimo inerire all’oggetto sociale dell’azienda, purché non si risolva in una mera riproposizione di mansioni generiche e ripetitive.

Poiché i giudici di merito avevano accertato l’esistenza di un valido progetto, la Corte ha concluso che non poteva operare la conversione automatica prevista dall’art. 69, comma 1, del D.Lgs. 276/2003. Di conseguenza, la questione sollevata dal ricorrente sulla sua mancata iscrizione all’albo professionale italiano è diventata irrilevante. La Corte ha ravvisato un ‘difetto di interesse’ su questo punto, poiché la presenza di un progetto valido rendeva comunque inapplicabile la sanzione della conversione automatica, a prescindere dallo status professionale del lavoratore.

Stabilito ciò, l’onere di provare la natura subordinata del rapporto gravava interamente sul lavoratore, secondo quanto previsto dall’art. 61, comma 2. Egli avrebbe dovuto dimostrare di aver lavorato non in autonomia, ma sotto il potere direttivo e di controllo del datore di lavoro. I giudici di merito, con una valutazione dei fatti non sindacabile in sede di Cassazione (anche in virtù del principio della ‘doppia conforme’), avevano escluso la presenza di tali indici di subordinazione, confermando la natura autonoma della collaborazione.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza della Cassazione offre spunti pratici fondamentali per aziende e collaboratori. La validità di un contratto a progetto non dipende dall’originalità dell’incarico, ma dalla sua chiara definizione in termini di obiettivo e risultato. Un progetto può legittimamente far parte dell’attività caratteristica dell’impresa, a patto che sia ben distinto dalle mansioni ordinarie e routinarie. La presenza di un progetto formalmente valido sposta sul lavoratore il difficile compito di dimostrare l’eventuale subordinazione di fatto. Questa sentenza ribadisce che il ‘nomen iuris’ dato al contratto è importante, ma la sostanza del rapporto, basata sull’autonomia o sulla subordinazione, resta l’elemento decisivo per la sua corretta qualificazione.

Un contratto a progetto è valido anche se l’attività rientra nel normale ciclo produttivo dell’azienda?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il progetto non deve necessariamente essere straordinario o estraneo all’attività tipica dell’impresa. L’importante è che sia ‘specifico’, cioè riconducibile a un risultato finale definito, che il collaboratore gestisce in autonomia.

Se un professionista non è iscritto all’albo in Italia, le regole sul contratto a progetto si applicano diversamente?
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto la questione irrilevante. Poiché era stato accertato che il contratto conteneva un progetto specifico e valido, non si poteva applicare la conversione automatica in rapporto di lavoro subordinato. Di conseguenza, non è stato necessario decidere sulla questione dell’iscrizione all’albo, che sarebbe stata rilevante solo in assenza di un progetto.

In un contratto a progetto, chi deve provare la natura del rapporto di lavoro?
La regola generale è che se il contratto indica un progetto specifico, il rapporto si presume autonomo. Spetta quindi al lavoratore, che sostiene il contrario, l’onere di provare che, nei fatti, il rapporto si è svolto in modo subordinato, dimostrando di essere stato soggetto al potere direttivo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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